Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6. IL PERFEZIONAMENTO

Esercizi Spirituali (14-23 marzo) al gruppo formazione Pie Discepole del Divin Maestro.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 20 marzo 19601

Siete verso il termine degli Esercizi Spirituali. Certamente il Signore è stato abbondante in grazia, grazia di luce, grazia di santificazione, grazia di perfezionamento, aumento di virtù. La grazia del Signore si estende a tutto il nostro essere: alla mente, al cuore, alla volontà e allo stesso fisico, sì. Particolarmente quando l'anima si dispone nella santa indifferenza: "Quello che vuoi tu, o Signore; come piace a te; quando piace a te; sempre che piace a te. Ecco la mia disposizione intima". Allora il Signore può lavorare l'anima.
Vi è il passo da fare, quando si fanno gli Esercizi di perfezionamento, come sono i vostri, attuali, quando cioè l'anima non prevale più lei nel suo lavoro, ma prevale l'opera di Dio; quando cioè rimane sempre tutta la volontà di perfezionamento, ma il modo, il tempo, le circostanze, il grado di aumento di luce, di grazia, ecc., sono portate, dipendono dall'amore, dalla sapienza di Dio, quando ci si lascia lavorare, il quale grado di abbandono in Dio può essere vario. Ed è sempre un po' difficile capire se lavora più la nostra volontà, in un certo punto, in un certo programma, oppure, fatto il programma, ispirato da Dio, dal Signore, si lascia che il Signore lavori l'anima.
Noi capiremo solamente al giorno del giudizio tutte le premure del Signore, tutte le sue disposizioni, ispirazioni, tutta la storia dell'amore di Dio per noi, come egli, momento per momento, ha operato nella nostra anima durante la vita; sarà una cosa meravigliosa che porterà da se stessa un gaudio immenso all'anima perché comprenderà meglio l'amore di Dio e comprenderà che essersi donata a Dio ed essersi abbandonata alle sue cure paterne, era veramente sapienza, era veramente la strada buona.
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Sono Esercizi di perfezionamento, sì. Vi sono Esercizi che, alle volte, sono ordinati alla conversione; [vi] sono Esercizi che sono ordinati alla scelta del proprio stato; Esercizi che, alle volte, si fanno sopra un bisogno particolare. Ma in generale, nelle vostre circostanze, questi sono Esercizi di perfezionamento.
Ecco, qui tendere con tutta l'anima: al perfezionamento, quel crescere continuato nella santità, cioè nello spirito di fede, nella speranza cristiana, nell'abbandono in Dio, nell'amore al Signore; dalle quali tre virtù teologali, vengono poi ad un aumento proporzionato, le virtù cardinali, cioè: la giustizia, la prudenza, la fortezza, la temperanza e tutte le virtù religiose e le virtù morali. Sì, perfezionamento.
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Ci possono essere delle persone che, giunte alla professione religiosa, pensino: "Adesso sono a posto, abbastanza ho lavorato; che non vada indietro; ma il mio stato di vita, il mio modo di comportarmi nell' Istituto, è un modo buono che ha già ricevuto l'approvazione delle madri, perché mi hanno ammesso alla professione religiosa". Ecco allora questo fermarsi, anche se la persona non si rende conto, ma in realtà si ferma: Non progredi, est regredi1 il non andare avanti è un andare indietro.
Andare indietro, in che senso? In questo senso, che noi siamo tanto responsabili nella vita, quanto abbiam ricevuto di grazie. Non c'è da esigere che un figliuolo cresciuto in cattivo ambiente abbia le stesse responsabilità di un figliuolo cresciuto in un Istituto religioso, con una vocazione particolare. Ognuno ha la responsabilità, e cioè, deve render conto delle grazie ricevute. Il Signore non chiederà affatto conto di quel che non ci ha dato. Quando quel servo diceva, perché aveva ricevuto un talento, diceva: «So che tu sei un padrone duro e austero e vuoi raccogliere dove non hai seminato», eh, che risposta ricevette? Serve nequam: cattivo servo. Perché, se sapevi che io ero un padrone esigente avresti dovuto far rendere il talento ricevuto, non nasconderlo; avresti potuto farlo rendere o portarlo alle banche o lavorarvi sopra2.
Se vi sono dei talenti, vi è la responsabilità. E siccome ogni giorno crescono i talenti, cioè crescono le grazie: ricevute grazie ieri, ricevute grazie l'altro ieri, l'altra settimana, l'altro anno, ecco le responsabilità nostre crescono. E allora occorre dire: progredire, non fermarsi. Non progredi, est regredi. Il non corrispondere ci rende più responsabili e renderà il giudizio che subiremo, maggiormente esigente, sì. Quindi, progredire.
D'altra parte, il progredire è proprio il lavoro che ha da fare un religioso, che ha da fare una religiosa, sì. Perché, vi è un lavoro materiale... Quando hanno istituito la festa di san Giuseppe Lavoratore, si pensava particolarmente a san Giuseppe che era artigiano, faceva un lavoro manuale e quindi esempio degli operai. Ma san Giuseppe faceva un altro lavoro, un lavoro spirituale che è il primo e il più necessario: rispondere alle grazie quotidiane, crescere nell'amore al Signore, nello spirito di fede, nella speranza cristiana, crescere in quell'abbandono nelle mani di Dio il quale guida ogni anima che si mostra docile ai voleri del Signore. Questo è il lavoro principale della religiosa. Se si progredisce si risponde alla vocazione; se non si progredisce non si corrisponde alla vocazione.
Perché non basta dire: Sono arrivato alla Professione e quindi ho corrisposto alla vocazione. No! Sei arrivata sul campo del lavoro fino adesso, hai corrisposto in questo senso: che uno parte da casa per andare al campo che sarà lontano più o meno qualche chilometro e percorre quella strada.
E così, chi arriva alla Professione, percorre quella strada per arrivare sul campo del lavoro. Entra nel campo del lavoro il giorno della Professione. Ora, se il lavoratore, arrivato sul campo dice: Ecco, fino qui era la preparazione, era giungere sul campo, il lavoro comincia qui, finora ho fatto niente, niente di più che arrivare fino qui. Hai fatto niente di più che arrivar sino alla Professione. Ora, il lavoro. E il contadino mette mano all'aratro e non volge l'occhio indietro3, è tutto premuroso di fare solchi e solchi perché possa seminare buon grano, ecco, e quindi sperare una messe futura. Così la religiosa.
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Considerare sempre il futuro. Il passato è passato. Questo è fondamentale, eh? è fondamentale per la religiosa. E vuol dire: vivere la vita religiosa o non viverla; corrispondere alla vocazione o non corrispondere.
- "Ma io faccio questo lavoro, quell'altro".
- Ne fate tutti tanti lavori di apostolato. Ma quelli vengono dopo. Ma il primo e il principale lavoro deve esser sempre quello di perfezionamento. Difatti il primo articolo delle Costituzioni dice così: «Attendere alla perfezione mediante l'osservanza dei santi voti e della vita comune»1; nella vita comune sì.
Non una perfezione qualunque, ma la perfezione chiesta dalla Pia Discepola, quella delle Costituzioni. Non un'altra spiritualità, non imitare quello che fanno altre suore di altri Istituti. Quello che è scritto, stampato; non quello che vien consigliato: una spiritualità così, quest'altra via e questo metodo. No, c'è un solo metodo per la Pia Discepola di Gesù Maestro: di vivere il Maestro. E non è "un metodo", è "il metodo", perché la vita vostra non va appresso a una spiritualità che può chiamarsi domenicana, francescana e mettiamo (ne enumerano una ventina, eh!) carmelitana, ad esempio. No. Il vostro metodo è vivere Gesù Cristo Maestro Via, Verità e Vita. E non ce n'è altro, per nessuno, poi, eh? Le piccole differenze che si possono incontrare, pure supponiamo, fra la spiritualità di san Paolo e la spiritualità di san Giovanni evangelista, sono modi di prender le cose, ma la spiritualità vera è la vita cristiana vissuta nel modo perfetto e cioè fino ai santi voti; sì.
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Siamo andati, tempo fa, all'adunanza dei Superiori. E l'adunanza riguardava la vita spirituale. E il predicatore, che era un Gesuita, ha cominciato a dire che spesso viene l'errore di mettere davanti il metodo alla sostanza e quindi ha detto: «Non prendete né spiritualità carmelitana, né spiritualità salesiana, né spiritualità francescana, né domenicana, no! La spiritualità cristiana ci basti. Non pensate alla spiritualità dei Gesuiti» (egli che era un Gesuita e che ha lavorato tanto in varie nazioni; ormai vecchio).
Vivere meglio il cristianesimo. Questo vuol dire essere religiosi. Viverlo pienamente fino alla perfezione: Si vis perfectus esse1. E tanto più questo appartiene alla Famiglia Paolina.
Mi hanno proposto di far dei libri per orientar la spiritualità. Sì, se fate conoscere Gesù Maestro Via, Verità e Vita, allora sì. Fate conoscere quel che Gesù ha detto di sé, come si è definito, sì. Quindi non lasciamoci distrarre, andiamo sulla via retta, non a guardare ciò che c'è di qua o di là dalla strada, a contemplare i giardini o gli orizzonti che si presentano, ai paesaggi di qua o di là. Il centro della strada. Tenerci sul mezzo della strada. Così.
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Per questo occorre, allora, che noi adoperiamo dei mezzi. Uno dei mezzi che è come un preambolo, questo: stare alla parte positiva più che alla parte negativa. Ad esempio: se si vuole acquistar l'umiltà, soprattutto la parte positiva: le ragioni di umiliazioni, il modo di pensare, umile; il modo di sentire interiormente, umile; il modo di parlare, umile; il modo di comportarsi con le sorelle, umile; il modo di comportarsi con le superiore, umile. Modo umile. Sì, prima l'interno.
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E non lasciarsi neppure ingannare da quella voglia di pensar troppo al passato. Quando avete finito gli Esercizi, fare il punto fermo. Il passato è passato. Per quanto si siano fatti bene, moralmente bene, gli Esercizi e ci si è confessati, sì, con quella rettitudine e con quella schiettezza che si poteva avere e con quella conoscenza anche che si poteva avere di noi stessi, e basta. Il passato ci deve solamente ricordare due cose, non turbare; primo, l'umiltà perché abbiamo offeso Iddio; e secondo, l'amore a Dio perché ci ha sopportati, perché ci ha perdonati, l'amore a Dio per tutti i benefici ricevuti.
Se li ha scancellati il Signore [i peccati] perché disseppellirli noi? L'assoluzione scancella e basta. Perché voler di nuovo andare a disseppellire ciò che si era sepolto, eh? Non viver nel passato, vivere nel futuro. Ma vi possono essere anime turbate. Però il turbamento, allora, diviene una tentazione, non una cosa da assecondarsi, cacciarlo come una tentazione, eccetto che uno venisse proprio a ricordare un fatto brutto di cui aveva piena conoscenza quando è stato commesso, di cui è certo di non averlo mai confessato e allora si può dire quella cosa in un istante e finito. Ma non perdere il tempo più nel passato. Il passato è finito. Che cosa resta nelle nostre mani? Il presente e quel tanto di futuro che al Signore piacerà di darci.
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Quindi, primo, non il metodo del tale o del tal altro; non la spiritualità del tale o del tal altro, anche se incontrate persone che vogliono darvi lezione e che vogliono guidarvi. Voi avete il vostro modo e cioè: essere cristiane perfette fino alla consacrazione totale al Signore per mezzo della Professione. Ma esser perfette, cioè: perfettamente povere, perfettamente obbedienti, perfettamente delicate, perfettamente osservanti delle Costituzioni. E sì, il Vangelo applicato lo avete nelle Costituzioni, che sono il Vangelo applicato al genere di vostra vita.
Oh, allora, quando si sente una predica o si fa una meditazione, oppure si conferisce col confessore, come comportarsi?
Ecco, andiamo con ordine: primo, negli Esercizi fare bene i propositi in senso positivo, che comprendano la mente, la volontà, il cuore e la vita apostolica, l'apostolato come è segnato nelle Costituzioni, secondo lo spirito e la lettera delle Costituzioni. Poi, quel proposito mantenerlo per tutto l'anno. Ci vuole prudenza e ci vuol fermezza. L'esame di coscienza, la meditazione, la Visita che ci riportino sempre a quel proposito pieno. Questa è la costanza, la perseveranza, sì. Non va bene che uno prenda un po' una strada, poi un po' un'altra strada, no, è tempo perduto. Se in un anno noi ci correggessimo di un difetto, diverremmo presto perfetti, dice l'Imitazione di Cristo1, diverremmo presto perfetti. Oh! Quando poi si è stati fermi nell'esame di coscienza, nella meditazione e nella Visita a ritornare sopra i propositi, allora si può fare il confronto, se non proprio giorno per giorno, ma settimana per settimana, o mese per mese al Ritiro, e poi anno per anno agli Esercizi: c'è stato progresso? Ecco, questa domanda.
Avrete dei consigli a destra e a sinistra; sentirete delle prediche, vi consiglieranno questo o quel libro; vi diranno che c'è questo lavoro da fare, che quell'altro è più perfetto. Ma se l'anima è disposta a lasciarsi guidar da Dio, è lui: dux eius fuit2: la guida fu il Signore. Il Signore il quale ha dato la luce negli Esercizi. E la luce e la grazia poi che conferisce nel corso dell'anno è sempre in ordine a quel programma che si è fatto negli Esercizi e non una luce diversa, non per un cambiamento di cammino, di strada, ma per far meglio la strada, per evitare i pericoli che si possono incontrare sulla strada, per correre più facilmente sulla strada, per vincere le difficoltà, anche quando sulla strada si incontrano dei sassi e, magari, se anche si fosse fatta qualche caduta. Sempre, sempre, sempre.
Non lasciamoci lavorar troppo la fantasia, neppure troppo la mente. Lì penetrare. E la carità? Ebben, leggi un libro sulla carità. Non l'hai il libro sulla carità? Leggi il Vangelo che serve per tutto: o per la prudenza, o per la fede, o per la speranza, o per la fortezza; nel Vangelo c'è tutto, lì c'è Gesù che si mette davanti: Dux eius fuit. Gesù è il tuo Maestro, è il tuo capitano, la tua guida che ti dà la luce e intanto ti comunica la forza nella comunione. E semina, nella tua giornata e nel tuo ufficio e nel corso dell'anno, le grazie necessarie per quel determinato giorno, per quella determinata circostanza, difficoltà, ecc. Semina.
Si dirà: "Ma allora, io cosa devo tenere delle parole del confessore, del predicatore, del libro che leggo per meditazione, del libro che leggo per lettura spirituale, ecc.?" Tenere tutto quel che conferisce a osservare i propositi, il programma fatto. Voltar tutto lì. Ma il predicatore avrà parlato di tutt'altro. E sì. Se vi è quello che conferisce al tuo proposito, al programma che ti sei fatto, prendilo. Se non conferisce, E un'istruzione.
Quando uno va a far la spesa, entra nel negozio, compra mica tutto quel che c'è nel negozio. E compera quel che ha bisogno. E se la frutta che fa bene per quel giorno sono le pere, e prende pere; e va mica a comperare tutto il negozio! No. Il negozio è fatto per tanti e quindi c'è preparato una mercanzia che si espone lì perché può servire a questo, a quello, può servire a tanti. Ma ognuno prende quello che [è] utile e secondo le necessità. E perché c'è la carne ed è venerdì, prende mica la carne. E se è persona delicata di stomaco prenderà certi cibi che sono convenienti per il suo stomaco. Quindi, essere prudenti e forti.
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Oh, questi poi sono i mezzi per perseverare.
Le tre pratiche: dell'esame di coscienza, della meditazione e della Visita, sono pratiche così necessarie che nello spirito delle Costituzioni c'è questo: che non si ammetta alla professione, tanto meno alla professione perpetua, chi non ha ancor preso la teoria e la pratica e l'abitudine nel far bene queste tre pratiche1, perché dopo non si progredirebbe, non si progredirebbe nella vita religiosa. Sono condizioni necessarie per progredire. E la meditazione per rinforzar la volontà e illuminare anche la mente; l'esame di coscienza per sempre prendere conoscenza dello stato dell'anima; e poi la Visita per comunicare con Gesù e orientare il cuore verso i propositi, verso Gesù, verso il paradiso, verso il fine, verso Gesù che amiamo sulla terra, verso Gesù che vogliamo godere in eterno, in cielo, sì.
E quindi queste tre pratiche mai lasciarle cadere. Si può dire che sono anche la misura del progresso, perché quando sono fatte bene, si progredisce; quando son trascurate si va un po' adagio; e quando son poi fatte male o tralasciate, peggio. E sempre rinnovare questo impegno. Si potrà dire: "Ma la comunione è di più". Certo. "La Messa è di più". Certo. Però non avrebbero il frutto che devono avere se mancassero le tre pratiche dell'esame di coscienza, della meditazione e della Visita al Santissimo Sacramento.
Dunque: propositi ben fatti, mantenuti fino al corso seguente degli Esercizi Spirituali, un altro anno seguente. E beato l'uomo che, quando venisse Gesù: invenerit sic facientem2, trovasse l'uomo, trovasse la persona che sta facendo questo lavoro. E proprio Gesù la trova sul campo del lavoro e può dire: Basta, finita la tua giornata, finite le tue ore di lavoro. Vieni. Oh, perseveranza.
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Quanto poi alle cose che, alle volte, dovreste, almeno per consiglio, conferire con le Madri durante i Ritiri mensili, si può anche andare solo fino lì, e cioè, le cose che riguardano più l'esterno, sia di difetti e sia di virtù. L'esterno. Quindi, da una parte ci vuole un gran rispetto per la coscienza di una persona, per un'anima, gran rispetto; dall'altra parte, però, chi guida la comunità deve guardare sempre l'esterno. Penetrare nell'intimo di un'anima? È cosa di non molte volte. E poi la coscienza è un santuario così sacro che solamente può tenerne in mano la chiave il confessore. Ma tutto quel che è esterno, sempre conviene che sia trattato, perché allora si evitano molti difetti, e si ordina molto la comunità e si conferisce una certa unità di spirito e una certa unità anche di apostolato, di intesa, che rende la vita più serena e rende l'apostolato più fruttuoso, ecco.
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Dunque, il perfezionamento. Per questo siete entrate, sì, rispondendo: «Se vuoi essere perfetta»1. E venendo avanti, facendo il passo avete detto il "sì" ed è un "sì" di fatto più che di parole. Dunque, anche sul letto di morte avremo ancora da perfezionarci, sì. E sempre vigilanti sopra di noi perché l'esame di coscienza bisogna farlo anche l'ultima ora della vita: "Mi comporto bene adesso?" Ecco tutto, così. Perché ogni ora porta a noi delle occasioni di merito e di perfezionamento.
Oh, vi sono dei pericoli da evitare. Si vuol progredire e si fa una lunga conversazione o incontro. Vedete, le cose lunghe son sempre un po' serpi. No, adagio, brevi, svelte in tutto. Non è che questo perfezionamento dipenda di là o che molto di nuovo vi venga suggerito, è proprio dall'interno che deve venire, dall'interno, sì. E quando si è arrivati alla Professione, non si può dire che uno non sia anche istruito sul modo di lavorare spiritualmente. Poi vi sono sempre le occasioni ancora per quello che è necessario e va fuori di quello che è il comune, che è l'ordinario, ma il progresso dipende da noi. Non valgono le molte parole, dipende da due punti: buona volontà e preghiera. La buona volontà che ci mettiamo noi, la preghiera che ci ottiene le grazie fino all'abbandonarci alla cura di Dio, sì. Che sia, però, un abbandono sano, che non sia un abbandono pigro, per scaricarci del lavoro, no. Sia un abbandono sapiente, attivo, di assecondamento all'opera di Dio nella nostra anima.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 30/a (= cassetta 70/a). - Per la datazione, cf PM: «Siete verso il termine degli Esercizi». «Il progresso dipende da noi (...) dipende da due punti: buona volontà e preghiera» (cf c50 in PM). - dAS, 20/3/1960: «...da Ciampino prosegue per Ariccia (...) tiene due prediche alle PD che fanno gli Esercizi». - VV: «PM. Ariccia, Esercizi 14-23 marzo 1960, per le novizie».

1 «Non progredi est regredi»: S. ALFONSO RODRIGUEZ (1532-1617), fratello coadiutore della Compagnia di Gesù, scrisse diverse opere spirituali, tra cui un trattato «Della stima, desiderio e affetto che dobbiamo nutrire per ciò che si riferisce al nostro profitto spirituale, e di alcune tra le cose che ci aiuteranno a raggiungerlo». Il capitolo sesto di questa opera è intitolato: «Si spiega come non andare avanti sia andare indietro», e comincia così: 1.«È sentenza comune dei santi:"Nella via del Signore, non andare avanti è andare indietro"». - Si può trovare la citazione nel volume che riporta gli scritti del Santo, intitolato Esercizio di perfezione e di virtù cristiane (Roma, Edizioni Paoline,1968) pagina 57.

2 Cf Mt 25,14-30.

3 Cf Lc 9,62.

1 Cf Costituzioni delle Pie Discepole (1960), art. 1.

1 Mt 19,21 e paralleli.

1 Cf Imitazione di Cristo, libro I, XI, 5.

2 Dt 32,12.

1 Cf Costituzioni delle Pie Discepole (1960), art. 201.

2 Mt 24,46.

1 Mt 19,21 e par.