Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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2. COMMENTO AL II DISCORSO DEL PAPA AL CLERO1

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 3 febbraio 19602

Avete certamente seguito con la preghiera e anche col pensiero il Sinodo Diocesano Romano. E poi il Santo Padre ha voluto raccogliere le suore a sant'Ignazio dove ha parlato di quello che sono sostanzialmente i privilegi, le grazie e i doveri della suora, in generale3. Ora, il Santo Padre ha parlato più volte, specialmente tre volte, al clero, ai religiosi, nelle sedute, nelle varie sedute per la promulgazione degli articoli che compongono il Sinodo.
Nella prima, ha insistito specialmente sulla santità, la santità unita all'apostolato, come conciliarle assieme queste due esigenze, questi due impegni della vita nostra.
Nella seconda ha trattato tre punti, nella seconda meditazione o conferenza. Ha parlato della testa e del cuore e della lingua.
[Nella prima,] della testa per dire che dobbiamo istruirci nelle cose di religione.
Nella seconda ha parlato del cuore come darlo a Dio e come frenarlo nelle tendenze non buone.
E nella terza, cioè quel che riguarda la lingua, come santificarla, la lingua, la quale deve parlare quando è tempo e deve tacere quando è tempo. Santificarla.
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Primo, la testa. Il primo amore a Dio è sempre con la mente. Troppe persone si fermano soltanto al cuore, oppure vanno alle opere, alle azioni, alle parole. Prima santificazione riguarda la mente. La mente, che non faccia del male; e la mente, che faccia del bene.
La mente fa del male quando i pensieri non sono conformi alla fede o non son conformi alla speranza, alla fiducia in Dio o non son conformi alla carità, all'amore al Signore o non son conformi, i pensieri, all'obbedienza, all'umiltà e alla pazienza. Allora farebbe del male la mente.
E poi, riguardo la santificazione della mente, l'abituale raccoglimento occorre. E il seguire le distrazioni, tenere appresso a notizie e pensieri che non sono convenienti, non sono utili per una religiosa, è sempre uno sciupio di forze, uno sciupio di tempo, uno sciupio del gran dono che è la nostra intelligenza, la nostra mente che è una scintilla di luce, una scintilla infusa da Dio in noi quando ci ha creati. Illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum1, il Figlio di Dio. Il raccoglimento abituale: o in Dio o nelle cose che sono di gusto di Dio e son di servizio di Dio.
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Poi sopra questo punto, l'istruzione religiosa. E nell'istruzione religiosa, tre punti:
1. Lo studio del catechismo, il quale può essere un po' più allargato, questo studio, oppure, in principio sarà ridotto a quelle domande e risposte che son notate nel catechismo; ma, man mano che si va avanti, si passa ad una istruzione religiosa più ampia.
[2.] Poi lo studio o lettura del Vangelo e, in generale, della Bibbia. La Parola di Dio è registrata nei libri santi e questa Parola si riduce poi qui: il Signore che ci invita al cielo seguendo gli esempi e approfittando della redenzione di Gesù Cristo. Quindi è un invito al cielo ed è un indicarci la strada per arrivare al cielo. Tutta la Scrittura si riduce lì.
3. La istruzione religiosa che ci viene dalle prediche, dalle letture spirituali, dagli avvisi o consigli che si ricevono; quella istruzione che riguarda i doveri di stato, le Costituzioni, in primo luogo. E allora noi santificheremo la mente. Sì. Non sciupare il tempo in fantasticherie o in pensieri inutili.
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Secondo, il Papa ha parlato del cuore e, in generale, della sentimentalità. Il cuore è stato a noi dato per amare il Signore e le cose che piacciono al Signore. Il cuore nostro che sia conformato al cuore santissimo di Gesù Cristo. Santificazione del cuore: i sentimenti rivolti a Dio, i sentimenti rivolti alle cose che piacciono a Dio. D'altra parte, il cuore nostro è accompagnato dalla carne, e carne e cuore, diceva il Papa, si accompagnano nella vita, fanno il viaggio insieme, il viaggio della vita. E qualche volta il cuore è trascinato dalla carne, quindi bisogna che il cuore sia regolato dalla legge e dall'amore di Dio: «Amerai il Signore con tutto il tuo cuore»1.
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Amare la Congregazione, amare il proprio apostolato, amare le persone che son nella Congregazione, amare quello che riempie la nostra giornata secondo le disposizioni che sono date, e la Messa e la comunione e la Visita e i vari impegni che ognuno di noi ha, per compiere quello che è il volere di Dio. Amare. Amare le persone, ma amarle in senso giusto, soprannaturale, sì. Vi è l'amore anche naturale, supponiamo ai genitori. Ma specialmente la religiosa, il religioso, pensano ad amare soprannaturalmente, amare in Dio. Tutti dobbiamo amare in Dio, ma specialmente noi che abbiamo offerto il nostro cuore, l'abbiamo consacrato al Signore; quindi, niente simpatie, niente antipatie, niente di quello che può costituire un pericolo. Il governo del cuore è anche tanto difficile; più difficile il governo della mente, ma anche il governo del cuore è tanto difficile. Noi dobbiamo ogni giorno offrirlo al Signore, il cuore, farne la consacrazione al Signore, di tutti i sentimenti.
E poi dobbiamo custodirlo, poiché si ha sempre da vigilare su di esso. Che non si avvicini il cuore al fuoco perché facilmente sarebbe incendiato da un amore umano o anche da un amore mondano. L'amore umano, tenuto nei suoi giusti limiti, è conforme alla natura, ma la religiosa ha fatto delle offerte al Signore, si è legata ad appartenere soltanto a Dio.
E allora il cuore va incentrato in Gesù Cristo. Nella comunione, nella Messa, nella Visita specialmente, si ha da sentire che uno è l'amore della religiosa, uno è l'amore del religioso: Dio e le cose che piacciono a Dio. E non c'è da avere lo scrupolo che una tentazione sia peccato. Però bisogna sempre che siamo vigilanti perché non ci faccia degli scherzi il cuore. Fuggire le occasioni, sì, fuggire le occasioni e vigilare sopra quello che si vede, quello che si sente, quello che si dice e sopra tutto quel complesso dei nostri sensi esterni ed interni. Vigilare. Ma il modo più semplice, più sicuro, è sempre di eccitare in noi l'amore a Dio. La parte positiva. Allora, quando uno si avvicina a Dio, si incentra in Dio, è lontanissimo dal male. La prima attenzione nel lavoro positivo. Che si senta l'amore a Gesù. E chiedere questo amore: «Fate che io vi ami sempre più».
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Terzo, il Papa ha parlato dell'uso della lingua.
La lingua è un dono di Dio. Con la lingua, immensi beni. Per esempio la preghiera; per esempio, il fare scuola; per esempio, il trattare con le persone con cui si ha da convivere o con cui si ha qualche cosa da fare, qualche relazione. La lingua ci serve per confessarci; la lingua serve a noi per comunicare i pensieri, tener le relazioni che son necessarie, ecc. Però dobbiamo dire che la lingua è un membro piccolo, ma difficile a frenarsi.
Il Papa si è fermato specialmente a spiegare il senso di un capitolo della lettera cattolica che è [la] lettera di san Giacomo: «Chi non manca con la lingua - dice san Giacomo in quella lettera - è persona perfetta»1. Perché la lingua esprime ciò che si ha dentro e se la lingua è santificata, parla sempre giudiziosamente, conformemente alla fede, all'amor di Dio, allora è segno che dentro vi è fede, vi è amore a Dio. E quindi, se uno non manca, anzi parla bene sempre, le sue (...) parole sono sante: hic perfectus est vir: questa è persona santa.
Ma se la lingua dice certe cose; se la lingua è usata a mormorare, a giudicare le persone, e se la lingua è usata soltanto a comunicare notizie che divagano, oppure cose che si dovrebbero tacere, allora questo indica ciò che c'è dentro, perché: «per l'abbondanza del cuore, cioè, per l'abbondanza dei sentimenti interni, ecco, parla la lingua»2, secondo ciò che c'è dentro, sì. Quante volte uno, diciamo così, fotografa se stesso coi discorsi che tiene, coi giudizi che dà, con le notizie che comunica, ecc.
Occorre che ci sia la vigilanza sulla lingua. Quanti mali dalla lingua! Quanti beni dalla lingua! Tutta la predicazione: in omnem terram exivit sonus eorum: et in finis orbis terrae verba eorum3: la Parola di Dio è stata predicata dagli Apostoli in tutti i paesi, in tutte le nazioni, e in tutte le nazioni si è sentita la loro voce. E se il mondo si è fatto cristiano, è per la predicazione.
Ma, all'opposto, quante discordie, quanti scandali con la lingua, quante bestemmie! E allora, piuttosto riparare il male che abbiam potuto commettere con la lingua e, nello stesso tempo, riparare il male che si dice dai cattivi quando predicano, quando parlano contro Gesù Cristo, contro la Chiesa, contro il santo nome di Dio. Si sentirà sempre il bisogno, allora, di dire il Dio sia benedetto.
E che questa lingua che tocca il corpo di Nostro Signore Gesù Cristo, nella comunione, sia sempre santa, sempre santa. E difficile frenar la lingua. Ci vuole un'attenzione continuata. Non parlare fuori di tempo e non parlare fuori di modo, anche quando si può parlare, anche quando si deve parlare. Parlare bene. Il silenzio osservato. E allora, quanto noi risparmieremo di responsabilità per le nostre parole, quanto risparmieremo di pene, il purgatorio. Santificar la lingua perché un giorno canti le lodi di Dio in cielo, e canti eternamente le lodi di Dio in cielo.
Dunque, tre cose: la testa, il cuore, la lingua. Così ci ha invitato il Santo Padre, così abbiamo da imparare da lui, noi che siamo figli prediletti, noi che lo veneriamo come il supremo nostro Superiore.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Cf Primo Sinodo Romano, 1960, in Encicliche e Discorsi di Giovanni XXIII EP (1960), II, pp. 44-54.

2 Nastro 29/a (= cassetta 68/a). - Per la datazione, cf PM: «Avete certamente seguito, con la preghiera e col pensiero, il Sinodo Diocesano Romano. E poi il Papa ha voluto raccogliere le suore a sant'Ignazio dove ha parlato di quello che sono i privilegi (...) della vita religiosa» (Il Papa ha tenuto il discorso alle suore, il 29 gennaio 1960). - dAS, 3/2/1960: «Va [il PM] in via Portuense dalle PD per tenere una meditazione».

3 Cf «Discorso alle Religiose di Roma». Ibidem, pp.77-84.

1 Gv 1,9.

1 Mt 22,37.

1 Gc 3,2.

2 Cf Mt 12,34.

3 Sal 18,5.