Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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IL FARISEO E IL PUBBLICANO
Domenica X dopo Pentecoste

Il1 Vangelo di quest'oggi è estremamente istruttivo e, in modo particolare, si applica ai casi nostri, alla nostra vita. Gesù disse una parabola perché erano davanti a lui persone, specialmente i farisei, i quali confidavano tanto nei loro meriti e disprezzavano gli altri, perché facevano le loro pratiche, e punt..., di pietà puntualmente, perché pagavano le decime come era prescritto dalla legge, perché esteriormente si mostravano mortificati e osservanti dei digiuni, ecc.
Il Signore voleva far capire che più di tutto guarda il cuore e, cioè, se dentro vi è il vero amor di Dio; se noi riconosciamo le nostre debolezze, i nostri peccati; se noi confidiamo nella sua misericordia soltanto, non nei, nei nostri meriti e nelle nostre virtù, in quello che facciamo di bene.
Disse dunque così Gesù: Due uomini ascesero al tempio per far orazione. L'uno era fariseo e l'altro era pubblicano2. Il fariseo rappresentava chi confida in sé e nei propri atti esteriori. Il fariseo entrò nel tempio, si avanzò su e poi, stando in piedi, pregava così il Signore: Signore, io non sono come tutti gli altri uomini che sono adulteri, che sono ladri, che commettono tanti peccati. Io invece digiuno due volte la settimana, pago le decime, ecc. Non sono come tutti gli altri uomini3.
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L'altro uomo che entrò a pregare era pubblicano, cioè quella gente che avevano fama di peccatori e i farisei li evitavano con disprezzo, quasi pensando di contaminarsi avvicinando quei, quei pubblicani. Costui non osò, in chiesa, avvicinarsi all'altare ma stando in fondo al tempio stava col capo chino e si percuoteva il petto e pregava così: Signore, abbiate pietà di me che sono un peccatore1.
Dunque, la preghiera dell'uno era molto diversa dall'altra. E l'effetto? Che il pubblicano tornò a casa giustificato2. La parola giustificato vuol dire santificato, vuol dire perdonato dai suoi peccati e rimesso nell'amicizia e nella grazia di Dio e, quindi, caro a Dio perché la grazia di Dio è un dono che ci rende cari a Dio, figli di Dio, eredi del paradiso e capaci di fare opere buone.
Ecco. Gesù conchiude così la parabola: Colui che si umilia sarà esaltato e colui che si esalta, esalta se stesso, sarà umiliato3.
Abbiamo da considerare, perciò, che davanti a Dio dobbiamo stare sempre come dice la preghiera di offerta che vi è stata data: star sempre davanti al tabernacolo umilmente e riconoscendo le nostre miserie, i nostri debiti con Dio e domandandone perdono e domandando luce e pietà e grazia, misericordia dal Signore.
Oh! Discendendo in noi molte volte avviene che si bada di più a
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fare certi atti di virtù davanti agli altri che a farli per amor di Dio. Ecco. E nell'esercizio stesso delle virtù, oppure nelle pratiche di pietà, ci può esser della compiacenza: compiacenza umana, perché la comp..., la compiacenza santa è lecita. Santa, cioè quando sappiamo che il Signore è contento, e perché abbiamo fatto la nostra preghiera; il Signore è contento: abbiam dato gusto a Dio perché abbiam fatto la nostra adorazione. Ma la compiacenza umana, la quale nasconde un po' di orgoglio. L'orgoglio è una passione che alle volte si nutre di cose che sono notate, notate dagli uomini, per esempio la scienza: orgogliosi di questo. Oppure vi sono quelli che si vantano della forza fisica e di saper giocare e vincere le partite ecc.; e vi sono quelli che si vantano, alle volte, anche della pietà, ecco, e criticano gli altri.
Alle volte avviene che si giudicano come anime perdute, e quelle, quei cristiani che non fanno certe pratiche di pietà, o che non le fanno bene. Ora noi non sappiamo come sia il cuore degli altri, non abbiamo mai da giudicare. Chi sei tu che giudichi il tuo fratello?1. Lascia che lo giudichi il Signore. Il Signore, il quale giudica il fratello e giudica anche noi.
Noi pensiamo sempre che quello che abbiamo di bene vien da Dio, anche se abbiamo buona volontà: se noi abbiamo dei buoni propositi, se noi già siamo arrivati, nella preghiera, a uno stato di unione col Signore, un po' [...] è dono dello Spirito Santo.
Vedete, se, se avete seguito l'epistola nella Messa, come tutto
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si ha dallo Spirito Santo. Alle volte il Signore esercita un'attrattiva sopra un'anima perché la vuole per sé, o vuole stabilire fra, fra lui e l'anima un'intimità. Se ci entra un po' l'amor proprio, quasi fossimo già virtuosi, quasi noi fossimo già santi, allora noi perdiam le grazie, perché chi si esalta viene umiliato.
L'umiliazione più grande che può subire un uomo è di perdere le grazie, è di perdere i meriti per la vita eterna. Ecco l'umiliazione più grande! Perché? Perché, e, sta lontano da Dio e in paradiso come si troverà? Quanti che qui sulla terra fanno poca bella figura, poca bella figura e, poi, in paradiso sono avanti!
E quanti che sulla terra fanno una magnifica figura poi, in paradiso, si troveranno forse più indietro, perché i primi saranno gli ultimi, alle volte, e gli ultimi saranno i primi.
Noi bisogna che guardiamo non tanto l'esteriore, come faceva quel fariseo, il quale andò a pregare ma non pregò. Invece di pregare raccontava i suoi meriti al Signore e disprezzava gli altri perché diceva: Io non sono come tutti gli altri che son ladri, che sono bestemmiatori, ecc., sono ingiusti, adulteri. Io non sono come tutti gli altri1. Degli altri faceva un fascio solo: lui solo buono. Vedete che orgoglio? Eppure la nostra leggerezza, eh!, può portarci fino a qui: a veder solo il bene che facciamo noi e niente il bene, e non veder niente affatto il bene che fanno gli altri, le virtù che hanno gli altri.
Quante volte noi abbiam ricevute grazie che non abbiam
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corrisposto! Non sappiamo le grazie che abbian ricevuto gli altri, ma noi sappiamo quelle ricevute da noi e che dobbiamo corrispondere.
Fanno pena tante persone che si incontrano per la via: alle volte pensano o al divertimento, ecc. Povera gente! Non ebbero istruzione cristiana come abbiamo ricevuto noi, non ebbero le ispirazioni, gli aiuti interiori forse che abbiam ricevuto noi. Può essere che loro, in quel che fanno, non commettono neppure peccato, mentre che noi, quando manchiamo a un atto di virtù, ecc., eh!, sappiamo che Gesù voleva di più da noi, perché Gesù ci ha dato di più. E a chi fu molto dato, molto sarà richiesto, non è vero1?
Adesso, dunque, prima non preferirci mai agli altri. Non sappiamo: Ma qui ha sbagliato!. Può essere benissimo, ma il peccato è un'altra cosa. Lo sbaglio è una cosa, il peccato è un'altra cosa, diversa. Lo sbaglio può essere in buona fede, può essere una sbadataggine, può essere che uno non abbia ancor quelle grazie, che abbia più bisogno ancor di luce interiore.
Tuttavia gli sbagli si devono correggere, quando si devono correggere. Ecco, quando... Oh! Però noi sappiamo davanti al Signore ciò che abbiamo ricevuto, ecco, e perciò le nostre obbligazioni con lui. Pensiamo, perciò, a noi stessi, sì, e l'atteggiamento nostro sia sempre quello che abbiamo bisogno di luce e che la mente sia illuminata nelle cose sante e abbiam bisogno di forza per praticare la virtù, e abbiam bisogno di aumento di grazia, di doni.
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Perché non si deve aver tanta fiducia di quello che facciamo noi? Noi facciamo un'opera buona, per esempio un atto di carità. L'atto di carità è meritorio per la vita eterna, in quanto Gesù aggiunge i suoi meriti. In quanto Gesù aggiunge i suoi meriti. Mettete un ebreo che faccia un atto di gentilezza, oppure una tale dà il pranzo ai poveri: non avendo la grazia non ha i meriti di Gesù Cristo, perché Gesù non comunica la sua grazia, perché non è in stato di grazia, non aumenta quindi i meriti.
Noi facciamo anche del bene, ma il merito dipende, poi, se c'è l'atto di virtù, Gesù aggiunge i meriti suoi. Allora il merito. Quindi, anche quando abbiam fatto bene diciamo pure sempre: 'Siamo servi inutili'1 per noi e solamente io ho fatto quel che dovevo e adesso Gesù aggiungerà la sua grazia. Aver fiducia estrema in Gesù, ma mai lasciarsi prendere dalle vane compiacenze, dall'orgoglio.
Vedete, l'orgoglio alle volte si nutre anche delle cose più sante: perché uno ha pregato meglio, supponiamo; perché uno è riuscito a fare un atto di mortificazione che non fanno gli altri. Vigilare. Se abbiam fatto un po' di bene: Signore accettatelo e, poi, perdonate i peccati che abbiamo commesso. Vigilare sopra l'orgoglio, l'orgoglio più fino, che è quello spirituale.
Ecco, questo, questo fariseo si vantava proprio dei suoi meriti: era un orgoglio spirituale, di cose spirituali. Non si vantava della sua forza fisica, delle sue ricchezze, ecc, si vantava dei suoi meriti: che digiunava, che pagava le decime al tempio, ecc. e
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disprezzava tutti gli altri.
Quan..., se ci desse un po' il posto il Signore? Adesso morissimo e ci presentassimo a lui e, facciamo per far una supposizione, quale posto ci darebbe: il primo, il secondo, il terzo? Quanti che qui fan bellissima figura e poi in paradiso? E, e forse qualche vecchierella, forse qualche donnicciola, forse qualche buon padre di famiglia non ci passerebbe avanti in paradiso?
Perché è il Signore solo che vede tutto. Noi non siam mai capaci di giudicare gli altri, propriamente, nelle cose spirituali. Sì. Perciò, quando si arriva a dire: Io mi sento così pieno di grazie da Dio, cioè sento che il Signore fu così abbondante con me nella grazia ed io sono stato così ingrato che mi reputo per l'ultimo, allora cominciamo la salita nella perfezione. Quando uno arriva a tenersi come l'ultimo, allora si cammina liberi, perché chi si umilia viene esaltato1.
Esaltazione è l'aumentare i meriti, l'aumentar la virtù, l'aumentare l'amor di Dio, lo spirito di fede sulla terra e, poi, in paradiso la gloria: la vera esaltazione è la gloria eterna. Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 8c/57 - Nastro archivio AP 12a. Meditazione fatta alle Apostoline - Castelgandolfo il 18 agosto 1957. Data confermata dal Diario di d. Speciale.

2 Lc 18,10.

3 Cfr Lc 18,11.

1 Cfr Lc 18,31.

2 Lc 18,14.

3 Cfr Lc 18,14.

1 Cfr Rom 14,10.

1 Cfr Lc 18,11.

1 Cfr Lc 12,48.

1 Lc 17,10.

1 Lc 18,14.