Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE VIII
MEZZI PER AUMENTARE LA GRAZIA
Opere buone

[71] Si tratta di riempire la valle della nostra anima di grazia e questa valle può essere riempita in una maniera totale o parziale, completa o scarsa. Le valli, poi, non sono tutte uguali in profondità e ampiezza. Per raggiungere la santità ogni anima deve raggiungere la pienezza di grazia, tenendo sempre presente che questa pienezza è naturalmente proporzionata alla capacità. Un bambino che muoia prima dei sei anni ha la pienezza di grazia secondo la sua capacità: vuol dire che il Signore ha voluto formare per lui una piccola valletta, ma piena. Egli ha corrisposto in tutto. Ma si potrà dire: Ha fatto tutto Gesù in quel bambino. Eh, sicuro! Sempre fa tutto Gesù! La grazia è sempre frutto della sua passione. Perché la valle sia piena, bisogna corrispondere a tutta la grazia. | [72] Maria fu una valle immensa e fu «piena di grazia»1 perché corrispose perfettamente. Immensa e piena. Non che non potesse più aumentare ma, secondo la dignità a cui era chiamata, secondo l'ufficio che doveva compiere e il tempo che le fu riservato da Dio, ella fu piena.
L'anima che corrisponde a tutta la grazia, è piena secondo la sua capacità. Ché, se perde tempo e spreca le grazie, non sarà più piena. I meriti che si trascurano, non si faranno più.
Si dice che si può riparare. Sì, ma mettendo delle disposizioni maggiori, moltiplicando il fervore e ricavando umiliazione per gli sbagli commessi. Anzi, se si ripara in una maniera eccezionale, si può diventare ancor più santi.
Un altro mezzo per aumentare la grazia sono le opere buone, che ci acquistano meriti per il Paradiso. Opere buone sono tutte quelle della giornata: il pregare come il mangiare, lo scopare come il dipingere, il comporre come lo scrivere, la propaganda, il far scuola, studiare, l'ufficio di direzione: tutte le azioni della vostra giornata si possono chiamare con questo nome: opere buone. Tutto può essere occasione di merito, per la divina promessa di Cristo: «Unusquisque mercedem suam accipiet
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secundum suum laborem»2. E ancora: «In reliquo reposita est mihi corona iustitiae3, quam repromisit Deus diligentibus se»4. Il merito, la grazia e la gloria sono la stessa cosa in tre tempi. Il merito si ha nell'azione mentre si compie; la grazia è la grazia abituale | [73] che si acquista in seguito al merito; la gloria si avrà in cielo.
Merito è il nesso, il legame esistente fra l'opera buona e la sua retribuzione. Un atto di gentilezza fa sorgere, in chi lo riceve, un sentimento di riconoscenza: ecco il merito. È la relazione fra le nostre opere e la ricompensa.
Il merito presso Dio è il legame che passa tra le nostre opere buone e il Paradiso. Ogni opera buona che si compie, ha tre frutti: soddisfatorio, impetratorio e meritorio. Chi fa bene la vita comune, per es., fa penitenza: la vita comune ben fatta, è una gran penitenza. Ogni opera buona costa un po' di fatica e anche quelle che non importano sacrificio in sé, sono soddisfatorie perché si fanno per obbedienza. Possiamo soddisfare per i peccati nostri, per quelli degli altri, per le anime purganti.
Ogni opera buona ha pure un frutto impetratorio, cioè, tende a ottenerci grazie da Dio. Questo, sebbene sia il fine specifico della preghiera, è tuttavia anche uno dei fini delle opere buone.
Oltre ai frutti soddisfatorio e impetratorio, ogni opera buona inoltre ha un frutto meritorio: aumenta il merito. Anche il prendere cibo e il riposo per amore di Dio, ha un valore meritorio. Dio premia tutto il bene come castiga tutto il male, anche una parola oziosa. Dio premia anche un buon sentimento, un buon proposito; anche lo scacciare una piccola tentazione merita premio, se offerto a Dio, anche il respirare, | [74] anche ogni pulsazione del polso, ogni movimento interiore spirituale. Quanto premio meritano coloro che fanno scuola, coloro che attendono all'apostolato!
Ma uno potrebbe domandare: Come mai le azioni più indifferenti e più semplici, come lo scopare, il pulire i vetri, lo zappare ecc., meritano premio? È un'azione di un istante il dare un punto nel cucire, eppure avrà un premio eterno? Perché? Ecco: a fare
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l'azione siamo in due: noi e Dio. Noi con la nostra volontà e Dio con la sua grazia. Noi mettiamo l'azione e Dio la eleva allo stato soprannaturale.
Dite un po': quando voi a tavola prendete un frutto, che azione fate? Animale o umana? Certamente azione umana. E se al vostro posto mettiamo una scimmia essa compie un'azione animale. Vedete: l'azione in sé è sempre la stessa; ma il valore dell'azione dipende dall'individuo che la compie. E quale immensa diversità tra l'azione vostra e la stessa fatta da una scimmia!
Se poi la stessa azione si compie con retta intenzione e in istato di grazia, allora, siccome il nostro capo è Cristo, è lui stesso che dà valore all'azione che diviene deiforme. Quella persona che prende per es., un frutto non come lo prenderebbe un ebreo che mira solo a nutrirsi, ma lo prende collo spirito di Gesù Cristo, per mantenersi al servizio di Dio, compie un'opera cristiana.
Le nostre opere buone divengono cristiane perché determinate dai desideri di Gesù, fatte | [75] per amore di Cristo: questo dà un valore straordinario alle nostre azioni le quali, pur rimanendo sempre nostre, sono nello stesso tempo, anche di Gesù. Quindi, sì che vivi tu, ma vive in te il Cristo!5.
Voi non vi siete mica fatte religiose seguendo l'istinto della natura. Eh, quelle che hanno seguito l'istinto della natura hanno abbracciato ben altra via!
È Gesù che vi ha chiamate. È venuto lui col suo consiglio e tutto quello che avete deciso, l'avete deciso con Gesù Cristo, nell' obbedienza, pel suo divino consiglio. Quindi la vostra azione non è più soltanto un'azione umana, ma anche un'azione divina, perché è azione di Cristo.
Ecco quindi che tutte le vostre azioni possono dirsi cristiane; anzi religiose perché hanno il merito della religione. Ed ecco il motivo per cui S. Paolo esclama: «Non v'è proporzione fra il momentaneo, piccolo soffrire e l'eterno godere!»6.
Dio stesso ha promesso l'eterna ricompensa!
Oh, allora, quale diligenza devi porre nel compiere le tue azioni! Quale felicità al mattino, svegliandoti, deve recarti il pensiero
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di poterti guadagnare ancora tanti meriti! Quale riconoscenza al Signore che ci concede ancora del tempo per poterci procurare tanta gloria colle nostre opere buone!
Perché queste opere buone siano meritorie che cosa si richiede?
[76] Anzitutto: ci sono delle opere buone che non guadagnano nessun merito: sono quelle compiute da persone non cristiane, o in peccato mortale, senza la grazia. Se l'albero è secco, non può dar frutto! Non hanno valore meritorio le opere fatte con fine del tutto vano, del tutto ispirato da ambizione. La vanità può guastare perfino la Comunione; la cattiva intenzione vizia del tutto l'azione. Tuttavia è difficile, tra voi, che vi sia un fine del tutto vano.
Le opere buone che guadagnano un certo merito sono quelle ordinarie fatte in grazia e con retta intenzione.
Acquistano poi grandissimo merito quelle fatte da un'anima che ha già in sé molta grazia.
Supponete: v'è una bambina di sette anni e una suora che cantano la Messa. Fanno la stessa azione; ma la suora che ha in sé più grazia per i meriti già precedentemente acquistati, guadagna certo più merito. L'opera buona rimane moltiplicata per la grazia che si ha già nel cuore.
Pensate allora quale aumento di merito andava compiendo in sé la Madonna, se ebbe già un sommo grado di grazia al momento della concezione! Quanto crebbe Maria!
Inoltre il merito di ogni opera buona cresce in proporzione al fervore che l'accompagna, all'amore con cui si compie. C'è differenza tra una che va a confessarsi e si sente oppressa dal dolore dei peccati e un'altra che si presenta al confessionale per abitudine e con indifferenza!
[77] Il merito, ancora, è proporzionato alla nobiltà dell'atto. L'esercizio delle virtù teologali è più meritorio che non quello delle virtù morali. È evidente. Assistere alla Messa è più meritorio che fare la Via crucis, ecc.
Il merito è pure proporzionato al motivo che determina l'azione.
Una madre di famiglia per es., che dica alla domestica di far elemosina a tutti quelli che si presentano, per far penitenza dei suoi peccati, (motivo di timore) agisce certo per un motivo meno nobile di quello per cui agiva S. Elisabetta7 la quale faceva elemosina
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perché vedeva nel povero la persona di Cristo (motivo di amore). Se il motivo è più perfetto (amor di Dio) il merito sarà maggiore.
In pratica, per guadagnare più meriti, fare come una gerarchia delle varie azioni. Preferire le più umili, le più nascoste, le più ordinarie e comuni (si è sicuri che sono di volontà di Dio, tanto più se non si comprendono i motivi per cui ci vengono comandate).
La vita religiosa, la vita comune, la vita paolina: questa sì che aumenta il merito! Non occorre sapere tanti perché. Vi basti sapere che una data cosa piace al Signore. Ne avrete il premio, la retribuzione!
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1 Lc 1,28.

2 1Cor 3,8: «Ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro».

3 2Tm 4,8: «Ora mi resta solo la corona di giustizia...».

4 Gc 1,12: «... che il Signore ha promesso a coloro che lo amano».

5 Cf Gal 2,20.

6 Cf Rm 8,18.

7 Tanto S. Elisabetta, regina di Turingia ( 1207-1231), quanto S. Elisabetta, regina del Portogallo (1270-1336) si dedicarono con amore alla cura dei poveri.