Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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OBBEDIENZA
Esercizi Spirituali

Una1 volta, nei primi tempi della Chiesa, non si diceva esplicitamente: Facciamo il voto di povertà, castità, obbedienza, ma si diceva semplicemente: Consecriamoci a Dio. Consecrarsi a Dio significava consecrargli la volontà, quindi l'obbedienza; significava consecrargli le cose esterne, quindi la povertà; consecrargli il cuore, quindi la castità. E di conseguenza veniva la vita comune.
Oh! Ora, invece, si dice più esplicitamente: emettere i voti, cioè la professione dei voti: castità, povertà e obbedienza.
Ma allora uno può dire: Non potrei fare i voti da me?. Certamente, uno, ognuno può fare dei voti da sé. Può fare dei voti che riguardano un caso particolare: Se ottengo la promozione vado a Pompei, mi confesso e mi comunico là.
Uno può fare un voto che vale, invece, tutta la vita, non un caso o un altro particolare: Faccio - dice - il voto di castità perpetua. Lega, questo, tutta la vita.
Oh! Ma quale differenza ci passa tra il voto in religione e il voto privato? Il voto di religione è accettato dalla Chiesa. Un voto privato obbliga solamente in quanto la persona intendeva legarsi: se intendeva di andare al Divino Amore a piedi, eh!, dovrebbe, deve andare a piedi, se si è legata così! Se intendeva, invece, di andare al Divino Amore in automobile, e può andare in automobile e basta. La legge se la fa lei.
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L'interpretazione, allora, del voto dipende da chi fa il voto, perché colui che fa il voto stabilisce la legge. Stabilisce la legge. E, per esempio, può obbligarsi ad una cosa grave, come il voto di purezza, sotto pena di peccato veniale soltanto e, questo, perché lo intende così, intende di obbligarsi così. Invece, se non dice niente, cioè se intende proprio le cose bene, come devono essere intese, il voto di castità obbliga sub gravi1, cioè sotto pena di colpa grave.
Adesso, il voto religioso non è più interpretato da chi fa il voto e non è libero di intenderlo come uno vuole: lo deve fare come lo intende la Chiesa, nella forma precisa della Chiesa. Allora trasforma la persona in religiosa; diversamente, è ancora sempre una, una persona privata.
Allora diviene una persona della Chiesa, sottomessa al Papa, alla Santa Sede. E c'è diversità. Gli istituti prima passano sotto il vescovo, in generale, poi possono passare sotto il Papa e il Papa, poi, può mandarli, e, dove crede e può disporre dell'istituto nella maniera che crede, che pensa più utile per il bene generale della Chiesa, sebbene, in generale, il Papa rispetta gli istituti e si adatta.
Ma, per esempio, le suore Pastorelle, il Papa ne ha chieste dieci e si son date per fare l'Opera, la Pontificia Opera Assistenza. Oh! Dove crede più utile. Quindi si son, si sono sottratte anche al vescovo. Devono tuttavia ascoltarlo in alcune cose, per esempio per aprire una cappella, per conservare il Santissimo, ecc.; ma, diversamente, e solo nelle cose importanti, sottomessi alla Santa
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Sede.
Adesso: che utilità vi è di fare il voto religioso? L'utilità, prima di tutto, è questa: che la persona è data a Dio, si è donata: non sono più io che posso disporre di me, è la, è l'istituto, cioè la Chiesa attraverso l'istituto. Non sono più io che son padrona del frutto del mio lavoro, se porto a casa uno stipendio, perché ho un ufficio in cui vi è uno stipendio: lo deve dare all'istituto; non sono più io che dispongo del mio avvenire e delle mie relazioni, perché ho voto di castità. Ecco: il voto di castità comprende il celibato.
Oh! Quest'oggi parliamo della virtù al... e voto di obbedienza. Qual è il frutto sostanziale del voto? È questo: che ogni azione fatta secondo il voto ottiene due meriti. Ottiene due meriti. E cioè: se fai un'obbedienza pratichi la virtù dell'obbedienza e pratichi la virtù della religione, perché sei diventata religiosa.
Allora uno che passa la giornata nell'obbedienza, ha i meriti come se ne avesse passate due rispetto a un cristiano comune. E se passa un anno in obbedienza ha i meriti come se ne avesse passati due. E se vive cinquant'anni ha i meriti come se fosse vissuto cento anni in riguardo all'obbedienza.
E riguardo alla castità? È lo stesso. E riguardo alla povertà? Ugualmente.
E qui è l'immenso frutto per cui le religiose si arricchiscono, in proporzione, si arricchiscono immensamente di più di meriti. Di meriti. Uno può anche acquistar la perfezione nella vita cristiana (può anche, con molta più difficoltà però), ma è sempre la
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perfezione cristiana, non è mai una perfezione religiosa. Quindi non ha mai il cumulo dei meriti di una religiosa ugualmente buona, mai; avrà sempre la sua parte, ma non avrà, certamente il - chi conduce vita cristiana - non avrà certamente i voti, i, i meriti di chi conduce vita religiosa.
Allora qui, nelle tre istruzioni seguenti, parliamo del voto e virtù della obbedienza, e voto e virtù della castità, e voto e virtù della povertà.
Qual è il più prezioso? L'obbedienza. Perché con la virtù della povertà noi offriamo a Dio le cose esterne: e, per esempio, si rinunzia a farsi un abito alla moda, un abito da signorina, si prende l'abito religioso e divengono tutte religiose, che sarà ora anche un abito più o meno religioso, più, più o meno strettamente religioso, ma deve essere uguale, in generale. E anche quando non è uguale, come in certi casi, però non si può fare in, nella forma che si vuole, ma col permesso delle sup..., della superiora.
Con la povertà si danno le cose esterne, che valgono meno. Con la castità si dà il corpo, che vale meno. Con la obbedienza si dà lo spirituale e, quindi, è più prezioso questo voto.
Col voto di obbedienza la religiosa [...]. Quanto alla materia del voto è tutto ciò che si riferisce alla osservanza delle Costituzioni stesse, all'osservanza dei voti e alla vita e alle opere della Congregazione1. Se vuole fare un'altra cosa, e doveva prendere un altro stato, un altro istituto. Ecco.
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Oh, sì! All'osservanza delle Costituzioni, all'osservanza dei voti, alla vita e alle opere della congregazione.
Per esempio: una è mandata in una casa e una è mandata in un'altra e se non ha ragioni gravi deve obbedire.
Poi: Tutto questo, però, obbliga in forza del voto e il trasgressore costituisce peccato contro il voto stesso1.
Quando costituisce peccato disobbedire? Solo dal momento che viene comandato con precetto formale: In virtù di santa obbedienza2. Il comando in virtù di santa obbedienza, o in forza del voto, allora disobb..., disobbedire è peccato contro la virtù della religione, il voto, contro il voto, oltre che contro la virtù di religione. Ma io una volta sola nella mia vita, una volta e mezza, ho comandato in virtù del voto, delle, del voto e in virtù della santa obbedienza e mi son pentito! L'ho fatto perché credevo di indovinare e invece ho sbagliato. Vuol dire che questo difficilmente si dà e quando si dà, si dà per iscritto, oppure si dà in presenza di un altro, come test..., che abbia testimonianza.
Quindi al voto si manca rarissimamente; invece all'obbedienza si può mancare alla virtù, ma vedete che differenza c'è? Rarissimamente si commettono due peccati, ma due meriti sempre, invece: tutte le volte che uno fa quel che è detto, tutte le volte che uno osserva le Costituzioni, dalla mattina alla sera, se vive secondo si deve vivere, nella vita comune e fa quel che deve fare, quel che è inteso che si faccia da chi guida, ecco. Dal
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mattino alla sera, ogni atto, anche il lavarsi la faccia: è ben compreso questo nell'obbedienza, si deve fare questo. Anche le azioni più materiali, il riposo stesso, perché si va a riposare quando l'ora è stabilita, ecc.
Vedete, noi, quando si ha il voto, c'è una sorgente larghissima di ricchezza: con quali ricchezze la persona religiosa passa all'eternità!
Supponete che una arrivi a fare il cinquantenario della sua professione (cinquanta anni di obbedienza!): ha ben dimostrato di amare il Signore e di sapersi sacrificare per lui! Con che ricchezza di meriti va in paradiso!
Oh! I precetti ordinari obbligano solo in forza della virtù di obbedienza e il trasgredirli costituisce mancanza contro la virtù1. Sì. Quindi i precetti e i comandi ordinari: E, adesso vai ad Albano a fare una commissione, o vai a prendere il latte, oppure questi son gli orari per cui devi preparare la, la tavola, e, alle ore segnate qui tu devi osservarli, entra nella virtù dell'obbedienza e acquista doppio merito.
La suora può sempre mettere come ragione, o fine dell'obbedienza, il nuovo vincolo o virtù della religione2. Questo vuol dire che la suora mette, e, questa intenzione: che essendo religiosa intende di obbedire e osservare il voto, anche le cose che non obbligano, che anche quando non si dice in forza dei voti, o in virtù di santa obbedienza; anzi, questa volontà si deve
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ritenere implicitamente compresa nell'atto stesso della professione religiosa.
Perciò la speciale efficacia del voto di obbedienza e merito della virtù di religione, si estende non solo alle azioni a cui la, la suora viene obbligata in forza del voto con precetto formale, ma anche ai comandi ordinari ed a ogni azione conforme alle Costituzioni che la religiosa compie nell'obbedienza1.
E qualunque azione dovrà acquistare doppio merito: andare a prendere la frutta, oppure qualunque opera che è conforme a quello che è disposto, o conforme alle Costituzioni.
I precetti in virtù di santa obbedienza si devono imporre raramente - l'ho già detto, né? - con massima prudenza2.
Occorre, quindi, matura riflessione e, poi, non si possono dare, le superiore delle piccole comunità non diano precetti formali in virtù di santa obbedienza, eccetto che sia una causa non solo grave, ma urgente, informando poi subito la superiora generale e indicando le ragioni e le circostanze del comando dato.
Può essere che venga un caso straordinario, ecco. E vi è una figliuola che domanda con facilità di uscire alla sera per, va a fare le commissioni, ma la superiora sa che incontra qualche pericolo, nel, o nel ritirarsi tardi, o nel passare per quella via. E, allora, la superiora, per salvare la sua innocenza, prima di tutto la mandi sempre accompagnata e se non si può mandare accompagnata, e allora si può anche impedire che vada, perché, perché si mette
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in pericolo la sua anima. La custodia, da parte della congregazione della religiosa è per far più sante le suore, primo, mica per tormentarle. Per farle più sante. I voti sono per far più santi.
Per la virtù dell'obbedienza, alla cui perfezione il voto è condizionato, è ordinato, le suore si studino di osservare fedelmente le Costituzioni, i precetti ordinari, le disposizioni delle legittime superiore e di sottomettere con tutta la docilità e amore la propria volontà e il proprio giudizio1.
Qui bisogna che prendiamo le cose bene, né? Quando si è compagne tanto vale il giudizio dell'una come di un'altra; quando invece si costituisce comunità non è più così. Trovare la disposizione adatta. Ma io, forse, avevo ragione nel, nel dir questo. Ho pensato così, mi prendo la responsabilità io. Fa niente: la responsabilità non puoi prenderla, perché vivi sotto l'obbedienza, devi lasciarla alla superiora.
E, se ci fosse un caso in cui bisogna prendere una decisione urgente, allora si prende nello spirito con cui permetterebbe la superiora e poi, dopo, le si dice come si è fatto e perché si è fatto. E sì, si sentono, poi, le cose che vengono dette: Hai fatto bene, oppure hai sbagliato; era meglio che facessi in questo modo o [...].
Oh! Allora vengono anche le conseguenze: per esempio domandare il permesso. Se si deve fare qualche cosa che è, è diverso da quello che è comandato comunemente si domandano
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i permessi. Ecco, sì. E allora può essere che sia dato il permesso e può essere che sia negato.
Supponete: c'è un confessore ordinario per l'istituto e ce n'è uno straordinario. Nella comunità devono esserci due confessori: uno ordinario, che deve venir tutte le settimane; uno straordinario, che viene alle Quattro Tempora, cioè viene alle quattro stagioni, quattro volte all'anno: e alle Tempora d'estate, alle Tempora di autunno, alle Tempora di inverno, alle Tempora di primavera, come sono quindi tutte le Quattro Tempora. In quella settimana lì non viene l'ordinario e tutte devono andarci. Non sono obbligate a confessarsi però: Sono venuta per prendere la benedizione e basta. Non c'è obbligo di confessarsi. E, generalmente, vanno dall'ordinario.
Può essere che una, una volta, senta il bisogno di andar da un altro, e, con cui magari ha già avuto qualche relazione, al quale si è già confessata e consigliata altre volte e domanda il permesso: Vado. E allora la superiora deve darlo questo permesso e la, la suora [...] e, lo prende e va: e anche questo ha il merito dell'obbedienza, perché ha chiesto il permesso.
Però, bisogna notare che se ci fosse un pericolo per la sua anima proprio per questo, oppure questo fosse continuato per avere un confessore allora, proprio allora, si priva di quel merito, che è un gran mezzo di santificazione, di far le cose comuni, quindi anche nel confessare.
Tuttavia, se una va abitualmente da un altro, bisogna che domandi al, al vescovo, alla fine, o dopo un po' di volte, perché i vescovi sono loro che danno i confessori alle religiose. A Roma, per esempio, i conf..., i sacerdoti non possono confessare
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suore fino a 40 anni, nella diocesi di Roma. Qui siamo già fuori diocesi. E questo per prudenza.
Allora, abitualmente, andare dal proprio, oppure, se si ha bisogno proprio di uno particolare (capita di rado eh!, generalmente si è semplici e svelte, non è vero?) e, allora, per cambiare, si domanda al, alla superiora: Devo andare perché ho qualcosa di speciale da chiedere. E la superiora non deve, non può negarlo il permesso, qualche volta, di andare e non si può mostrar malcontenta e bloccarla, per la libertà delle suore.
Ma, dunque, tuttavia, se va, deve dirlo: Io vado ad Albano a confessarmi e va. Va bene. Ma dirlo. Supponiamo: Vado, c'è il sacerdote tale che già mi conosce.
144. Qui sarebbe l'articolo, e, di queste Costituzioni, che sono poi le stesse: Non solo si deve obbedire alle superiore, ma anche alle sorelle incaricate di qualche ufficio nella comunità, o nella congregazione, secondo l'autorità che loro compete, in forza delle Costituzioni, o per mandato legittimo delle superiore.
Che si deve obbedire alla superiora è chiaro, ma può essere che si deve obbedire anche alle altre. Supponete la superiora si assenta e c'è una vice. Si assentan tutte e due: la superiora dà incarico a una, che ha la responsabilità della casa, e ad essa si devono chiedere i permessi, si deve, si deve obbedire.
E supponiamo (a voi non capita ancora): le Figlie di s. Paolo fanno tutti gli abiti delle suore a Roma, o ad Alba, e siccome sono ormai duemila e degli abiti ce n'è da fare e, quindi, le sarte son parecchie. Ora è naturale che ci sia una a capo e le altre
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devono fare cosa dice: Prima facciamo questi abiti qui; oppure: Li facciamo in questa forma, prendiamo una tale stoffa. E si deve obbedire a chi è capo-sarta. Quando c'è un reparto, naturale che si deve obbedire.
Se, allora, le suore dimostrino particolare generosità, obbedienza semplice e volenterosa nell'accettare e adempiere i doveri e gli, gli uffici, secondo le disposizioni delle superiore1. Ma non può mai essere che vi sian delle ragioni per cui il comando si dovrebbe cambiare? Può anche avvenire.
Allora, se vi sono ragioni serie, ecco, il superiore non sapeva questo, quindi ha dato quella disposizione, ma se avesse saputo questo non l'avrebbe data. Allora chi è comandata, può esporre le sue ragioni, sempre disposta bene, caso mai, se viene confermato il comando, disposta ad ascoltare e obbedire.
E può essere che una abbia un incomodo di salute e che non sia noto ancora, per cui non può fare quella determinata cosa. E vi sono, alle volte, persone che soffrono artriti, o altri mali, e non sono riconosciuti subito e quindi, in certe cose, sono impedite di operare. Così vi possono essere delle ragioni, sì.
Vi è tra di noi una certa larghezza a vedere i genitori, licenza di andare a vedere i genitori quando capita, quando c'è qualche circostanza importante. Ma se c'è uno sposalizio, generalmente, non si, si permette alle suore. Si può magari andare alla funzione in chiesa, ma basta, perché la suora non è una, non è una persona che aspira al matrimonio, è una persona che aspira la professione, quindi deve orientar sempre la vita alla professione
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religiosa, alla sua consecrazione a Dio, quindi.
Tuttavia ha i genitori infermi o vecchi, e abbiamo una certa larghezza. E se, per esempio, da venire dal Giappone in Italia si ha il permesso ordinario di venire ogni sei anni, con la Società S. Paolo questo, però c'è il papà vecchio, magari ha poca assistenza e di lì a tre anni conviene che lui ven..., che venga, perché forse sei anni sarebbe troppo tardi, non lo si vedrebbe più. Oppure ha particolari disposizioni da prendere, per lasciare la famiglia in condizioni tranquille, alla morte si è lasciata larghezza.
Quindi l'umanità si rispetta, perché c'è anche il quarto comandamento: onorare il padre e la madre1; però mai nelle occasioni in cui [...]. Così la suora deve avere il permesso per far da madrina al battesimo, o alla cresima. Anche questo permesso si deve chiedere senza che si vada e, generalmente, sì, non si va, le suore non vanno.
Tuttavia ci può essere una parentela, oppure ci può essere un motivo grave, singolare, singolare. E: il papà è sempre stato ostinato, che non voleva che quella figlia si facesse suora, sì. E allora, poi, vi è un'occasione di battesimo in casa e, allora, per mostrare la sua affezione al padre nonostante quella opposizione, e anche per calmare la sua ostinazione, allora ecco che la superiora dà questo permesso.
Ma non soltanto dimostrare l'obbedienza così coi fatti, ma anche col cuore. Se si obbedisse malvolentieri, le cose si fanno
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per forza, si fanno per sforzo, cioè doverle fare non guadagna merito e invece se si fa con sottomissione, con spirito di sottomissione anche [...].
Si guardi al Dio solo, al quale unicamente si deve obbedire, perché nella persona di chi guida è rappresentato Iddio1. Quella può essere più giovane, ma rappresenta il Signore; può avere questo difetto, quell'altro, ma rappresenta il Signore. E non è mica che dobbiamo farci le ragioni! Voi siete giovani, ma quante volte io, nella mia vita, ho dovuto eseguire molte cose imposte dai superiori, anche proprio la settimana passata, e senza replicare. [...]
Eppure, e sì, si deve obbedire, non è vero? E anche obbedire volentieri, perché uno il merito lo fa sempre. Il merito lo fa sempre. Ma se si disponeva diverso, era meglio. Oh, sì! Poteva anche, qualche volta, essere più utile, ma intanto tu, con l'osservazione, perdi il merito. Il, è sempre meglio obbedire. E chi obbedisce guadagna sempre il merito per la vita eterna. Sì.
Oh! Vi era una certa religiosa che voleva farsi le ragioni contro un'altra religiosa: aveva ragione. Ecco, lei diceva: Ho ragione e va dalla superiora. La superiora non le ha dato ragione: Tu devi fare quel che devi fare. Allora è andata a appellarsi a una superiora più alta. La superiora più alta le ha risposto: Tu, se fossi solamente un uomo, cioè una persona umana, faresti bene a farti le ragio..., a farti le ragioni, ma siccome sei religiosa, lavagli i piedi alla, a quella che ti ha, che ti ha disgustato, perché Gesù restava con te. E quando ha lavato i
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piedi, dicono ordinariamente che c'era anche Giuda e lui si è inginocchiato davanti a Giuda. Lui sapeva ben che, che aveva combinato il tradimento, l'aveva già venduto!
Se vogliamo amare Gesù dobbiamo andar molto più avanti! Quindi: Non vogliate giudicare e non sarete giudicati; non biasimate, non condannate e non sarete condannati da Dio1. Questo è chiaro, non è vero? E pensare sempre che nell'obbedienza e sottomissione, vi è il, vi è un maggior merito.
Le suore considerino che l'obbedienza è esercizio quotidiano di umiltà e mortificazione2. Vedete, nell'istituto vostro non si imporranno digiuni speciali, non avrete da portar né il cilicio né adopererete i flagelli per castigarvi, ma l'obbedienza deve essere fino in fondo.
Per riguardo al corpo, al riposo, alla salute si sarà larghi, premurosi. E vedo che, supponiamo, tanto le suore Pie Discepole, come le Pastorelle, come le Figlie, hanno una cura della salute delle suore che credo che nessun istituto abbia, nessun istituto abbia. Ma quanto all'obbedienza, sì è [...]. Larghe quanto ai bisogni, ma l'obbedienza non, non guasta la salute. No. Prendere quel che è necessario per sostentare, ma obbedire, perché il Signore non si aspetta tanto il digiuno del nostro stomaco, ma si aspetta il digiuno della nostra lingua, si aspetta la sottomissione, l'obbedienza.
Considerino che l'obbedienza è esercizio quotidiano di umiltà,
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è via semplice, sicura e breve per giungere alla perfezione. È il mezzo per mostrare più sinceramente l'amore a Dio. Inoltre apporta unità e pace nella Congregazione e favorisce lo sviluppo delle sue opere1.
Se gli istituti che [...] si sviluppano molto presto con grande [...].
Dunque, qui sta il principale atto della nostra vita religiosa, perché anche nell'obbedienza uno si salva da innumerevoli pericoli. Nell'obbedienza uno fa quel che è più utile per la sua anima. Nell'obbedienza si trova la pace nostra e si trova la pace fra le persone. Se tutti volessero disporre [...]. Si capisce anche la ragione. In casa deve il padre e nelle comunità deve disporre chi ha l'incarico della comunità. Tuttavia, quando poi si fan le adunanze, ognuna può esporre il suo pensiero, ma mai subito, prima deve aver obbedito. E poi, quando si fan le adunanze, occorre aver pregato, meditato davanti a Dio che cosa è meglio, dopo si possono esporre le ragioni e altre cose. Ma prima avere sempre la sottomissione [...] e ascoltare il Signore, il quale, ricordiamoci di Gesù: era Dio e sapeva infinitamente più di Gesù, di Maria e di Giuseppe, eppure ascoltava ed era loro sottomesso. Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale - Nastro archivio AP 6a-b. Meditazione fatta alle Apostoline il 9 agosto 1957 in occasione degli Esercizi Spirituali.

1 Diritto Canonico [...].

1 Lettura, forse, dell'art. 140 delle Costituzioni, ma non è registrato.

1 Art. 141 delle Costituzioni.

2 Art. 141 delle Costituzioni.

1 Art. 141 delle Costituzioni.

2 Art. 141 delle Costituzioni.

1 Art. 141 delle Costituzioni.

2 Art. 142 delle Costituzioni.

1 Art. 143 delle Costituzioni.

1 Art. 145 delle Costituzioni.

1 Cfr Es 20,12; Dt 5,16.

1 Cfr art. 146 delle Costituzioni.

1 Cfr Lc 6,37; cfr Mt 7,1.

2 Art. 148 delle Costituzioni.

1 Art. 148 delle Costituzioni.