Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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MEDITAZIONE III

Caratteri della vera pietà1

SACRA SCRITTURA

«Chi riposa nell'aiuto dell'Altissimo vivrà sotto la protezione del Dio del cielo.
Dirà al Signore: Tu sei il mio protettore, il mio rifugio. È il mio Dio; in Lui la mia speranza.
Egli mi liberò dal laccio dei cacciatori e dalle aspre parole.
Ti coprirà con le sue ali e sotto le sue penne troverai rifugio.
La sua verità ti circonderà come scudo, non temerai i notturni spaventi.
Né saetta che vola di giorno, né male che s'insinua fra le tenebre, né assalto del demonio del mezzogiorno.
Ne cadran mille al tuo fianco, e dieci mila alla tua destra, ma a te non s'avvicineranno.
Però guardando coi tuoi propri occhi vedrai il castigo che tocca ai peccatori.
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O Signore, tu sei la mia speranza: hai preso l'Altissimo a tuo rifugio.
Non s'avvicinerà a te il male, e il flagello non si accosterà alla tua tenda;
Perché ai suoi Angeli ha dato per te quest'ordine: di custodirti in tutte le tue vie:
Ti porteranno sulle loro palme, affinché il tuo piede non inciampi nei sassi.
Camminerai su l'aspide e il basilisco e calpesterai il leone e il dragone.
Perché ha sperato in me lo libererò, lo proteggerò, perché ha conosciuto il mio nome.
Alzerà a me la voce ed io lo esaudirò, con lui sono nella tribolazione, lo libererò e lo glorificherò.
Lo sazierò con lunga vita e gli farò vedere la mia salvezza».


(Salmo 90, 1-16).


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Molte anime fanno professione di vita devota, molte anime pregano, ma si può avere un segno per distinguere se hanno vera pietà? La preghiera è un dono prezioso e quindi il demonio cerca facilmente di contraffarla. Bisogna formarsi un concetto molto preciso sulla vera pietà per non esporsi ad inganni. «Talora chiedi e non ottieni perché hai domandato malamente, o mancando di fede, o con poco desiderio di avere la grazia, o
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chiedendo cose non convenienti, o non hai perseverato» (S. Basilio).
La vera pietà ha dei caratteri che facilmente si distinguono:
1) LA VERA PIETA' È SAPIENTE. Psallite sapienter: «Lodate il Signore sapientemente» (Salmi 46, 8). Ut exibeatis... Deo rationabile obsequium vestrum: «Offrite a Dio il ragionevole vostro culto» (Rom. 12, 1). Non prega sapientemente chi prega senza comprendere quanto dice e domanda: Nescitis quid petatis: «Voi non sapete quello che domandate» (Matteo 20, 22), diceva Gesù ai suoi discepoli, e S. Giacomo conferma: Petitis et non accipitis eo quod male petatis: «Voi domandate e non ricevete perché chiedete male» (Giac. 4, 3). L'anima che non comprende, non penetra il senso della sua preghiera non può essere esaudita, perché come potrà Dio concedere la grazia a chi non sa neppure di chiedere? Ante orationem praepara animam tuam: «Prima dell'orazione prepara l'anima tua» (Eccli. 18, 28).
La preghiera per essere sapiente deve anzitutto porre l'anima nella giusta posizione: Chi sono io? Chi è Dio? perciò come mezzi per rendere intelligente la preghiera serviranno le letture spirituali per conoscere il
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Signore: Noverim Te; gli esami di coscienza per conoscere se stessi: noverim me, le meditazioni per conoscere insieme Dio e noi stessi: Noverim Te, noverim me.
Un altro mezzo per rendere la preghiera intelligente è quello di farla con attenzione. Infatti Gesù Cristo invita a raccogliersi in preghiera lontano dallo strepito: Cum oraveris intra in cubiculum tuum, et clauso ostio, ora Patrem tuum in abscondito: et Pater tuus qui vidit in abscondito reddet tibi: «Ma tu quando vuoi pregare entra nella tua camera, e chiuso l'uscio, prega il tuo Padre in segreto, e il Padre tuo che vede nel segreto te ne darà la ricompensa» (Matteo 4, 6). «Quando preghiamo il corpo deve tenere luogo di cella e l'anima fare l'ufficio di romito» (S. Franc. d'Assisi).
«Non è senza colpa chi volontariamente sta distratto durante la preghiera. Pare ch'egli disprezzi Dio, come chi - parlando con un altro - non attende a ciò che dice» (S. Tommaso d'Aquino).
«Non impiegate nel pregare molta copia di parole, ma con poche parole la preghiera riesce eccellente quando è fatta con pia e perseverante attenzione» (S. Agostino).
Tale era la preghiera di S. Paolo: Orabo
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spiritu, orabo et mente: «Pregherò collo spirito e colla mente» (I Cor. 14, 15).
Non sia per noi il rimprovero: Populus hic labiis me honorat, cor autem eorum longe est a me: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me» (Matteo 15, 8).
«Come mai pretendi di essere esaudito, se non ascolti neppure te stesso? Vuoi forse che Dio si ricordi di te, quando tu stesso sei fuori di te?» (S. Cipriano).
Per questo gioverà anche il seguire attentamente sui libri il senso delle preghiere che si fanno, specialmente quando sono espresse in latino. I libri liturgici con le traduzioni delle parti latine sono ottimi mezzi per illuminare la pietà. Se qualche volta l'anima non comprende appieno il senso della preghiera che fa potrà pure fare una preghiera sapiente unendosi allo spirito della Chiesa, che è Maestra e che pone sul nostro labbro le preghiere più sapienti e quindi più efficaci. Si lodi il Signore con le lodi della Chiesa, Egli comprenderà ed esaudirà anche se l'anima non comprende tutto.
«Dio non ascolta quell'orazione alla quale chi prega non sta attento» (S. Gregorio M.).
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2) LA VERA PIETA' È PRATICA. La pietà che non arriva a mutare la vita non è vera pietà. L'anima nella preghiera deve avere una mira precisa e molto particolare; esempio: faccio questa meditazione ma per portare il proposito su questo o su quell'altro punto, per correggere questo o quel difetto. Assisto alla S. Messa per ottenere queste o quelle grazie determinate. Faccio la S. Comunione, ma per portare con me la SS. Trinità, per ricevere Dio, e mentre in Cielo gli Angeli lo contemplano svelatamente, io l'amo segretamente ed a lui confido le mie necessità particolari e quelle di quanti amo e di tutti gli uomini.
«Chi nelle sue orazioni non attende né a chi parla, né di che cosa parla, stia pur certo che - per quanto meni le labbra - farà ben poco di bene» (S. Teresa).
Quanto più la preghiera sarà particolareggiata e pratica, tanto più sarà efficace. La preghiera indeterminata ha pure un'efficacia indeterminata. La preghiera pratica è quella che è accompagnata dalla vita buona e produce la vita buona, poiché: «La preghiera è zoppa quando l'azione non cammina di pari passo con l'orazione, perché la preghiera e le opere sono i due piedi che reggono l'anima» (S. Giovanni Grisostomo).
«Non è lecito dire: Non posso. Sarebbe un
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accusare il Creatore. Infatti se ci avesse fatti incapaci e ci comandasse ugualmente, l'accusa sarebbe di lui. - Come dunque molti non possono? - Perché non vogliono. -- E come mai non vogliono? - Per indolenza: ed invero, se volessero, potrebbero benissimo... Infatti abbiamo Dio che ci dà l'aiuto e la forza. Resta che noi pure facciamo la scelta, che ci disponiamo come a un dovere agli atti che dobbiamo compiere, che abbiamo premura, che mettiamo attenzione; e tutto verrà da sé» (S. Giov. Crisostomo).
«Cambiamo i nostri cuori, perché il giudice supremo si fa subito propizio per mezzo della preghiera, se chi prega si corregge delle sue cattive inclinazioni» (S. Agostino).
La vera divozione e la vera pietà è quella che non unisce a Dio solo in Chiesa, ma unisce tutta la vita nel compimento esatto quotidiano del proprio dovere e porta a fare la volontà di Dio: «Non chi mi dice Signore Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi entrerà nel regno dei cieli» (Matteo 7, 21).
«Oh, quanti, se fossero infermi o poveri, non cadrebbero nei peccati in cui cadono essendo sani e ricchi! E perciò il Signore a
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taluni che gli domandano la sanità del corpo e i beni di fortuna, loro li nega perché li ama, vedendo che quelli sarebbero loro occasione di perdere la sua grazia o almeno d'impoverirsi nella vita spirituale» (S. Agostino).
3) LA VERA PIETA' È AFFETTUOSA. - Non consiste in molte parole ma in una preghiera sentita, piena d'amore. «Quando pregate non vogliate usare molte parole, come i Gentili che stimano di essere esauditi per il molto parlare. Non l'imitate poiché sa bene il Padre vostro, avanti che gliele chiediate di quali cose avete bisogno; Voi dunque pregate così: Padre nostro, che sei nei cieli...» (Matteo 6, 7-9). E' la preghiera del Figlio al Padre, una preghiera fatta spesso di una sola parola, di uno sguardo, di un sospiro intimo dell'anima che si rivolge a Dio: Deus in adiutorium meum intende, Domine ad adiuvandum me festina: «O Dio muoviti in mio soccorso, O Signore, t'affretta ad aiutarmi» (Salmi 69, 2); Domine ut videam, Domine salva nos perimus: «Signore fa ch'io veda» «Signore salvaci che periamo» (Matteo 8, 25).
«Nel fare orazione non si ha sempre da discorrere con l'intelletto ma può anche uno trattenersi alla presenza di Dio... rappresentandogli
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semplicemente le proprie necessità» (S. Teresa).
Il bambino non sa molte parole, ma ripete ogni momento «mamma, mamma» e con questo tutto domanda e tutto ottiene. L'anima che ama il Signore non conosce forme retoriche nella sua preghiera, ma con semplicità e con affetto immenso corre a lui in ogni necessità, gli dice una sola parola con cui si fa comprendere e comprende. La preghiera affettuosa è la preghiera dell'anima, che in qualunque luogo e tempo si trovi, ferma un istante il suo pensiero e corre presso il Tabernacolo per salutare Gesù, per raccomandargli una necessità urgente, per chiedergli luce, per implorare perdono, per dirgli il suo amore, per consolarlo o chiedere conforto...
4) LA VERA PIETA' È UMILE E FIDUCIOSA. Chi prega bene è convinto del detto: «Da me nulla posso, con Dio posso tutto». Conosce che Oratio humiliantis se nubes penetrabit; et non discedet donec aspiciat Altissimus: «L'orazione dell'uomo che si umilia, passa le nubi, penetra nel cielo e non se ne parte finché l'Altissimo non l'abbia guardata» (Eccli. 85, 21). Respexit in orationem humilium, et non sprevit preces eorum: «Ha avuto riguardo all'orazione degli umili, e non
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ha disprezzato la loro preghiera» (Salmo 101, 18).
Perciò l'anima si umilia profondamente conoscendo la sua miseria ed incapacità, e prega: Intende deprecationem meam, quia humiliatus sum nimis: «Ascolta la mia preghiera perché mi sono umiliato profondamente» (Salmo 141, 8).
«L'umiltà è il carro della preghiera», Orationum vehiculum est humilitas (S. Giov. Grisostomo).
Deus propitius esto mihi peccatori: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (S. Luca 18, 13). L'anima che ha la vera pietà, oltre che umiliarsi confida nel Signore: Domine, si vis, potes me mundare: «Se tu vuoi puoi mondarmi» (Luca 5, 12). Credo, Domine, sed adiuva incredulitatem meam: «Credo, Signore, ma aiuta la mia poca fede» (Marco 9, 23). Ha una fiducia intera, irremovibile, perché se in ogni altro luogo la confidenza può essere ingannata, nella preghiera mai. Si moram fecerit, expecta illum, quia veniet et non tardabit: «Se il Signore tarda a venire, aspettate, perché viene e non tarderà» (Abacuc 2,3).
5) LA VERA PIETA' È REGOLARE; non è fatta a sbalzi. L'anima veramente pia non prega solo quando le cose sono prospere, ma prega
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anche nell'avversità, nell'umiliazione, anzi, aumenta allora la sua confidenza in Dio.
La pietà regolare è quella che si esercita continuamente, senza tener conto delle varie mutazioni che può subire l'animo: Orantes omni tempore: «pregate continuamente». (Efes. 6, 18). Exerce autem teipsum ad pietatem... pietas ad omnia utilis est, promissionem habens vitae, quae nunc est, et futurae: «Esercitati nella pietà... perché la pietà è utile a tutto, avendo la promessa della vita presente e della futura» (I Tim. 4, 7-8).
Dai frutti si conosce la pianta; dagli effetti si risale alla causa; esaminiamo: La pietà è destinata a produrre due effetti: la vittoria su noi stessi e il progresso spirituale, distaccandoci dal peccato, dall'affetto al peccato, dal desiderio vano di stima, di comodità e dei beni della terra.
«I Santi non si presterebbero mai a nutrire la nostra poltroneria» (S. Curato d'Ars).
Tolto ogni desiderio vano, il cristiano diventa santamente indifferente ad ogni ufficio, alla povertà o ricchezza, alla salute o malattia, ad una condizione o ad un'altra.
Ancora: la pietà deve portare un progresso spirituale costante. Ogni giorno dobbiamo crescere nella fede e nei pensieri soprannaturali: santificando la mente. Ogni giorno dobbiamo
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uniformarci meglio alla vita di Gesù Cristo, ai suoi esempi, ai suoi precetti e consigli: santificando la volontà. «Non è detto che dobbiamo lasciare unicamente a Dio la cura della nostra salute. Ha diritto di aspettarsi aiuto e salvezza da parte di Dio solo chi impiega da parte sua tutte le forze per meritarsela» (Scheeben). Ogni giorno dobbiamo crescere in grazia e spirito di preghiera e nell'amore a Dio, santificando il cuore. «Vieppiù studiatevi di render certa la vostra vocazione ed elezione per mezzo delle buone opere» (II Pietro 1, 10).
Come perfezioneremo la nostra pietà? Occorre che noi abbiamo i nostri propositi fermi; che i nostri propositi fermi non siano di un giorno, ma siano quelli che rinnoviamo ogni giorno; non siano quelli di una settimana, ma siano quelli di ogni settimana; non quelli di un mese, ma quelli di ogni mese, di tutto l'anno. «Il Paradiso non è fatto per i poltroni» (S. Filippo Neri). E' necessario che noi veniamo alla riforma di noi stessi e vediamo in noi stessi quello che manca ancora per essere totalmente di Dio. Il proposito che facciamo deve essere questo, di correggere un difetto e di praticare una virtù, ma quello di correggere un difetto e di praticare una virtù tutto l'anno. Usiamo sufficientemente della pietà per esser interamente di Dio? E' da
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considerarsi che la devozione è una volontà risoluta di fare le cose che sono di servizio di Dio. La divozione non è una sensibilità, ma è una vita. «Bisogna lavorare come se tutto dipendesse da noi, ma bisogna pur pregare come se tutto dipendesse da Dio» (S. Ignazio di Loyola).
PREGHIAMO. - Tendi, o Signore, le orecchie della tua misericordia alle preghiere di chi ti supplica, e per concedere a chi chiede secondo i suoi desideri, fa' che domandi ciò che ti è gradito.

(Dal Messale).


ESEMPIO

San Luigi Gonzaga

Era Luigi tanto dedito all'esercizio dell'orazione che le sue delizie consistevano nel pregare e meditare... Usava ogni diligenza per apparecchiarsi all'orazione, ed ogni sera prima di andare a letto, spendeva qualche tempo nel prevedere ed ordinare la meditazione, che aveva da fare la mattina seguente. Alla mattina poi cercava di trovarsi pronto prima che si desse il segno per incominciarla, ed in quel tempo si raccoglieva e cercava di tenere l'animo tranquillo e privo da ogni sollecitudine e desiderio, perché diceva «non essere possibile che un'anima, la quale nel tempo della meditazione ha in sé qualche sollecitudine o affetto e desiderio d'altra cosa, possa stare attenta a ciò che
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medita, e ricevere in sé l'immagine di Dio, nel quale meditando cerca trasformarsi». Mi ricordo averlo udito usare su tal proposito quella similitudine: «Siccome un'acqua agitata dai venti non rappresenta, perché torbida, l'immagine di un uomo che le si accosti; oppure se resta chiara non rappresenta le membra unite al busto, apparendo disgiunto un membro dall'altro; così un'anima, la quale nella contemplazione è combattuta dai venti delle passioni, o agitata o commossa da altri affetti e desiderii non è disposta a ricevere in sé l'immagine di Dio né a trasformarsi nella similitudine di quella divina, la Maestà che va contemplando...».
... Quello che arreca ancor maggior meraviglia, si è che per ordinario nelle sue orazioni non aveva distrazione veruna... Questo nasceva in lui non solo dal concorso grande della grazia di Dio ma ancora dal suo lungo uso di meditare, con cui aveva resa la sua immaginativa totalmente ubbidiente; onde niun altro pensiero gli veniva, se non quello che egli voleva, e in quello talmente fissava la sua attenzione, che poi non sentiva quanto altri dicesse o facesse, né v'era pericolo che si distraesse.
... Rendendo egli una volta conto della sua coscienza ed essendo domandato dal superiore se patisse distrazione nell'orazione; rispose ingenuamente che se «tutte le distrazioni, che aveva avute in quei sei mesi in tutte le meditazioni, orazioni ed esami, si fossero raccolte insieme, non avrebbero fra tutte raggiunto lo spazio di recitare un'Ave Maria».
Nelle orazioni vocali egli trovava qualche maggior difficoltà; non già che in quelle si distraesse colla mente, ma perché non poteva sì tosto penetrare il senso dei Salmi, o delle altre preghiere che recitava onde diceva «avvenire in lui quello, che accader suole
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a chi sta avanti a una porta chiusa, il quale né può entrare, né va altrove». Del resto anche nell'orazione vocale, aveva grandissimi sentimenti e gusti spirituali, specialmente nel recitare i salmi, trasformando egli l'animo suo in questi affetti dei quali essi sono ripieni.

(S. L. Gonzaga - Cepari - pag. 150).

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1 In attesa del volume, pubblicata in CI, 3(1938)4.