Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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33. LA GIUSTIZIA*

Sempre, fin dal principio della nostra istituzione, abbiamo cercato di celebrare bene il mese di ottobre. Quest'anno il mese del rosario deve essere celebrato meglio ancora degli altri anni, almeno come il mese di maggio, perché alla fine di ottobre tutti i figli di Maria si riuniranno nel cantarne le lodi per la proclamazione del nuovo dogma1. Rallegrarsi con la Madonna per la sua glorificazione.
Vi sono grazie speciali da ottenere per noi, tra le quali più fede nelle verità eterne, nel paradiso, nella glorificazione dell'anima e del corpo, specialmente per chi avrà saputo governarlo mantenendolo vergine.
Tra le grazie da chiedere, in particolare, vi sono quelle che riguardano l'Istituto e il bisogno che in esso si ha di istruirsi in modo speciale su questi quattro punti: il campo dell'obbedienza, il campo della carità, il campo della verità, il campo della bontà.
Stamattina consideriamo la Madonna quale «Speculum justitiae»2. Senza la giustizia non si può pensare alla santità. Spesso si cade nell'errore di credere che la santità consista nella bontà, [mentre] consiste anzitutto nella verità e nella giustizia. La giustizia entra un po' in tutte le virtù. Senza la giustizia non vi può essere virtù alcuna.
Quando si permette che in una comunità entrino dicerie che non sono vere, si manca alla giustizia. Quando si vuol
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essere buoni prima di essere giusti, si commette un errore. Senza la giustizia non può esistere né la Chiesa né un Istituto: la giustizia è il fondamento delle società, come dice la sacra Scrittura3.
Prima pensare alla giustizia, poi alla bontà. La maestra che deve far scuola, deve anzitutto prepararsi e non andare ad aiutare la sorella in tipografia trascurando il proprio dovere: bisogna essere giusti.
Il trattato di giustizia, in teologia, è molto ampio, sebbene in vari altri punti tratti dei doveri verso Dio, verso noi stessi e verso gli altri. Tra i doveri verso Dio vi è l'adorazione: questo è giusto. Quando non si dà il tempo necessario all'anima per i suoi bisogni, o non si nutre o non si riposa il corpo quanto è necessario, si manca alla giustizia verso noi stessi.
Ma lasciando da parte i doveri di giustizia verso Dio e verso noi stessi, consideriamo la giustizia verso il prossimo.
Generalmente si guarda alla carità e alla bontà e si dimentica la giustizia. Prima osservare il settimo comandamento, poi i consigli e la povertà.
L'Istituto deve vivere sulla giustizia, mancando alla giustizia si fa un danno spirituale all'anima propria e anche all'Istituto, per esempio chi scrive al confessore e non mette il francobollo [per la risposta]. Se tu fai impiegare un'ora di tempo per te al medico, all'avvocato, lo paghi bene, se la fai impiegare a un sacerdote quell'ora, quella giornata di tempo, non vi pensi... Il parroco per i suoi doveri è pagato in altri modi, per giustizia.
Qualche volta potrebbe avvenire quest'altra falsa interpretazione: essere molto larghe, caritatevoli con persone estranee, senza badare prima ai debiti di giustizia che si hanno con persone molto vicine.
L'Osservatore Romano nella testata mette: Unicuique suum: Dare a ciascuno il suo. Senza la giustizia non esiste la Chiesa, non potrebbe esistere la società e neppure l'Istituto, perché dice la Scrittura: «Il fondamento dei regni e delle società è la giustizia»… Alle volte ci sono dei debiti di giustizia vicinissimi che
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vi toccano vivamente perché porterebbero un disordine e un peccato grave4.
[Ad esempio] la propaganda [fatta dalle Figlie di San Paolo] presso i parroci può diventare peccato veniale o mortale: è mortale se si fa di proposito, impedendo alla Pia Società San Paolo di conseguire un [loro] bene; se [qualche volta è fatta] per cose piccole, ma si ha l'intenzione di arrivare ad una cosa notevole, il peccato è grave.
[Altro esempio:] quello è un profugo, non ha lavoro e, pur di lavorare, si accontenta di trecento lire al giorno, mentre lavora per cinquecento. Se gli si danno solo trecento lire si manca alla giustizia. Il lavoro o non si dà da fare o lo si retribuisce.
Non basta essere suore per essere dispensate dalla giustizia. Nessuna è santa senza essere nella verità, nella giustizia, nell'obbedienza e nella carità. La verità e la giustizia precedono, prima obbedire a Dio e poi agli uomini.
Il Signore conceda la grazia di essere rettissime e di non portare al giudizio di Dio neppure un filo contro la giustizia. Idee giuste! Assomigliare a Maria speculum justitiae.
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* Meditazione, in dattiloscritto, carta pesante, fogli 3 (formato 23x29), tenuta dal Primo Maestro a [Roma], probabilmente durante il corso di Esercizi spirituali iniziato il giorno 23.9.1950, memoria di S. Tecla, come indica il manoscritto. Esistono di essa tre redazioni: A) appunti manoscritti (la curatrice degli appunti non è stata individuata); B) dattiloscritto con correzioni manoscritte di M. Ignazia Balla; C) ribattitura corretta. Si considera come originale la redazione B, cioè il dattiloscritto, senza però tener conto delle correzioni.

1 Definizione del dogma dell'Assunzione di Maria santissima in cielo. Cf Med. varie 1950, n. 32, nota 1.

2 «Specchio di giustizia». Invocazione delle Litanie lauretane.

3 Cf Lc 20, 20-26.

4 Il brano riportato tra parentesi < > è stato assunto dal manoscritto A, perché non era chiaro il pensiero del Primo Maestro espresso nel manoscritto B.