Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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42. SANTIFICARE LA MENTE, LA VOLONTA, IL CUORE

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Derby (USA), 4 settembre 19631

Il saluto è sempre questo: Dominus vobiscum. E voi rispondete: «E con lo spirito tuo». Cioè: il Signore sia con voi e sia con chi fa il saluto. Che il Signore sia sempre con voi: nella mente e nel cuore e nella volontà, sì. Il Signore sempre con noi, ma entro di noi, in modo particolare, quando Gesù Cristo vive in noi. Vivit vero in me Christus2, diceva san Paolo, ed era arrivato alla più alta perfezione.
Quando in un'anima vive Gesù Cristo, allora si è arrivati sul piano superiore, sì. Perché allora si hanno gli stessi pensieri di Dio, le stesse intenzioni di Dio, e tutto: alla gloria di Dio. Perché il Signore vuole la sua gloria e tutto quello che fa: alla sua gloria. E noi glorificandolo, in paradiso, saremo felici. La sua gloria nella creazione, la sua gloria nella redenzione, la sua gloria nella santificazione. Totalmente. Nelle sue opere, Dio non può cercare che la sua gloria.
Ma anche le anime che sono già arrivate a una certa santità, non sono ancora arrivate precisamente a cercare unicamente la gloria di Dio, perché quello, dunque, sarebbe su un piano più alto. Solo Maria e solamente Gesù, Figlio di Dio incarnato, han cominciato subito dal primo momento dell'esistenza a vivere nella perfezione, cioè: cercare unicamente la gloria di Dio. Maria perché concepita senza peccato originale, e Gesù perché è il Figlio di Dio fatto uomo.
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Il pensiero primo è questo: riconoscenza a Dio, di tutto.
Riconoscenza, cosa significa? Significa riconoscere. Cioè, riconoscere fa riconoscenza. Riconoscere che tutto è di Dio: e se esistiamo è per Dio, e se c'è una vocazione è per Dio; non c'è un capello nostro che non sia di Dio e che non sia contato da Dio. Ogni vostro capello è contato - dice Gesù - e non [ne] cade nessuno senza il permesso di Dio1. Entra nelle minime cose Dio, [in] tutto. Se abbiamo un po' di buona volontà, viene da Dio e se abbiamo un pensiero di voler far del bene, è da Dio. Il male è che qualche volta non siamo sempre guidati dal desiderio della gloria di Dio, ma ci entra, alle volte, un po' l'io. E quando ci entra l'io non ci entra più Dio. Dio e l'io non van d'accordo, cioè l'amor proprio e l'amor di Dio non stanno insieme. Ci svuotiamo di Dio quando cerchiamo il nostro io e invece Dio ci riempie di sé quando noi cerchiamo solo Dio, ci riempie, riempie noi, riempie di se stesso, Dio. Ecco: mirare alla più alta santità.
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Questo anno è, in modo particolare, dedicato alla santificazione.
Si dice "particolare" santificazione. Che cosa vuol dire quella parola "particolare"? Vuol dire non santificarci solo all'esterno, far bene all'esterno, ma l'intimo che dobbiam santificare, l'intimo nostro, cioè:
- santificare la mente, intelligenza;
- santificare la volontà: la docilità al volere di Dio;
- e santificare il cuore: tutto il cuore rivolto a Dio, e tutta l'anima. Tutto il nostro interno santificare. L'esterno viene poi di conseguenza. È come se uno sta bene di salute, lo mostra all'esterno che ha capacità, ha forze, ha attività e può fare molte cose. Ma se non c'è la salute interna, e anche l'esterno non si può attivare, cioè non si può fare attività, sì. Quindi ci vuole la salute spirituale, cioè la santità interiore. È qui la santità interiore. L'esteriore: portare l'abito, che indicherebbe persona che vuole santificarsi, che vuole amare il Signore di più che i cristiani; vivere l'orario, vuol dire che si sta in ordine, non avere richiami e rimproveri; fare quel tanto di lavoro, di apostolato che è assegnato; vuole conformare un po' tutta la giornata a quello che viene disposto. Ma questo è l'esterno.
Santità interiore, che richiede riflessione, richiede l'unione con Dio. Richiede tre cose e si mostra in tre cose:
- tutta la mente: adempiere il primo e principale comandamento di Dio: «Amerai il Signore, Dio tuo, con tutta la mente»1, cioè, con fede viva;
- secondo: «Amerai il Signore, Dio tuo, con tutte le forze»2, cioè, con tutta l'attività, con tutta la volontà, qui vuol dire, tutta la volontà; non mai capricci nostri, ma la volontà di Dio;
- e: « Amare il Signore, Dio tuo, con tutto il cuore»3. Cioè, cercar Dio solo, paradiso e Dio, la sua gloria. E quando arriviamo lì...
Ecco la santità interiore: con tutto il cuore, con tutta l'anima. Solo il religioso, solo la religiosa adempiono perfettamente il primo e principale comandamento. Perchè? Perché hanno tutta la mente, tutto il cuore, tutta la volontà, tutta l'anima diretta, volta a cercare la gloria di Dio e il bene delle anime.
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Nella Famiglia Paolina bisogna dire che si cerca quello che è completo nel volere di Dio, e cioè: dopo il primo comandamento, c'è il secondo: «Amerai il prossimo tuo come te stesso»1.
Ora, gli Istituti della Famiglia Paolina hanno tutti: la santificazione interiore e l'apostolato. E allora si imita precisamente il Maestro Divino, il quale ebbe un solo programma, oppure possiamo dire, un programma completo:
«Gloria a Dio»2, ecco, primo punto. Quindi la pietà, l'umiltà, la docilità, lo spirito interiore, pensieri soprannaturali.
E poi: «Pace agli uomini»3, cioè, l'apostolato, il quale apostolato è portare del bene agli uomini. Pace agli uomini. Pace vuol dire salvezza. Pace, cioè unione con Dio, cioè, trovarsi bene con Dio, non avere il peccato, e poi andare con Dio, in eterno gaudio, in cielo.
Quindi gli Istituti nostri sono più perfetti che non la vita soltanto claustrale, contemplativa, quando l'apostolato esce dalla unione con Dio, dall'amore a Dio e dall'amore alle anime.
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[1.] Ecco, santificazione della mente.
Dalla mente viene tutto. Se uno fa un'opera buona è perché l'ha pensata e poi l'ha voluta e poi l'ha fatta. Quindi sempre, primo punto da guardare, è la mente. E se c'è qualche peccato o qualche imperfezione, qualche difetto, prima è nella mente. Oh, santificar la mente, cioè, secondo la verità. Usare bene la mente, la intelligenza.
Se uno, un bambino, si sviluppa e intanto non ha l'uso di ragione, eh, è folle. Che disgrazia! Perché non ha la mente, e cioè, ha il cervello, ma ha qualche difetto per cui non funziona.
Allora, abbiamo avuto il dono della mente e dobbiamo, prima di tutto, servire il Signore con la mente. E come? Lo studio delle cose divine: catechismo, meditazioni, buone letture. Leggere specialmente la Bibbia. Poi imparar la vita religiosa bene, imparar le Costituzioni, imparare gli apostolati. Pensare: adesso cosa devo fare? Poi ordinare la giornata. La mente. Così pregare con raccoglimento, raccogliere la mente, perché solamente dire delle parole con la bocca, allora non dà gloria a Dio, questo. Bisogna che la mente accompagni e preceda le parole che si dicono. E pensare soprannaturalmente, e cioè; io sono da Dio, quindi: «Vi ringrazio di avermi creato»; sono una sua creatura, di lui. E perché mi avete «fatto cristiano» col battesimo, fatti cristiani. E poi: «conservato fino a oggi»; e se stiamo vivi è solo perché il Signore ci sostiene. E perché «ci ha condotti in questa Congregazione»: la vocazione, e la vocazione così bella nella vita paolina, nell'unità della Famiglia Paolina, perché c'è un solo pensiero e c'è una sola direzione spirituale.
E poi: fede, fede. In questo senso: sono venuto da Dio. Sono mandato sulla terra a fare qualche cosa. E quello che è la vocazione, e seguirla bene. E poi si lascia la terra e si torna a Dio. Così come Gesù diceva di sé: Sono venuto dal Padre. Exivi a Patre, veni in mundum1 cioè venne a fare la missione; la sua vocazione: redimere il mondo. Et iterum relinquo mundum2. Ed ora lascio di nuovo il mondo e ritorno al Padre. Relinquo mundum et iterum vado ad Patrem3. Così noi. E arriviamo alla fine presentando al Signore quello che abbiam fatto di bene e quello che ci mancava ancora, quello che non era ancor perfetto. E se è già perfetto tutto, allora, immediatamente: paradiso. E se invece ci sono ancora tante imperfezioni o qualche imperfezione o qualche penitenza da fare, si va in attesa nel purgatorio, in attesa che si apra la porta del cielo. Quindi pensar la vita così: che la vita è preparazione al cielo e niente altro.
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E la vocazione? La vocazione è preparazione migliore al cielo. Quindi aver fede che la vita religiosa è vita di maggior perfezione, è vita di maggior santità, che tutto quello che si fa nella vita religiosa, è di religiosi, è di religiose, quindi ha un merito doppio. Il valore della vocazione, della consacrazione a Dio! Aver fede. Capire il privilegio che abbiamo avuto e quello che Dio, che ci ha dato più grazie, aspetta da noi. E quindi, avendo più grazie, dovremo render conto delle grazie che abbiamo ricevuto in più che non i cristiani. Vivere di questa fede. Anche la minima cosa, se fatta a gloria di Dio, ha doppio merito: sia che mangiate, sia che beviate, sia qualunque altra cosa che facciate, in gloriam Dei facite1 ecco, dice san Paolo. Sì, il mangiare, e il caffè che fate, e la pulizia che fate, e tutto il servizio liturgico, cominciando dallo scopare la chiesa, poi tutto quello che si riferisce alla liturgia; ma poi tutta l'attività, tutto l'apostolato. Questo spirito di fede! Quando si pensa così, non notizie vaghe, inutili, non, e vedere, e sentire così facilmente la radio, la televisione, altre cose. Si finisce con l'avere una mente mondana, alle volte. Sì, il velo sta sulla testa, ma dentro la testa cosa ci sta? E vi sono pensieri, secondo la ragionevolezza? E, per esempio, imparare l'apostolato. E si pensa a far bene l'apostolato. Oh, la ragionevolezza e la fede. Vivere secondo la fede, pensare secondo la fede, sì. Santificare la mente, in primo luogo, poi viene, che cosa, dopo? Viene la volontà.
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[2.] Prima c'è l'atto di fede e poi c'è l'atto di speranza. L'atto di speranza per la bontà di Dio, per i meriti di Gesù Cristo, la grazia; la grazia per far le buone opere «che io debbo e voglio fare».
Quindi la volontà in Dio, secondo il volere di Dio. E quindi l'osservanza dei comandamenti, chiaro, per noi e per tutti gli uomini e tutti i cristiani. Ma poi c'è quel che è più perfetto, perché la volontà: Non la mia volontà sia fatta, ma la tua1, diceva Gesù al Padre, nel Getsemani. Non la mia volontà sia fatta, ma la tua. E così dobbiamo sempre dire. E se ci capita una disgrazia "Non la mia, ma la tua volontà". E se una cosa va bene: "Non ho fatto la mia volontà, ma ho fatto la tua. Sia a tua gloria e che adesso non me ne compiaccio, perdendo il merito, ma di tutto quel che ho fatto di bene, Signore, accettatelo". E vada, questo bene fatto, vada sulle porte del paradiso per accompagnarci al cielo, alla gloria, alla felicità eterna.
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C'è l'obbedienza semplice: i comandamenti, le Costituzioni. È disposto la via della santità e dell'apostolato sopra le Costituzioni. L'obbedienza semplice.
Poi c'è l'obbedienza che è più perfetta, che è la docilità. Anima docile, pronta, di cui Dio può disporre liberamente anche se l'anima è sottoposta a delle prove, o timori, o scrupoli, o agitazioni, o tentazioni di vario genere, perché è il Signore che guida l'anima per la santità, affinché sia provata, l'anima, se sia fedele, se vuole bene al Signore. La docilità.
Ma poi, il più perfetto, quanto all'obbedienza: l'abbandono in Dio: Signore, oggi fate di me quel che volete. «Parlate, o Signore, che io vi ascolto»1. L'abbandono in Dio. Non farsi dei progetti di qua e di là. L'abbandono in Dio. E non metterci tanto facilmente dell'io, perché allora non c'è ciò che è perfetto. Perché tutto sia perfetto, ecco bisogna che l'anima sia abbandonata in Dio. Ah, questo, quanto è difficile! Bisogna uniformarci a Gesù Cristo: Subditus illis2. Gesù stava obbediente a Maria e a Giuseppe. E compì la volontà del Padre fino al Getsemani e fino all'ultima espressione, alle ultime espressioni: «Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito»3. E: inclinato capite, emisit spiritum4. Piegò la testa, spirò. Tutto era compiuto5. Sempre la volontà del Padre celeste.
Ah, questa perfezione la si trova in poche anime e, vorrei dire, e devo dirlo: pochissime, quelle anime che cercano unicamente Dio, cioè l'abbandono in Dio. Questo è il pensiero di san Francesco di Sales: pochissime anime vi arrivano.
Ma bisogna tendere, almeno desiderarlo. Se si desidera, poi facilmente, in qualche maniera ci si arriva un po'. Perché l'abbandono può essere per cose più grosse, ma l'abbandono anche per le cose piccole che vale: e un mal di denti, e una parola contraria a ciò che piace a noi, e perché c'è un altro carattere, e perché quella fa esercitare la pazienza e perché... abbiamo ancora dei difetti che non riusciamo a correggere, quindi il Signore ci lascia nell'umiliazione. Perché? E perché non alziam mai la testa in superbia. Questa santificazione della volontà! Disgrazia per noi che abbiamo da coma... per chi ha da comandare, specialmente per me, ma per ognuna che ha qualche responsabilità; si finisce col voler che gli altri ascoltino e abbiamo da farli esaminare. Da esaminare noi stessi se ascoltiamo e se vogliamo fare quel che vuole Dio. Del resto non c'è nessuna che sia dispensata dalle Costituzioni e nessuna è dispensata dal fare la volontà di Dio.
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3. Poi, la santificazione del cuore.
La vita religiosa: con tutto il cuore, con tutta l'anima voltata verso Dio: «Vi amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, Voi bene infinito, eterna felicità»1. Volere Dio, volere il paradiso suo, ecco. Sommo Bene, eterna felicità.
Quando noi amiamo veramente Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, cioè non cerchiamo più consolazioni, né soddisfazioni, né alcuna cosa che serva a soddisfare un poco i nostri capricci? C'è sempre la retta intenzione? Si cerca proprio in tutto Dio? E quando diciamo: «Vi offro tutte le orazioni, azioni, patimenti della giornata»2, veramente tutto? Questo amor proprio è come mettere in una bottiglia in cui c'è un po' di vino, che rappresenta l'amor di Dio, metterci tanta acqua da riempirla, e allora quest'acqua rappresenta l'amor proprio. Ah, la rettitudine d'intenzioni! Il cercar Dio solo in ogni cosa! Questo è l'amor di Dio! Perché piace a Dio, e farlo proprio per il Signore. Se una arriva a farlo sempre per la sua gloria, è sul piano di perfezione; se una arriva solamente: per la santità, è già sulla via della perfezione, non è ancora il più alto grado, ma intanto si cammina, si sale verso quello che è: omnia in gloriam Dei facite3, quando si cerca unicamente la gloria di Dio.
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Oh, mi è capitato, proprio un giovane sui 14 anni, sentita questa predica (in una nazione), il quale mi dice: "Ma io voglio mica farmi solo santo, voglio la gloria di Dio, perché mi accorgo che c'è dell'amor proprio: solo per star bene in paradiso. Questo è quel che prima pensavo: per rassomigliare a Gesù. Ma vedo che in questo ci sta ancora del mio amor proprio". Oh, (...) ma tra di me ho pensato: questo figliuolo deve già avere avuta molta fede, molta luce da Dio.
Anime che son piene ancora di terra e anime che si purificano, oh, e tendono unicamente al Signore, alla sua gloria. E se un'anima arriva presto su quel piano lì, certamente...
Sant'Ignazio ha lasciato questa eredità ai Gesuiti: Ad maiorem Dei gloriam. Tutto alla maggior gloria di Dio. Allora il posto più elevato in cielo, perché si ha un'intenzione purissima, cioè: vive in noi Gesù Cristo, anzi, vive la Trinità. Allora la vita trinitaria.
Sì, ci sono delle anime le quali sono umili, le quali vivono proprio di pensieri e di intenzioni che sono intenzioni stesse di Dio, i fini che ha Dio: la sua gloria. E la felicità in paradiso sarà in proporzione di quanto abbiam cercato la gloria di Dio. Anche nell'apostolato cercar la gloria di Dio, perché se facciamo del bene alle anime è per glorificare maggiormente Dio. E anime che invece arrivano soltanto fino al punto: in paradiso, premio.
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Oh, e allora, che cosa abbiam da conchiudere?
La santità interiore:
- santificar la mente: fede;
- santificar la volontà: arrivare all'abbandono in Dio;
- santificare il cuore, i sentimenti: l'amare Dio con tutto il cuore sopra ogni cosa e il prossimo come noi stessi. Vogliamo questo?
Ecco, in tutte le Case che visito, celebro la Messa per la santificazione della Casa e la santificazione dei membri che sono...
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1 Nastro 180/a (= cassetta 142/a). - Per la datazione, cf PM: «Quest'anno, in modo particolare, è dedicato alla santificazione» (cf PM in c1l). - dAS (cf c354).

2 Gal 2,20.

1 Cf Mt 10,30.

1 Cf Lc 10,27.

2 Cf Lc 10,27.

3 Cf Lc 10,27.

1 Mt 22,39.

2 Lc 2,14.

3 Lc 2,14.

1 Cf Gv 16,28.

2 Cf Gv 16,28.

3 Cf Gv 16,28.

1 1Cor 10,31.

1 Cf Lc 22,42: più esattamente è: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà».

1 1Sam 3,9.10.

2 Lc 2,51.

3 Lc 23,46.

4 Gv 19,30.

5 Gv 19,30.

1 Dalla preghiera: Atto di carità.

2 Dalla preghiera: Cuore divino di Gesù.

3 1Cor 10,31.