Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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14-SANTIFICARE IL MOMENTO PRESENTE1*
Gli ultimi giorni degli Esercizi sono particolarmente per pensare al futuro. Il passato ormai è passato, quel che è stato è stato, non possiamo cambiarlo, soltanto possiamo essere riconoscenti, amorosamente riconoscenti, delle grazie ricevute ed essere umili e pentiti per le incorrispondenze; quindi saldare i nostri conti per mezzo del pentimento e della confessione.
Il futuro propriamente non è nelle nostre mani, non sappiamo se l'avremo. Può essere anche che non arriviamo a stasera. In Casa Madre, Società San Paolo, al mattino sono andati per preparare la camera per portare la comunione a uno che si era un po' ammalato, che ormai era guarito, ma si comunicava ancora in camera. Era spirato, verso le tre, poco prima. Finito la rappresentazione del cinema, poi, una sera, un chierico si è sentito poco bene e uscendo dalla sala del cinema, aveva voluto appoggiarsi al braccio del maestro che lo accompagnò, sostenendolo, in infermeria, e gli spirò nelle braccia. Non più di due o tre minuti da che aveva accusato un mal di testa e stanchezza. Sempre pronti, sempre pronti!
Propriamente quello che possediamo, allora, è il momento presente. Santificare i momenti presenti, ecco. E la santificazione del momento presente è appunto questa: fare propositi per il futuro.
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In questo momento il Signore aspetta da noi i propositi, che sono atti di amor di Dio, ancorché qualche volta noi non riuscissimo a metterli in pratica, intanto l'atto di amor di Dio è fatto; se fosse più fermo, se poi si viene a mettere in pratica è molto meglio, certamente. E allora il merito aumenta, ma intanto un desiderio di bene, un desiderio di amare il Signore è già un merito. Proporre, allora, che cosa per il futuro? Ciascheduna può fare i suoi propositi, riconoscendo quello che ha più bisogno di acquistare, ecco il proposito. E' facile. In generale è meglio positivo, cioè non solamente, supponiamo, di togliere l'orgoglio, ma di acquistar l'umiltà.
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Tuttavia occorre una cosa di grande importanza e cioè che nell'animo ci sia la persuasione di esser chiamate alla santità e di aver le grazie per raggiungere la santità. Occorre evitare ogni pessimismo: «tanto non mi faccio santa; tanto adesso vi è o questa o quella difficoltà, quando saran sciolti quegli impedimenti, quando mi troverò più avanti negli anni». Persuase di esser chiamate alla santità, di aver le grazie per la santità e di poter cominciare oggi, in questo momento, l'opera grande della santificazione.
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Con la data di ieri ho ricevuto una lettera dalla Sacra Congregazione, card. Valeri, con il padre Larraona, in cui invitano il Primo Maestro a vegliare sulla santificazione delle suore. (Eh! credevo che aveste paura). E certo, questo fra gli incarichi è il più dolce che si possa avere nella vita: aiutare alla santificazione, per un ministro di Dio. Sì, per santificarvi.
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Allora il primo punto: persuase di esser chiamate alla santificazione: o che c'è vocazione o che non c'è; se c'è vocazione c'è anche la chiamata alla santità. Tuttavia anche i cristiani comuni, i fedeli, possono raggiungere la santità nel loro stato, se quello era lo stato di volontà di Dio. Perché propriamente la santità consiste nel fare il volere di Dio, quel volere che il Padre celeste ha sopra di noi. Non abbiamo tanti santi della vita secolare tra i semplici fedeli? E' stato scritto un libro intiero col titolo: «Chi vuole si fa santo». E non parla mica solamente dei religiosi o delle religiose, parla di tutti i cristiani in generale. Quindi tutti hanno le grazie per eseguire la volontà di Dio, per praticare, compiere la volontà di Dio in quello stato in cui da Dio sono chiamati.
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Ma per la religiosa vi è di più. Quando Pietro fece la domanda al Maestro Divino: «Noi ti abbiamo seguito, quid ergo erit nobis?»1. Adesso che cosa avremo, dopo che abbiamo lasciato tutto? Gesù rispose prontamente: «Avrete il centuplo di quanto avete lasciato»2. Ecco; il centuplo. E cioè, vuol dire che nella vita religiosa poi si trovano mezzi molto più abbondanti per la santificazione, molto di più: la vita regolare, le pratiche di pietà ben regolate, l'assistenza di chi guida la comunità, l'esempio delle sorelle, la maggiore abbondanza di preghiera, l'aiuto per evitare certi pericoli, poiché non si ha la comunicazione col mondo cattivo se uno non va a mettercisi dentro, e se qualche volta ci si deve metter dentro, ecco che allora, andando per obbedienza, le grazie che accompagnano l'obbedienza. Riceverete il centuplo. «Centuplum accipietis»2.
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Sì. La santificazione poi è già anche in atto, perché si appartiene a uno stato superiore e quindi si possiedono i meriti dello stato. Vivere nello stato di obbedienza, abbandonati, cioè al volere di Dio; vivere nello stato di castità, cioè rinunziare a una famiglia; vivere nello stato di povertà, cioè non possedere nulla, in questo senso, che quello che si produce si lascia alla Congregazione e di quello che si fosse proprietari non c'è l'amministrazione libera. Questo è già uno stato superiore. E chi vive in quello stato in grazia di Dio è già in un ordine più grande di meriti. Allora, le sue azioni non son fatte solamente per virtù, supponiamo per l'obbedienza, per la castità, per la povertà, ma sono insieme fatte per religione, per i voti. E allora ecco l'esercizio di due virtù, ecco il doppio merito. Come chi pecca contro la purezza fa due peccati. E così chi pecca contro l'obbedienza e chi pecca contro la povertà. E, ma chi osserva questi suoi voti, esercitando due virtù, supponiamo, uno dell'obbedienza e l'altro che è sempre la virtù della religione, (fondamentale la virtù della religione, quella che ci rende religiosi, è per questo che ci chiamiamo religiosi), allora il doppio merito. Quindi, per sé, è già uno stato di perfezionamento.
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Inoltre, vi è questo che, quando si è generosi col Signore nel donarsi pienamente a lui, egli, Gesù, non si lascia vincere in generosità, dà sempre di più di quel che meritiamo e di quel che sappiamo chiedere e ci conduce, alle volte, per vie che sembrano misteriose, non capiamo, non sappiamo spiegarci come è avvenuto questo, come è avvenuto quello. E' avvenuto così, che il Padre celeste ti vuol santo e dispone e gli inviti e i mezzi e i rimproveri e anche i dispiaceri e le pene perché ti possa guadagnare il massimo dei meriti e liberarti anche dal purgatorio, in maniera che, chiusi gli occhi alla luce del sole, si aprono, gli occhi, alla luce del gran sole, Dio, visione di Dio.
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Oh, se siamo abbandonati in Dio, se noi abbiamo questa fede di essere amati da lui; se noi abbiamo la convinzione che quel che accade, quel che dispone o permette (tante volte è solo permissione) il Signore, è sempre disposto e voluto in sapienza, sapienza infinita del nostro Dio, e in amore, in amore infinito del nostro Dio! Allora noi capiamo di esser guidati da Dio, per vie, tante volte, inspiegabili: «Come mai? perché?». Perché ti vuole santo il Signore, ecco tutto. Avrebbe potuto fare una obiezione, san Giuseppe, quando, appena nato il Bambino, vede comparir l'angelo che gli dice: «Alzati, prendi il Bambino con la madre e fuggi in Egitto» 1. «Ma di notte? ma in un paese lontano, straniero? ma chi può prendersela contro un bambino, che è innocuo? e la strada non conosciuta, ecc.». San Giuseppe non fece nessuna obiezione, nè domandò il perché; neppure, si può dire, rispose il «sì» , ma subito, avanti. Perché non perdere neppure il tempo a dire il sì, ma fare bisogna. E allora, ecco, abbandonarci così nella cura del Padre celeste, del nostro Dio, che dispone in tutto in numero, peso e misura. Vi sono, alle volte, anche dei tormenti interiori, dei travagli, ma è sempre nella stessa visione di Dio, in quella visione per cui il Padre celeste volendoci santi ci appresta i mezzi, le occasioni, le gioie, le pene, quello che è necessario, perché raggiungiamo questa santità.
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Non è proprio questo il fine per cui si è entrati nell'Istituto? Gloria a Dio e per la santificazione, per raggiungere la perfezione mediante ecc.; non abbiamo da raggiungere la perfezione in altre maniere, ma mediante quella maniera: osservanza dei voti e pratica della vita comune. Ora, se siamo entrati per questo, se il Signore ci ha dato questa vocazione, cioè per la perfezione, cosa vuol dire? Perfezione è santità, è la stessa parola o, meglio, la stessa cosa espressa con due parole diverse, ma uguali nel senso. Oh! Dunque, c'è la vocazione alla santità; o non c'è la vocazione, ho detto, o c'è la vocazione alla vita religiosa, cioè c'è la vocazione alla santità.
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Persuase di questo. Ma avremo i mezzi? sarà difficile? No, non è difficile. E' difficile quando vogliamo raggiungerla a nostro modo; è facile quando noi veramente ci abbandoniamo in Dio e cioè facciamo bene quel che c'è da fare. Noi ci lasciamo condurre da lui come figliuoli buoni: e questo è il momento di alzarsi; quello il momento della meditazione, e questo è il momento della confessione, quello è il momento della ricreazione e questo è il momento di andare a tavola; e questo ufficio va bene per te, e ora va a compiere la tale cosa. In sostanza, la santità è nel volere di Dio. E questa persona la quale profondamente, con cuore, senza troppi ragionamenti, senza chiedere i «perché» , sì, compiere il volere di Dio, si abbandona in questo volere, e questa persona si fa santa.
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C'è un altro modo? Non c'è. «Non sicut ego volo, sed sicut tu» 1, diceva Gesù nell'orto del Getsemani. Non come voglio io, ma come vuoi tu, o Padre, ecco. Quel bel libro: «Ita, Pater»: Così, o Padre, come hai voluto: «Quia sic placuit tibi» 2. Perché così è piaciuto a te. «Ita, Pater». Quanto è prezioso! Ora sono stati stampati alcuni libri sull'abbandono nel volere di Dio. E fa tanto bene. Del resto nessuno sulla terra si fa una via propria di santità: dove c'è la scelta c'è meno santità; dove non c'è la scelta da parte nostra, ecco c'è la rinunzia anche alla scelta, alla libertà, alla volontà. Quindi san Francesco di Sales dice: è molto meglio fare così, si guadagna più merito a far così: prendere ciò che ti portano a tavola, meglio che andare in cucina e farti fare un cibo che non ti piace, disgustoso per il tuo palato, perché lì ci entra la scelta.
«Ma, è più mortificazione». «E' più mortificazione mortificar la volontà».
Crediamo che sia più mortificazione a mortificare il gusto? E' più mortificazione, gradita a Dio, la mortificazione spirituale, quando si rinuncia alla libertà nostra per accettare tutta, tutta, tutta la volontà di Dio. Allora la suora vive in questa atmosfera di santificazione. Ecco il gran mezzo. E non può chiunque vivere in questa atmosfera? Ci vuole certamente, e almeno in alcuni casi, un po' di sforzo, ma tutti possono vivere in questa atmosfera, aspettando momento per momento di fare quello che è di volontà di Dio. Ecco, questo è il primo mezzo.
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Secondo, molta preghiera. Nella Congregazione, di preghiera ne avete abbastanza, e particolarmente la meditazione e l'adorazione, oltre i mezzi comuni che sono: la Messa, la comunione, il rosario, quelle pratiche cioè che son descritte nel libro delle Costituzioni. Il Signore ha assicurato che esaudisce chi prega. Ma pensiamo bene. Esaudisce chi prega, in primo luogo, per sè: «Dabit vobis» 1. Sant'Agostino fa l'analisi di quel periodo: «Darà a voi». Non, se preghiamo per la santità degli altri? Può anche darla, ma può essere che non corrispondano, che non la ricevano questa grazia, non la vogliano. «Dabit vobis».
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Inoltre occorre pensare che qui si intende delle grazie spirituali, cioè dei doni interni: fede, speranza e carità amor di Dio; quindi, prudenza, giustizia, temperanza, fortezza; virtù religiose, virtù morali e i doni dello Spirito Santo; li darà «Quaecumque petieritis» 1, sia che uno abbia più bisogno del dono della pietà, sia che uno abbia più bisogno del dono della fortezza, sia che un terzo abbia più bisogno del dono del timore, sia che uno si trovi in necessità di aver, di dover praticare più la pazienza, sia che si trovi invece in circostanza di dover vigilare più sulla sua mente, sul suo cuore: «Dabit vobis», «quaecumque petieritis». Queste grazie spirituali le dà sicuro a chi vigila e chi prega, prega, prega, cioè ci mette l'umiltà, la fede e la perseveranza. «Picchiate e vi sarà aperto», picchiate «usque ad importunitatem» 2, fino a rendervi importuni, ecco. Due, dunque, sono i mezzi.
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Si potrebbe anche aggiungere qualche altra cosa, ma sempre questi sono i principali: l'abbandono nel volere di Dio, piaccia o non piaccia; fare come Gesù: «Quae placita sunt ei facio semper» 1: io faccio sempre ciò che piace al Padre celeste, e non al mio. «Christus non sibi placuit» 2. E secondo: preghiera, preghiera, preghiera.
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Allora la via della santità si spiana, ogni giorno si progredisce. E quando si santificano i giorni, siano pochi o siano molti, i giorni della vita, il Signore ci chiede solo che santifichiamo quel che ci dà, di tempo; e non pensiamo molto in là: santificare il giorno di oggi, il momento presente, perché appunto nessuno può contare sul futuro. Perché conti sul futuro? «Hac nocte morieris» 1, si è sentito dire quel tale della parabola evangelica: «Hac nocte morieris». Morirai questa notte. Niente contar sul futuro, ma sulla santificazione del momento presente.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (14-23 marzo 1956) al gruppo formazione Pie Discepole del Divin Maestro in preparazione alla vestizione, entrata in noviziato, emissione dei voti religiosi Roma, Via Portuense 739, 20 marzo 1956 *
* (1) Nastro 4/b (= cassetta 7/b). - Per la datazione, cfr. PM: «Gli ultimi giorni degli Esercizi... per pensare al futuro. Con la data di ieri ho ricevuto una lettera dalla Sacra Congregazione, card. Valeri, con il padre Larraona, in cui invitano il PM a vegliare sulla santificazione delle suore». (Tale lettera porta la data 19/3/'56. In base a questa data si sono stabilite le date delle altre meditazioni, confrontando, poi, con dAS; cfr. c1). - dAS, 20/3/1956: «Alle 5,30 parte [il PM] per andare in Portuense per le due prediche. Torna prima delle 8». (La seconda predica non è pervenuta a noi. Cfr. c202 dove il PM dice: «Continuiamo anche oggi...»).

1 Mt 19,27.

2 Mt 19,29.

1 Mt 2,13.

1 Mt 26,39.

2 Cfr. Lc 10,21

1 Cfr. S. AGOSTINO, Commento al vangelo di Giovanni, Disc. CII (Gv 16,23).

1 Mt 21,22.

2 Cfr. Lc 11,5-10.

1 Gv 8,29.

2 Rm 15,3.

1 Cfr. Lc 12,20.