Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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GIORNO DECIMOTTAVO

Ubbidienza

S. SCRITTURA

Mentre Gesù parlava alle turbe, una donna levando la voce di mezzo alla folla, gli disse: Beato il seno che t'ha portato, e le poppe che hai succhiato. Ed Egli aggiunse: Anzi beati coloro che ascoltano la voce di Dio e l'osservano

(Lc. 11,27-28).


L'obbedienza è un'eccellentissima virtù: per essa diamo a Dio quanto di meglio abbiamo: la volontà. Per la disubbidienza invece priviamo Dio del maggior ossequio ch'Egli attende da noi.
L'obbedienza si compie con l'uniformità ai divini voleri. Questo volere Divino ci viene manifestato per mezzo dei Comandamenti e consigli evangelici; per mezzo delle disposizioni dei Superiori, per le parole del Confessore e in generale, di chi ha l'ufficio di guidarci; per mezzo di circostanze ed avvenimenti, quali le malattie, il variare delle stagioni e dei tempi. L'ubbidienza è richiesta dal supremo dominio che il Signore ha
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sopra di noi, come Creatore, Padre, Redentore, Santificatore.
Essa è il maggior merito: poiché «melior est oboedientia quam victimae: l'ubbidienza val più dei sacrifici» (1 Sam 15,22). Essa è il segreto per ottenere un gran numero di grazie: «Vir oboediens loquetur victorias: l'uomo obbediente canterà vittoria» (Pr. 21,28).
L'obbedienza per essere perfetta deve sottomettere tutto l'uomo: la mente col giudizio, la volontà con la generosità, il cuore con i sentimenti, il corpo con le potenze, gli atti con tutte le opere.
S. Agostino dice: «Sicut Heva inoboediens et sibi et universo generi humano causa facta est mortis; sic et Maria oboediens et sibi et universo generi humano facta est causa salutis». La disobbedienza di Eva fu causa di rovina perché indusse anche Adamo a disobbedire; ma per l'obbedienza Gesù fu Redentore e per l'obbedienza Maria fu Corredentrice. Ciò compie il pensiero di S. Paolo: Come per la disobbedienza di un uomo tutti siamo diventati peccatori, così per l'obbedienza del secondo Adamo, Gesù Cristo, siamo giustificati (Rm. 5,19).
La disobbedienza di Eva cominciò la rovina che Adamo compì: l'obbedienza di Maria (Ecce Ancilla Domini) iniziò la riparazione che Gesù operò.

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L'obbedienza di Maria fu continua. Bambina, in famiglia, era anche nelle minime cose soggetta a S. Anna ed a S. Gioacchino: nel prendere il cibo, nel vestire, nell'orario, persino nelle
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posizioni in cui era collocata nella culla; e compiva tutto deliberatamente poiché possedette la conoscenza fin dal primo istante di suo concepimento. Nel Tempio poi tutte le regole, tutte le prescrizioni erano da lei scrupolosamente praticate, in modo da diventare il modello delle compagne. Lo stesso matrimonio con Giuseppe non fu effetto che della più perfetta obbedienza a Dio. Legata com'era a quel voto di verginità, amatissima di sì bella virtù, Ella non avrebbe mai pensato a dare la mano di sposa ad un uomo; ma appena Dio le fece conoscere essere questa la sua volontà, subito vi si sottomise ed obbedì. Stava soggetta al suo sposo come a capo di famiglia, senza mai contraddire alle disposizioni di Lui. Per la sua dignità e per i lumi speciali che aveva dal Signore, lo superava di tanto; tuttavia pendeva dai suoi cenni come la più bisognosa di direzione e di consiglio. Ella aveva la cura delle faccende domestiche e l'amministrazione della casa; ma non aveva volontà propria perché si regolava con quella dello sposo ed a lui deferiva ogni cosa. S. Agostino, ammirato di tanta sommissione: «Non est praetermittenda - esclama - tam sancta modestia Virginis Mariae. Christum pepererat... Angelus ad Eam venerat et erat humillima, nec se marito, nec in ordine nominis praeferebat, ut diceret ego et pater, sed: pater tuus, inquit, et ego». O fortunata obbedienza, esclama S. Giovanni Damasceno, che riparò i danni della disobbedienza di Eva! Maria imitò l'obbedienza del Figliuolo di Dio Incarnato, il quale obbedì fino alla morte di croce: «Factus oboediens usque ad mortem, mortem autem
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crucis: si fece obbediente fino alla morte ed alla morte di croce» (Fil. 2,8).
L'obbedienza di Maria fu eroica. Riuscì penosa l'obbedienza che esercitò quando Giuseppe le manifestò l'ordine divino di fuggire di nottetempo all'improvviso in Egitto. Costò alla Vergine, timida per natura, intraprendere un viaggio sì lungo e sì disastroso per ricoverarsi in un paese idolatra e, per odio innato, avverso alla nazione ebrea. Non ebbe tempo di prepararsi il necessario per la fuga, non ebbe scorta, né guida, né conoscenti che le assicurassero il vitto; non sapeva neppure quanto tempo avrebbe dovuto dimorare. Il solo suo Sposo divise con Lei i pericoli, le fatiche, i timori accresciuti dalle tenebre della notte e dalle ricerche di Erode. Eppure Maria non vacillò un istante; si affidò a Dio ed eseguì alacremente la di lui volontà. Maria è sempre pronta: «Nihil sibi libertatis reservans, sed per omnia subdita». Dio vuole: ecco il motivo che le alleggerisce ogni travaglio e la rende generosa nel superare tutti gli ostacoli. Obbedì anche quando non era obbligata. Secondo la sentenza più vera, Maria non era obbligata alla purificazione nel Tempio, perché le parole della legge la eccettuavano espressamente. Nondimeno Ella obbedì ed obbedì ancorché alla vista degli uomini compariva immonda come tutte le madri e bisognosa di purificarsi da sordidezze non mai incontrate. Maria sapeva che questo atto generoso sarebbe stato grato a Dio e senz'altro lo compì in tutta la sua perfezione «...ut perfecerunt omnia quae scripta sunt in lege Moysi» [cf. Lc. 2,39].
L'obbedienza di Maria fu semplice. Obbedì senza badare se i comandi fossero difficili o dolci;
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obbedì, sottomettendo il proprio giudizio e la propria volontà e credendo il tutto essere giusto e secondo il piacere di Dio. Se al posto di Maria si fosse trovata una di quelle anime che vogliono ragionare su tutti i comandi, oh quanti motivi e pretesti avrebbero trovato per non obbedire! I riguardi dovuti al suo stato e, più, al celeste Bambino, sarebbero bastati per esentarla dal viaggio a Betlemme; non il Figlio di Dio doveva obbedire a Cesare, ma Cesare al Figliuol di Dio. Non avrebbe voluto sottostare alla purificazione per non dare occasione di credere che Gesù fosse nato come tutti gli altri uomini. Nella fuga in Egitto si sarebbe facilmente persuasa che l'ordine comunicato dall'Angelo a Giuseppe fosse un'illusione; essere prudenza aspettare la mattina e verificare la cosa; in una parola un'anima che nelle occasioni di obbedire avesse voluto cercare in tutto le ragioni non avrebbe mai obbedito, o soltanto materialmente e con mille imperfezioni. La Vergine SS. invece accoppiò somma prudenza alla somma semplicità. Non turbamenti nella mente, non agitazioni nel cuore, non lamenti sul labbro; conosciuto una volta il volere di Dio da chi teneva le sue veci, lo eseguì con alacrità ed amore.

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L'obbedienza dev'essere pronta, cieca, volenterosa, totale. Tutte queste condizioni si possono ridurre ad una: considerare nelle disposizioni soltanto Dio e l'autorità di Lui in chi comanda.
Il motivo per cui obbediremo non sarà quindi perché ciò ch'è disposto ci piace: perché il Superiore è santo e sapiente; perché comprendiamo
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i motivi e vediamo l'utilità del comando; ma perché «Dio lo vuole». Non sbaglieremo mai obbedendo, acquisteremo anzi grandi meriti; gran conforto sarà la vita di continua sommissione.
Per i Religiosi, poi, l'obbedienza, oltre che virtù, è anche voto; perciò arricchisce l'anima di meriti ancor più grandi.
S. Filippo Neri diceva: «Delle cose fatte per obbedienza non si ha da render conto al Signore, poiché Gesù Cristo disse: "Qui vos audit, me audit, qui vos spernit, me spernit: chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me" (Lc. 10,16)».
Scrive S. Alfonso De' Liguori che Maria per l'affetto che portava alla virtù dell'obbedienza, allorché fu annunziata da S. Gabriele, non volle chiamarsi con altro nome che di ancella: Ecce Ancilla Domini [Lc. 1,38]. Sì, dice S. Tommaso da Villanova, perché questa fedele Ancella non contraddì mai il Signore, né con le opere né col pensiero. Spoglia di ogni propria volontà, sempre e in tutto visse ubbidiente al divino volere: o vera ancilla quae neque dicto neque facto neque cogitatione tu unquam contradixisti Altissimo, nihil sibi libertatis reservans, sed per omnia subdita Deo. Ella stessa confessò che Dio si era compiaciuto di questa Sua obbedienza allorché disse: «Respexit humilitatem ancillae suae: ha rivolto lo sguardo alla bassezza della sua serva» (Lc. 1,48); mentre questa è l'umiltà propria di una serva l'essere tutta pronta in obbedire. L'ubbidienza di Maria fu molto più perfetta che quella di tutti gli altri santi. Tutti sentono difficoltà nel fare il bene; non così la B. Vergine. Scrisse S. Bernardino: In Beata Virgine nullum fuit omnino retardativum
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proinde rota volubilis fuit secundum omnem Spiritus Sancti motum: Maria, perché immune dal peccato originale non aveva impedimenti nell'obbedire a Dio. Di Lei fu detto: «Anima mea liquefacta est ut dilectus meus locutus est: l'anima era venuta meno mentre Egli parlava» (Ct. 5,6). L'anima della Vergine era come un metallo liquefatto pronta a prendere tutte le forme che Dio voleva. L'obbedienza infatti è la gran prova del vero amor di Dio.

DIVOZIONE A MARIA

MARIA NEL CULTO CATTOLICO

Maria Madre della grazia. L'Angelo salutò Maria: «Ave, piena di grazia» [Lc. 1,28]. Secondo i Padri questo saluto singolare e solenne dimostra che Maria fu la sede di tutte le grazie, fu adorna di tutti i divini favori, anzi fu quasi un tesoro infinito ed un abisso inesausto di doni celesti. Questa stragrande ricchezza della nostra Madre è per noi motivo di fiducia illimitata nel suo Patrocinio.
Dalla Madonna ebbe principio la salvezza del mondo, e mediante la SS. Vergine avrà principio la liberazione dal peccato, il possesso della Grazia e della gloria. Oggi, difatti, non solo facciamo la festa di Maria «Piena di Grazie», ma di Maria «Madre della divina Grazia», per indicare che Essa non solo è piena di grazie per sé, ma ne ha da dare anche a tutti noi.
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PREGHIAMO MARIA

Orazione: O Dio che con la feconda verginità della B. Maria desti al genere umano la grazia della riparazione, concedi che godiamo perennemente in cielo della beata compagnia di Colei che chiamiamo in terra Madre della Grazia.

Secreta: Per la tua clemenza, o Signore, e per l'intercessione della B. Maria sempre Vergine, questa offerta ci giovi per la presente e per la perpetua prosperità e pace.

Dopocomunione: Ricevuti gli aiuti per la nostra salvezza ti preghiamo, o Signore, di essere in ogni luogo protetti dal patrocinio della B. Maria sempre Vergine, in onore della quale abbiamo offerto alla Tua Maestà questo Sacrificio.

ESEMPIO

S. FILIPPO NERI

Nacque a Firenze nel 1515. Ancor fanciullo lo chiamavano Pippo il buono. Cresciuto negli anni passò a Roma nel 1534, ove fondò la Congregazione dei Preti dell'Oratorio a vantaggio della gioventù. Pure a Roma si compiaceva di intrattenersi fra cenciosi mendicanti sulle piazze e nelle vie, negli ospedali, al letto degli infermi, nei fondachi, ai tribunali, nei tugurii come nei palazzi per insegnare a tutti la carità, per consolare gli afflitti, per sorreggere la debolezza vacillante, con giovialità condita di inesauribili arguzie.
Soleva ripetere ai suoi penitenti: «Figliuoli siate umili, siate bassi; la santità consiste in tre dita di spazio» e ciò dicendo metteva la mano alla fronte.
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Nemico degli scrupoli, amante dell'allegria, scherzando esclamava spesso: «Scrupoli e malinconia, lungi da casa mia!».
Ma ove il suo zelo ancor più si distinse fu nella divozione alla Madonna. Negli 80 anni di sua vita ne fu divoto a segno che non faceva quasi mai discorso senza intromettervi: «Figliuoli miei, siate divoti della Madonna, siate affezionati a Maria». Fin dai primi anni soleva salutare la Vergine col dolce titolo di «Mamma mia». Col Rosario alla mano percorreva le contrade di Roma, chiamando anime traviate a penitenza. Innumerevoli poi furono le guarigioni portentose ottenute per le preghiere di S. Filippo alla Vergine SS. Sul letto dei suoi ultimi dolori andava ripetendo: «Paradiso, Paradiso, con Maria ben sarai la stanza mia!». E la Regina del Cielo da lui sì costantemente amata e pregata con tanto fervore, lo compensò, visitandolo nella sua serena agonia per annunziargli che tra poco lo avrebbe preso con sé in cielo.

LODE

Maria Mater gratiae
dulcis parens clementiae.
Tu nos ab hoste protege
et mortis hora suscipe. Amen.
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