Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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40. DOMENICA XII DOPO PENTECOSTE

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 25 agosto 19631

Il Vangelo preso da san Luca, capitolo X.
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: Beati gli occhi che vedono quanto voi vedete, perché vi assicuro che molti profeti e re desiderarono vedere quello che vedete voi e non lo videro; udire quello che udite voi e non lo poterono udire. Allora un dottore della legge, alzatosi, gli domandò per metterlo alla prova: Maestro, che cosa debbo fare per ottenere la vita eterna? E Gesù: Che cosa vi è scritto nella legge? Che cosa vi leggi? Quello replicò: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze, con tutta la tua intelligenza, e il prossimo tuo come te stesso. Hai risposto bene, riprese Gesù, fa' questo e vivrai. Ma colui volendo giustificarsi domandò: Chi è il mio prossimo? E Gesù prese a dire: Un uomo scendendo da Gerusalemme verso Gerico, incontrò dei ladroni, che, spogliatolo, lo caricarono di ferite e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso scendeva per la medesima strada, un sacerdote, guardò il disgraziato e passò oltre. Così pure un levita, arrivato lì vicino, guardò e tirò diritto. Un viandante, samaritano, invece, che passava di lì, vedutolo ne ebbe pietà, gli si accostò, gli fasciò le ferite versandovi su dell'olio e del vino, poi dopo averlo fatto salire sul suo giumento, lo condusse a un albergo e ne ebbe cura. Il giorno dopo, presi dalla borsa due denari, li diede all'oste dicendogli: Abbi cura di lui e quanto spenderai di più te lo renderò al mio ritorno. Quale di questi tre ti sembra che sia stato il prossimo per quell'uomo che s'incappò nei ladroni? Colui rispose: Quello che ebbe compassione di lui. E Gesù conclude: Va' e fa' anche tu come lui2.
Qui sono ricordati i due comandamenti della carità: l'amore a Dio e l'amore al prossimo.
Amore al Signore. Quel dottore della legge, conosceva la legge, cioè, conosceva quello che era stato scritto da Mosé, ma non aveva molto capito di quello che riguardava l'amore al prossimo. Intanto Gesù volle che lui stesso, cioè il dottor della legge, recitasse ciò che era stato scritto nella legge, cioè, nella Sacra Scrittura: «Amerai il Signore, Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima con tutte le tue forze, con tutta la tua intelligenza, e il prossimo tuo come te stesso». Hai risposto bene - riprese Gesù - fa' così e vivrai; cioè sarai salvo, ecco, se si osservano i due comandamenti.
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La religione, in fondo, è sempre la carità. La carità, l'amore che sale direttamente a Dio, tra l'anima e Dio, e la carità che passa, invece, attraverso al prossimo, ma che sale anche a Dio. Quindi tutto finisce in Dio, perché noi siamo chiamati a glorificar Dio e il nostro amore si deve rivolgere verso Dio; se anche serviamo il prossimo, lo serviamo in quanto il prossimo è creatura di Dio, e siccome tutti siam figli di Dio, colui che serve il prossimo serve il figlio di Dio, e quindi rende omaggio e fa ossequio a Dio.
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La perfezione e la santità è proprio la carità, carità quando si arriva a quello che è scritto: con tutta la mente, con tutte le forze, con tutto il cuore, con tutta l'anima tua, ecco. Tutto.
Se noi siamo sempre, in tutto, intenti, desiderosi, impegnati alla volontà di Dio, a cercare le cose che piacciono a Dio, allora non sprechiamo le forze.
Quando noi sciupiamo la mente? A pensare a cose che non ci interessano, tanto meno a cose che non sono buone, supponiamo, quando c'è la superbia interna, quando c'è l'amarezza verso i fratelli, ecc. Non sciupare niente della mente e niente del cuore, e cioè: non amare quello che non si deve amare, e non sciupare le attività, le forze, le energie. Tutto dobbiamo ordinare a Dio.
Ah, è ben raro che si trovi chi non sciupi niente di se stesso, ecco; ed è raro che un'anima proprio tutto ordini a Dio, tutto impegni per Dio: quando i nostri pensieri sono ordinati a Dio, e i nostri pensieri che piacciono a Dio; quando il cuore cerca solo Dio; e quando le opere che facciamo nella giornata, anche il riposo e anche il cibo, tutto, cioè tutto si fa in ordine a Dio, tutta l'anima, corpo e anima.
Ed è raro che in... anche in mezzo a quello che facciamo di bene, tante volte si mescola di quello che, se non è proprio addirittura cattivo, almeno è inutile; perché se noi abbiamo pensieri cattivi, sono contro Dio, ma se preghiamo con distrazioni e anche distrazioni di cose non cattive, è sciupìo della mente. E vero che tutti abbiamo delle distrazioni, ma che non siano volontarie e non siano causate, queste distrazioni, da cose inutili o perché non abbiamo messo abbastanza impegno nel raccoglierci a pregare.
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Così è dei sentimenti. Tanti amano Dio, ma amano anche con Dio tante cose. E sì, amano il Signore, ma amano ancora tante cose: curiosità, letture, spettacoli inutili, discorsi che non interessano e non servono per il bene, ecc. Ecco, molte anime amano Dio, ma non amano soltanto Dio, amano ancora tante altre cose, che non son cattive, ma sono inutili, e, d'altra parte, è sempre spreco del tempo, spreco della lingua, spreco del cuore, sì. Perché ci sono quattro gradi di amore, dice san Francesco di Sales. E anime che arrivino proprio ad amare Dio davvero, come dice il comandamento: tutta la mente, tutto il cuore, tutte le forze, tutta l'anima, sono pochissime.
Allora chiedere sempre questa grazia di amare Dio con tutto il cuore sopra ogni cosa. Ma dire soltanto «con tutto il cuore» è un po' poco, ecco, perché bisogna amare Dio con tutta la mente; con tutto il cuore, sì, ma anche con tutta la mente, prima. Con tutte le forze, vuol dire con tutta la volontà; e con tutta l'anima, vuol dire, l'anima e il corpo. Sì, per esempio, misuriamo il cibo che dobbiamo prendere e dobbiamo prenderlo, e prenderlo (quel che è necessario), quello che non è necessario, non è necessario; prendere il riposo necessario e prenderlo, e non prendere quello che non è necessario. Oh, tutto, quindi, quel che si può fare. E però ci son sempre tante imperfezioni, sì, e si muore con dei difetti, ma almeno che li condanniamo e che abbiamo il desiderio di correggerli e che ci mettiamo di buona volontà.
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E poi il perfezionarsi, quanto è necessario! Dante ha scritto la Divina Commedia, e l'ha rifatta - dicono - una trentina di volte, sempre migliorando. Scultore che non finiva più di ritoccare la statua, e il volto e le mani e il vestito, e non [la] voleva mai consegnare a chi [gli] aveva ordinato la statua: "ho ancor da finire, ho ancora da migliorare". E anche quando ha dato la statua, dopo che la statua messa là, a vista di tutti, lui domandava ancora il permesso di rivederla, di come erano le mani, come potevano anche segnarsi le vene, ecc., le vene delle mani. Ecco il perfezionamento quotidiano.
Noi siamo le immagini di Dio, noi dobbiamo riprodurre l'immagine di Gesù Cristo, dobbiam sempre ritoccarci: un po' della testa, un po' del cuore, un po' della volontà, un po' del corpo; la regolarità della vita.
Ecco, è una grande cosa, è un grande dovere che hanno i superiori di santificare la Casa e i membri della Casa, per quanto è possibile; cioè, ritoccare sempre là, quello è il loro ufficio, il loro dovere. Ma per ognuno di noi è dovere di sempre togliere qualche cosa. E ce n'è ancor sempre tanto da togliere per aggiungere qualche cosa, perché ce n'è ancora immensamente da aggiungere.
Così, come leggevo nel libro, l'altro ieri, una predica di Pio XII: «Mirate alle vette». Alla santità, voleva dire, alle più alte cime delle vette.
Non contentarsi mai: "Beh, e che male faccio?", qualcheduno si scusa. Ma il nostro superiore, quando ero chierico, rispondeva: "Piuttosto ti domando: e che bene fai? e fai tutto bene?" E così questo ce lo ricordava sovente; ogni domenica sera che veniva a farci la conferenza, e spesso nella conferenza ricordava quello: "Non contentatevi mai di non far del male, ma fate il bene ed il bene perfezionato".
Sì, perché possiamo migliorar le parole, possiam migliorare la testa coi pensieri, possiamo avere sempre più il cuore concentrato in Dio, sempre più la regolarità della vita, sempre attenti a noi stessi senza guardare a destra e a sinistra, ma: Attende tibi1: guarda te stesso, dice san Paolo. Attende tibi2. E così san Paolo raccomandava al suo discepolo.
Oh, domandiamo un po' questa grazia di amare davvero il Signore: con tutta la mente, con tutte le forze, con tutto il cuore, con tutta l'anima. Poi di conseguenza verrà... perché chi ama il Padre amerà anche i suoi figli, e quindi il prossimo. Sì, ogni uomo è figlio di Dio, creatura di Dio, e allora ecco la parabola, che ha detto Gesù, del Samaritano.
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Oh, sì, in questo mettete anche l'intenzione, a riguardo del Samaritano, che la clinica per sacerdoti e religiosi che si è aperta, porti il frutto che è nella mente nostra, e, più di tutto, è nella mente, nei desideri, nei disegni di Dio. Quindi, mentre che si prega per la chiesa1 da una parte, e lì c'è l'amore a Gesù Cristo Maestro; dall'altra parte pregare per la Clinica, e lì c'è l'amore al prossimo, Samaritano, cioè la cura di coloro che son consacrati a Dio o come semplici religiosi, o come religiosi e sacerdoti assieme.
Ecco, di questo mi ha domandato, mi ha parlato il Papa, giovedì, come abbiam parlato della Casa degli Esercizi. Oh, allora ho chiesto la benedizione sopra la Casa che deve servire di clinica per i religiosi sacerdoti.
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Dunque, se noi siamo orientati e totalmente orientati verso Dio, l'amore del prossimo viene di conseguenza.
Quindi facciamo adesso i nostri propositi. E specialmente domandare sempre la grazia: amare il Signore, Dio tuo, con tutto il cuore, con tutte le forze, ecc., e poi: amare (il prossimo come te stesso). Mai nessuna amarezza nel cuore verso nessuno. Tutte cercare di rendere lieta la convivenza religiosa, gioiosa, perché ci prepariamo al paradiso, e, come ci vorremo bene in paradiso, cominciamo ad esercitarci in questo volerci bene, sulla terra. Chiedere (...) e come chiederla? Recitare spesso l'Atto di carità. E alle volte, si va, si viene, e ci vuole così poco a ripetere l'Atto di carità! Si può ripetere con la formula che c'è nel libro, e si può anche esprimere il nostro amore verso Dio e verso il prossimo, con altre parole che escono, però, dalla nostra anima, dal nostro cuore.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 115/c (= cassetta 141/a). - Per la datazione, cf PM: «Mettete anche l'intenzione che la clinica per sacerdoti e religiosi che si è aperta, porti il frutto che è nella mente nostra... e nei disegni di Dio» (cf PM in c320). - dAS 25/8/1963 (domenica): «m.s. meditazione alle PD».

2 Lc 10,23-37.

1 1Tm 4,16.

2 1Tm 4,16.