Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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5-LA QUALITA' DELLA PREGHIERA1*
...il muovere i nostri passi. Verso che cosa? Il nostro destino è il cielo e noi abbiamo da prepararci al cielo. La vita nostra: preparazione al cielo. Vi è il libro: «Preparamento alla morte»2. Va bene. Ma dopo la morte, il paradiso. Quindi sapendo che in quella città santa del paradiso abitano solamente angioli bellissimi, niente di macchiato entra colà3. Là, i vergini, i martiri, i confessori, gli apostoli, i patriarchi, i profeti, la Vergine Santissima, Gesù, la Trinità. Tutto candore, tutto splendore, tutto bianco.
Ora, la vita deve prepararci all'ingresso. E' tutto come una toeletta spirituale la vita, che consiste nel mondarsi e, dall'altra parte, nell'ornarsi, la vita. E' questo il cammino; è questo il lavoro della terra: camminare.
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E, primo, la volontà; secondo, la preghiera. Sempre negli esami di coscienza si è fatto stampare, nei moduli, il grado di volontà e, secondo, la qualità della preghiera. Se vi sono queste due condizioni: buona volontà e, dall'altra parte, una preghiera ben fatta e abbondante, allora si cammina, si progredisce, si muovono i passi.
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Che cosa è, dunque, la preghiera? La preghiera è l'elevazione della mente a Dio; la preghiera è domanda, delle cose che ci son necessarie, a Dio; la preghiera di un'anima che sta elevandosi si estende a quattro cose, si manifesta in quattro atti soprattutto. Poi vi sono altri atti, ma i santi Padri notano specialmente questi: l'adorazione, il ringraziamento, la riparazione e la supplica o domanda. Vi sono poi altri atti, come l'offerta del cuore, la lode a Dio, il proposito della vita migliore, ecc.
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Ma i quattro principali: adorare Dio, Maestà infinita; Dio, bellezza eterna; Dio sapienza; Dio bontà; Dio misericordia; Dio sommo bene, sommo ed eterno bene. L'adorazione. Riconoscendo questo Dio, il nostro principio, colui che ha dato e dà a noi ogni grazia; riconoscendo Iddio come il nostro fine, quindi, al quale dobbiamo dirigere tutti i nostri sforzi, tutto il nostro cuore, tutto il lavoro della vita, ecco; e riconoscendo questo Dio come colui che è la provvidenza, cioè colui che ci governa, al quale dobbiamo star sottomessi. Ecco, l'adorazione. Sommo bene, principio, fine e nostro padrone, governatore provvido.
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Il ringraziamento poi comprende la nostra riconoscenza, gratitudine amorosa per tutti i benefici ricevuti. Vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano, fatto religioso, di avermi dedicato a questo apostolato. Vi ringrazio delle ispirazioni interne, della fede, della speranza, della carità, della vocazione. Ecco, la riconoscenza. Non soltanto per noi, ma per tutti gli uomini, questo Padre celeste che a tutti provvede; questo Gesù che è venuto a spargere il suo sangue per tutti gli uomini; questo Spirito Santo che vuole entrare e possedere, riempire di sé ogni anima. Riconoscenza. «Vere dignum et justum est nos tibi semper et ubique gratias agere»1. E' cosa giusta, è cosa lodevole che noi continuamente e dovunque mostriamo la nostra riconoscenza a Dio.
Anime che vivono di riconoscenza amorosa: - Non mi suggerisca altri propositi. Io mi godo e mi sento unito a Dio pensando alla sua bontà, alla bontà di Dio: «Sic Deus dilexit mundum ut Filium suum Unigenitum daret»2.
E Gesù: «dilexit nos et tradi[di]t semetipsum pro nobis»3. E lo Spirito Santo che è tutta carità: «Charitas autem Spiritus»4. Io mi sento bene in questi pensieri e son quelli che mi danno coraggio e forza nella giornata, per la santificazione della giornata stessa.
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Poi vi è la preghiera di riparazione. Riparazione, ecco, il Figliuolo di Dio incarnato, per riparare il peccato. Il Maestro Divino è venuto a riparare gli errori di mente, a riparare per i vizi del cuore, per i peccati, per l'idolatria, e sì, ed è morto in riparazione.
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La Pia Discepola ha un ufficio particolare qui, se è veramente di Gesù Maestro, discepola di Gesù Maestro, uniformazione ai sentimenti di Gesù. Unirsi come Maria a Gesù. Gesù crocifisso, Maria ai piedi della croce. La Discepola che si unisce al Maestro Divino e alla Maestra Maria per riparare i peccati dell'umanità, i peccati di tutti, particolarmente di quei ceti di persone che meglio dovrebbero rispondere alle grazie di Dio; particolarmente per i peccati delle anime consecrate a Dio, peccati che, diciamo così, son più sensibili per il Cuore sacratissimo di Gesù. E soprattutto per i peccati nostri, giacché la gravità del peccato non si misura soltanto dalla materia, ma si misura di più dall'ingratitudine che si dimostra col peccato verso Dio, cioè quando noi consideriamo i benefici di Dio e nuotiamo nelle grazie di Dio e tuttavia ci lasciamo andare a disgustarlo, a offenderlo o con le parole o con le azioni o coi pensieri o coi sentimenti. Riparazione, prima per i nostri peccati.
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E poi, quarto, vi è la domanda, cioè la petizione, quello che noi indichiamo con la definizione della preghiera: «Petitio decentium a Deo»1. Supplica, ecco.
Adesso, parliamo specialmente di questa supplica, cioè domandare al Signore la grazia di progredire. E' bella la coroncina: «Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi». E cioè, che cosa significa questo farci santi? Questo farci santi significa purificazione dai difetti e significa, nello stesso tempo, conquista delle virtù: aumento di fede, speranza più ferma, carità più ardente, benignità con tutti, zelo nell'apostolato. Questa domanda al Signore di progredire: «Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi». Del resto questa è la domanda con cui al mattino ci svegliamo e che per prima abbiamo sulle nostre labbra quando salutiamo la nostra Madre, come il bambino che si sveglia nella sua culla, cerca il volto della mamma. Ed è la domanda con cui chiudiamo la giornata: «Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi». La preghiera. La volontà si richiede, ma anche la stessa volontà per esser forte ha bisogno di essere rafforzata con la preghiera, sì, perché le difficoltà del cammino sono molte.
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Due strade ci stanno davanti: l'una è comoda, spaziosa, ma mette capo all'inferno. E l'altra via, invece, è stretta, ripida, seminata, alle volte, di spine, di sassi; sì. E allora, per prendere, scegliere questa strada occorre coraggio, poiché verso la strada buona s'incamminano tanti: «multi intrant per eam»1. E invece, verso questa strada che è la strada della santità e che porta al paradiso e a un bel paradiso, molti si sentono scoraggiati, sfiduciati: «E come, tutti i giorni sempre uguale: ho combattuto ieri, devo combattere ancora oggi, è un anno che combatto e ho sempre quelle tentazioni. Ma mi sento umiliata e sconfortata dopo tante comunioni, dopo tante confessioni, dopo tante lotte interiori, vedermi ancora, io che vorrei sollevarmi su in alto, vedermi ancora così tormentato dalla carne, dall'orgoglio, dall'ira, dall'invidia, dalla golosità, oh ! mi sento sfiduciato !».
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Ci vuol la preghiera che ci dia forza! Poiché se hai combattuto un anno e dieci, hai guadagnato meriti per un anno e per dieci, perché è specialmente con la lotta che si guadagnano i meriti. E la forza? Da Dio.
La fortezza è la terza virtù [cardinale] e la fortezza è un dono dello Spirito Santo. Occorre domandare a Dio la fortezza, come virtù cardinale e come dono dello Spirito Santo.
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Supplicare il Signore. E non mai cessare: «oportet semper orare et numquam deficere»1. Che vuol dire: è necessario pregar sempre e non desistere, non cessare mai, perché finché si combatte si vince, finché si combatte si fanno meriti, ecco. E se la lotta durasse anche una intera vita e se anche sul letto di morte ci trovassimo in battaglia contro Satana, questa è la vita: «Militia est vita hominis super terram»2. E non vinciamo col solo sapere, e non vinciamo solamente con le nostre industrie, con la nostra abilità e neppure possiamo aver fiducia nella vita santa che già si è condotta. Fiducia in Dio! Lo stato dell'anima sia quello espresso dalle parole: «da me nulla posso, con Dio posso tutto». L'umiltà da una parte, la fiducia nel Signore dall'altra, e si progredirà, costantemente si progredirà.
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Ora, questa preghiera, come dev'essere perché piaccia a Dio, perché sia ascoltata da Dio? Tre condizioni deve aver la preghiera: la prima condizione: che sia fatta in umiltà. Sì, abbiamo sempre da considerarci come il pubblicano che al fondo del tempio stava col capo chino e si picchiava il petto: «Signore, abbi pietà di questo peccatore»1.
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Mai l'orgoglio. L'orgoglio ci allontana le grazie di Dio poiché: «superbis resistit»1. Resiste alla preghiera del superbo, il Signore. E dà le grazie agli umili: «humilibus dat gratias»2. Rappresentiamoci la Maddalena quando piange i suoi peccati e bacia i piedi di Gesù dopo averli lavati con le sue lacrime3; ecco. Sono quelli che si umiliano che ottengono. E se noi potessimo arrivare al fondo della nostra umiliazione, noi saremmo esaltati poi...
.....il superbo viene umiliato e l'umile viene esaltato4. Il nostro nemico numero uno è l'orgoglio, la superbia che ci allontana le grazie di Dio e ci allontana anche gli uomini. L'umile è gradito a Dio, l'umile piace anche agli uomini. E soprattutto l'umile va dal mattino alla sera conquistando grazie, cioè meriti, meriti; poiché servendo Iddio nell'umiltà, ecco che presso Iddio acquista un diritto alla gloria eterna.
Gesù si è umiliato fino alla morte di croce e per questo fu esaltato sopra tutte le creature che devono tutte adorarlo5.
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La via e la disposizione a ricever le grazie di Dio, è sempre l'umiltà, poiché la grazia fa come l'acqua: l'acqua cade sul monte e scorre alle valli. Il monte resterà asciutto. Così il superbo non riceve la grazia di Dio e se la grazia cade, egli non è in disposizione di accettarla. La grazia va agli umili, quelli che veramente praticano l'«ama nesciri»1, ama di essere dimenticato, «et pro nihilo reputari»2, e di essere stimato per niente.
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Seconda condizione è la fiducia in Dio. La fede. Il Signore ci esaudisce a misura della fede. La fede che portiamo alla nostra preghiera è quella che determina la quantità delle grazie di Dio: «fiat tibi sicut credidisti»1. Sei esaudito come hai creduto, secondo ciò che hai creduto. Hai creduto che potessi farti questo, eccolo, questo è fatto: «Fides tua te salvam fecit»2. Ti ha fatto salva la fede, la fede, sì, la fede. E quando Gesù disse agli Ebrei, parlando del centurione che era un gentile: «Non inveni tantam fidem in Israel»3, esprimeva una verità. Molte volte si manca di fede. Pare che quella grazia sia troppo grande? ma noi abbiam poca stima di Dio, piuttosto. La sua potenza, la sua bontà, dobbiam considerare! Dio onnipotente, Dio Padre buono. Nel salmo si dice anche questo: «Non credi che possa darti la vista e sanarti l'occhio colui che ha creato l'occhio stesso»?4 La fede, sì. Fede viva nella bontà di Dio.
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Terzo, la nostra preghiera deve esser perseverante. Come dobbiam sempre mangiare per vivere, così dobbiam sempre pregare perché la nostra vita spirituale non muoia e, anzi, prosperi, s'ingagliardisca. I Santi, quanta abbondanza di grazia possedevano ed erano solleciti ogni giorno di aumentare questa grazia con nuove preghiere, con nuove opere buone. Perseverante. La preghiera di ogni giorno, perché mangiamo oggi per tenerci in forza e lavorare oggi e dobbiamo mangiare di nuovo domani per tenerci in forze e lavorare di nuovo domani. Lo stesso della preghiera.
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L'esercizio del mattino, cioè la meditazione, la Messa, la comunione, l'esame preventivo, i propositi che si devono fare, ecco, ci preparano la giornata, ci assicurano la giornata e la giornata passa bene in proporzione dell'esercizio del mattino che comprende tutte queste pratiche che ho detto, fatte bene.
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Poi, nella giornata, naturalmente, vi è poi anche la Visita la quale di nuovo ci fa sentire l'unione con Dio, di nuovo ci mette in comunicazione con Dio, più intima, perché se si taglia il filo della corrente elettrica, la corrente elettrica non arriva più né alla stufa né al ferro da stiro, non arriva più la luce. E noi abbiam bisogno di calore, abbiam bisogno di luce da Dio, continua.
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Allora la nostra comunicazione con Dio dev'essere continua: «semper orare»1. Prima le pratiche di pietà, poi elevare sovente, nella giornata, il nostro cuore a Dio, particolarmente nei momenti di pericoli o nei momenti in cui abbiam da fare un atto di virtù che ci costa maggiormente. Ricorrere a Dio. - Ma sempre? - Ma sì, sempre, perché Gesù ha detto varie cose che si riferiscono alla perseveranza, ad esempio quando raccontava quella parabola di colui che andò dall'amico a cercare, a mezzanotte, alcuni pani perché voleva dare un po' di ristoro a chi era venuto a trovarlo. E l'altro, di dentro, l'amico che già si trovava a letto con la famiglia, risponde: - Ma vieni domani. - Ma ho bisogno oggi, ho bisogno adesso. - E l'altro sembra che stia sulla negativa. E intanto questi continua a picchiare, a picchiare. E finalmente, colui che è dentro si alza e gli dà quanto voleva per togliersi quella importunità e poter dormire. Oh, così conchiude Gesù: «Picchiate e vi sarà aperto»2.
Picchiare al tabernacolo, picchiare, far sentir la voce, picchiar forte al cuor di Gesù, del Maestro: «Picchiate e vi sarà aperto, domandate e otterrete, chiedete e vi sarà dato». E può forse capitare questo, che se un fanciullo, un bambino domanda al padre un pesce, il padre gli dia un serpe? O se domanda un pane gli dia una pietra? E se i genitori sono buoni, partecipano, cioè alla bontà del Padre celeste, quanto più è buono il vostro Padre che sta nei cieli3. Ma sempre domandare, sempre domandare.
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Domandare il progresso, domandare la vittoria sulle passioni, domandare le virtù: teologali, in primo luogo; cardinali, in secondo luogo; e, in terzo luogo, le religiose, le virtù religiose, quelle che poi vengono elevate per mezzo del voto. E domandare anche le virtù morali come la pazienza, l'obbedienza, la docilità.
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Oh, allora, ecco: se da una parte c'è la buona volontà e, dall'altra parte, vi è la domanda, la preghiera, la supplica, si camminerà, gli anni non saranno inutili, non saranno passati inutilmente, voglio dire, ma saranno pieni di meriti e dopo un anno, cioè, dopo questo corso di Esercizi, arrivando a un altro corso, vi troverete più avanti nella virtù, nell'unione con Dio, nella pazienza, in tutte le altre virtù che desiderate di ricevere dal Signore e che volete conquistare con lo sforzo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (14-23 marzo 1956) al gruppo formazione Pie Discepole del Divin Maestro in preparazione alla vestizione, entrata in noviziato, emissione dei voti religiosi Roma, Via Portuense 739, 15 marzo 1956 *
* Nastro 2/c (= cassetta 3/a). - Per la datazione, cfr. PM: «Se vi sono queste due condizioni: buona volontà e, dall'altra parte, la preghiera...» (cfr. PM in c26). - dAS (cfr. c26 e c125).

2 Più esattamente: Apparecchio [cioè preparazione] alla morte, ed è il classico libro sui novissimi di S. Alfonso de' Liguori di cui le Ed. Paoline hanno pubblicato recentemente un'accurata edizione.

3 Cfr. Ap 21, 27.

1 Cfr. Missale Romanum, «Ordo Missae», Inizio del Prefazio.

2 Gv 3, 16.

3 Ef 5, 2.

4 Cfr. Rm 15, 30: «per caritatem Sancti Spiritus».

1 S. Th. 2a-2ae, q.83, a. ad 1.

1 Mt 7, 13.

1 Lc 18, 1.

2 Gb 7, 1.

1 Cfr. Lc 18, 13.

1 1 Pt 5, 5.

2 Ib.

3 Cfr. Lc 7,37-38.

4 Cfr. Lc 14, 11.

5 Cfr. Fil 2, 8.

1 Imitazione di Cristo, libro I,II,3.

2 Ib.

1 Mt 8, 13.

2 Mt 9, 22

3 Mt 8, 10.

4 Cfr. Sal 94, 9.

1 Lc 18, 1.

2 Cfr. Lc 11, 5-9

3 Cfr. Lc 11, 9-13.