Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

LA VITA COMUNE
Esercizi Spirituali

Questa1 mattina consideriamo i meriti che vi sono nella vita comune.
La vita comune è una fonte di meriti per la vita eterna e, tuttavia, appunto perché è una fonte di meriti, richiede tanti piccoli sacrifici e richiede l'esercizio di tante virtù, le quali virtù non sono virtù grandi, eroiche in sé. Gli atti che richiede di virtù non sono eroici in se stessi, ma creano e maturano una specie di eroismi, o di eroismo, per la continuità, essendo qui, la vita comune, una occasione e una condizione di vita di tante piccole virtù: la pazienza, la carità, la bontà, la premura, la docilità; poi il, il contributo di esempio, di preghiera; la comunione dei pensieri, dei sentimenti, delle tendenze, ecc.
Non virtù grandi in se stesse, o meglio nei singoli atti, ma virtù che sono insieme tali e così continuate, nella loro pratica, che formano, costituiscono poi un eroismo di santità. Non ci può essere santità, santità canonizzata se non è eroica. Occorre l'eroismo :l'eroismo nella fede, speranza e carità e nelle quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza.
Vi sono istituti, detti secolari, i quali hanno un minimo di vita comune, se si vuol dire così, e tuttavia con qualche poco di vita comune. Hanno un minimo, perché possono viver nelle loro case; hanno poi le adunanze in comune, hanno poi tante pratiche di pietà che, se non fanno assieme, però son le medesime pratiche
~
fatte dai singoli, sparsi qua e là. Ma, poi, hanno la vita comune, per esempio negli Esercizi Spirituali, nei noviz..., nel noviziato.
E quanto, poi, a quello che diciamo strettamente vita comune, in generale hanno, nel corso dell'anno, dei giorni in cui si devono raccogliere nelle loro case e poi, dopo, vivono assieme lavorando, pregando e condividendo le stesse di..., le stesse difficoltà, i medesimi pensieri, i medesimi sforzi e i medesimi sacrifici.
Ecco. S. Benedetto aveva riformato la vita religiosa portandola alla vita comune, perché sovente, prima di lui, i religiosi vivevano liberi nel mondo e si davano, però, al..., alla questua cercando il mantenimento. E, tuttavia cadeva sempre, si cadeva sempre, quasi sempre in un grande rilassamento e in un abuso. Perché, di che cos'è che l'uomo non può abusare? L'uomo può abusar di tutto. Allora, e, s. Benedetto richiese e volle che i suoi religiosi vivessero intieramente la vita comune. E voi conoscete, ad esempio, i Benedettini, che vi sono a Roma, quale vita conducano.
Da allora, sempre, i religiosi furono di vita comune. Le varie istituzioni che son venute man mano alla luce esigevano sempre la vita comune.
Adesso si è preso come una via di mezzo negli istituti secolari, però, ecco che in quanto praticano la vita comune hanno innumerevoli occasioni di esercizio di virtù, ma in quanto poi vivono più liberamente, eh!, hanno meno merito, perché hanno meno occasioni di pazienza vicendevole, di carità vicendevole, di bontà, di premurosità, ecc. Hanno meno occasioni di sopportarsi
~
l'un l'altro e di praticare l'un verso dell'altro, e, la virtù della umiltà ecc. Sì.
Ora voi avete scelto, invece, la vita comune tradizionale, non come istituto secolare, nel quale vi è più larghezza di libertà, ma in quanto vi è larghezza di libertà se ne può usare per aiutare di più le anime, esercitando vari apostolati nel mondo; ma in quanto, e, ai meriti che vengono più direttamente dalla vita comune, meno.
Ora il salvatore Gesù non c'è dubbio che ha condotto la vita più santa che si potesse condurre sulla terra, che abbia scelto la vita di maggior merito sulla terra. Doveva egli lasciarci gli esempi più alti di perfezione e doveva, nello stesso tempo, non solo insegnarceli con le parole, ma doveva ancora darcene l'esempio, e così ha voluto fare. Coepit facere et docere1, prima fece, poi insegnò.
D'altra parte, al giovane che era ricco che gli chiedeva, e, la via del cielo, eh!, suggerì, se voleva essere perfetto, di lasciare tutto ciò che aveva di ricchezze, di possessioni. Poi aggiunse: Veni, sequere2. Lasciare: parte negativa. Lasciare parenti, lasciare le cose che si possiedono è parte, poi, negativa, un sacrificio. Ma la parte, poi, positiva è il veni, sequere3, vieni e seguimi.
Che cosa significa? Il vieni voleva dire: lascia la famiglia e non
~
pensare, e, a formarti una famiglia, ecc. Sequere voleva dire: obbedienza, stare con lui, seguire lui. Il sequere non voleva solamente dire andar di paese in paese quando Gesù predicava, accompagnarlo, ma voleva dire obbedienza.
E egli, come fece Gesù? Istituì subito gli Apostoli e, da principio, richiese da loro la vita comune. Quindi: tre anni di vita comune.
Perciò, dopo, gli Apostoli dovettero spargersi nelle varie parti del mondo per portare dovunque la p..., la parola evangelica, ma nei tre anni, ecco, formavano con Gesù il collegio apostolico. Il collegio apostolico. E la vita di collegio è una vita comune, ma è ancora imperfetta, in un certo senso, se noi pensiamo ai collegi moderni, come sono oggi. La vita, allora, del collegio apostolico era di formare le stesse idee, prender cioè le idee di Gesù Cristo, i pensieri suoi. Quindi un pensiero solo.
Poi, e, la vita del collegio apostolico esigeva che tutti insieme sopportassero i sacrifici della vita comune, le privazioni, i disagi e, intanto, avessero la grazia di vivere assieme e non mettersi nei pericoli che la vita libera ha. E dei, negli istituti secolari continuan ad avere quasi gli stessi pericoli della vita di quelli che non sono religiosi, cioè della vita semplicemente cristiana. E allora non ci son tutti i vantaggi.
Ora, la difficoltà a vivere assieme ha pure i vantaggi preziosissimi: che insieme ci si salva da molti pericoli, insieme ci si edifica con gli esempi buoni. Oh! E, poi, insieme si prega, insieme si lavora.
E così è stato del collegio apostolico, che era un vero istituto religioso, ma nel più alto senso, con quella certa larghezza e con
~
quella certa bontà che Gesù sa, sapeva usare in una maniera divina con i suoi apostoli, ma nello stesso tempo, li portava all'esercizio pratico delle, di tutte le virtù, specialmente dell'umiltà, della bontà, della carità, ecc.
D'altra parte, nella vita comune, ci si forma meglio, ci si forma meglio sia intellettualmente, sia moralmente e sia asceticamente e sia, propriamente, religiosamente: ci si forma meglio.
Oh! La vita comune, quindi, che cosa ri..., richiede? Richiede che noi viviamo come gli angioli del cielo, che sono in vita comune; come vivono i santi in cielo, che sono in vita comune, nella contemplazione del loro Dio e della gradazione: non c'è un santo che sia nel medesimo grado di virtù e di gloria di un altro, così non vi è un angiolo che sia nella medesima santità, nella medesima gloria di un altro angelo.
Quindi ciascheduno ritiene i suoi pregi e il suo grado di gloria e la, le sue qualità, ma nello stesso tempo, in vita comune glorificando Iddio, eseguendo ciò che dispone Iddio in una vita ineffabilmente più alta, di cui qui non abbiamo un'idea. L'ordine che c'è lassù, le occupazioni che ci son lassù in paradiso, ecc. Qui noi abbiamo un ordinamento di vita così diverso, dove bisogna mangiare, biso..., per muoversi bisogna prendere o il tram, o una macchina: basta volere muoversi lassù!
[...] il volere è l'atto e non ci sono più tutti 'sti bisogni materiali; poi non ci sono più i difetti vicendevoli, eh! I difetti! Entrando in vita comune si portano tante buone cose: la buona volontà, il desiderio di santità, l'amore all'apostolato e, poi, la, la volontà di entrar nella vita intima di Gesù, perché
~
il centro della vita comune è Gesù: se non c'è quello manca tutto, eh!
Se non ci comunichiamo e formiamo un cuore solo nel cuore di Gesù, una mente sola nella mente di Gesù e una vita sola nella vita di Gesù, noi saremo mai un religioso! Mai! Formato un cuore solo con Cristo, ecco, tutti i cuori sono uguali perché son tutti uguali a Cristo! Tante qualità, tante quantità uguali a un'altra e sono uguali fra di loro, come due quantità che sono uguali ad una terza sono uguali fra di loro, così tante quantità. Sì. Ecco. E allora si stabilisce la vita comune di pensiero, di sentimenti e di pratica di condotta.
Oh! Che sublimità la vita comune! Presa così esteriormente e materialmente noi avremo sempre da dire qualche cosa, ma presa nella sua verità, nella sua profondità e nella sua intimità e nell'incontro di tutti con Cristo, allora è di tale valore, di tale preziosità, di tale sorgente di meriti che, per ora, noi piuttosto li viviamo che non sentiamo, che non conosciamo. Oh! Si scires donum Dei!1 o se capiste il dono di Dio della vita comune!
Quindi sempre più domandare di amarla e di volerla vivere e di capirla entrando tutte assieme nell'Ostia del mattino, nella medesima Ostia, entrando tutte insieme ad assistere al Sacrificio della croce rinnovato qui, entrando tutte insieme a far l'adorazione e unendovi nel cuore santissimo del Maestro Divino: allora si, si avrà gran gioia dalla vita comune! Noi siamo a vita comune, perché tutti restiamo in Cristo e tutti vogliamo essere uguali a lui:
~
avere un cuore uguale al suo, una mente uguale alla sua, una, una vita uguale alla sua.
Quei bei libri che portano i titoli e il culto della regola e il culto dei voti sono proprio profondi e pratici!
Oh! Tuttavia per la vita comune, ho detto, ci vogliono tante virtù. Adesso è il tempo di acquistarle: ci vuole l'umiltà, diversamente noi sopporteremo malamente la dipendenza. [si interrompe]
~

1 Nastro originale 8b/57 - Nastro archivio AP 10b. Meditazione fatta alle Apostoline - Castelgandolfo l'11 agosto 1957 in occasione degli Esercizi Spirituali.

1 At 1,1.

2 Mt 19,21; Mc 10,21; Lc 18,22.

3 Mt 19,21; Mc 10,21; Lc 18,22.

1 Gv 4,10.