Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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27-IL PARADISO1*
Quando con la sentenza del giudizio universale si chiuderà la storia umana, avremo soltanto due posti: il paradiso e l'inferno; il paradiso eterno, l'inferno eterno. I cattivi discenderanno nell'inferno, i buoni: «justi autem in vitam aeternam» 2, andranno al cielo. E allora contempliamo questa vita celeste, questa vita felice, la quale consolerà tutti i giusti: là non vi sarà più né pianto, né prove, né tentazioni, né difficoltà, né inimicizie, né persecuzioni, né dolori interni od esterni, «non erit luctus, neque clamor» 3, ma solo gaudio e un gaudio che è stragrande, cioè sproporzionato al merito nostro. Paradiso.
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Primo, il paradiso è la ricchezza della persona consacrata a Dio. Colei che fa veramente, di cuore, con piena convinzione la professione religiosa, rinunzia a tutto, a se stessa anche, e alla propria volontà, per tutta donarsi a Dio: «tutta mi dono, offro e consacro» 1: la volontà, l'attività interna, l'attività esterna: «tutta mi dono, offro e consacro a Dio». Rinunzia, quindi, anche a quelle cose che avrebbe potuto possedere vivendo libera e a quelle soddisfazioni che avrebbe potuto godere in famiglia; rinunzia a tutto. Se veramente si rinunzia a tutto, si godrà il Tutto, si avrà il Tutto che è Dio, sommo Bene, eterna felicità. Quanto più la professione è fatta intieramente, è vissuta intieramente, tanto più si possiederà l'eterna sapienza, l'eterna bontà, il gaudio eterno e cioè, la visione di Dio sarà più profonda, il possesso di Dio più pieno, il gaudio di Dio più lieto, più beatificante; in proporzione delle nostre rinunzie ci sarà l'acquisto. E quindi: il voto di povertà è la più grande ricchezza, come il voto di castità è il più grande amore e il voto di obbedienza è la più grande libertà. E allora, ecco: il premio.
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Quale sarà la misura del premio? Vi daranno una misura piena e una misura scossa e una misura pigiata e una misura versante, traboccante1, perché Iddio è sempre traboccante sull'anima, l'anima non potrà mai avere, godere una pienezza perfetta e quindi intiera di Dio. Dio è ancora sempre più amabile, più beatificante e più felice di quello che possa comprendere l'anima che è finita e lui è la beatitudine eterna, infinita. L'infinito non può essere compreso tutto dal finito.Quando si dice: i beati «comprensori» la parola è impropria, non si comprende mai intieramente Dio. Dio è ancora infinitamente più verità e sapienza, e tuttavia vi sarà una visione proporzionata alla fede che si è avuta. Dio è infinito e l'anima è finita e non potrà quindi, l'anima, possedere tutto Iddio, lo possiederà nella misura che ha fatto le rinunzie, nella misura che sulla terra si è attaccata a Dio, ha voluto Dio e Dio che è bontà e gaudio, beatitudine infinita, non può essere compreso tutto dall'anima, ma l'anima sarà, però, piena secondo i suoi meriti, secondo la grazia con cui passerà dalla terra al cielo; secondo il fervore che va aumentando man mano che ci avviciniamo al cielo; il fervore, la puntualità ai doveri, l'osservanza più fedele dei nostri impegni, degli orari, l'assecondamento più pieno dello spirito della Congregazione; l'assecondamento docile delle disposizioni che vengono date, ecc.
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Oh, la terra è preparazione al cielo, è preparazione breve. La preparazione che facciamo alla comunione, si protraesse anche di un'ora, è sempre breve per ricevere un Dio infinito. Ma la preparazione della vita al cielo è brevissima per entrare in un gaudio che è sproporzionato ai nostri meriti, superiore ai nostri meriti, perché i meriti, riempissero anche la vita, son sempre meriti di pochi anni, di un certo numero di anni; invece il premio è eterno, non di pochi anni.
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Quale è il male principale della vita presente, se consideriamo l'umanità nel suo complesso? il dimenticare il cielo o non credervi o non pensarvi abbastanza o pensarvi solamente qualche istante, superficialmente, senza meditarlo, il paradiso, e quindi con poca efficacia sopra i nostri propositi. Paradiso. La vera vita.
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Il paradiso è specialmente proprietà della religiosa perché rinunciando a tutto, essa ha diritto: «Dominus pars hereditatis meae et calicis mei, tu es qui restitues hereditatem meam mihi» - dice il salmo1.
La professione è rinunzia e conquista. Rinunzia al nostro io, alla nostra volontà; rinunzia all'amministrazione libera del denaro; rinunzia a far proprio ciò che si guadagna, ciò che entra; rinunzia, sì, a vestirsi come vuole, a stare dove vuole; rinunzia a un ufficio che le piace di più, per prendere quello che è disposto dall'obbedienza; è tutta una rinunzia, ma è tutta una grande conquista. Rinuncia al poco per acquistare il molto, l'infinito.
Che cosa ha poi lasciato Pietro quando diceva: «reliquimus omnia» 2, abbiamo lasciato tutto? Una barca, aveva lasciato, e aveva lasciato la famiglia; ecco.
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Vi sono persone che lasciano veramente tanto. Prendete santa Chiara d'Assisi, prendete san Francesco Borgia, duca di Candia, ecc. Ma una lascia sempre tanto quando lascia se stessa, perché è poco lasciare quel che sta attorno, portasse anche mille milioni in Casa, è sempre poco. E' quando si lascia il nostro io. «Multum quidem est relinquere quod es» o quod est.
Sì, è quello il gran sacrificio quotidiano: oggi rinunzio alla mia volontà; oggi farò solo quel che piace a Dio; oggi non amministrerò da me; oggi non mi cercherò l'ufficio, l'impiego, l'orario come vorrei; oggi mi sono abbandonato nelle mani di Dio e Iddio mi porterà come buon Padre ed io mi rimetto a lui come buon figlio; il Padre più sapiente e più amante, il figlio più docile. Paradiso.
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Quindi il paradiso è costituito da tre proprietà o tre beni: visione di Dio: la più ignorante può diventar la più sapiente che tutti i dottori della Chiesa. Maria non fece studi ed è la più sapiente in cielo.
Secondo: il paradiso è possesso di Dio: si possiede tanto Iddio, quanto si rinunzia alla volontà nostra per abbracciar la volontà di Dio. E può essere che una donnetta sia più docile e sia più abbandonata in Dio di colui che, magari, ha emesso i voti e si fregia dell'abito religioso e si crede già, magari, molto santo perché ha fatto la professione. Oh, la beata semplicità di tante anime! La loro sveltezza nel fare prontamente quanto il Signore dispone. Che ricchezza! Che possesso! Possedere poi Dio.
E terzo: il paradiso è gaudio. Non il gaudio che potremmo avere noi quando tutto tutto fosse a nostro favore e tutti e tutti ci lodassero, ci esaltassero, riconoscessero in noi di... applaudissero; quando fosse piena la salute, quando ci fosse il vigore delle forze, quando è messo a disposizione nostra tutto quello che possiamo: «quae concupiverunt oculi mei» 1.
Il gaudio è soprannaturale, è quello stesso gaudio di Dio, il gaudio che viene dall'amore del Padre verso il Figlio e dall'amore del Padre e del Figlio verso lo Spirito Santo. E' la beatitudine infinita. E' l'amore, è la felicità che regna nel circolo - diciamo così - delle Tre Persone santissime. E l'anima è ammessa a parteciparvi.
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Ma come mai, questo, che l'uomo possa godere così come Dio? E' mistero. Ma si fonda sulla comunione e sui dogmi della fede. Tutto. La comunione non ci dà forse Iddio? Mistero di fede, mistero di amore, questo. Ma ci dà realmente Iddio, la comunione.
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Ecco; e tutto il nostro corpo avrà pure la sua soddisfazione e cioè, quello che ragionevolmente il nostro corpo può desiderare: le bellezze del cielo, i canti del cielo, la comunicazione intima con gli angeli, coi santi tutti, coi santi che più si sono amati sulla terra, che più si son pregati. La comunicazione con Maria, con Gesù, Maestro Divino, con la santissima Trinità. E tutto il corpo, diventato impassibile, è diventato leggero, penetrante, ecco. Oh; ci occorre allora ricordare questo, la parola di san Paolo: «né occhio vide mai cose così belle, quali sono state preparate da Dio a noi tutti e orecchio mai sentì cose così belle, quali si sentiranno in paradiso e nessun cuore che abbia pur avuto delle consolazioni grandi, non avrà mai tante consolazioni, tanto gaudio e pace, quanto ne ha preparato Iddio a quelli che lo amano, a quelli che lo cercano, che vogliono essere sinceramente di Dio» 1.
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Questa carità che si ha da coltivare verso Dio e verso le persone con cui si convive; sempre perde tante grazie chi porta le divisioni, le critiche, le contraddizioni, i sospetti, i giudizi folli, e chi porta, in sostanza, malevolenze e turbamenti: «Congregavit amor unus» 1. Quanto fanno pena queste cose, alle volte. Se fanno tanta pena a me che sono uomo, e quanta pena daranno al Maestro Divino, al suo Cuore, quando si sente che in una Casa non ci si vuol bene.
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Allora dovremo dire: la terra è tutta una preparazione al cielo. Preparazione quadruplice: una preparazione di mente, con la fede viva; una preparazione di cuore, con la carità, e una preparazione della volontà, con la speranza. E quindi dovremo aggiungere, se non vogliam metterlo insieme a questa terza che si può mettere bene, preparazione del corpo, anche.
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Gesù ci ha detto che egli è la Verità. E se noi gli crediamo, abbiamo viva fede, prepariamo la mente a contemplare e approfondirci nella visione di Dio.
E Gesù ci ha detto che è Via. E noi possiamo arrivare a lui e possederlo osservando la sua legge, praticando i consigli evangelici, uniformando la nostra volontà a quella di Dio.
E terzo, noi possiamo prepararci con l'amore a Gesù, con la preghiera, con il retto uso dei sacramenti, con le adorazioni, con le Messe, con la comunione e possiamo preparare il corpo a risorgere glorioso, quindi riunito all'anima, aver parte ai guadi dell'anima. Come? attendendo al lavoro, faticando; attendendo agli apostolati, con zelo; mortificando il corpo in quello che non è ragionevole dare al corpo, ad esempio: frenare gli occhi: non guardar tutto; frenare la curiosità: non ascoltare tutto, tanto meno le critiche che sono mancanze contro la carità e smorzano la carità degli altri; santificando la lingua, mortificandola quando è necessario non dire quello che non bisogna dire e dire, invece, quello che bisogna dire; e santificando tutto il tempo che il Signore ci ha dato per servirlo bene, santificando tutte le nostre energie, forze spirituali interne ed esterne, fino all'ultimo e poi, in fine, fare un sacrificio della vita, accettando la morte.
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Perciò curiamo questa preparazione al cielo. Per tutti - ho detto - la vita è preparazione al cielo, ma particolarmente per la religiosa. La religiosa la quale ha voluto rinunziare a tutto per prendersi il Tutto, per prenderselo realmente; se non subito può godere la ricompensa eterna, sa però che le è preparata, questa ricompensa eterna. Gesù enumera le sue Pie Discepole, le conosce tutte e a ciascheduna ha preparato il suo posto. Ma la deficienza può essere nostra in quanto che con una vita tiepida oppure con poco spirito di fede, poca fermezza di volontà e poca mortificazione, prendiamo la sedia che Gesù ci ha preparato e la portiamo giù giù giù, magari accanto alla porta del paradiso.
E andiamo a quel posto bello, molto alto a cui Gesù ci chiama e che già ha preparato! Quindi: fede viva, speranza ferma, carità ardente e mortificazione del corpo.
Piacendo a Dio, poi ci fermeremo ancora domani sopra questo argomento.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (14-21 giugno 1956) alle Superiore Pie Discepole del Divin Maestro Roma, Via Portuense 739, 17 giugno 1956 *
* (1) Nastro 6/b (= cassetta 14/a). - Per la datazione, cfr. PM: «Quando con la sentenza del giudizio universale si chiuderà la storia umana, avremo soltanto due posti: il paradiso e l'inferno...» . - dAS e dAC (cfr. c381).

2 Mt 25,46.

3 Ap 21,4.

1 Formula della professione religiosa delle PD, Cost. (1948), art. 89.

1 Cfr. Lc 6,38.

1 Sal 15,5.

2 Mt 19,27.

1 Cfr. Qoelet 2,10.

1 Cfr. 1 Cor 2,9 - a R: ce ne.

1 Liber Usualis, Feria V in Cena Domini, de Missa solemni Vespertina, ad Mandatum, ant. «Ubi caritas» , p. 675.