Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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LA FEDE
Domenica XXIII dopo Pentecoste

[...] e cioè1 i vizi capitali non seguiti in modo grave, ma acconsentiti un po': le piccole malattie spirituali e come Gesù sia salvatore e nello stesso tempo può risuscitare il peccatore.
Il peccatore è privo della grazia divina, quindi è morto spiritualmente e Gesù, il salvatore, che specialmente nella confessione ridona la vita soprannaturale.
E secondo il vangelo si può spiegare, o applicare a noi, meglio, in questo senso: egli, Gesù, ci esaudisce a misura della nostra fede. A misura della nostra fede. Che vuol dire? Ci ascolta secondo noi crediamo alla sua potenza e alla sua bontà. Sì.
La donna che soffriva perdite di sangue da dodici anni e aveva speso il suo avere in medici e medicine, inutilmente, pensava così: Se riesco a toccare il lembo del suo vestito, sono salva2. E non era tanto facile arrivare a Gesù per toccare il suo lembo del vestito, perché Gesù era circondato da una turba, ma si fece avanti con coraggio e riuscì.
E allora Gesù si voltò e le disse: La tua fede ti ha fatta salva!3 e guarì: salvata da questa medi... malattia.
Invece quel capo dei farisei ha avuto una fede più larga: non solo che Gesù guarisse dalle malattie, ma che potesse risuscitare la figlia che era morta da poco. La figlia ancora giovane,
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quasi fanciulla, era morta da poco ed egli era in gran dolore per la perdita, e allora pensò a quello che si diceva di Gesù. che risuscitava anche i morti e la sua fede arrivò fin là. Quindi si partì, andò incontro a Gesù dove stava predicando e lo invitò a casa sua e: Vieni, imponi le mani e mia figlia sarà salva1, cioè risuscitata, avrà di nuovo la vita.
E Gesù andò. E arrivando alla casa di quel capo disse a quelli che stavano attorno ed esprimevano le loro condoglianze al modo ebraico: Ritiratevi, la fanciulla non è morta, ma dorme2. Ed essi lo deridevano, perché avevano visto il suo cadavere, ma si ritirarono e Gesù entrò nella casa e impose la mano sopra la fanciulla ed essa si alzò e Gesù la consegnò ai suoi genitori.
Quindi vi sono due persone che ricorrono a Gesù: la donna inferma e questo capo dei farisei, il quale ha la figlia defunta. L'una crede fino alla guarigione, quindi a Gesù come medico, la guarigione da una malattia, e l'altro crede fino alla risurrezione, cioè che Gesù è il salvatore e può richiamare a vita una persona che già è spirata e, cioè, richiamare l'anima già separata dal corpo, che ritorna nel corpo stesso e, quindi, ritorna la vita.
Dobbiamo aver fede sia per guarire i nostri piccoli difetti e sia per essere assolti dai gravi peccati. E, cioè, che avendo perduto la grazia di Dio, la vita soprannaturale, che per la misericordia di Gesù ci sia ridonata. Dobbiamo aver una fede proporzionata alla
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grazia di cui abbiamo bisogno.
Quando si tratta di essere privi della vita della grazia, allora aver fede che col sacramento della penitenza, noi risuscitiamo. La vita divina richiamata nell'anima, la quale uscirà dal confessionale di nuovo bella, amica di Dio, capace di fare opere meritorie, ecc. con tutti i benefici e le conseguenze dello stato di grazia [...].
Ma ricordiamo, oggi, specialmente la guarigione, la guarigione di quella donna inferma da dodici anni. Alle volte i nostri difetti sono ancora più inveterati e ci vengono dall'uso di ragione e, magari, si son già presi difetti prima ancora di acquistar l'uso di ragione, si son, si son già prese delle abitudini.
E, ebbene, non da dodici anni, ma forse da di più Gesù ci può guarire? Gesù ci può guarire. La donna diceva: Se toccherò almeno con le mie mani il lembo del suo vestito1! E noi che possiamo toccare l'Ostia stessa? Non è solamente il lembo del vestito la comunione!
La comunione deve portarci all'emendazione dei difetti quotidiani. La comunione è per renderci forti nell'amore a Gesù, un amore sempre più vivo, più intenso, più forte, operoso. Ecco.
Si dice prima della comunione: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo2. Che toglie i peccati! Vivere con fede che toglie in me i peccati quotidiani! Delle imperfezioni involontarie ce ne saranno sempre, eh!, non ci escludono; ma che non ci sia niente di volontario! Toglierei difetti
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e metterci la virtù contraria. Bisogna avere fede fino lì: togliere il, il male e mettere la salute. Per esempio, togliere il mal di denti e mettere la guarigione, che i denti siano di nuovo risanati. Così togliere l'orgoglio e mettere l'umiltà, togliere la pigrizia e mettere il fervore, ecc.
Fin dove arriva la nostra fede? Fino a questo: di togliere i difetti quotidiani, specialmente se questi difetti ci portano ad atti che sono delle venialità? O arriva anche, la nostra fede, fino a mettere le virtù contrarie nel nostro cuore? Sì.
Domine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea1. Signore, io non sono degno che entri in me, ma tu dì una buona parola, dì una parola almeno e io sarò perdonato. Cioè sarà salva l'anima mia: salva dai peccati gravi, ma poi salva dai peccati quotidiani, che sono i peccati comuni.
Quando andiamo alla comunione, abbiamo questa fede noi, che non soltanto tocchiamo il vestito di Gesù, ma tocchiamo le sue carni vive e il cuore, il suo cuore viene a palpitare nell'anima nostra?
Vi sono persone che pregano con quasi niente di fede e vi sono persone che pregano con tanta fede. E allora, noi si può dire, che limitiamo il potere di Dio e impediamo Iddio. Gesù vuol darci abbondantissima l'acqua della sua grazia: Attingerete l'acqua alle fonti del Salvatore2. Sì. Ma noi andiamo con un bicchierino a
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prenderla, invece che con un secchio! Il bicchierino rappresenta chi ha poca fede, un cuore che ha poca fede e il secchio indica un cuore che ha gran fede.
Ma noi, se noi avessimo avuto una fede così grande come quella donna, anzi come quell'uomo che aveva la figlia morta, non crediamo che ci faremmo santi proprio per questo e conosceremmo bene la nostra vocazione e la seguiremmo con entusiasmo? Non crederemmo che il Signore ci potrebbe adoperarci per la sua gloria, per le sue opere in una maniera misericordiosa?
Quante sante ci rappresenta, ci ricorda la storia della Chiesa: debolissime creature che hanno fatto delle grandi opere, sì, grandi opere! Oh! S. Teresa senza alcun aiuto umano, non aveva soldi [...] e le erano contrari per lo più i poteri civili, e anche aveva ostacoli fra i buoni, eppure ha costruito oltre a 30 conventi! E ciò che importa di più non è, non è il numero delle opere esterne che ha fatto, ma aver portato il fervore, avere riformato l'istituzione sua, cioè il Carmelo, e averlo riportato al rigore primitivo, al fervore primitivo, all'osservanza primitiva. Ecco. Ma ci vuole una gran fede in Dio!
Quando il Cottolengo eresse la sua opera di accogliere solo i poveri in ospedale, gli infelici in ogni senso, e senza far nulla pagare e senza chiedere la carità, aspettando tutto da Dio: Il Signore è padre, si ricorderà di questi figliuoli che han fame, che sono infermi [...]. E radunava poveri e poveri ed erano già arrivati a 300, 400, 500, fino a 800 e, allora, quelli che gli volevano bene lo dissuadevano: Ma che cosa fa? E che cosa capiterà? Tra un
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poco dovrà abbandonare questi poveri e avranno fame e chi li ricovererà? Che cosa succederà, specialmente se lui muore? Lui è stimato, gli danno offerte, ma quando non ci sia più?.
E lui continuava a ricevere poveri e infelici, i più scemi, i più disgraziati e d'ordinario i più disgraziati nell'animo, gente che magari aveva passato la vita in disordine, ma lui continuava. E allora non sapevano come fare, erano ricorsi all'autorità civile, ma l'autorità civile non gli aveva dato torto; erano ricorsi all'autorità ecclesiastica e non gli aveva dato torto. Allora si raccomandarono al confessore, magari che il confessore gli dicesse: Che cosa succederà?. Il confessore rispose: Restate tranquilli, il Cottolengo ha più fede che tutti, che tutta Torino insieme. Lasciatelo andare e fare. E così è stato.
Ci vuol fede! Se noi avessimo della fede il Signore ci potrebbe riempire il cuore di così abbondanti grazie da trasformarci tutti. Invece dell'orgoglio, renderci umili, umili; invece di attaccamenti, dell'avarizia, renderci poveri di spirito, di spirito e cioè amanti della povertà, della mortificazione. Invece della ira la dolcezza; invece dell'invidia la bontà; invece della lussuria la castità, purezza sempre più grande in tutti i sensi; invece della golosità la mortificazione e invece della pigrizia il fervore; invece della curiosità la temperanza nel sapere [...]; invece, invece dei vizi capitali le sette virtù principali, che sono le tre teologali e le quattro cardinali.
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Tutte virtù che ci dan la sapienza, lo spirito della vocazione, la dedizione interna, l'amore vero a Gesù. Ma noi, sovente, andiam con poca fede, e acqua ce n'è un mare, il mare della misericordia di Dio, ma noi andiamo con un cucchiaino a prenderla!
E quanto ne abbiamo di fede? È succeduto parecchie volte, anzi molte volte: Io non ho la vocazione e il Signore può anche darmi la vocazione. Fai bene, sì, domandala. E dopo tanti anni benedicevano il Signore per quello che avevano sentito quel giorno e per aver avuto la grazia di credere come gli Apostoli: Venite dietro di me e vi farò pescatori di uomini1. E lo seguirono.
Noi, qualche volta, siamo nella povertà, siamo difettosi in tante maniere, ma perché abbiam poca fede: il Signore è lì per darci la grazia e noi non l'accettiamo. Il Signore, eh!, preme quasi, come l'acqua che preme contro il rubinetto, ma noi lo teniam chiuso, oppure lo apriamo tanto da passarcene un piccolo filo, un filino d'acqua, e allora il Signore è impedito, è trattenuto. E: Io sono lì per darti la grazia e noi rispondiamo: Tientela [...]. Oppure: Danne un briciolo. Ecco, non c'è fede!
Invece, quando si trattasse di nutrirci, o di avere questo o quello, allora [...], perché in quanto alle cose temporali ragioniamo giusto, in quanto le cose spirituali, vi sono persin anime che, che dicono al Signore: Non darmi tante grazie, perché io ho paura di dover poi far questo, di lasciarmi sacrificare in quello:
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e si rifiuta la grazia.
Paura della santità, paura di quella santità che è umiliazione, che è sacrificio, che è generosità, che è obbedienza, che è carità, che è libertà. Paura. Sì.
Oppure, sì ha il coraggio di dire: Mi offro vittima, ma guai se si pungono un dito con l'ago! Eh! Allora le nostre parole sono parole vane. Fino? Fino ai sacrifici, anche se il cuore sanguina!, e poi guai se è detta una parola di contrarietà, una parola che richiama i suoi difetti, una correzione!
E allora ci vuole impegno di poterlo fare questo. Se abbiamo il desiderio di arrivare a quel punto, fede che Gesù ci dà la grazia di arrivare a quel punto. È un'ispirazione, tante volte, che il Signore ci dà di arrivare a quel sacrificio, a quella umiliazione, a quella missione, a ottenere quei frutti abbondanti.
Ecco: Vi farò pescatori di uomini!1: pescatori di vocazioni, ancora bisogna dire! Ma fede, fede in Cristo! Allora: Fiat tibi sicut credidisti2, ti avvenga come hai creduto. Se hai creduto molto, molto; se hai creduto poco, poco.
Abbiamo sempre da pensare a questo. E non è tanto quel che il confessore dice, ecc.: è se noi abbiamo fede che la confessione mi toglie il peccato [...]. Ma se questa confessione mi può togliere la pena, cioè mi può dar la remissione anche del purgatorio e mi può infondere tanta grazia da santificarmi e mi può dare lo spirito apostolico: la confessione produce il frutto secondo la, secondo la fede che abbiamo.
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[...] Crediamo che Gesù al mattino quando viene in noi venga con le mani vuote? Viene con le mani piene di grazie. Ma dove le deposita? Nei cuori che hanno fede, in misura che hanno fede!
Ah! Se avessimo fede come un granello di senapa, che è così piccolo, e dicessimo a questo monte: Togliti e mettiti in là1 [...] il monte ascol...,, il monte ascolterebbe, se fosse necessario si capisce, per la gloria di Dio questo.
E così è avvenuto a s. Gregorio taumaturgo che, di cui si celebra la festa proprio oggi. Aveva bisogno di far la chiesa in un posto e il, e il monte ingombrava. Allora pregò e disse al Signore: Tu che hai detto questa parola: se avrete fede e direte al monte di togliersi. Fatelo, Signore, io ho fede che lo possiate fare. E il monte si fece in là [...] tanto che vi fu dello spazio per costruire la chiesa in quel posto che potesse servire alla popolazione.
La fede è la prima virtù, è la radice e senza la radice la pianta né cresce, né porterà fiori, né frutti. Fede ci vuole.
Adesso, nella Messa e nella giornata di oggi l'intenzione sia specialmente per: Adauge in nobis fidem2, accresci in noi la fede, fate che io creda sempre più. Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 12a/57 - Nastro archivio AP 15b. Meditazione fatta alle Apostoline il 17 novembre 1957. Data confermata dal Diario di d. Speciale.

2 Cfr Mt 9,21.

3 Cfr Mt 9,22.

1 Mt 9,18.

2 Mt 9,24.

1 Cfr Mt 9,21.

2 Canon Missae, Missale Romanum.

1 Canon Missae, Missale Romanum.

2 Cfr Is 12,3.

1 Cfr Mc 1,17; cfr Mt 4,19.

1 Cfr Mc 1,17; cfr Mt 4,19.

2 Mt 8,13.

1 Cfr Mt 17,20; Mc 11,23.

2 Lc 17,5.