Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE VIII
L'INFERNO

[61] Il divino Maestro predicava spesso i novissimi. E la S. Scrittura ci ammonisce: «In omnibus operibus tuis memorare novissima tua»1. Ordinare, dirigere tutte le nostre opere al fine, al cielo. Tenere in cuore e nella mente pensieri e sentimenti che ci elevino al cielo.
Questa mattina dobbiamo considerare la più terribile delle verità eterne che noi abbiamo nel Credo: l'Inferno.
L'Inferno è il luogo dove sono andati a finire i demoni e dove vanno a finire le anime che, disgraziatamente, muoiono in peccato mortale.
Noi crediamo a questa verità perché l'abbiamo chiarissima nella Scrittura: «Discedite a me... in ignem aeternum»2. Gesù disse che la paglia sarà bruciata, nell'eternità, col fuoco inestinguibile3 | [62] e si voleva riferire alle anime e ai corpi dei dannati. Il dannato non avrà più alcuna speranza di uscire da quelle fiamme. Se anche egli chiedesse perdono, Dio non si muoverebbe più a compassione di lui. Ma nell'Inferno non sarà più possibile chiedere perdono perché non sarà più possibile avere il dolore dei peccati. Nessun desiderio di quelle anime sarà appagato: «Desiderium peccatorum peribit»4. Il ricco Epulone non poté avere neppure una goccia d'acqua5.
Nell'Inferno si soffrono tre pene: la prima è quella del danno, ossia la privazione di Dio. Dio che è il sommo bene, colui che forma l'unico desiderio dell'anima svincolata dai legami del corpo. Sulla terra abbiamo tanti desideri, ma dopo morte questi desideri si concentreranno in uno solo: essere con Dio. E l'anima del dannato invece si sentirà rigettata da Dio.
I dannati sentono tale perdita in vario grado secondo la gravità dei peccati e secondo l'altezza delle aspirazioni. Se sulla terra si ebbero aspirazioni alte, se si desiderò la perfezione, la santità,
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si sentirà più intensa la pena del danno. Se poi uno in vita si era consacrato a Dio, nell'Inferno sentirà una pena straziante molto più grave di quella che provano i mondani che ebbero minor numero di grazie. La pena del danno è la più grave: è quella che costituisce l'Inferno.
La seconda pena è quella del senso, cioè pena sensitiva, con la quale Dio farà soffrire l'anima. Questa pena sensibile è sentita anche solo | [63] dall'anima prima che si riunisca al corpo (la sentono anche i demoni). È una pena che colpisce le parti che hanno mancato di più e in proporzione dei peccati e della malizia di essi. Chi, ad es., avrà mancato con la mente, si sentirà bollire il cervello, chi avrà peccato con gli occhi o con la lingua si sentirà colpito negli occhi e nella lingua, ecc.
La terza pena che proverà l'anima nell'Inferno sarà quella dello spirito: il rimorso. L'anima ricorderà cinque cose e cioè: il poco che doveva fare per salvarsi e che non fece; ricorderà che si è perduta per un niente, per la soddisfazione di un momento, per un peccato che le cagionò pena anche sulla terra; penserà alle persone che si sono salvate, vedrà tante altre anime forse meno favorite di lei che si sono salvate, mentre lei è perduta per sempre e per propria colpa e dirà: Io avevo a mia disposizione un tesoro inesauribile di grazie. Gesù è morto per me sulla croce. Gesù era in chiesa e io potevo fare una buona Confessione, e invece... L'anima dannata penserà ai benefizi ricevuti da Dio, alla possibilità di salvarsi e di cui non ha saputo approfittare.
In ultimo il dannato sarà tormentato dal pensiero che la sua perdita è irrimediabile.
Il Signore ci ricorda spesso la terribile verità dell'Inferno perché noi mettiamo giudizio e lo schiviamo, facendo così il nostro interesse spirituale. Ognuno si perde con la propria volontà; ognuno, se vuole, si salva. Dio mette davanti a | [64] noi il cielo e l'Inferno: sta a noi la scelta. Che cosa vogliamo pensare? Che facendo il peccato facciamo piacere a questo o a quello? Guardiamo il nostro vero interesse.
Per fuggire l'Inferno occorre esaminare bene ciò che ci induce al peccato e fuggirlo. Solo il peccato mortale ci può mandare all'Inferno, ma basta uno. Ma poi me ne confesserò, dice quell'anima che vuole commettere il peccato. E chi te lo assicura? E ti getteresti in un pozzo con la speranza che qualcuno ti salvi? Può essere che tu ti confessi, ma può anche non essere. Dio maledice
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ledice colui che pecca colla speranza di essere perdonato: «Maledictus homo qui peccat in spe»6. In questo modo la misericordia divina diventa un pretesto per peccare. E se uno che ha già abusato della giustizia di Dio col peccato, vuole ancora abusare della misericordia, come si salverà?
Fuggire inoltre l'occasione del peccato. Può essere che tale occasione si abbia dalle persone che ci stanno vicine (quelle che ci danno troppo ragione, cattivi esempi, ecc.). Sovente fa meno male l'andare nel mondo, in propaganda che non l'amicizia un po' spinta di una persona con cui si ha confidenza: «Se il tuo occhio ti è di scandalo, cavalo e gettalo via da te!...»7: si trattasse anche di una persona cara come la madre, il padre, bisogna fuggirla ugualmente. «E se la tua mano o il tuo piede ti è di scandalo, taglialo e buttalo via»8, ha detto ancora Gesù nel Vangelo. | [65] Chi può perdersi? Se parliamo delle religiose, dobbiamo dire che esse si perdono quando cadono in uno di quei peccati che vengono indicati da Gesù con la parola «Guai»9. Tutti però si possono comprendere in una sola frase: chi trascura i doveri del proprio stato, in cose gravi, in continuità e con ostinazione come sarebbe sottrarre abitualmente le proprie attività ed energie al servizio di Dio, sottrarsi abitualmente alla obbedienza, mancare gravemente alla purezza, alla povertà. Ma le colpe gravi non si hanno solo perché l'atto in sé è grave; talvolta si hanno per quella specie di programma, per quella disposizione che si può avere a fare ciò che si vuole, come si vuole.
Bisogna temere di più l'abitudine che non l'atto in sé: questo può essere anche una debolezza dopo la quale uno si pente subito, ma l'abitudine no: questa porta all'ostinazione. Detestiamo quindi le abitudini cattive, affinché possiamo amare Dio e schivare le pene dell'Inferno. «A poenis inferni, libera nos, Domine!»10.
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1 Sir 7,40: «In tutte le tue opere ricordati della tua fine».

2 Mt 25,41: «Via, lontano da me... nel fuoco eterno».

3 Cf Mt 3,12.

4 Sal 112,10: «Il desiderio degli empi fallisce».

5 Cf Lc 16,24-25.

6 Cf Ger 17,5.

7 Mt 18,9.

8 Mt 18,8.

9 Cf Mt 23,13ss.

10 «Dalle pene dell'Inferno, liberaci, o Signore!».