Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE XVII
LA FORMAZIONE DELLE VOCAZIONI

[145] Stasera facciamo come una parentesi alle nostre considerazioni per fermarci sopra un argomento che pure è necessario esaminare nel corso di questi Esercizi. Voglio dire: sopra la formazione delle vocazioni. E risulterà una istruzione di piccoli consigli, più che lo svolgimento di un tema particolare.
La Congregazione, se deve vivere, occorre che abbia sempre delle vocazioni, e se deve ingrandirsi, occorre che abbia delle vocazioni sempre più sante e sempre più numerose. Le famiglie senza bambini sono destinate a spegnersi; quelle che hanno molti bambini, durano molto.
È dovere di ognuna aver cura delle vocazioni. Cercarle domandandole a Dio nella preghiera e poi chiedendole agli uomini (parroco, maestre, famiglie, ecc.).
Cercarle direttamente nella vostra famiglia, nella vostra parentela, nel paese, nella | [146] propaganda, nelle librerie o tra quelle che si accostano a voi per qualunque motivo.
Le suore raccolte scoprono le vocazioni e scelgono le migliori. Hanno il dono del consiglio, l'istinto dello Spirito Santo, per cui sanno trovare buone vocazioni. Non deve tanto impressionare il numero, quanto la bontà di esse.
Per essere buone vocazioni devono avere condizioni fisiche e spirituali buone.
Condizioni fisiche: salute e personalità. Che sappiano anche fare qualche sacrificio in ordine alla povertà, nel corrispondere pienamente. Non che questo sia l'essenziale, ma questo sacrificio dimostra la retta intenzione e la grazia della vocazione sarà più apprezzata.
Condizioni morali: buon carattere, buon carattere, buon carattere! Carattere docile, serio, dignitoso, socievole; sufficientemente aperto e non troppo. Amore alle cose di religione, di pietà.
Condizioni intellettuali: prima della vestizione abbiano almeno un'istruzione corrispondente alla quinta elementare. Tener fermo qui sopra. Occorre che vi eleviate: ciò vi sarà di gran vantaggio.
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Se son giovani, abbiano il consenso dei genitori. In questo è necessario che si facciano le condizioni molto chiare e sappiano che se fanno bene sono tenute, e se non fanno bene, no.
I genitori non diano gli scarti al Signore, ma il meglio, il fior di farina: farina da fare le ostie.
Nell'accettare e nell'entrare ci possono | [147] essere molte condizioni. La Congregazione dei Religiosi è rigorosa: vuole si stia alle regole, perché questo è promessa di benedizioni di Dio sull'Istituto. Quindi non si accettino quelle che hanno già superato il ventitreesimo anno di età. Se sono già un po' adulte, guardate che ci sia la vocazione, non la disperazione (per qualche delusione subita). Allora cercano non il Signore, ma se stesse. Tuttavia ci possono essere anche qui delle lodevolissime eccezioni, ma siano solo eccezioni.
Dopo i diciotto o venti anni vengano già decise della loro vocazione. E se vengono piccole, tenete presente che il vostro Istituto non è un collegio.
L'Istituto fa di esse prova, ma che abbiano una certa mira, una certa inclinazione alla vita religiosa, che mostrino desiderio di restare, altrimenti non si possono tenere. E quindi l'educazione che si deve impartire a queste giovanette non dev'essere una educazione generale come si fa per quelle tenute da altre suore nei vari collegi. Sia un'educazione che tenda subito a metterle sul binario della vita religiosa (orari, trattamento, ecc.). Non che le dobbiate fare subito monachine: le giovani sono giovani, e: viva la loro giovinezza!
Ma sia una formazione religiosa. Che non sia una educazione dura, ma seria sì; una educazione basata sull'amore, ma sull'amore forte. Che non sia una educazione fatta di piccole consolazioni, di troppi mezzi umani, ma un'educazione che faccia sentire che si amano davvero e che porti al Signore, all'apostolato. Perciò chiedere molto alla fanciulla, | [148] perché si attacchi subito al Signore. Questo amore la salverà da tante tentazioni, da tante prove e crisi e da tanti fallimenti.
Continuate a dare un'educazione come l'avete ricevuta voi, tradizionalmente, in Casa. Non che tutto fosse perfetto, ma si tenga lo spirito che si ebbe in principio. Viene sovente la voglia di educarle alla '900, troppo mollemente. No. Bisogna educarle a un vero amore al Signore e alla Congregazione.
Questa educazione sia compita.
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Ci vuole l'istruzione e l'educazione morale (assistenza). L'assistente non si deve effondere in molti precetti, ma deve stare molto insieme, accanto alle giovani, da buona sorella. Non è di gran vantaggio chiamarle una volta, dare un avviso, farle magari piangere e poi dimenticarle e abbandonarle. È assai giovevole invece che le giovani abbiano in mezzo a loro una sorella maggiore che le aiuti specialmente con l'esempio.
Quando poi subiscono certe crisi, allora è necessaria una maggior bontà, non mollezza, ma bontà che le porti a pregare di più e meglio, a confessarsi bene, a compiere dei sacrifici. In generale, quando si tratta di chiarire qualche dubbio, qualche punto oscuro, il sacerdote è l'unico che possa farlo, perché la sede per dare certe istruzioni, certi consigli, è proprio il confessionale, per le circostanze tutte particolari e per l'abbondanza di grazia che accompagnano il sacramento. Quindi sono state condannate quelle educazioni effeminate, quella tendenza a | [149] volere che la fanciulla sappia tutto, che conosca i misteri della vita, ecc. Per sapere certe cose, aspettate che venga il tempo opportuno, quando la fanciulla è già abituata alla lotta, al sacrificio, alla preghiera. Perché, quando una fanciulla non è addestrata alla lotta, facilmente si perde.
Bisogna che, quando sentono le attrattive del mondo, abbiano già sentito le attrattive di Gesù, della vita religiosa, affinché la decisione sia ferma e la vocazione sia assicurata nel suo giusto sviluppo.
Queste crisi vengono certamente, ed è meglio che vengano prima del noviziato, della professione, altrimenti, se vengono dopo è segno che la suora non ha scelto coscientemente la sua strada. Deve sapere ciò che dà il mondo e ciò che dà Dio e decidersi per Dio.
In questi casi poi, è necessario non essere troppo esigenti, specie in certi momenti. Vi sono dei periodi in cui bisogna compatire. Ma non bisogna neppure esser molli. Essere invece più premurose e assisterle di più. Conviene, nei tempi di crisi non dare le vacanze: allora è proprio il momento in cui si perderanno. Prima di mandarle a casa, fare un esame sul loro stato, sulle condizioni della loro famiglia e sulle circostanze in cui si troveranno.
Tuttavia è bene mandarle qualche volta in famiglia perché siano provate onde non abbiano poi a pentirsi in seguito.
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In quanto alla scuola si faccia con un certo | [150] spirito soprannaturale. Lo studio si presenti sempre come un mezzo per sapere poi esporre la dottrina di Gesù Cristo.
Un bell'ostensorio può essere molto prezioso ma, se è vuoto, vi interessa poco. È veramente prezioso per voi quando contiene Gesù. Le materie che si insegnano non bisogna considerarle in se stesse, ma in vista della religione. Tutta la scuola come tutta l'educazione devono far capo a questo: formare delle buone religiose. Quelle che non hanno buona volontà e quando apertamente non dimostrano vocazione, bisogna mandarle via, perché esse possono comunicare i propri sentimenti e le proprie tendenze anche alle altre.
Chi vigila deve aprir bene gli occhi e scoprire da quel che dicono e da quel che fanno, se dimostrano vocazione; se non sono chiamate, con carità si rimandino in famiglia e presto, affinché possano prepararsi un'altra posizione conveniente. Educazione forte dunque. Non spingerle troppo, ma moderatamente. Adesso poi, vedono già tutto l'andamento, la formazione, il fine dell'Istituto e non c'è più bisogno di spingerle come si faceva una volta, quando non si vedevano le cose chiare.
Mostrare loro la vita e vedere se veramente hanno vocazione. Ciò che determina è quell' io voglio,... desidero questo genere di vita... mi sento portata, sento affezione.
Vi sono persone che vorrebbero formare tutte le loro discepole (aspiranti, suore, novizie...) | [151] come si fanno le statue, ossia preparare una bella forma, poi versarvi dentro la scagliola e cioè: preparare un certo sermone o dei consigli e dirli a tutte uguali. No, le anime hanno bisogno di una certa qual libertà. Solo la licenza non si deve dare. La direzione morale che loro si deve dare è lo studio di accompagnare e assecondare la grazia dello Spirito Santo, aiutandole a corrispondervi.
Dare, sì, le norme generali, ma poi sentirla quell'anima, e aiutarla secondo le sue necessità particolari.
Dare i mezzi, istruirla sopra le arti del diavolo. E perché forse una che guida è già ad un certo grado di perfezione, si vuol pretendere che anche l'altra vi si trovi? Bisogna aver giudizio! Se una è ancora irretita nei peccati, è inutile parlarle dell'unione con Dio: sarebbe come portare un pasticcino ad un operaio che ha bisogno di pagnotte. Istruirla, dapprima, sui pericoli, aiutarla a liberarsi dal peccato, a vincere le tentazioni. Non si può imprestare
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il proprio abito ad una molto diversa di statura! Per guidare ci vuole: il sapere, il volere e il buon criterio e poi stare sempre un po' indietro. Scoprire lo stato dell'anima e l'azione dello Spirito Santo per assecondarla.
Dapprincipio, se c'è bisogno, trattarla con più energia, usando mezzi fisici, se occorre. Nello stato di incipienti suggerire i mezzi adatti per seguire tale cammino. Bisogna pensare che, dopo la sconfitta, il diavolo ritornerà all'assalto. | [152] Inculcare l'osservanza dell'orario, la fedeltà alle piccole osservanze, ecc. Accompagnarla col braccio lungo la strada.
Se l'anima è nello stato di proficiente, bisogna indirizzarla direttamente a Gesù Cristo, facendola andare avanti e seguendola per indicarle sempre Gesù.
Studiarle le anime, amarle, rispettarle.
Nel quarto stato, quello dei perfetti, si deve lasciar lavorare lo Spirito Santo. In questo stato non è più l'anima che lavora, ma lo Spirito Santo e allora bisogna solamente vigilare che l'anima non tergiversi e che non cada in illusioni od errori.
Indicare i mezzi per perseverare, tenerle ferme quando si scoraggiano, avvertire affinché non cadano nella superbia.
Quando sono in peccato, solo allora bisogna mettersi davanti e tirarle, ma poi bisogna lasciar operare la grazia che le attira. Quando non hanno volontà, essere forti, ma quando mettono la buona volontà, allora lasciare che la grazia di Dio lavori; lasciare la libertà spirituale, santa, badando solo che questa libertà non diventi licenza.
Quindi, non bisogna preparare un proposito e poi suggerirlo a tutte. Ci vuole gran rispetto per le anime, perché può darsi che una meno istruita sia molto più alta nella santità.
Esaminatevi un po' su questo punto, nella pace delle vostre anime. Perché molti, pur chiamati a gran santità, | [153] non la raggiungono? Perché manca loro una vera direzione spirituale. Lo dice S. Alfonso.
I veri direttori dicono poche parole e colgono sul segno.
Tenete molto da conto gli avvisi particolari che vengono dalle circolari di chi guida.
Se voi siete docili e osservate quanto vi viene detto, allora lo Spirito Santo ispirerà sempre meglio i vostri superiori, affine di darvi sempre migliori indirizzi, perché la santità non sta solo negli individui, ma anche nella comunità intera.
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