Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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56. VITA CONTEMPLATIVA E APOSTOLICA

Esercizi spirituali (29 novembre - 7 dicembre 1963) a un gruppo
limitato di Pie Discepole del Divin Maestro partecipante Madre
Maria Lucia Ricci, Superiora Generale.
Ariccia, Casa "Divin Maestro", 6 dicembre 19631

Il Santo Padre ha ricevuto i Superiori Generali sabato sera, e ha esortato vivamente alla santità. Ma ha insistito: dopo la preghiera, l'apostolato. E cioè, la vita di santificazione interiore, la vita di preghiera, di raccoglimento, la vita di unione con Dio; questa è la parte di contemplazione, è cosa fondamentale, questa. Ma passare poi alle attività apostoliche, cioè esercizio dell'apostolato secondo che è segnato per ogni Istituto.
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La Famiglia Paolina nei suoi vari Istituti sempre è organizzata così, e cioè: la parte di contemplazione e la parte apostolica, e cioè l'esercizio dell'apostolato.
Perché se ci fosse soltanto la vita attiva non basterebbe. Ma se si fa la vita di preghiera, di lavoro interiore, di lode a Dio, di pietà, in sostanza, se da questa pietà, da questa vita interiore sgorga l'amore all'apostolato, esce, l'apostolato, dall'intimo, e cioè, esce dalle comunicazioni avute con Dio, e allora, il desiderio di comunicare i beni che sono in noi, comunicarli al prossimo.
Perché vi è anche un certo errore, il quale consiste in questo, che la vita claustrale di pura contemplazione è santa. Ma non è la più perfetta. Se alla contemplazione si aggiunge l'azione, allora si ha una doppia serie di meriti. E san Tommaso nella Somma Teologica, nella sua teologia, dice appunto questo: che è buono il meditare, ma dopo che si ha l'animo pieno è ottimo il riversare sugli altri quello che si è avuto, ricevuto da Dio1.
Certamente vi sono degli errori e cioè, persone che si dedicano facilmente a un'azione, a un apostolato molto esteriore prima di avere nutrita la propria anima; questo è un errore grave. Ma se [si osservano] le prescrizioni che riguardano la pietà con tutti gli esercizi che si hanno delle pratiche religiose, e quindi si passa all'azione, allora questo è più perfetto. Perciò anime che talvolta pensano che ritirandosi nella vita claustrale sia meglio.
Oh, se si facesse solo l'azione esteriore, sarebbe migliore, invece, la vita contemplativa. Ma se si uniscono le due parti, che sono la vita di contemplazione e la vita insieme di apostolato, ecco questo è più perfetto.
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E perché è più perfetto? Perché ci entra l'amore di Dio e l'amore del prossimo. I comandamenti di Dio fondamentali sono propriamente questi: l'amore a Dio, e secondo, l'amore al prossimo.
L'amore a Dio. L'anima che è tutta rivolta verso il Signore tendendo alla sua gloria; perché la santificazione è un mezzo; proprio il fine, è la glorificazione di Dio.
E noi, in quanto alla santificazione, questo è un mezzo. Ma il perfetto, ciò che è assoluto e necessario è la gloria di Dio.
Ora l'amore a Dio, l'amore a Dio con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutta l'anima; l'osservanza del primo comandamento, primo e principale:
- tutta la mente che si occupa di Dio e delle cose di Dio e che piacciono a Dio;
- tutto il cuore rivolto verso Dio, verso il cielo, verso la santità; tutto il cuore;
- e tutta la nostra volontà, le nostre forze impegnate per Dio: quanto abbiam di salute, quanto abbiamo di tempo nella giornata; non perdere briciole di tempo, sì;
- e con tutta l'anima, il che significa avere nel nostro intimo la preoccupazione soltanto di Dio, della sua gloria, della nostra santificazione. Il primo comandamento.
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Ma Gesù quando era stato interrogato quale era il primo e principale comandamento, la risposta è stata quella: «Amerai il Signore Dio tuo con tutta la mente, con tutte le forze, con tutto il cuore, con tutta l'anima»1. Ma Gesù aggiunse: Vi è un secondo comandamento. E quale? «Amerai il prossimo tuo come te stesso»2.
Col primo comandamento noi adempiamo quello che deve essere la vita di contemplazione, la vita di unione con Dio.
E poi la vita nostra, la vita nostra di apostolato. Perché? Chi ama Iddio ama i figli di Dio, e cioè ama le anime, s'impegna, cerca la salvezza delle anime. Non si può, d'altra parte, amare propriamente del tutto Dio senza amare il prossimo.
«Amerai il prossimo tuo come te stesso». E cioè significa: se tu sei contenta della vocazione e credi che questa sia stata una grande grazia per te, desidera questo bene ad altre giovanette; vuol dire amare il prossimo come te stessa. Tu vuoi essere salva: amare il prossimo come te stessa e quindi cercare la salvezza delle anime. E se si desidera per noi qualche cosa che ci è utile, ecco desiderare che lo abbia il nostro prossimo, che l'abbiano, in primo luogo, le persone che sono nella famiglia e le persone che sono nella vita religiosa e poi, in generale, secondo che queste persone hanno più legami con noi. «Come te stessa».
Questo era per ripetere il comandamento dell'Antico Testamento. Ma il Nuovo Testamento è perfezionato. Difatti nel discorso di Gesù sulla montagna, [egli] ripete varie volte: Agli antichi fu detto così, ma io ora vi dico in questo modo3. E cioè vi indico una strada più perfetta.
E come è l'amore al prossimo? Secondo l'Antico Testamento: «come te stessa».
Ma secondo il Nuovo Testamento non basta, ci vuole di più. Come ha detto Gesù? Diligite alterutrum sicut ego dilexi vos4: amatevi vicendevolmente come io vi amo.
Come ci ha amato Gesù? Si è immolato per noi.
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E allora se vuoi amare come Gesù, sacrifici per il prossimo, cioè l'esercizio dell'apostolato. Non solo sopportare il prossimo, no; non solo parlarne in bene, ma sacrificarci.
Persone le quali amano e sembra che non desiderano altro che di aver quella consolazione di far del bene, non si trovano felici se non quando hanno fatto qualche cosa per il prossimo anche con sacrificio; con sacrificio, alle volte, di donare, ma con sacrificio specialmente di azione, di preghiera, di apostolato.
Gesù non ci ha amato solamente come se stesso, ma ha dato la sua vita: dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis1. Ci ha amato. E amiamo come egli ha amato.
Consumare quindi le forze che ci sono; dopo quelle impiegate per la pietà, per lo spirito, impiegare il tempo, le ore, la salute, l'ingegno, quello che in sostanza abbiamo, sacrificarlo a fine di aiutare le anime, servire le anime.
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Persone che invece intendono la carità tutta per sé e non l'hanno per gli altri. Oh, prima aver carità verso degli altri.
Gesù, che pure era Signore e Maestro, Gesù ha detto: Non son venuto a essere servito, ma sono venuto a servire. Non veni ministrari, sed ministrare1, ecco. Sono venuto a cercare i peccatori a penitenza2.
E tutta la sua vita è tutta un'immolazione, dal presepio, avanti nella fanciullezza, nella giovinezza, già quando era uomo ormai adulto, tutta una vita di lavoro redentivo; perché, quello era un lavoro redentivo, e per dare agli uomini l'esempio di attività, di lavoro, di servizio di Dio. E poi tutto l'apostolato, tutto quello che egli ha sofferto nella passione e morte.
Non ha sicuramente amato il prossimo solamente come se stesso, ma «ultra», oltre se stesso, fino a dare tutto quel che aveva, la vita sua: dilexit me et tradidit semetipsum pro me3. E, sono morto per gli uomini. Il sacrificio, quindi.
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Oh, ecco perché è più santa la vita in cui si abbinano, cioè si mettono insieme la parte spirituale, la contemplazione e, dall'altra parte, l'attività apostolica. Questo è l'insegnamento della Chiesa.
Quell'errore, per cui qualche volta vi sono anime che hanno aspirazioni le quali non partono veramente da pensieri esatti, da princìpi soprannaturali teologici, credono di trovare maggiori ricchezze spirituali nella vita contemplativa, ecco. Unire le due serie di meriti, imitare meglio Gesù Cristo.
E poi, in secondo luogo, o in terzo luogo, quando la religiosa, il religioso amano l'apostolato e consumano, quindi, le energie sovrabbondanti che sono in sé, le energie morali, intellettuali, fisiche, [le] consumano allora, non in cose inutili, ma le consumano per il prossimo facendo un apostolato; che può esser di varia natura, l'apostolato.
Allora tutta la sovrabbondanza di energie impegnarla per le anime, per l'apostolato. Altrimenti che cosa avviene? Avviene che si perde poi il tempo in bagattelle, in cose da nulla che finisce con l'essere un perdi-tempo.
Quando poi la religiosa, il religioso sono innamorati di Dio, ecco allora, con facilità passano all'apostolato. E poi la sovrabbondanza di energie viene consumata in opere di carità, cioè in apostolato.
Allora notare che, se noi non diamo tutte queste energie nel bene, si è trascinati un po' verso qualche cosa che è di meno perfetto, qualche cosa che fa perdere il tempo, e poi le passioni travagliano più profondamente lo spirito. E chi non fa, più facilmente favorisce le tentazioni, in sostanza.
Ma quando il religioso, la religiosa amano il loro apostolato, sono tesi verso quello; qualche volta diranno: "E mi son disturbato nella preghiera, ho avuto distrazioni". Perché? Perché ho pensato all'apostolato. È una santa distrazione, oh! che indica che si ama l'apostolato. Allora la vita religiosa diviene molto più lieta quando si ama un apostolato e lo si fa con sincerità e con generosità, perché si sfogano lì tutte le attività, tutte le forze che si hanno, anche fisiche, oltre le forze intellettuali.
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Ecco, adesso, quando si dice: «progredire un tantino», è progredire nell'apostolato anche, non solamente il lavoro interiore che si fa nella preghiera, nella meditazione, nelle Visite al Santissimo Sacramento, ecc. Quando si cerca di compiere una parte, cioè il lavoro interiore, l'acquisto delle virtù, progredire anche nell'apostolato, progredire per capirlo meglio, sempre meglio; capire per renderlo sempre più perfetto.
Il lavoro può essere semplicissimo, può essere che una suora sia dedicata all'ufficio di portinaia. Non si può progredire? E come! Vi sono alcuni Santi che han fatto [l'ufficio di] portinaio per tutta la vita. Ma come l'han fatto! Il bene che di lì diffondevano, che parole buone che dicevano, che sollecitudine che mostravano, che ogni loro parola era ispirata da fede. Progredire! E così progredire in qualsiasi altro apostolato; studiarlo, essere illuminati da Dio per compierlo secondo, e sotto la luce di Dio; e domandar sempre consiglio, pareri perché si possa progredire nel fare l'apostolato. Metterci la mente e metterci la volontà, tutte le forze, l'impegno, farlo con generosità; compiere quell'ufficio, quell'apostolato in una maniera sempre più perfetta, essere pronte, amarlo, desiderarlo, e allora se ne parla in ricreazione, si cercano mezzi per essere meglio istruite e si fanno prove e riprove. Persone che sembra che non abbiano avuto una scuola, ma con l'impegno, con la buona volontà, con la sollecitudine, con l'applicazione...
Progredire un tantino ogni giorno nell'apostolato. Che grande mezzo di santificazione è questo! Allora ci assicuriamo che niente di quel che abbiamo viene perduto, o direttamente per Dio o per le anime, che sono di Dio; per Dio e per i figli di Dio.
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Poi amarlo l'apostolato, amarlo come il volere di Dio, amarlo perché è la vocazione, amarlo perché toglie tanti pericoli. L'oziosità, la neghittosità, la tiepidezza nell'apostolato hanno delle conseguenze non buone. L'acqua stagnante poco a poco si riempie d'insetti... E si riempie il cuore d'insetti.
Amarlo l'apostolato, proprio amarlo come volontà di Dio, come mezzo per la santificazione e come mezzo di zelo, di apostolato, veramente in spirito soprannaturale.
Ma Gesù ha voluto lavorare. E che lavoro? Falegname, il lavoro umile. Il Padre celeste che manda il Figlio suo per tanti anni a fare il falegname sulla terra. Che mistero è questo? E che mistero è pensare che Gesù è vissuto 33 anni circa e ne ha spesi 30 nella vita privata? Non era mandato per comunicare il messaggio della salvezza? Prima fare e poi insegnare, prima. E quindi ci ha insegnato a esercitare l'umiltà, esercitare gli apostolati umili, perché il nostro apostolato non è solo santificativo, non è solo o[pera] di zelo; ma l'apostolato è anche redentivo delle anime, è redentivo.
Ogni cosa di apostolato ha il suo triplice valore, a cui si aggiunge l'ultimo: il valore impetratorio, il valore soddisfatorio e il valore meritorio. Oh! e poi, il valore redentivo. Le gocce di sudore che colavano dalla fronte di Gesù che lavorava al banco, valevano quanto valevano poi le gocce di sangue del Getsemani. Ugualmente redentive.
Amare l'apostolato. Ma progredire nell'apostolato. Che grande virtù, che è proprio l'esercizio della carità. E sacrificarsi per amare come Gesù ha amato: «Amatevi come io vi ho amato»1. E ha amato sino a darci tutto il suo sangue e ha lasciato se stesso nell'Eucarestia, cibo alle nostre anime. Amare l'apostolato
L'esame di coscienza sopra questi punti, oltre che il punto che riguarda il perfezionamento morale, questi punti: come impegniamo la mente, la volontà e il cuore nel nostro apostolato.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 69/d (= cassetta 148/b). - Per la datazione, cf PM: «Il Santo Padre ha ricevuto i Superiori Generali, sabato sera e ha esortato vivamente alla santità». - In dAS, in data 30 novembre 1963, si legge: «sabato: Alle ore 19 partecipa [il PM] all'Udienza che il Santo Padre ha concesso ai Superiori Generali che fanno parte del Concilio Ecumenico. Finita l'Udienza, parte per Torino». dAS, 6/12/1963: «Andato [il PM] ad Ariccia» (cf dAC in c467).

1 S. TOMMASO D'AQUINO, Summa Theologiae, Secunda secundae, q. 188, a. 6: Respondeo... «Sicut enim maius est illuminare quam lucere solum, ita maius est contemplata aliis tradere quam solum contemplari».

1 Lc 10,27.

2 Cf Mt 22,39.

3 Cf Mt 5,22.28.34.39.44.

4 Cf Gv 13,34 e 1Gv 4,11.

1 Ef 5,2.

1 Mt 20,28.

2 Cf Lc 5,32.

3 Gal 2,20c.

1 Cf Gv 13,34.