Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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21. STABILIRE IL CUORE IN DIO

Esercizi Spirituali (11-19 agosto) alle Pie Discepole del Divin Maestro addette al servizio sacerdotale.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 19 agosto 19601

È molto bene che, nel corso dell'anno, si leggano e si cerchi di comprendere i Salmi e gli Inni che si recitano o si cantano affinché comprendiamo meglio il senso liturgico delle varie funzioni. Tanto bello, ad esempio, la penultima strofa del Veni creator Spiritus. «Da patrem»12. Che conosciamo il Padre, che conosciamo il Figlio, che conosciamo lo Spirito Santo.
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Ogni corso di Esercizi ci avvicina di più al Signore quanto meglio la mente si conforma al pensiero della Chiesa, al pensiero di Dio, di Gesù Cristo; quanto il cuore si orienta e si stabilisce definitivamente nel cuore di Gesù e quanto noi rimettiamo tutta la nostra attività, le nostre forze nelle mani di Dio: "Fate di me come vi piace e fate in maniera che mi piacciano le cose che voi ordinate, che piacciono a voi, in maniera che non ci siano due volontà, ma una volontà". L'obbedienza è appunto l'unione delle due volontà: la volontà di Dio che ha disposto o che ha permesso, e la volontà nostra che accoglie, abbraccia con amore la volontà di Dio sapendo che è sempre sapiente e sempre santissima ed è sempre il meglio per noi.
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Avete santificata questa Casa con le pratiche di pietà, con il silenzio, il raccoglimento e i buoni propositi e la Casa ha santificato voi. Avete sentito la Parola di Dio: quella che è Parola importante, non i discorsi umani, i discorsi vani. Avete sentito la Parola, le ispirazioni di Gesù Maestro. Nel silenzio parla sempre il Signore, quando noi ci raccogliamo non in un silenzio passionale, un silenzio o dispettoso o silenzio cattivo, un mutismo che non è suggerito dal Signore, ma il silenzio buono. E poi molta grazia. E molti propositi avete fatto, certamente, che io li benedico con tutto il cuore e Gesù li benedirà più solennemente nella funzione eucaristica di conclusione degli Esercizi.
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Ora, che cosa si tratta di aggiungere? Aggiungere quel che già avete aggiunto, cioè, confermare, in questa meditazione, quel che già voi avete pensato e proposto.
Vivere la professione. E al momento della consacrazione, nella seconda Messa, rinnovare la professione anche individualmente, in silenzio, se volete, rinnovare l'offerta: «Tutta mi dono, offro, consacro». Dare tutto l'essere al Signore. Come tutto da lui abbiamo ricevuto, così tutto a lui riferire, perché noi non abbiamo altro mezzo di farci santi che ridonargli ciò che abbiamo ricevuto e cioè, adoperare le cose che ci ha dato: e quel che è spirituale e quel che è materiale, adoperarlo alla sua gloria, al suo amore, secondo il suo divino volere.
Particolarmente due cose da offrire: gli offriamo il Crocifisso, cioè il Maestro Divino crocifisso offriamo al Padre, la sua passione, i suoi dolori, i suoi meriti e le Messe che rinnovano quel che è avvenuto sul calvario. E poi, il dono di noi stessi: e quel che è la salute, quel che è il tempo, quello che son le giornate e quello che sono le grazie intime: la scienza, il sapere, e il cuore e tutto ciò che il Signore ci ha dato in uso e noi lo adoperiamo come in uso sapendo che glielo restituiremo un giorno. Ma se glielo offriamo adesso, in vita, è meritorio, sì, sì, offrendogli: de tuis donis ac datis1: tutto quello che egli ci ha dato.
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Oh, avete una particolare considerazione da fare per voi. Avete, cioè, un apostolato il quale è molto intimo, il quale apostolato si compie più nel cuore che nell'esterno, che nelle attività, che negli uffici che state compiendo. È l'apostolato dei desideri, è l'apostolato dell'amore, è l'apostolato, in sostanza, eucaristico: quello che Gesù desidera nell'Ostia; quello che egli domanda al Padre nella sua preghiera dal tabernacolo, preghiera continua; quello che egli vuole, e cioè, che sia utilizzata la sua Passione per tutto il mondo, quello che sia utilizzato il suo sangue per lavare tutto il mondo, proprio come dice l'orazione: Anima Christi, sanctifica me; Corpus Christi, salva me; Sanguis Christi, lava me1.
E non diciam solamente "me"; noi diciamo "noi", cioè tutti gli uomini, poiché la Pia Discepola raccoglie in sé tutte le necessità degli uomini, raccoglie in sé tutti i bisogni di tutta l'umanità; non c'è divisione di correnti, di partiti, di continenti e di nazioni, c'è solo l'umanità che viene da Dio e che deve fare bene il suo cammino verso Dio e questo cammino, per la redenzione di Gesù Cristo, secondo la guida della Chiesa onde un giorno raccogliersi, questa umanità, lassù, nel regno eterno di Dio. Il cuore, quindi. Se il cuore è totalmente di Dio, allora il vostro apostolato eucaristico è pieno. Se il cuore ha delle divisioni, non è pieno. L'apostolato, detto, dei desideri, l'apostolato dell'amore, l'apostolato eucaristico, in una parola, quando nell'animo non entrano altri desideri che quelli di Gesù; quando il cuore è fuso col cuore di Gesù, meglio, quando Gesù prega in noi, pure adoperando il nostro cuore, adoperando la nostra lingua, adoperando la nostra attività e le cerimonie e il canto, ecc.: lui in noi, egli in me, io in lui.
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Un esame, quindi, sul cuore, il quale cuore deve compire due uffici o, sì, due compiti, in sostanza, con la Professione: la rinunzia e la conquista. Se noi rinunziamo a qualche cosa è solo per arricchirci e per guadagnare di più; così, il voto di povertà ci porta alla maggior ricchezza; così il voto di obbedienza ci porta alla maggior libertà e, il voto di castità, ci porta al maggiore amore, cioè, l'amare Iddio con tutto il cuore. Il compimento del primo e principale comandamento: amare Iddio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze1, sì.
Abbiamo da considerare se c'è stato questo sacrificio, se c'è stata questa rinunzia all'amore terreno; se, invece, c'è stata... inoltre, la parte positiva, cioè, se abbiamo in noi stabilito il regno di Gesù Cristo, il regno del suo amore.
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Oh, ho incontrato da qualche tempo, varie anime appunto per l'occasione degli Istituti Secolari, le quali parlano del culto all'amore infinito. Sta benissimo. Dio è amore e le opere di amore le attribuiamo particolarmente allo Spirito Santo. Il culto all'amore infinito, sarebbe il concentrare, in sostanza, tutto il cuore in Dio. Per questo ci vogliono delle rinunzie e ci vogliono delle conquiste, ho detto.
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Rinunce.
Il distacco giusto dalla famiglia; il disinteresse degli interessi materiali che non (...). Il distacco, per entrare nella famiglia di Dio di più, perché si vuole la perfezione, altrimenti si è meno che religiosi; e il distacco delle cose materiali, perché altrimenti si vive col cuore mondano. Il cuore mondano può essere che si manifesti in varie cose, ma in primo luogo, nella suora si manifesta con l'attaccamento. Oh, quando uno non lascia realmente la famiglia, ecco, e quando e visite e lettere e sentimenti e preoccupazioni ecc., finiscono col rimanere, materialmente, col cuore nell'Istituto, ma con l'affetto altrove; non è di Dio il cuore.
Bisogna che il cuore sia veramente di Dio, quindi la rinunzia vera. Se Gesù dice a quel giovane: «Lascia che i morti seppelliscano i morti»1 e non permise di andare alla sepoltura del papà. Il giovane aveva ancor chiesto di andare alla sepoltura del padre che era morto, poi sarebbe ritornato a seguirlo. No, «lascia che i morti seppelliscano i morti». E aggiunse poi: «Chi ama suo padre e sua madre, ecc., più di me, non è degno di me»2. Oh, questo giusto amore... è il tutto; non è il poco o una parte, perché la figliuola quando si sposa va in un'altra famiglia e fa famiglia e pensa alla famiglia. Ed è giusto.
Ma che cosa c'è di più perfetto per la suora che lascia davvero l'affetto naturale per prendere l'affetto soprannaturale alla famiglia, che consiste nel pregare e vivere perfettamente la vita religiosa per meritare la salvezza, il suo... perché se non distacca il cuore, impedisce tanti beni alla famiglia e specialmente non ottiene quelle grazie... Ma, se una suora domanda: "Che io possa aver le benedizioni sulla famiglia". Distaccati. E se vuoi ottener di più, che un giorno sia con la famiglia in paradiso, distaccati di più, otterrai le grazie.
Sta la preghiera, che si fa per i parenti, sta in primo luogo, nella rinunzia, e, in secondo luogo, nello stabilimento del cuore, stabilimento definitivo dell'anima e del cuore in Gesù Cristo, cosicché non ci entrino le sentimentalità umane, ma tutte le preoccupazioni divine: che in quella casa non si commetta mai nessun peccato; che in quella casa viva lo spirito di fede; che in quella casa si ami il Signore; che tutti, un giorno, possiamo ritrovarci in paradiso. Sì, un amore così.
Quanto più vi distaccate, tanto più ottenete le grazie; quanto più vi preoccupate e tanto più allontanate le grazie da loro. Quante volte mi ha ripetuto questo don Federico Muzzarelli3, parlandomi delle suore. Egli che ha dovuto occuparsi di una sessantina di Istituti capiva bene e sapeva bene che cosa è il pensiero della Congregazione dei Religiosi, della Santa Sede.
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Oh, questo affetto può anche, alle volte, essere portato un po' verso cose umane; alle volte c'è l'attaccamento all'ufficio; alle volte c'è l'attaccamento alla sorella; alle volte c'è l'attaccamento al gatto o all'uccello o al cane (bisogna dirlo? i cani devono vivere da cani e i gatti, da gatti e gli uccelli, da uccelli). Li amava anche il santo Cottolengo1 gli uccelli e aveva là, messo la Madonna e poi diceva: Siccome non possiam cantare tutto il giorno e tutta la notte, mettiamo questi uccelli che facciano la nostra parte quando noi dormiamo. E quindi, alla Casa del Cottolengo ci sono ancora gli uccelli, figli di quegli uccelli che ha lasciato il Cottolengo, a suo tempo, a cantare le lodi della Madonna, sì.
Allora, andar fino al fondo del distacco per non far niente di purgatorio; poiché, se per altri, se per i cristiani, ci sono degli attaccamenti che son doverosi, è appunto a quello che rinunzia la suora, di cui fa il sacrificio la suora facendo il voto di povertà e il voto di castità e il voto di obbedienza. E la suora rinunzia all'amministrazione e all'uso indipendente; e la suora rinunzia ad affetti umani; e la suora rinunzia alla propria volontà, mentre il cristiano tante volte ha l'obbligo proprio perché il cristiano, come ho detto, (credo di aver detto, almeno), il cristiano non dà la pianta al Signore. Il fare il voto vuol dire dar la pianta, dar l'essere nostro al Signore, non solamente come il cristiano che dà il frutto, cioè dà le opere, per esempio: porterà i fiori a Gesù; oppure le opere: e quella madre educa bene i figli.
Ora, ecco, che abbiamo proprio da discendere nell'intimo del cuore, così di non avere attaccamento neppure a un filo, perché vi è qualche volta anche l'attaccamento ai fili: la cosa che sia ricamata, oh! "E il mio ufficio che non sia da meno o inferiore a quella suora che ha fatto i voti con me", dice una sorella. "E perché cambiamenti, quale ragione c'era?". I commenti ai cambiamenti cominciano a distruggere in radice e a priori, quasi, in partenza, meglio, molto del merito. Vigilare che non si perda nulla del merito, nella vita, perché il termine, la parola tutto il cuore, tutta la mente, tutta la volontà, tutte le forze, il valore queste espressioni l'hanno nel tutto, non nel "quasi tutto"; no, l'hanno esattamen[te] e decisamente nella parola tutto, sì.
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Oh, allora, se abbiamo veramente preso la decisione: "voglio farmi santa", se avete veramente preso questa decisione, allora, ecco l'indifferenza che suggerisce, come punto di arrivo, sant'Ignazio1 quando presenta la prima meditazione degli Esercizi: diventare indifferenti al luogo, all'ufficio, alle persone che ci circondano, dall'una o l'altra, di un carattere, di un altro; diventare indifferenti alla salute o non salute, pur essendo obbligati a curarla e poi, dopo averla curata, ci rimettiamo nelle mani di Dio e diventiamo indifferenti; [diventare indifferenti] a essere stimati o non stimati. Oh, lì, ci siamo già nella perfezione? vi pare che ci siamo già? Aggiungere quello che è invece perfettissimo. E penso che tutte abbiate questo desiderio e questo proposito dopo gli Esercizi.
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Il perfettissimo sta poi qui: desiderare quel che mi ripugna di più; supponiamo, nell'ufficio: e mi mandano in cucina o mi mandano a far la pulizia; desiderare quel che ci ripugna di più: per esempio, andare in quella Casa; desiderare quello che è più povero, che gli abiti siano i più rattoppati; che non sia apprezzato il mio lavoro, ma sia, il mio lavoro, se non disprezzato, non approvato; desiderare quel che gusta di meno il mio palato invece che quel che gusta di più; desiderare di esser proprio in quel posto, magari o in camerata o nell'apostolato dove noi non avrem preferito, secondo la natura, di andare. In sostanza, egli riassume tutto in questo, sant'Ignazio: per quello che spetterà a me, salva la volontà di Dio, desidererò, per mia parte, la povertà piuttosto che la ricchezza; secondo, desiderare piuttosto la malattia che la salute. Ma in senso buono, eh? che voi dovete domandar la salute, intanto. Ma se il Signore ce la toglie...; desiderare quello che è più umiliante piuttosto che l'onore, che la stima degli uomini e desiderare, in sostanza, piuttosto la sofferenza che la soddisfazione o interna o esterna. La preferenza. In quanto però vuole Dio, perché mica che deve esser capito male, questo. In scuola la maestra deve mettersi sulla cattedra, al primo posto, mica che deve andarsi a mettere nell'ultimo banco per far scuola, eh, no! La maestra deve fare la maestra e, nel suo intimo, si tiene meno santa e meno perfetta e forse fa meno meriti che la scolara che sta attenta e umilmente apprende e cerca di uniformarsi a quel che dice la maestra, ecc. Intimamente, sì. Ah, c'è sempre tanto da umiliarci che non abbiam bisogno di cercare delle ragioni occulte, abbiamo abbastanza da umiliarci, eh? E non toccheremo mai il fondo nel conoscere noi stessi cosa siamo, conoscere noi stessi cosa siamo quanto al corpo.
Una volta ho fatto una meditazione sulle umiliazioni che abbiamo dal corpo e quella meditazione è stata impressa per anni. Non l'ho più ripetuta alle suore perché un poco si offendono (e così mi han detto). Ma andate a leggere nel Rodriguez il Trattato delle virtù della perfezione1, oh! e il capitolo, quanto il libro, (perché è diviso in vari libri): «L'Umiltà». Oh, le umiliazioni che abbiam per lo spirito, che abbiamo per la nostra mente così tarda e così facile alle cose inutili. Oh, poi l'umiliazione ci spunterà da ogni considerazione.
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Dunque, vediamo bene quello che sia la nostra Professione, se è completa, vissuta; completa e vissuta, sì. Si mostra molto da questo: nelle relazioni coi parenti; negli interessi delle cose materiali; nella disposizione di far la volontà di Dio o nella indisposizione a quello che dispone il Signore e poi a quello che è l'ufficio, a quello che può essere tutto il contorno e il complesso, il costrutto della nostra vita.
Ecco, così gli Esercizi che avete cominciato bene, che avete continuato bene, verranno a conchiudersi perfettamente se si sarà stabilito questo nel Signore. Il cuore, il cuore. Si dirà l'obbedienza, ma dipende dal cuore, quando una ama più una cosa che un'altra. Quindi l'obbedienza suppone l'abbandono in Dio, e per tutto.
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Oh, adesso, quest'oggi la giornata per confermare i propositi, esporli a Gesù, chiederne la benedizione e pregare per l'osservanza.
Pregate anche perché tutte le persone che verranno in questa Casa per ristorarsi spiritualmente possano ricavare il maggior frutto. Che sia una Casa di spiritualità, una Casa dove regna il raccoglimento, dove si lavora solo per orientarsi sempre meglio per l'eternità. Un aggiornamento spirituale può anche essere un aggiornamento quanto agli uffici, ma specialmente un aggiornamento spirituale e nelle cose nostre e in tutto quello...
Avremo corso1 dei Chierici, corso dei Discepoli, corso dei Cooperatori, corso per i Sacerdoti di "Gesù sacerdote", per i sacerdoti ordinari diocesani e poi ancora per i parenti, i genitori che han mandato le vocazioni, ecc. Potete già mettere l'intenzione secondo il vostro apostolato spirituale, apostolato eucaristico perché questi corsi abbiano il loro frutto.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 32/c (= cassetta 77/b). - Per la datazione, cf PM: «Ogni corso di Esercizi ci avvicina di più al Signore (...). E molti propositi avete fatto certamente (...) e Gesù li benedirà (...) nella funzione eucaristica di conclusione degli Esercizi». - dAS, 19/8/1960: «Va [il PM] ad Ariccia, Casa "Divin Maestro" per la prima predica alle PD» (cf c136 in VV).

2 Liber Usualis, in Festo Pentecostes, hymnus in II Vesperis.

1 Missale Romanum, Canon Missae, «Unde et memores».

1 Preghiera attribuita a S. IGNAZIO.

1 Cf Mt 22,37.

1 Cf Mt 8,22.

2 Cf Mt 10,37.

3 DON FEDERICO MUZZARELLI, nato a Rocchetta Sandri (Modena) il 2 giugno 1909; fu impegnato per 20 anni a dare forma canonica al pensiero e allo spirito riguardante la Famiglia Paoiina. Oltre che Procuratore Generale dei Paolini presso la Santa Sede, dal 1942 fu consultore della Sacra Congregazione dei Religiosi. Morì ad Albano Laziale (Roma), il 21 giugno 1956.

1 GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO (1786-1842). Episodio narrato nelle Biografie del Santo.

1 S. IGNAZIO Dl LOYOLA (1491-1556), scrisse il piccolo libro intitolato Esercizi spirituali, che contiene la dottrina ascetica sintetizzata nelle frasi qui riferite.- Cf Esercizi, n. 23: Principio e fondamento.

1 ALFONSO RODRIGUEZ, Esercizio di Perfezione e di virtù cristiane, Trattato III, EP 1968.

1 Intendere: corso di Esercizi Spirituali.