Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE IV
IN CHE COSA CONSISTE LA SANTITÀ

[41] Arrivati a questo punto, dobbiamo dire in che cosa consiste la santità, affinché ci poniamo bene dinanzi agli occhi il punto a cui dobbiamo arrivare.
Sebbene tanto nello stato di incipienti come in quello di proficienti, come nello stato dei perfetti, vi sia sempre da combattere il male, tuttavia in ognuno di questi stati si ha pur sempre di mira la santità. Chi vede l'altezza del monte che deve ascendere, subito vi indirizza i suoi passi e prende tutte le strade più brevi per giungere presto alla meta.
Vi è la santità taumaturga che non è propriamente santità, ma è una grazia straordinaria, un puro dono che Dio concede a qualche anima perché rimanga il suo esempio davanti agli uomini. Quindi la virtù di far miracoli, le profezie, ecc.1, sono grazie «gratis datae»2 e il Signore può darle a chi, come e quando vuole. Ha fatto parlare perfino l'asina di Balaam3! Esse | [42] non aumentano la santità interiore, non sono il costitutivo della santità.
Le grazie che rendono cari a Dio e a cui dobbiamo perciò aspirare, sono le grazie «gratum faciens»4. Esse ci acquistano un più alto merito e un più alto grado di gloria. Perché grazia, merito e gloria sono la stessa cosa che, nel suo inizio si chiama grazia, nel suo corso si chiama merito e nel suo termine, nella sua foce, in cielo, si chiama gloria.
La santità ordinaria è lo stato di grazia che può essere, in un'anima, in una quantità minima, maggiore o massima.
Nel santo Battesimo l'anima del bambino diventa tempio dello Spirito Santo e con lo Spirito Santo vi discendono anche il Padre e il Figlio perché le tre divine Persone sono sempre unite, essendo un solo Dio. E quell'anima diviene il tempio della SS. Trinità, più sacro del tabernacolo, in quanto che è una cosa viva. La SS. Trinità ha, perciò, la parte principale nella santificazione dell'anima la quale viene così a possedere la vita divina. Questa
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vita divina può avere molti gradi: (vi è differenza tra la vita di un bambino appena nato e quella di un soldato nel pieno vigore delle sue forze!). Man mano che il bambino crescerà e riceverà gli altri sacramenti, la vita divina in lui prenderà maggior vigore. Nell'anima giusta si compiono i più grandi misteri della SS. Trinità: avviene continuamente la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio; e il Padre continuamente | [43] genera il Figlio e lo contempla e lo ama e da questa contemplazione e da questo amore procede lo Spirito Santo. Oh, l'anima del giusto è un complesso di misteri! In essa v'è il Paradiso! E tuttavia, altra è la santità di un bambino, altra quella di un santo giunto all'eroismo delle virtù!
La santità consiste in primo luogo in questa abitazione della SS. Trinità nell'anima. Questa è la santità che aveva Adamo prima del peccato; ma, dopo l'incarnazione del Figlio di Dio, la nostra santità ha fatto ancora un passo avanti: noi abbiamo acquistato una vita nuova, la vita cristiana, cioè la vita di Cristo. Egli è il Capo del Corpo mistico e noi ne siamo le membra5. Questa non è solo una bella immaginazione, ma è una cosa vera, più vera di quanto è vero che sul collo abbiamo la testa; una realtà più perfetta di tutte le umane realtà.
Incorporati a Cristo, noi diventiamo divinizzati. E quand'è che si raggiunge la perfezione? Quando lasciamo che Cristo prenda possesso dell'anima nostra.
Noi non vediamo l'anima, ma ci accorgiamo se essa è nel corpo; in un corpo senza anima, infatti, il cuore non ha più palpiti, l'occhio non vede, la mano non muove, ecc. In noi l'anima dell'anima è lo Spirito Santo, il quale, se penetra la mente ci porta la fede, se penetra la volontà ci porta la virtù, se penetra il cuore ci porta a desideri di cielo.
Lo Spirito Santo, venendo in noi, crea un | [44] nuovo organismo e nelle nostre facoltà infonde una vitalità nuova, un nuovo complesso di energie che mette in moto tutte le potenze dell'anima.
Quando l'anima commette peccato mortale, lo Spirito Santo si allontana da essa e cessa quella mirabile attività e il nuovo organismo si sfascia! Lo Spirito Santo è per questo nuovo organismo ciò che è l'anima umana per il corpo. Ecco quindi i tre
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fondamenti della santità: abitazione della SS. Trinità; incorporazione a Cristo; vitalità nuova per lo Spirito Santo.
La santità consiste dunque nel renderci una dimora sempre più degna della SS. Trinità, nell'incorporarci sempre più in Gesù Cristo, nel lasciarci penetrare sempre più intimamente dallo Spirito Santo, in modo da formare una sola cosa con Dio: «Ego dixi: dii estis!»6. L'anima, in questo stato, lascia operare in tutto Gesù Cristo.
Le vie per arrivare a questo punto sono: la carità e la mortificazione o, più semplicemente: l'amore e il dolore.
Questi due mezzi sono come due piedi: chi vuol camminare nella via di Dio deve necessariamente muovere questi due piedi.
Il punto di arrivo è l'unione con Dio.
L'amore fa sì che la divina Trinità venga ad abitare nell'anima. Dice Gesù: «Se qualcuno mi ama, verremo a lui e faremo presso di lui la nostra dimora»7.
L'amore ci conduce alla incorporazione nostra in Cristo Gesù: «Io sono la vite, voi i | [45] tralci... se rimanete in me, porterete molto frutto»8.
La santità sta nell'essere penetrati dallo Spirito Santo. Ebbene, la carità è Spirito Santo: «Deus caritas est»9. Ecco quindi che l'amore è via alla santità.
In noi, però, è innata una tendenza al male, al peccato. Per raggiungere il monte della santità, bisogna sempre combattere questa tendenza: «Video aliam legem»10; è una tendenza che mi porta a tutti i peccati: superbia, avarizia, lussuria, pigrizia, sensualità, ecc. Bisogna mortificare, mortificare. Quindi, dice VImitazione di Cristo: «Farai tanto progresso quanto ti mortificherai»11. Quindi, chi sempre si mortifica, sempre cammina per la via della santità.
Orbene, per raggiungere la meta è più necessario il sacrificio o più l'amore? Tutti e due insieme. L'amore richiede l'abnegazione e l'abnegazione porta all'amore. «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Per indicare
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che il sacrificio è parte essenziale, necessaria alla perfezione, Gesù dice: «Abneget semetipsum, tollat crucem suam». Ma tutto qui? No: «Et sequatur me»12: ecco l'amore.
Non si può dire, in pratica, che la santità si raggiunga solo coll'amore o solo col sacrificio. Quando diciamo: L'amore è la via breve per raggiungere la santità, intendiamo dire quell'amore che porta all'immolazione di tutte le nostre cattive tendenze. E quando diciamo: | [46] «Regnum Dei vim patitur et violenti rapiunt illud»13 intendiamo dire: coloro che si fanno violenza per amore. Ci vuole, in sostanza, o l'amore che porta al sacrificio, o il sacrificio fatto per amore. L'amore e il sacrificio stanno tra loro in proporzione: sono come due piedi che si devono muovere continuamente e alternativamente per camminare.
L'amore che non porta al sacrificio è un inganno, è una sentimentalità; perché l'amore vero è quello di Gesù che si è immolato. E tu non ami veramente se, nello stesso tempo, non immoli tutta te stessa e tutte le tue potenze! Quando sarà che lo Spirito Santo prenderà possesso di tutte le potenze dell'anima? Quando ne avremo fatta completa immolazione a Dio. Si amerà veramente quando si potrà dire come S. Paolo: «Christo crucifixus sum cruci: Sono crocifisso con Cristo, sulla croce»14.
I veri amatori sono quelli che crocifiggono la propria carne con tutti i suoi vizi e tutte le sue concupiscenze15.
Ci sono persone più affettive e queste trovano più facile la via dell'amore; ci sono delle altre più forti, violente contro se stesse che trovano più facile la via del combattimento, della lotta per la quale giungono all'amore. E quindi S. Francesco di Sales, anima combattiva, giunse a cantare l'amore nel modo più perfetto16, dopo la S. Scrittura. L'anima può passare dove maggiormente trova la sua attrattiva. Chi combatte i | [47] propri difetti, l'amor proprio, naturalmente giungerà all'amor di Dio.
Ma ve ne sono di quelle che non hanno né la carità né la mortificazione. Non si mortificano mai: cercano di ottenere tutto quello che vogliono. Non lottano contro i vizi capitali (sette
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più la curiosità). Si tratta di tacere, ma vogliono parlare e dir tutto, finché non hanno finito.
Altre dicono di prendere la via dell'amore e invece se ne stanno tranquille nella pigrizia. La via dell'amore non è la via della pigrizia.
S. Paolo amò il divin Salvatore «vehementius!»17 e vedete che cosa ha fatto nonostante tutte le difficoltà e tutte le persecuzioni! E vedete quali sacrifici, quali dolori, quali rinunzie e quanta costanza!
L'amore si prova col sacrificio. Non è un riposare, un dormire. Alcuni pensano che l'amore sia entrare in chiesa e poi riposare... sul cuore di Gesù, facendo un bel sonno: questo è pigrizia!
L'amore ci deve portare al combattimento, all'umiliazione.
Il Signore ci indichi la nostra via e ci dia grazia di seguirla coraggiosamente e generosamente.
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1 Cf 1Cor 12,7-11.

2 «Gratuite».

3 Cf Nm 22, 22-35.

4 Queste grazie sono ordinate al bene spirituale di coloro che le ricevono.

5 Cf Ef 4,15-16.

6 Sal 82,6: «Io ho detto: Voi siete dei!».

7 Cf Gv 14,23.

8 Gv 15,5.

9 1Gv 4,16: «Dio è amore».

10 Rm 7,23: «Vedo un'altra legge».

11 Libro I, XXV, 4.

12 Mt 16,24.

13 Mt 11,12: «Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono».

14 Gal 2,20.

15 Cf Gal 5,24.

16 Cf Teotimo o Trattato dell 'amore di Dio, edito a Lione nel 1616 e tradotto in varie lingue. Proprio in quegli anni le FSP di Roma, stavano curando una nuova edizione in due volumi, tradotta dal francese da suor Concettina Borgogno fsp.

17 «Appassionatamente».