Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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9. IL NOVIZIATO

Predica alle neo-novizie Pie Discepole del Divin Maestro durante il rito dell'ammissione al noviziato.
Roma, Via Portuense 739, 24 marzo 19601

Avete adesso dato principio al Noviziato. Questo passo così importante nel corso della vita religiosa e costante in tutta quanta la vita, dal momento della nascita al momento in cui si entrerà in cielo e si vivrà, allora, la vita eterna.
Bisogna pensare così: che quando il Signore crea un'anima le dà una missione, una vocazione particolare. La crea per un disegno di amore e di sapienza destinandola già a quel grado di gloria, a quel premio che potrà raggiungere in paradiso se corrisponderà alle grazie, se utilizzerà bene i doni, i talenti anche naturali. Vi è tutta una linea retta dal momento in cui il Padre celeste desideri creare un'anima, ecco, una linea retta che parte da quella sua santissima volontà, si prolunga attraverso i nostri giorni e si eterna, poi, in paradiso. Disegno di sapienza e di amore per cui il Padre celeste, il Figlio, lo Spirito Santo intervengono e infondono, in quella nuova creatura, le attitudini, le inclinazioni, le qualità, l'intelligenza, ecc., che saran necessari perché quest'anima abbia il fondamento. La natura sta a fondamento della grazia e la grazia perfeziona la natura.
Ora, poi, quando questa bambina è nata, intervengono ugualmente il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e completano i doni naturali, i talenti naturali, con grazie di sapienza celeste e cioè la fede; e con grazia di fortezza, la speranza cristiana per cui si lavora per il cielo mediante le buone opere che vogliamo compiere; e infonde la carità, cioè lo stato di vita soprannaturale che come un nuovo organismo, tutto questo organismo soprannaturale che si appoggia sopra la natura, la natura la quale ha i tre doni, qualità, facoltà: intelligenza, volontà e sentimentalità. Ed ecco che l'intelligenza viene elevata per mezzo della fede; e la volontà viene fortificata ed elevata per mezzo della speranza; e la sentimentalità viene elevata, perfezionata da una grazia del Signore.
Poi, quasi quasi diremmo che quei doni dormicchiano fino che il bambino raggiunge una conoscenza e raggiunge il lume di ragione, almeno in quel grado sufficiente. E allora, ecco che la fede viene a conoscenza e si professa la fede; la speranza del cielo viene a conoscenza e si desidera la salvezza eterna; la bontà di Dio, la sua grazia, la sua redenzione vengono a conoscenza, ed ecco la carità. Poi il Signore lavora quest'anima che ha destinato a una gloria particolare in cielo.
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Non è sempre che la fanciulla corrisponda a tutte le grazie. Sì, se noi non guastassimo mai il disegno di Dio, noi avremmo una fortuna incommensurabile, immensa in cielo. Però noi tante volte lavoriamo contro di noi, persino quando preghiamo, tanto è scarsa la nostra sapienza, quando noi non abbiamo e non siamo guidati dai quattro doni intellettuali dello Spirito Santo: la scienza, la sapienza e poi il consiglio, l'intelletto, e, tante volte, vengono anche a mancare un po' le corrispondenze agli altri doni che sono più per il sentimento che per la volontà.
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Ma il Signore non - diciamo - cambia il disegno sull'anima, e il Signore parla all'anima, fa sentire inviti, la mette in circostanze di luogo, di tempo per cui quella piccola fiammella non si estingue e quella luce che era stata comunicata, sempre più si allarga, sempre più appare chiara. E, ecco, quindi, quello che in fondo all'anima nasce, cioè, il germe della vocazione per cui Dio le ha preparato i doni e le grazie, i germi della vocazione che si possono far sentire più presto o più tardi, ma quanto più presto l'anima vive nell'innocenza ed ha un ambiente favorevole, l'ambiente di famiglia, l'ambiente parrocchiale, l'ambiente scolastico, l'ambiente sociale, ecc. tanto più si trova l'anima in un clima caldo perché la vocazione è un amor di Dio più caldo. E se si sta sempre in mezzo al ghiaccio, eh! il caldo non lo sentiamo. Ed il ghiaccio, tante volte, è proprio anche in famiglia, particolarmente in società, nelle compagnie, ecc. Ma il Signore, ho detto, non si arrende così facilmente, finché l'anima non si ostina, non ricalcitra alla grazia di Dio.
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Ed ecco che siete venute, per varie circostanze, per suggerimenti, per avvenimenti, alle volte, che sembrerebbero anche opposti alla stessa vocazione, ma che hanno fatto riflettere: "Se cammino su quella via, dove finisco?" E allora nella riflessione, nella preghiera, specialmente mediante la frequenza ai sacramenti, la luce di Dio si fa più chiara, il calore spirituale si fa sentir maggiormente. E siete venute. Ora queste grazie continuano e prendono una forma particolare, questi doni, prendono una forma particolare e cioè, secondo l'Istituto dove si entra. E quindi le aspiranti e postulanti hanno un gran lavoro.
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E ma il lavoro principale per andare incontro, e perché lo Sposo divino possa realizzare i disegni di amore che aveva su quell'anima, il tempo più propizio è il Noviziato, nel quale non si è ancora religiose, no, ma si hanno già da compiere i doveri e praticare la purezza, la povertà, la castità, la vita comune, ecc. Si ha da vivere secondo le Costituzioni, non per voto, ma per virtù.
E la novizia si prova se le sue forze sono tali da potere abbracciare questa vita particolare. E se le grazie abbondano sempre di più e se si dà prova alle Madri di potere, a suo tempo, dare un giudizio, cioè: "Ci sono i segni di vocazione, la vocazione è dimostrata, e, per quanto è possibile all'umana fragilità, la vocazione risulta"; sì. Così allora, mediante due giudizi, e cioè, il giudizio del confessore: "Sì, questa è la tua strada", e il giudizio delle Madri: "Questa è la tua strada", e allora questi due giudizi si completano e l'anima può essere sicura, per quanto si può essere sicuri sulla terra, perché combinano i due giudizi e del confessore e delle Madri del consiglio. E quindi, in tranquillità e serenità, avanti!
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E si può contare sulle grazie di Dio, poiché il Signore non chiama mai senza dare le grazie proporzionate. Il Padre celeste ci manda a fare un viaggio, ma non ci lascia senza soldi e non ci lascia senza il pane quotidiano e non ci lascia, tanto più, per quello che riguarda lo spirito, per quello che riguarda la santificazione: «Se vuoi essere perfetta»1. E allora le grazie per esser perfetta, perfetta mediante l'osservanza dei voti, perfetta mediante l'uniformità alle Costituzioni che si accettano e mediante l'adattamento alla vita, agli usi, al Direttorio della Congregazione, Direttorio che può essere scritto o può essere ancora soltanto a voce, ma che esiste ed è costituito da tante cose, tra cui gli stessi usi, di cui ho accennato. Allora si incomincia il vero lavoro di santificazione.
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La persona consacrata a Dio è arrivata sul campo del lavoro spirituale, perché prima ha fatto la strada per arrivarci: e la pietà di bambina, di giovanetta; e poi la preparazione nel probandato, nell'aspirandato e nel noviziato. Tutto è una via per cui si è arrivati sul campo del lavoro. Cominciano gli obblighi seri. E arrivati sul campo non si può star seduti, ma lavorare con intensità perché allora è diventato il dovere principale: per il perfezionamento, il principale dovere in cui si riassumono gli altri doveri della vita religiosa. E non si può star seduti quando si è arrivati sul campo e neppure non si può volgere l'occhio indietro quando si è posto mano all'aratro per lavorare il campo1.
E allora quest'anima si va sempre di anno in anno verificando che un po' progredisce e cioè, quando fa i suoi Esercizi si fa un programma spirituale e poi cerca di svilupparlo nel corso dell'anno; e poi nel corso successivo degli Esercizi verifica come è stato il suo cammino. Se l'anima può vedere, certamente trova che c'è stato un progresso per la misericordia di Dio, ottenuta con la preghiera e per la buona volontà sempre conservata, alimentata nelle meditazioni particolarmente, nella vita ritirata, nella guida che si ha nell'Istituto.
Allora quest'anima, perfezionandosi così, va ripulendosi da tutto ciò che è umano, in quanto ci è possibile sulla terra. Difetti ne portiamo sempre tanti e si morirà con dei difetti; ma si combattono, quindi non c'è la volontà, perciò non c'è l'offesa di Dio. E intanto, giorno per giorno, si lavora per evitare, quanto si può, questi difetti e acquistare sempre più, quanto si può, le virtù, e uniformando sempre meglio la vita alle Costituzioni e all'indirizzo che viene dato.
Al giudizio di Dio, poi, ci sono i due rendiconti: la santità individuale e la santificazione dell'apostolato, poiché due sono gli articoli fondamentali: il perfezionamento e l'esercizio, la pratica dell'apostolato.
E allora avanti! Quella sarà l'ultima obbedienza: entrare in paradiso. Avanti! E la farete volentieri quanto avrete avuto l'abitudine di dire sempre: Ecco l'ancella del Signore, sia fatto di me secondo lui vuole.
Domani chiedere questa grazia. E non aspettar domani, l'avete già chiesta e la chiederete tanto più di cuore stasera: Fiat mihi secundum verbum tuum2. L'abbandono in Dio.
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Non si può veder tutto, quando si inizia la vita religiosa, tutti i particolari che seguiranno, eh, no! Certamente non si possono vedere tutte le difficoltà, tutte le tentazioni, gli scoraggiamenti e le lusinghe del mondo e il lavoro, la legge della carne e i disturbi che dà sempre il nemico della santità, cioè il demonio; non si può preveder tutto e tutto ogni giorno, ma per ogni giorno vi sono le preghiere che servono per la perseveranza in quel giorno. E se noi... ogni giorno che preghiamo abbiamo la perseveranza per quel giorno e continuando nella preghiera: semper orare, nunquam deficere1, allora un giorno si aggiunge all'altro, si sta fermi sulla via che si è presa, si va crescendo nella virtù, c'è il perfezionamento, la santificazione.
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Ecco la preparazione al cielo, poiché la vita non finisce qui, la vita continua nell'eternità: vita mutatur non tollitur1: la vita si muta, cambia posto. E noi siamo di Dio e siamo di Dio qua e poi si muta camera e si va in un'altra abitazione: comparatur in coelis1 e quella abitazione eterna è felice.
Ed ecco il filo conduttore della sapienza e della misericordia di Dio che ha il suo capo nell'eternità per non finire più, poiché là, l'eternità è una durata senza fine, senza mutamento, per non finire più. Due capi a questa linea, a questo filo di conduttura, e cioè: è tenuto, da una parte, nelle mani del Padre celeste, e di là sarà di nuovo nella mano del Padre celeste quando vi farà sedere alla sua mensa in cielo. Oh, allora, sì.
La storia nostra si compone di due parti: la storia delle misericordie di Dio che son notate in quel libro eterno e la storia della nostra corrispondenza, la quale corrispondenza in tanta parte dipende da noi. Non fermarsi mai poiché il non progredire è retrocedere. Non fermarsi mai. E pienamente persuase che il giorno della Professione è il giorno in cui incomincia il vero lavoro religioso, in cui si segue davvero la vocazione. Non è nell'entrare, la vocazione, questo è mettersi sulla via della vocazione, ma la vera corrispondenza, la vera vita religiosa è dal giorno della Professione.
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Discenda la benedizione di Dio su tutte voi che avete fatto il passo avanti per entrare nel Noviziato, e sopra tutte coloro che domani faranno il loro passo decisivo nella vita religiosa, e sopra tutte coloro che già sono avanti negli anni e già misurano dei progressi reali compiuti a loro consolazione. E allora, man mano che si va avanti c'è una maggior serenità, si vede che l'orizzonte dell'eternità si profila sereno e lucente: et lux aeterna luceat eis1. si entra poi nella luce eterna. Quando, invece, non c'è la corrispondenza, crescono i turbamenti, i turbamenti spirituali. Oh, corrispondere, corrispondere ogni giorno.
Diceva il canonico Chiesa2: «Quando mi han dato da tradurre, in prima ginnasio o seconda, una frase: "Noi moriamo continuamente"3, e: "Vivi come fosse oggi l'ultimo giorno della vita", mi son fissato così: Vivere ogni giorno come fosse l'ultimo della vita e ho mantenuto finora (aveva allora già quasi 70 anni) il proposito» (che certamente dopo ha mantenuto fino al momento in cui fu chiamato al premio). Così voi. Purificati ogni giorno per non fare sosta al purgatorio.
Avanti con fede, generosità, tutti i giorni. E non è che sempre il cammino sia facile, non c'è sempre la strada asfaltata, tanto meno la strada che discende. Le strade che discendono son pericolose. Strade che salgono, vie che salgono alle vette, alle vette. E per andare alle vette bisogna camminare e faticare, e se anche qualche momento si facesse qualche caduta, rialzarsi e Gesù è ancora lì. Il salmo dice: Se tu ami il Signore, anche quando stai per cadere, il Signore mette la mano sotto perché non ti faccia male 4. Ègraziosa l'immagine del salmo, eh? Il Signore mette la sua mano sotto perché non ti faccia male. E sì, quando poi si cammina a braccetto a Gesù, una non cade affatto.
Tutto sotto la Regina degli Apostoli. Tutto seguendo il padre nostro, san Paolo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 30/d (= cassetta 71/b). - Per la datazione, cf PM: «Avete, adesso, dato inizio al Noviziato...». - dAS, 24/3/1960: «Va [il PM] in via Portuense dalle PD per l'entrata in Noviziato». - dAC, 24/3/1960: «Il PM presiede alla funzione dell'entrata in Noviziato» (cf c81 in dAC).

1 Mt 19,21.

1 Cf Lc 9,62.

2 Lc 1,38.

1 Lc 18,1.

1 Missale Romanum, «Ordo Missae», Praefatio Defunctorum.

1 Liber Usualis, «Missa pro Defunctis», communio.

2 Chiesa Francesco di Lorenzo, nato il 2 aprile 1874 a Montà (Cuneo); entrato nel seminario vescovile di Alba (Cuneo), fu ordinato sacerdote il giorno 11 ottobre 1896. Fu professore nel seminario di Alba, di svariate materie, affermandosi come professore e autore di filosofia e di teologia. Canonico dal 27 agosto 1913, parroco dei Santi Cosma e Damiano, in Alba, dal 21 settembre 1913. Morì ad Alba il 14 giugno 1946. Laureato in teologia, in diritto canonico e civile, in filosofia. Fu scrittore di libri di scienza religiosa e di pastorale. Fu maestro, confessore, direttore spirituale, consigliere e sostegno continuo di don Giacomo Alberione, nella sua vita seminarile e nella sua attività di apostolo della stampa, e di fondatore di diverse Congregazioni religiose. È sepolto nella Chiesa di San Paolo Apostolo, in Alba. È servo di Dio.

3 Cf 1Cor 15,31.

4 Cf Sal 90,12.