Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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4-LA VOLONTA' BUONA1
...Vi è l'anno della spiritualità. Questo anno va da un corso di Esercizi al seguente corso di Esercizi che si tengono, appunto, una volta l'anno. Così come vi è l'anno liturgico. E vi è l'anno civile e vi è l'anno scolastico.
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Ogni anno, venendo al resoconto con Dio e con gli uomini, abbiamo da trovarci un po' più avanti, dobbiamo trovare un progresso; un progresso da quando si entra nell'Istituto, un progresso da quando si entra in noviziato, da quando si fa la professione, prima, professione temporanea, e, specialmente, progresso dalla professione perpetua fino al momento di andare al premio, alla professione eterna sulle porte del paradiso. Questo progresso particolarmente quando si ha il colmo delle grazie, cioè dopo la professione perpetua.
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Progresso vuol dire camminare, far dei passi. E per far dei passi occorrono due piedi. Ora questi due piedi che dobbiamo muovere per camminare, per progredire sono: prima, la volontà; e secondo, la preghiera. Perciò meditiamo, in primo luogo, la necessità della volontà buona.
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Volontà vuol dir volere, vuol dire esser risoluto, vuol dire avere nell'animo di donar tutte le forze, tutte le energie al Signore; vuol dire amare sempre più la povertà, l'obbedienza, la castità, la vita comune, le sorelle, l'apostolato, la Congregazione; amare sempre di più il Signore, l'avere una speranza sempre più ferma, una fede sempre più sentita. Volere. Volere sinceramente.
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[Di] volontà ve ne sono varie specie. In primo luogo, una volontà, che non c'è certamente qui: la volontà maliziosa. La volontà maliziosa è quella di volere continuare in una vita imperfetta, tiepida, magari cattiva, coprendo innanzi agli uomini il male come si potesse, quasi si potesse anche coprire davanti a Dio. Maliziosa quando si hanno intenzioni di ambizione, quando si ha intenzione di contentare il senso, quando si cerca solamente l'io e la persona si accorge e qualche volta ha un po' di luce, ma non si vuole correggere, e se riceve qualche osservazione, ecco, questo solamente lo accetta nel senso di volere poi nascondere, far meglio le cose nel senso di coprire il male e intanto continuare in esso e magari le osservazioni non si accettano quindi, pure alle volte mostrando esteriormente una certa docilità, o almeno protestando che si vuole obbedire. Volontà maliziosa, la quale si chiama maliziosa che vuol dir male, quando si vuole, si cerca il male.
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Poi vi è anche una volontà che si può dire nulla. E significa quando in realtà vi è la mancanza di volontà. Non si sente il desiderio di essere santi e non si fanno sforzi. Manca il lavoro spirituale interiore, c'è appena qualche cosa di esterno, c'è appena qualche cosa che copre, una parvenza, come una tappezzeria che si mette sopra un muro, magari guasto, rotto. Manca il lavoro interno, quel desiderio di emendazione e quello sforzo di conquisto [sic] delle virtù.
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Poi vi è una volontà che si può dire tiepida. Quando si vorrebbe, almeno qualche volta, santificarsi, essere migliori, ma poi manca lo sforzo. Si vorrebbe ottenere il bene, si vorrebbe imparare nella scuola, ma poco si studia; si vorrebbe sapere l'apostolato che può essere il ricamo, può essere la pittura, può essere l'arte sacra in generale. E però non si fa quella fatica che è necessaria, non si mette quell'impegno per imparare. Si vorrebbe essere uniti a Dio, avere elevazioni alte, ma non ci si sforza per avere il raccoglimento interiore e per conservare abitualmente l'unione con Dio. Allora è una volontà tiepida, una volontà che si risveglia di tanto in tanto, specialmente quando vi son gli Esercizi per poi cascare di nuovo nello stesso stato di prima. Tiepidezza.
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Finalmente vi è una volontà che si può dir buona. Quella di cui parla il Vangelo, quella annunziata dagli angioli sulla capanna di Betlemme: «Pax hominibus bonae voluntatis»1. Pace agli uomini di buona volontà. Buona volontà; e pace, il dono della pace, il quale dono comprende la pace con noi stessi, la pace col prossimo, la pace con Dio, la santità.
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Quando è che c'è proprio, veramente buona volontà? C'è veramente una buona volontà quando c'è la costanza, la perseveranza. Se vi sono dei propositi fatti negli Esercizi si mantengono per tutto l'anno e per tutto l'anno ci si torna sopra negli esami di coscienza. Per tutti gli anni si torna sopra specialmente nei ritiri mensili e si segnano i progressi e si segnano le perdite, i regressi. Vi è veramente buona volontà quando fatto ciò che era possibile per la buona confessione, tutta la settimana, ogni mattina, più volte nel giorno si ripetono quei propositi, si invoca il Signore, si ricorre alla preghiera per avere aumento di grazia.
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Buona volontà quando, quel calore del mattino, della meditazione, della comunione, della Messa, si estende a tutta la giornata. Non importa che l'apostolato possa, in qualche maniera distrarre e occupare la mente in altre cose, ma quelle altre cose son sempre per Dio e fatte in unione con il Signore, nello spirito buono, per il paradiso.
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C'è buona volontà quando ci si sforza per emendarci, per vincere l'orgoglio, l'ambizione, per dominare i sentimenti del cuore, per fare quei vari atti di umiltà, di carità lungo il giorno. Si ricorre ai consigli, si pregano le persone che son vicine di correggerci, aiutarci, particolarmente indicandoci le vie della santità. E vi è chi conosce l'andamento dello spirito e chi lo dirige, aiuta il cammino, perché si cercano gli aiuti, si vogliono gli aiuti.
Segno di buona volontà secondo l'Imitazione è questo: «Tantum proficies quantum tibi ipsi vim intuleris»1. Progredirai tanto quanto ti farai sforzo a vincere te stesso.
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Ecco che san Francesco di Sales portava sempre con sé il libro dello Scupoli, Combattimento spirituale. Il combattimento spirituale, cioè la lotta interiore per vincersi, e così arrivò a quella dolcezza che era ammirabile e di cui egli ha dato un grande esempio.
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Il Maestro Giaccardo1 ha lasciato scritto in un resoconto: «Sono 15 anni che lavoro per l'umiltà, mi pare di aver fatto qualche progresso». Ma 15 anni, i propositi degli Esercizi, dei ritiri, delle meditazioni, delle confessioni, sempre insistendo nel medesimo lavoro. Ecco una volontà buona.
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Volontà buona: imparare quando si è aspiranti tutto quel che viene insegnato, sia che riguardi lo studio, sia che riguardi lo spirito, sia che riguardi l'apostolato, sia che riguardi la buona educazione, la formazione religiosa. Impegnarsi a imparar tutto quel che è insegnato nel noviziato, e non solamente imparare a memoria ma praticare realmente già la vita religiosa nello spirito di povertà, della delicatezza di coscienza e nell'amore alla sottomissione, nella docilità. Imparare nelle scuole, sì; imparare da tutto e da tutti; da una si può imparare a fare la pulizia dei pavimenti; dall'altra la cucina; dall'altra si può imparare la pittura; dall'altra si può imparare quello che è insegnato nelle scuole. Che si impari una cosa o che se ne faccia un'altra, questo poco importa, ciò che importa è aver l'impegno. E allora se si impara con impegno a pulir bene i pavimenti o s'impara a studiar bene teologia, lo stesso amore, lo stesso premio, lo stesso merito, se l'impegno è uguale.
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In ogni Casa bene ordinata vi devono essere molti uffici. Buona volontà, allora. Gesù dice a noi, a tutti: «Si quis vult venire post me, abneget semetipsum, tollat crucem suam et sequatur me»1. Se qualcheduno vuole venire con me, bisogna che rinneghi se stesso e che porti la sua parte di pene, di tribolazione: «tollat crucem suam» e mi segua, e cioè, mi ami, venga dietro di me.
Ora, ciò che indica la volontà buona è particolarmente questo: rinnegare noi stessi; poi prendere la nostra parte di pene e seguire Gesù.
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E come si segue Gesù? Considerare Gesù al presepio dove nacque. Ecco là, il quadro della povertà vera, scelta dal Figliuolo di Dio incarnato, il quale avrebbe potuto nascere in un palazzo con tutte le agiatezze: tutto ciò che c'è nel mondo è suo, ma nasce in una grotta non sua, cioè una grotta che era posseduta da altri, là dove si ricoveravano gli animali, e vien messo sopra la paglia in una greppia. «Non fra genti, ma fra giumenti» è nato il Salvatore. E questa povertà egli la pratica tutta la vita, il suo lavoro quotidiano, prima a Nazareth, poi nella predicazione e muore in una estrema povertà. E di nuovo il sepolcro non è suo, è dato come a prestito; ecco. Povertà. Quando c'è buona volontà si ama la povertà; quando c'è buona volontà si è delicati di coscienza, si fa gran conto dei piccoli difetti e gran conto delle piccole virtù. Quando c'è buona volontà si sta più buoni se nessuno osserva che quando si è osservati.
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Chi ha buona volontà, soprattutto, cerca la santità interiore, interna, cioè l'elevazione della sua mente, la santità del suo cuore, dei suoi sentimenti e quindi volendo, in primo luogo, la santità interiore. La santità poi esteriore è come un riflesso di quello che vi è dentro. Chi ha buona volontà, ancora, è aperto con chi lo dirige, sincero in confessionale, sincero con se stesso; si prende volentieri le colpe, riconosce i suoi torti, riconosce ciò che gli manca, chi ha buona volontà, e propone e s'impegna per ancora acquistare. Chi ha buona volontà è sempre più perfetto man mano che passano gli anni, perfetto nell'obbedienza, perfetto nella castità, perfetto nella povertà, perfetto nella vita comune, perfetto nel suo apostolato. In sostanza, cammina. Ed ogni anno ha fatto un certo progresso, cioè, ha fatto un certo tratto di strada.
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Ma se l'alunna che va a scuola, alla fine dell'anno scolastico ne sa solamente quanto ne sapeva quando l'anno scolastico è incominciato, ha perso l'anno. E allora facendo il nostro resoconto spirituale prima davanti a Dio, poi davanti agli uomini, davanti al confessore, occorre che possiamo dire: mi pare di aver fatto qualche progresso. Che se invece si trova con uguali difetti quali aveva riconosciuto negli Esercizi Spirituali ultimi, se si trova ancor più mancante, meno docile, meno spirito di povertà, meno carità con le sorelle, meno umiltà, meno pazienza, meno applicazione ai doveri, allora si è andati indietro. «Ad quid venisti?». Perché tener l'abito religioso? perché far questo scherzo a Dio, o insulto a Dio? meglio. Protesto che sono entrato per santificarmi: «Se vuoi essere perfetto»1 e poi si va indietro. E dopo 20 anni di vita religiosa, 15 anni, 10 anni, quando si aveva già l'abbondanza e, diciam, la pienezza delle grazie, e non si è camminato, quale responsabilità davanti a Dio! Terribile resoconto perché il tempo ci è dato per progredire, per camminare. E allora si pretende dagli altri e non diamo noi; allora si giudicano gli altri e non giudichiam noi stessi. Le tenebre entrano nell'anima, non si vede più, non si capisce più e, se qualcheduno ci richiama, ci si difende: a fin dei conti, che male faccio? l'hanno sempre con me. E parole simili.
Oh, io - diceva quel santo, in morte - ho commesso nella mia vita, tanti difetti ho avuto, ma non ho mai fatto pace con nessuno, sempre combattuto fino adesso. Ecco una persona che aveva camminato. Sempre da combattere, sempre da lavorare spiritualmente, sempre da conquistare.
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Ora, facendo il nostro esame di coscienza sopra questo primo punto, se abbiamo avuto buona volontà, siamo sinceri. La sincerità qui è: riconoscersi come siamo, senza condannare più di quel che è condannabile perché dei difetti e delle imperfezioni involontarie ne succedono sempre; ma anche senza scusare ciò che veramente è negligenza e trascuranza dei doveri e incorrispondenza alla grazia. Siamo con noi stessi schietti, riconosciamo come stiamo innanzi a Dio.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (14-23 marzo 1956) al gruppo formazione Pie Discepole del Divin Maestro in preparazione alla vestizione, entrata in noviziato, emissione dei voti religiosi
Roma, Via Portuense 739, 15 marzo 1956 *
* Nastro 2/b (= cassetta 2/b). - Per la datazione, cfr. PM: «Questi due piedi che dobbiamo muovere... sono: primo, la volontà, e secondo, la preghiera (cfr. PM in c45). - dAS, 15/3/1956: «Alle ore 5,30 va [il PM] in via Portuense per la meditazione alle PD» (cfr. dAS in c125).

1 Lc 2, 14.

1 Imitazione di Cristo, libro 1, XXV, 11.

1 Don Giuseppe Timoteo Giaccardo, nato il 13 giugno 1896 a Narzole (Cuneo) e morto il 24 gennaio 1948 a Roma, è stato il primo sacerdote della Società San Paolo e il primo discepolo e collaboratore del PM. E' stato proclamato «Servo di Dio» ed è avanzata la sua causa di beatificazione.

1 Mt 16, 24.

1 Mt 19, 21.