Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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IL GRAN TESORO
Introduzione

[155] «Passione di Cristo confortatemi»1: dalla passione di Gesù Cristo dobbiamo domandare la forza per i propositi. «Omnia possum in eo qui me confortat»2 diceva S. Paolo guardando il Crocifisso. Sì, possiamo tutto e possiamo vincere noi stessi, possiamo arrivare alla carità, alla vera unione con Dio, a un bel Paradiso.
Divideremo la meditazione in tre punti: 1) Il Paradiso merita che noi rinunziamo a tutto per conquistarlo, tanto è bello. 2) La vita religiosa merita che noi rinunziamo al mondo pur di viverla bene e di essere santi nell'osservanza delle nostre Regole. 3) Nella vita religiosa vi sono anime prudenti ed anime stolte.
I. Il Paradiso merita che noi facciamo qualunque rinuncia. È bella cosa essere una regina, | [156] darsi al mondo e godersi i piaceri della vita e fare come le giovinette che sciupano il tesoro della loro innocenza e le energie giovanili per il mondo? Che cosa dobbiamo cercare sulla terra? Gli uomini cercano o i piaceri, o gli averi, o la gloria, oppure Dio, il Paradiso. Quelli che cercano i piaceri, le ricchezze, la stima si chiamano vani: gente vana che ama cose vane ed alla morte non resta loro più nulla. Al voluttuoso sarà riservata la corruzione e putrefazione del corpo; al ricco basterà una spanna di terra; al vanitoso della sua gloria rimarrà più nulla: lo metteranno sotterra e il suo corpo marcirà. Quelli invece che hanno cercato di servire bene il Signore, di vivere con pazienza aspettando la luce divina, il premio dal Signore, questi non hanno perso niente perché con la morte, liberati dalle altre cose, spiccano il volo verso il cielo.
Il regno dei cieli è paragonato a un uomo il quale scoprì in un campo un gran tesoro nascosto: lo vide, lo seppe valutare, vendette quanto aveva ed acquistò il campo per impadronirsi del tesoro3.
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Il tesoro è il regno dei cieli, il Paradiso: è il tesoro che ci offre Dio, è il tesoro nostro e Gesù ce l'ha preparato.
Non merita questo Paradiso che noi rinunziamo a tutto: piaceri, onori, ricchezze, pur di conquistarlo? Lo amiamo, lo vogliamo questo Paradiso? Scopriamo gli affetti del cuore: «Dov'è il vostro tesoro, ivi è pure il vostro cuore»4. Che | [157] cosa vuole il nostro cuore? In fondo all'anima nostra che cosa desideriamo, che cosa cerchiamo? Dio, la sua volontà, il suo gusto o la stima degli uomini, le comodità della vita, qualche piacere, qualche soddisfazione? Io e Dio sono due termini che non possono stare insieme nel nostro cuore, due oggetti che non possono stare insieme nella nostra anima. Se ci sono le tenebre, non ci può stare la luce: nel nostro cuore c'è oscurità o c'è la luce divina? Vogliamo veramente Dio, il Paradiso? Su questo punto tutti possono ancora progredire, perché volere Dio, il Paradiso è ciò che di più sublime si possa volere e desiderare e non si desidererà e vorrà mai abbastanza.
II. Il regno dei cieli fu paragonato ad una margarita, perla tra le più preziose: «Un uomo, volendo acquistare pietre preziose, ne trovò una bellissima, di gran valore. Allora vendette quanto aveva, si fece imprestare del denaro ed acquistò la perla: così fu ricco»5.
Nella vita religiosa ci può essere una persona la quale corrisponde totalmente alla grazia di Dio e qualcuna che non corrisponde, che si contenta delle altre perle. No, bisogna cercare la margarita, cioè la perfezione.
In religione vi sono le anime ferventi, le tiepide e le cattive. Si può trovare una cattiva in un istituto? Sì, purtroppo, perché il diavolo a volte s'insinua e mette in opera ogni cosa per farci cadere. A volte si sta in Congregazione, ma il cuore è ben lontano, le aspirazioni sono ben altre; | [158] vi può essere l'ipocrisia e può avvenire che una persona tiri avanti cercando di reprimere i rimorsi di coscienza benché sappia che il suo cuore non è di Dio.
È anche facile che ci siano persone tiepide che hanno fatto l'abitudine a tutto e non sentano grande impressione né dagli Esercizi spirituali né dalle meditazioni sulla passione di Gesù;
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forse non temono le colpe piccole; le negligenze a corrispondere agli inviti ed alle grazie di Dio sono abituali; sono pigre nelle preghiere, nell'esame, nel dolore dei peccati, nell'aspirare alla perfezione.
Vi sono però anche le anime fervorose le quali lavorano costantemente per due fini: 1) per diminuire quanto possono le loro mancanze, sia in numero che in malizia; per togliere ogni imperfezione. 2) Per essere più osservanti, cioè progredire nella pratica delle Regole, dell'orario, nella dedizione al Signore, all'Istituto e tutti i giorni inventano una via per riuscire meglio nel loro lavoro spirituale o nell'apostolato: sono ferventi.
La margarita preziosa della vita religiosa è questo fervore, questo impegno a togliere sempre più i difetti e mettere sempre più la perfezione e fare sempre meglio le cose e trovare ancor sempre che ci manca qualcosa.
In quale stato ci troviamo? Cattivo, tiepido, fervoroso?
III. Dice Gesù: Il regno dei cieli è paragonato a cinque vergini prudenti e cinque stolte6. Le vergini | [159] sono le anime consacrate a Dio. Esse dovevano attendere la venuta dello sposo per partecipare alla festa ed eseguire anche suoni in onore dello sposo. Lo sposo è Gesù Cristo al quale i vergini in Paradiso fanno gran festa, gli stanno vicino.
Dieci di esse avevano buona volontà, ma cinque furono prudenti e cinque stolte, perché non tutti quelli che si consacrano a Dio sono prudenti. Cinque, vedendo che lo sposo ritardava, cominciarono a sonnecchiare: queste sono le anime religiose che cominciano con una vita fervorosa e andando avanti si inflaccidiscono nella volontà e tirano avanti non contente di se stesse, sapendo che non gustano la comunicazione di Dio, prive di meriti, o almeno ne fanno pochi. Cinque invece furono prudenti. Tardava la venuta dello sposo ed esse stettero sveglie, attesero a qualche lavoro, tennero le loro lampade accese e in piedi attesero lo sposo. Queste vergini sono figura di quelle anime religiose che ogni giorno crescono nell'impegno, nel fervore.
Il Signore Gesù certamente voleva riferirsi alle persone religiose allorché pronunciava questa parabola.
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Quelle che sono prudenti non stiano a guardare le stolte, poiché il mondo è pieno di stolti. La Scrittura lo dice: «Il numero degli stolti è infinito»7. Le anime stolte non pensano ad aumentare i meriti, non perfezionano l'anima, non stanno | [160] vigilanti, non compiono bene il loro dovere. Le prudenti non guardino le stolte e le stolte guardino le prudenti e si facciano buone.
Ecco, a volte ci sono persone ignoranti ma che amano Dio con tutto il cuore: esse sono prudenti. Tante invece fanno bella figura, parlano una lingua scelta, si atteggiano a sapienti, ma il loro cuore non è tutto di Dio e non è così umile come le altre che sanno solo attendere a lavori umili e che amano il Signore.
Conclusione. Alle prudenti dico: Non guardate le stolte, ma siate più prudenti, più vigilanti come le vergini di cui parla Gesù. Alle stolte: Prendete l'esempio dalle prudenti. Le prudenti furono ammesse alle nozze dello sposo mentre le stolte furono lasciate fuori della porta.
Viene la morte: chi avrà operato bene entrerà nell'eternità, mentre chi non avrà operato bene sarà cacciato lontano da Dio.
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1 Invocazione della preghiera: «Anima di Cristo...».

2 Fil 4,13: «Tutto posso in colui che mi dà la forza».

3 Cf Mt 13,44.

4 Mt 6,21.

5 Cf Mt 13,45-46.

6 Cf Mt 25,1-13.

7 Qo 1,15 (Volgata).