Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE XIV
IL PARADISO

[95] Il Purgatorio forma come l'ultima mano che il Signore dà all'anima per predisporla al Paradiso. Poi il cielo: «Satiabor cum apparuerit gloria tua: L'anima mia sarà pienamente saziata quando entrerò nella tua gloria, o Signore!»1. «Quid enim est mihi super terram? Deus cordis mei!»2. Tu sarai la mia porzione in eterno!
Mentre noi consideriamo il Paradiso, ascoltiamo l'eco di gioia che ci arriva da quel luogo di beatitudine.
Lassù Gesù, la Vergine, i santi mi aspettano per la ricompensa eterna delle fatiche sostenute: «Me exspectant justi!»3. Questa è la gioia che hanno i giusti in punto di morte. Questa è la gioia che dobbiamo sempre avere in vita.
Lassù sono atteso come una persona cara di | [96] famiglia, dal Padre, dai fratelli. Forse dovrò rimanere ancora un po' sulla terra, ma sono atteso lassù e se voglio, vi andrò.
Il Paradiso è quel luogo ove stanno raccolte le anime dei giusti e gli angeli, insieme a Dio, Gesù Cristo, la Vergine. È il luogo ove Dio sazia le anime.
Il Paradiso - dice S. Agostino - sta in tre verbi: «Videbimus, amabimus, gaudebimus»4. Ecco il Paradiso nella sua sostanza.
Quaggiù Dio non lo vediamo, sebbene sia realmente presente dappertutto. Così non vediamo neanche Gesù nell'Eucaristia.
Dio è in ogni luogo, ma non lo abbiamo mai veduto faccia a faccia. In cielo invece lo vedremo con una visione facciale, come ora vediamo le sorelle: lo vedremo come egli vede noi e lo conosceremo come egli ci conosce. Lo conosceremo nei suoi attributi infiniti. Oh, questo Dio! Nessun occhio vide mai, nessun orecchio mai udì, nessun cuore provò mai quale gioia sia vedere questo Dio5.
Quaggiù è la fede che ci rivela Dio, è la natura, l'opera delle sue mani. Noi crediamo ciò che non vediamo; in cielo invece lo
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vedremo non per fede, ma per visione. Non lo comprenderemo del tutto, perché è incomprensibile e infinito, ma lo comprenderemo e vedremo secondo la nostra capacità, secondo quanto avremo avuto di fede e di meriti su questa terra.
In secondo luogo noi ameremo e possederemo | [97] Dio. Sulla terra noi amiamo ciò che ci conviene, ciò che ci sembra utile: cerchiamo il bene, ma spesso ci inganniamo e cerchiamo cose vane. Dio solo è il sommo Bene; egli sazierà l'anima e la renderà pienamente felice: «Fecisti nos, Domine, ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te»6. Esiste forse la felicità sulla terra? La troviamo forse nelle case dei ricchi e dei potenti? La felicità è in cielo ove Dio soddisferà le anime dei beati che anelano all'infinito. In cielo cesserà la fede e non avremo più la speranza, ma possederemo e ameremo Dio: «Caritas numquam excidit»7. Il Paradiso è un'estasi amorosa, beatifica.
In terzo luogo il Paradiso è gaudio. «Intra in gaudium Domini tui»8. «Gaudebit cor vestrum»9. E sarà una gioia piena, soddisfacente, eterna. Oh, sì, S. Paolo davvero può dirci: Il cuore dell'uomo non ha mai provato le gioie e le dolcezze che Dio prepara a coloro che lo amano10.
In Dio noi vedremo e comprenderemo tante altre cose: contempleremo la sacra umanità di Cristo; comprenderemo il mistero eucaristico, l'incarnazione, la SS. Trinità. Vedremo Maria SS., conosceremo i suoi privilegi, il suo cuore. E poi tutti i cori degli angeli, i santi.
Che gioia sarà vedere gli apostoli Pietro e Paolo come due soli risplendenti, la schiera degli altri apostoli; la serie indefinita di martiri; i confessori nei loro onori e coi segni delle loro virtù; e poi i vergini nei loro abiti bianchi che | [98] seguono l'Agnello senza macchia cantando l'inno che nessun altro può cantare11. Assisteremo alle funzioni che si svolgeranno in cielo, al pontificale solenne ed eterno che non ha paragone con quelli di quaggiù. Lassù la Messa sarà eterna.
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In Paradiso conosceremo tutte le lingue, tutte le scienze, specialmente la filosofia e la teologia e le conoscerà anche il più povero contadino che non sapeva fare neppure la sua firma. Si penetreranno tutte le leggi della natura che ora ci sono in massima parte nascoste.
La nostra conoscenza avverrà secondo tre criteri.
1) Come cristiani: comprenderemo tutta l'opera della grazia, la storia delle finezze di Dio verso di noi, la bontà del cuore del Padre che ci ha creati, del cuore di Gesù che ci ha redenti; le effusioni, le grazie dello Spirito Santo.
2) Come persone pubbliche: conosceremo gli effetti che ebbero le nostre parole, le nostre opere. Quella maestra conoscerà quali effetti ebbero i suoi insegnamenti; quella scrittrice vedrà il bene operato dai suoi libri. Conosceremo l'efficacia degli esempi dati. Specialmente si conosceranno i frutti che ogni anima produce nel lavorio per le anime, anche i frutti prodotti dal semplice passaggio, tra i mondani, rivestiti del sacro abito.
Conosceremo tutto ciò che produce la nostra vita di esempi buoni e non buoni. Conosceremo quanto siamo stati ingrati verso Dio coi nostri peccati e la grande misericordia di Dio il quale | [99] ci ha quasi costretti a salvarci con le grazie che ci ha fatto.
3) Come uomini: conosceremo tutta la storia della provvidenza divina; tutta la storia dell'umanità, il perché di tante cose che ora ignoriamo.
La beatitudine celeste è ineguale, totale, eterna.
Ineguale : ognuno godrà secondo che avrà di meriti, perché i meriti formano la capacità, la capienza dell'anima rispetto a Dio. Cioè: l'anima che avrà soltanto la grazia prima sarà felice, ma non avrà certamente la felicità, ad esempio, di S. Alfonso che visse novantadue anni compiendo tante opere buone. Tuttavia uno non invidia l'altro perché ognuno è felice della giustizia di Dio che premia ciascuno secondo i suoi meriti. Anzi la visione di anime che godono di più, aumenta la propria gioia perché si gode di ciò che ha disposto Dio.
È totale la gioia del Paradiso, perché sarà beata l'anima con tutte le facoltà e il corpo con tutti i sensi. Di modo che l'anima non avrà più nessun desiderio. Questa felicità non è più suscettibile di aumento per quanto l'anima ami Dio di amore perfetto perché sarà totale fin dal suo inizio.
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La beatitudine del cielo sarà eterna. Come il dannato non ha più speranza di uscire dalle pene dell'Inferno, i santi del cielo non hanno più timore di perdere la loro beatitudine. Da quanti secoli gli apostoli sono in Paradiso? E da quanti | [100] secoli vi si trovano gli angeli? Passeranno ancora milioni e miliardi di secoli e il Paradiso sarà da principio perché è eterno come è eterno Dio, eterna l'anima e anche il corpo dopo che sarà risuscitato.
Dunque dobbiamo desiderare il Paradiso e lavorare per esso. Si ha proprio questo solo in mente? C'è questo desiderio vivo e profondo nell'anima? Le cose le consideriamo alla luce del Paradiso? Man mano che ci accostiamo al cielo diventiamo sempre più fervorosi o più negligenti come la gente che non sa meditare il Paradiso?
Come conclusione: «Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus»12. Camminiamo verso il cielo, verso la casa del Signore. Dio mi aspetta per premiarmi, i santi mi attendono con loro nella gloria.
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ISTRUZIONE XV
ALTRI ESEMPI DI GESU' EUCARISTICO

[101] Il Beato Eymard ha un Mese sull'Eucaristia1 in cui ci indica quali virtù si possono imparare alla scuola di questo divino Maestro eucaristico.
Tutte le virtù si possono imparare da Gesù nell'Eucaristia.
Gesù è il Maestro e il modello dei vergini; la loro forza. Attorno a Gesù tutto deve essere mondo: il corporale, le tovaglie, i vasi sacri. Gesù vuole la mondezza, cioè tutto il cuore per lui. Per fare le ostie non si può usare farina a cui siano mescolate altre sostanze: ci vuole farina pura; così puro deve essere il vino: tutto puro vuole Gesù attorno a sé, e vuole che il sacerdote prima della Messa si purifichi (recita il | [102] Confiteor) e chi si accosta alla Comunione deve avere la coscienza monda, dev'essere in grazia. Gesù è il frumento degli eletti, il vino che germina i vergini2.
Chiedere sempre a Gesù la grazia della purezza, sempre consacrargli il nostro cuore. I vergini si sono sempre nutriti dell'Eucaristia e dall'Eucaristia ricevettero la forza necessaria per mantenersi puri.
Oltre alla virtù della castità, impariamo da Gesù eucaristico altre tre virtù: S. Paolo ne fa come un mazzetto e dice che Gesù sta nel tabernacolo «cum humilitate, cum mansuetudine et cum patientia»3. Egli è il Maestro che insegna e noi dobbiamo ascoltarlo e imitarlo.
Gesù nel tabernacolo c'insegna l'umiltà. Eccolo: sotto le specie del pane. «In cruce latebat sola deitas, at hic latet simul et humanitas»4. Gesù nell'ostia non ci appare neppur più un uomo: ecco la serie dei nascondimenti del Figlio di Dio. Prima nascose la sua divinità sotto l'umanità e poi la sua umanità sotto le specie
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del pane, e l'umiltà sua va fino a farsi mangiare come si mangia il pane: «Caro mea vere est cibus»5. E noi sentiamo questa tendenza alle umiliazioni da diventare quasi cibo degli altri? Noi vogliamo che ci rispettino: noi, fatti i conti, vogliamo che gli altri ci tengano un po' superiori a loro.
Ecco la tendenza di Gesù ad umiliarsi fino a che è possibile, fino ad essere dimenticato, fino alla corruzione delle ostie (come avviene in noi | [103] quando lo riceviamo); l'ostia può anche ammuffire; può anche venire sacrilegamente trattata; può anche essere calpestata in un piccolo frammento, senza considerare certi eccessi che non conviene neppure nominare, commessi dagli empi. Quanto è diversa la nostra tendenza ad elevarci, ad alzarci superbamente! Chissà che non arriviamo al punto di crederci simili a Dio! Noi che vogliamo sempre elevarci, che tante volte crediamo di fare a meno di Dio, di essere abbastanza furbi, abili, ecc., siamo all'opposto di Gesù. Condanniamo ora tutta la nostra superbia e ascoltiamo Gesù che qui, dal tabernacolo, ci dice: «Discite a me quia mitis sum et humilis corde»6. Quale edificazione da questa scuola!
Gesù eucaristico c'insegna la mitezza. Dice S. Tommaso: «O quam suavis est, Domine, spiritus tuus, qui, ut dulcedinem tuam in filios demonstrares, pane suavissimo de coelo prestito, esurientes reples bonis, fastidiosos divites dimittens inanes: O Signore, quanto è soave il tuo spirito che, per dimostrare la tua tenerezza verso i tuoi figli, con un pane dolcissimo di cielo, colmi di bene gli affamati e rimandi i ricchi orgogliosi»7.
Gesù è dolce e mansueto. Molti entrano in chiesa e chiacchierano e Gesù tace; qualcuno è distratto, è in peccato e Gesù tace. Tace se uno si presenta a riceverlo vestito malamente.
Vi sono molti che si abbigliano con cura quando devono presentarsi a persone del mondo e sono trascurati e trasandati allorché si | [104] accostano alla Comunione, e Gesù tace. Vi sono di quelli che lo insultano e Gesù tace come taceva davanti a Pilato. Qualche orgoglioso tiene il cappello in testa durante la processione e Gesù tace. Passa il Viatico: nessuno lo cura, e Gesù tace. Tace davanti a tutti come taceva davanti ai suoi crocifissori.
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Siamo mansueti noi? Tante volte crediamo che giovi la forza, vale assai di più la mansuetudine: le anime si guadagnano con la mansuetudine. Tacere anche con quelli che si mostrano ingrati.
S. Paolo diceva: «Io mi spenderò per voi e mi sopraspenderò anche se, amandovi di più, sarò amato di meno»8.
Dice Gesù: «Beati i miti!»9. Molte volte il bene che voi fate non viene riconosciuto, viene rifiutato. Gli Apostoli quando videro che gli abitanti di Samaria chiudevano le porte in faccia a Gesù, esclamarono indignati: «Fa' scendere il fuoco dal cielo»; ma Gesù rispose: «Non sapete di che spirito siete: il Figlio dell'uomo non è venuto a perdere le anime, ma a salvarle»10.
La carità è anzitutto paziente: «Caritas patiens est»11.
La nostra carità è paziente? Non ci crocifiggono, ma anche se ci crocifiggessero dovremmo pregare per i nostri crocifissori come pregò Gesù12 e come pregò S. Stefano per coloro che lo lapidavano13. Abbiamo almeno la carità di perdonare | [105] i nemici? Vendichiamoci con la vendetta dei santi: preghiamo.
Oh, che bella virtù è la mitezza! Quando riceviamo Gesù nella Comunione non sentiamo questa sua parola: «Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore»14? Se non impariamo da Gesù eucaristico la mitezza, l'umiltà, dobbiamo dire che, pur essendo andati alla scuola di lui, non abbiamo ancora imparato nulla, neppure l'abbiccì. Non atteggiamoci a sapienti, non prendiamo pose!... Quante volte spendiamo tante parole per mettere in mostra quel po' di bene che crediamo di fare!
Gesù dal tabernacolo ci insegna ancora la pazienza. La pazienza è «magna virtus»15. Deve essere però bene intesa: non è l'indolenza di quei che dicono: Il mondo è andato sempre così!... Cosa vogliam correggere? La pazienza non è indifferenza, melensaggine, apatia. Gesù paziente è intelligentissimo, sensibilissimo alle offese che si fanno al suo cuore. Pensiamo solo quanta pazienza abbiamo fatto esercitare noi a Gesù nell'Eucaristia, da quando eravamo piccole, irrequiete, chiacchierine.
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Quante volte hai preparato a Gesù un cuore di spine con tanti peccati veniali! Quante volte egli ti ha chiamato e non hai risposto; e lui ti ha chiamato ancora!
Talvolta non l'abbiamo voluto ricevere, pur potendolo fare, e Gesù ha aspettato che fossimo più di buon umore, più disposti.
[106] Anche adesso Gesù usa pazienza con noi, tutti i giorni. Andando alla Comunione portiamo una viva fede, una ferma speranza, un'ardente carità? Lo consideriamo come Via, Verità e Vita? Gesù viene in noi anche dopo che abbiamo messo nel nostro cuore tante spine con i peccati veniali che facciamo.
Usiamo anche noi un po' di pazienza: pazienza anzitutto con noi stessi, perché è assai più difficile sopportare noi medesimi: un po' sarà una malattia, un po' sono i nostri difetti di cui, nonostante la buona volontà, non ci siamo ancora corretti. In tutte le nostre opere ci sono dei difetti, ma questo non ci deve scoraggiare; purché ci sia la buona volontà e il desiderio di diminuirli! Non si possono mica correggere tutti in un giorno! Non perderci di coraggio; aver pazienza anche con noi. Ma sono caduta!. E che cosa fa una bambina caduta? Si rialza.
La pazienza esteriore che usiamo con le sorelle deve essere un riverbero di quella che usiamo con noi stessi. Perché l'umiltà deve farci riconoscere che siamo miseri. Pazienza nel ricominciare sempre! Dio guarda alla buona volontà che è carità e che copre quindi la moltitudine dei peccati16.
Nel tabernacolo Gesù è dunque mite, umile, paziente. Noi impareremo queste lezioni da Gesù eucaristico. Quanto giova alle volte stare in contemplazione davanti al tabernacolo senza sforzarsi a pensare a cose alte! Dire a Gesù | [107] semplicemente: Tu sei il mio Maestro, mi hai dato l'esempio: io voglio fare come hai fatto tu.
Gesù ha detto infatti: «Vi ho dato l'esempio affinché facciate come ho fatto io»17 e lo disse dopo aver lavato i piedi a tutti gli Apostoli; anche a Giuda che l'aveva tradito, a Pietro che se la credeva un po', agli altri che di lì a poche ore lo avrebbero abbandonato. Perché era umile e paziente. E ci ha dato l'esempio perché anche noi diventiamo umili e pazienti.
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1 Cf Sal 17,15.

2 Cf Sal 73,25-26: «Che c'è per me... sopra la terra?... Il Dio del mio cuore!» (Volgata).

3 Cf Sal 142,8: «I giusti mi faranno corona».

4 S. Agostino, Città di Dio 22, 30, 1: «Vedremo, ameremo, godremo».

5 Cf 1Cor 2,9.

6 S. Agostino, Le Confessioni 1,1 : «O Signore, ci hai fatti per te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te».

7 1Cor 13,8: «... la carità non avrà mai fine».

8 Cf Mt 25,23 : «... prendi parte alla gioia del tuo Signore».

9 Gv 16,22: «... il vostro cuore si rallegrerà».

10 Cf 1Cor 2,9.

11 Cf Ap 14,3-4.

12 Sal 122,1 : «Quale gioia quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore».

1 Il titolo esatto è: Mese del Santissimo Sacramento, che contiene per ogni giorno una meditazione ricavata dagli scritti del P. Eymard, Religiosi del SS. Sacramento, Roma 1895. L'opera non è quindi dell'Eymard, ma dei suoi primi seguaci. Alcuni elementi della presente meditazione sono derivati dal capitolo sulla purità (p. 260) e sulla mansuetudine (p. 278).

2 Cf Zc 9,17. Risonanza dell'antifona d'offertorio: Messa di S. Margherita Maria Alacoque.

3 Cf Ef 4,2: «... con umiltà, mansuetudine e pazienza».

4 Inno eucaristico composto da S. Tommaso d'Aquino: «Sulla croce era nascosta solo la divinità, sull'altare veli anche l'umanità».

5 Gv 6,55: «... la mia carne è vero cibo».

6 Mt 11,29: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore».

7 Antifona del Magnificat, primi Vespri della solennità del Corpus Domini.

8 Cf 2Cor 12,15.

9 Mt 5,5.

10 Cf Lc 9,54-56.

11 1Cor 13,4.

12 Cf Lc 23,34.

13 Cf At 7,60.

14 Mt 11,29.

15 «Grande virtù».

16 Cf 1Pt 4,8.

17 Cf Gv 13,15.