Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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28-LA FEDE1*
La vita umana, la vita cristiana, la vita religiosa, la vita della Pia Discepola, tutto questo è ordinato alla vita celeste, quella cioè che è la vera, eterna, felice vita, poiché il Padre celeste ci ha messo qui, sulla terra per un po' di tempo, dopo averci creati, affinché gli potessimo dar prova di amore e noi, con la nostra vita, scegliessimo fra il suo premio e il suo castigo, cioè fra il cielo o l'inferno.
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E' una scelta che non si fa con le parole, ma è una scelta che si fa con la vita: vita di fede, vita di speranza, vita di carità, di amore. E cioè il Signore ci ha sottoposto ad una triplice prova: prova di fede, prova di amore, prova di virtù, di fedeltà, così come aveva sottoposto a una prova Adamo ed Eva; così come aveva sottoposto ad una prova gli angeli creati dei quali parte rimase fedele; e questa parte forma i nove cori angelici che sempre cantano: «Santo, Santo, Santo è il Signore» 1; ed una parte si trova confinata nelle pene dell'inferno e confermata nel male senza più alcuna speranza di uscirne e, purtroppo, ancora congiurata ai danni della umanità, delle nostre anime, che mette in pericolo in varie maniere, particolarmente con le tentazioni e con imitare i miracoli veri, con falsi miracoli, con le ossessioni, ecc.
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Per arrivare alla beatitudine celeste, a quella vera vita: la fede, in primo luogo. Perché senza la fede è impossibile piacere a Dio. Se non crediamo a Dio, a chi dovremmo credere? «Sine fide, impossibile est placere Deo» 1. La fede è necessaria, quindi, assolutamente per la nostra salvezza, per andare in cielo. Coloro che non hanno la fede, che non son giunti alla conoscenza di Dio, della redenzione, se vivono rettamente, secondo le leggi naturali, secondo i comandamenti, possono arrivare ad una beatitudine naturale, come avviene dei bambini che sono nel limbo, ma non possono arrivare al cielo, cioè alla beatitudine soprannaturale, a quel gaudio di cui è beato Iddio stesso.
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Come è la nostra fede? Anzitutto la fede è credere ciò che non si vede; quindi, può essere che la fede del bambino, la fede dei semplici cristiani sia molto ristretta: credono a Dio, credono alla redenzione di Gesù Cristo, credono alla grazia dei sacramenti e la loro fede si restringe attorno ai dodici articoli del Credo che sanno, però, più o meno con precisione. Vi può essere una fede che si estende assai di più, perché si è studiato il catechismo, si sono avute istruzioni, c'è stata una cultura religiosa e allora, se da una parte si è saputo di più, si son conosciute più cose che riguardano gli articoli di fede, e dall'altra parte l'anima ha aderito a questi articoli di fede, a queste verità che la Chiesa cattolica ci propone a credere, ecco, la fede è più ampia.
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Ma ci vuole una fede amplissima e pratica per arrivare alla santità religiosa, alla perfezione religiosa. Che cosa, soprattutto credere perché si possa arrivare alla santità religiosa? Credere ai dodici articoli del Credo? E certo. Occorre avere una fede viva: che siam creature: «Credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra». Allora, ho niente di me, tutto mi è stato dato. L'umiltà. Poi, crediamo che l'uomo è caduto e che Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, nato da Maria Vergine, con la sua passione e morte e col suo insegnamento, ha redento l'umanità. E se il peccato originale aveva chiuso il paradiso, Gesù Cristo lo ha riaperto con la chiave della croce e con la sua risurrezione e ci ha invitati a seguirlo ed egli, per primo, è entrato nella sua gloria e ha lasciato le porte aperte per noi.
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Allora noi abbiamo da credere alla Chiesa Cattolica, la quale dobbiamo ossequiare, riverire, amare, perché è il corpo mistico di Gesù Cristo, è la società soprannaturale in cui viviamo, la quale ha la stessa missione di Gesù Cristo, continuatrice della missione di Gesù Cristo: nell'insegnare e nel guidare le anime e nel santificarle; e crediamo che vi sarà un giudizio; e crediamo allo Spirito Santo e alla sua azione; la Chiesa Cattolica, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna, sì, questo, sì.
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Ma la religiosa ha da sostenersi anche con altre considerazioni, con altri princìpi di fede e, in primo luogo, ha da stimare i voti religiosi, capirli, credere ai consigli evangelici, per amarli, seguirli costantemente fino al termine della vita e più della vita, da religiosa, persuasa di quelle verità su cui si stabilisce la vita religiosa, cioè, per dare maggior gloria a Dio e per lavorare alla propria santificazione nei santi voti, nella vita comune. Credere che questa è vita di perfezione: «Se vuoi esser perfetta» 1. E credere che la perfezione si ha tanto quanto ci distacchiamo da noi, dal nostro io e dalle cose che ci circondano e dai piaceri della terra e dalle soddisfazioni umane.Credere che la religiosa è una cristiana anch'essa, ma una persona la quale, essendo cristiana e avendo penetrato meglio il Vangelo e volendo assicurare la sua salvezza, la sua santificazione, non si contenta dell'osservanza dei comandamenti, ma vuole ancora l'osservanza dei consigli fra i quali i tre, che noi cambiamo e abbracciandoli emettiamo i voti.
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Credere che abbiamo la grazia della vocazione per la santificazione e che tutte le grazie ricevute dal battesimo in avanti, cresima, i vari sacramenti, tutte le grazie nella buona educazione ricevuta, tutte le grazie che sono venute a noi nel governo o nella direzione spirituale, credere che tutto è stato ordinato a portarci, a metterci su una strada nuova, un po' insolita, cioè non comune, non si è nella vita comune del cristiano, che cioè, l'essere dev'esser tutto consacrato a Dio, tutta la volontà, tutto il corpo, tutte le cose esteriori, consacrate al Signore.
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E credere che nella vita religiosa per corrispondere alla vocazione bisogna progredire di giorno in giorno: sempre più obbedienti; sempre più delicate di coscienza; sempre più spirito di povertà; sempre più amore alla vita comune, cioè a quello che si deve fare in comunità e a quello che è disposto; e l'amore alle persone che sono in comunità, dall'ultima entrata fino a colei che è più tempo; e credere che la religiosa più è anziana e più si ha diritto di pretendere che osservi, sia osservante, ed essa è in dovere e, se non lo facesse, sarebbe certamente su una via molto difficile, se desse indietro man mano che passano gli anni, una via molto difficile, nella quale e sulla quale non intendo di dire parole più forti.
Oh, invece, una via di santificazione che porta una continua pace interiore e allora sempre di più: «video coelos apertos et Jesum stantem a dextris virtutis Dei» 1 diceva di sé santo Stefano.
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E ogni religiosa può considerare che il cielo è aperto sopra il suo capo e che lassù innanzi la Trinità nel mezzo del cielo, sta Gesù Cristo, alla destra del Padre, alla destra della potenza di Dio che aspetta le anime a lui fedeli.
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Discendere giù e credere alla Provvidenza che tutto dispone perché arriviamo a questa santità. Credere che ogni cosa che viene a noi, o di piacevole o spiacevole è ordinato nella sapienza di Dio e nel suo amore, ed è ordinato bene, gradatamente, come la mamma che prima compera al bambino le scarpettine piccole piccole e poi, man mano che il bambino va crescendo, le scarpette un po' più grosse, finché vengono le scarpe proprio da uomo fatto, ecco; e a chi ha le spalle deboli e dà piccole croci e a chi, le spalle più forti, dà più grosse croci. Chi ha le spalle deboli, cioè ha poca virtù, uffici più umili, e chi ha le spalle più forti uffici e responsabilità maggiori. Credere a questa divina Provvidenza.
Ma oggi abbiamo questo, abbiam quello, ci troviamo con questa persona, con quello, questo ufficio, quell'altro, questa tentazione, quell'altra, questa difficoltà o facilità nel pregare, questa relazione a destra e a sinistra, questo apostolato che è stato assegnato. Oh, ma neppure una foglia si muove senza che Dio lo voglia, quanto più quello che passa nel nostro cuore, nella nostra mente, quello che, alle volte, ci porta umiliazione, alle volte ci porta incoraggiamento. E' l'amorosissimo nostro Padre celeste che tutto dispone o permette in numero, peso, misura. Oh! gente che vive quasi senza fede e ragiona, in comunità, come se non fosse religiosa: e contro questo o quell'altro e così e pare sempre che siano in difesa o in offesa. Ma così non è la vita.
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Noi, per essere veramente religiosi, dobbiamo aver questa fede: che l'osservanza dei voti, la purezza, la povertà, l'obbedienza, la vita comune, sono veramente i mezzi che ci santificano. Attendere alla perfezione mediante l'osservanza dei tre voti e la vita comune. Ora, se noi vediamo male questo, vediamo male le persone, vediamo male gli orari, vediamo male quel che si fa, vediamo male ciò che succede, ecc., ma allora, si burla Iddio e inganniamo noi stessi, perché realmente non attendiamo alla per...
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La fede viva, non solamente per quello che riguarda l'esterno che sia disposto in sapienza ed in amore dal Padre celeste, ma che sia anche l'interno disposto dal Padre celeste. E, ad esempio, vi sono certe indisposizioni che chiamiamo psicologiche, vi sono certe tentazioni, vi sono certe inclinazioni buone, vi è un animo socievole che è sempre inclinato a pensar bene, a interpretar bene e umiliarsi e esaltare gli altri; vi sono persone che, alle volte, van soggette per un tempo lungo a un genere di tentazioni e, non forse, in altri tempi sono stati tranquilli, non hanno subìto queste cose; vi sono persone che passano dei periodi nell'aridità, che non possono aprirsi, sentono una ripugnanza per certe cose o, magari, verso la confessione stessa e son sempre tentate di sfuggir la vita comune.Questo è permesso da Dio per maggior merito, non perché noi ci arrendiamo al male, ma perché siam provati, siamo provati : «tentavit Deus Abraham» 1: Dio tentò Abramo, cioè provò Abramo e Abramo «contra spem in spem credidit» 2: e Abramo sempre si piegò al volere di Dio, nonostante che vedesse tutto il contrario e quindi è diventato «pater gentium», padre dei popoli, cioè dei popoli che credono, di quelli che hanno la fede. «Abraham pater vester» 3 - dice Gesù nel Vangelo.
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Oh, adesso, questa fede viva è penetrata in noi? Perché, altro è la fede del semplice cristiano, altro è la fede della persona religiosa. Aggiunge, la persona religiosa, qualche cosa a ciò che aveva prima di essere professa e cioè: crede a tutte quelle verità su cui si basa la vita religiosa; crede che queste sono le disposizioni che riguardano il perfezionamento nella vita religiosa e vede Iddio, la sua sapienza, in ogni cosa che succede, poiché questo amorosissimo Padre celeste vuole che andiamo sù, vicino a lui in paradiso e permette anche tutte le occasioni per aumentare i meriti e se ci vede forti, ci offre qualche croce più pesante e, d'altra parte, ci mostra che la santificazione è fatta di cose piccole, come una pezza di stoffa, fosse anche lunga 2.000 metri, è sempre fatta di piccoli fili. E la vita, anche lunga, è fatta di minuti; e sta la santificazione dei minuti qui, quello che importa, quello che è il segreto della riuscita della grande santità, non le grandi occasioni, non i grandi sacrifici.
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Nella vita religiosa non c'è opera che generalmente importi un eroismo. L'eroismo sta nel continuare con costanza, praticare le tre virtù teologali e le quattro virtù cardinali. Vivere secondo queste virtù, momento per momento. E per la canonizzazione, quindi, si fa l'esame di colui che è proposto per la canonizzazione, se ha praticato queste virtù costantemente e quindi la costanza, l'eroismo. Non a sbalzi, non un po' correre e un po' sedersi e qualche volta, forse, anche retrocedere. No, costantemente, piccoli passi, ma progredire ogni giorno un tantino.
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Allora, interroghiamoci fin dove arriva la nostra fede, adesso. Le virtù teologali formano la base di tutte le altre virtù e la base della santificazione: fede, speranza e carità. Oh, la fede che vede Iddio in tutto. Veniamo a questo punto, ma anche nelle cose minime, eh? Perché, credere alla Provvidenza di Dio, in generale, e sta bene, ma credere in particolare. Aver quella fede nella divina Provvidenza di cui parla il Vangelo, di cui parla Gesù quando dice, ad esempio: «E il corpo non vale più che il vestito? E l'anima, non val più che il corpo? E gli uccelli dell'aria non hanno granai, eppure il Padre celeste li alimenta? E questo Padre celeste veste i gigli di bellissimi colori? Quanto più voi, gente di poca fede!». Ecco: quanto più voi sarete curati dal vostro Padre celeste...
Ma voi mettete le condizioni: cercate il regno di Dio e la santità1. Se non c'è questo...
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Noi, tante volte, diciamo delle cose che non sono a posto. Vediamo solo con l'uso di ragione e allora ci siamo noi lì dentro, è il nostro essere che funziona. Ma quando c'è la fede, è lo Spirito Santo che abita in noi, che ragiona, che applica, che vede e ci fa vedere. Ci fa vedere le cose diversamente e se si vuole trovare in che modo ce le fa vedere, ecco, ce le fa vedere come le vedremo in punto di morte, al lume dell'ultima candela, quando ci si amministrerà l'Olio santo; ce le fa vedere anche più avanti: un po' come le vedremo in paradiso.
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Persone che quasi sembra che pregustino il paradiso, secondo le otto beatitudini annunziate da Gesù Cristo nel Vangelo. Allora sì che c'è fede: «Beati quei che soffrono». Ma quanta luce ci vuole. Quanta fede ci vuole per crederlo. «Beati coloro che piangono. Beati coloro che sono perseguitati, malveduti. Beati i poveri. Beati i miti. Beati quei che han fame e sete della giustizia di Dio» 1.
Lo si sente da certe anime, questo. Veramente sembra già che le vivano queste beatitudini. E, in vero, quando si arriva a queste beatitudini, si è già nell'anticamera del paradiso, non si è in paradiso, ma nell'anticamera. L'anima si è preparata a passare da queste beatitudini terrene, ha - diciamo così - fortificato la sua vista e di lì a poco potrà contemplare nella beatitudine perfetta e celeste, queste cose divine, passando dalla beatitudine terrena alla beatitudine eterna del cielo.
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Abbiamo fede nelle preghiere che Gesù ci ascolti. Abbiamo fede in quelle Visite. Abbiamo fede in quello che è disposto a nostro riguardo. E allora anche una cosa che sembri un grande ostacolo, una montagna che ci sta davanti... «e direte a questo monte: togliti, egli si toglierà» 1. Si toglierà, perché quando Gesù parlava di questo, non intendeva solo di un monte materiale, ma intendeva specialmente di quelle difficoltà che ci sembrano montagne, che alla fine si sciolgono come ghiaccio al sole, se c'è fede. Se c'è fede nel vincer noi stessi, l'orgoglio, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, la superbia della vita, la pigrizia, vincere l'invidia, ecc. Se c'è fede, vinceremo noi stessi. E il Signore ci benedica tanto e ci dia tanta luce. Sempre chiedere aumento di fede. «Fate che io creda sempre più». Ma ci vuol fede, ma di quella! diceva il Cottolengo. E intendeva quella che è capace dei miracoli. Sì.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (14-21 giugno 1956) alle Superiore Pie Discepole del Divin Maestro Roma, Via Portuense 739, 18 giugno 1956 *
* (1) Nastro 6/c (= cassetta 14/b). - Per la datazione, cfr. PM: «... la fede che vede Dio in tutto» (cfr. PM in c432). - dAS, 18/6/'56; «(dopo Messa) va [il PM] a predicare dalle PD di via Portuense. Dopo il Breviario ritorna dalle PD in via Portuense» - dAC: «Quarto giorno (18/6): 1a meditazione: La fede; 2a meditazione: La speranza» .

1 Cfr. Ap 4,8.

1 Eb 11,6.

1 Mt 19,21.

1 At 7,55.

1 Gn 22,1.

2 Rm 4,18.

3 Gv 8,56.

1 Cfr. Mt 6,25 ss.

1 Cfr. Mt 5,3-10.

1 Cfr. Mt 17,19.