Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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CAPO VENTIQUATTRESIMO
CULTO ALLA S. SCRITTURA

AL VANGELO ED IN GENERALE ALLA S. BIBBIA È DA PRESTARSI UN CULTO RELATIVO DI LATRIA: CON LA MENTE - CON LA VOLONTÀ - CON IL CUORE

Il culto è la testimonianza dell'eccellenza altrui e della sommissione propria. Si divide: a) in culto di latria, iperdulia, e dulia, secondo che si presta a Dio, o a Maria SS., o ai Santi.
b) In interno ed esterno. Questo si suddivide ancora in pubblico e in privato secondo che è prestato a nome della Chiesa e da persone a ciò deputate oppure manca una di queste condizioni. (Canone 1256).
c) In assoluto se si tributa a Dio o ai Santi; in relativo se si presta invece alle sacre reliquie o alle immagini.
Principii: Dio solo è da adorarsi con culto di latria (Matt. IV, 10; can. 1255, par. 1).
La beatissima Vergine Maria si deve venerare con culto assoluto di iperdulia. (Can. 1255, par. 1).
Gli Angeli e i Santi si devono venerare con culto di dulia (Can. 1255, par. 1).
Le reliquie dei Santi, le statue ecc. si devono onorare con lo stesso culto che si dà alle persone
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di cui sono le reliquie, ecc., ma relativo (Can. 1255, par. 2).
Conclusione: si adorano con culto assoluto di latria: la SS. Trinità, ognuna delle tre persone separatamente, l'Eucaristia, l'Umanità di Gesù Cristo, il Sacro Cuore. La santissima umanità di Gesù Cristo considerata congiunta col Verbo si deve adorare con culto di latria assoluto e simultaneo col Verbo.
Il nome di Cristo, le gocce del sangue lasciato, la Croce e gli strumenti della Passione si devono adorare con culto di latria, ma relativo.
Ai Santi canonizzati si deve il culto pubblico e sacro: il medesimo culto si attribuisce anche ai beatificati, ma più limitato secondo vien determinato dalla consuetudine o dall'indulto pontificio.
Le reliquie dei Santi si devono conservare nella chiesa (Can. 1282); ma non nel tabernacolo. Non si espongono pubblicamente se non consta la loro genuinità da documento autentico di qualche Cardinale di S. R. C. o dell'Ordinario del luogo, o di qualche uomo ecclesiastico a cui sia stata concessa la facoltà di autenticare per indulto Apostolico (Can. 1283, par. 1).
Le immagini si onorano come le reliquie: ma con le immagini non si dà la benedizione.

CON LA MENTE


Il culto di latria è un culto supremo e dicesi anche adorazione, che termina a Dio. Che se va direttamente al Signore dicesi assoluto; se invece passa attraverso ad un oggetto che lo rappresenta dicesi relativo.
La Sacra Scrittura ci rappresenta la SS. Trinità, meglio che un quadro od una scultura; il S. Vangelo ci rappresenta la Persona Adorabile di Gesù Cristo, meglio che una Pittura od un crocifisso
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di qualche materia sensibile. Culto dunque di adorazione, quindi cioè di latria, ma relativo.
Questa dottrina è di fede, essendo definita dal Concilio Costantinopolitano IV (VIII ecumenico).
Il Conc. II di Nicea, VII ecumenico - 7 sess. 13 ott. 787, citato il Simbolo ed i sei precedenti Concili ecumenici, decretò: «Le sante e venerande immagini, del pari che la croce, siano dipinte od in mosaico od in altra materia, possono e si devono ritrarre sia nelle Chiese che nelle case, per le vie, su tavole, vasi ed abiti; purchè siano immagini del Salvatore, della Madre di Dio, di Angeli e di Santi.
Per esse chi le riguarda è elevato a pensare all'originale e a imitarlo. È pure lecito prestare a queste immagini, secondo l'antica usanza, una certa venerazione mediante il bacio e saluto, l'incensazione, l'illuminazione, l'inchino e prostrazione (proscunesis), come si usa pure verso l'immagine della croce, i Vangeli, e altri oggetti sacri, ma non l'adorazione propria (latria), non convenevole che alla sola natura divina. All'immagine invece non si conviene che la sola venerazione relativa. L'onore ad essa prestato, passa all'originale, cioè alla persona da essa raffigurata»1.
Qui vi è già un culto e una testimonianza che questo culto rispecchia un'antica usanza.
Concilio Costantinopolitano IV - VIII ecumenico (869-870).
Can. III. - Decretiamo che la sacra immagine di Nostro Signore Gesù Cristo, liberatore e salvatore di tutti, si adori con onore pari al libro dei Santi Vangeli. Poichè, come attraverso alle parole contenute nel libro tutti conseguiremo la salute, così per l'azione dei colori dell'immagine tutti e sapienti e ignoranti, ne ritraggono utilità, come
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appare chiaro. Infatti le stesse verità che esprime ed insegna la disposizione delle sillabe, queste ancora sono predicate ed inculcate dalla disposizione dei colori. Or è cosa degna che, stante la somiglianza delle ragioni, e l'antichissima tradizione, quanto all'onore, riportandosi esse agli oggetti primari, per derivazione si onorino anche e si adorino le immagini allo stesso modo che il sacro libro dei santi Vangeli e il Crocifisso.
Se qualcuno adunque non adora l'immagine di Cristo salvatore non vegga la sua figura, quando verrà nella gloria del Padre ad essere glorificato e glorificare i suoi Santi (II Tess. I, 10); ma sia separato dalla sua comunione e dalla sua gloria.
E coloro che non si diportano così, siano scomunicati dal Padre, dal Figlio, e dallo Spirito Santo.
Qui viene il culto dell'adorazione, ed è riconosciuta una tradizione antichissima.
Sacra Scrittura: -
Dio fa porre le tavole della legge, scritte da lui stesso, nell'Arca, ove era pure la manna. Mosè dice: «E tornai, e sceso dal monte posi nell'Arca che avevo fatta, le tavole, e vi sono tuttora, come il Signore mi ha comandato»2.
Il libro della legge è posto a fianco dell'Arca, nel Santo dei Santi; e solo i veri sacerdoti portavano l'Arca col libro della legge. Finito di scrivere le parole di questa legge, Mosè disse ai sacerdoti: «Prendete questo libro e mettetelo a lato dell'Arca dell'alleanza del Signor Dio vostro, che rimanga come testimonio contro di te»3.
Come si vede qui, Dio già nell'Antico Testamento unisce nell'onore e nel culto la manna, figura dell'Eucaristia, Cristo-Vita, con le tavole e il libro della legge, parte della Bibbia, e figura del Vangelo, Cristo-Verità. Or se questo Dio dispose
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per le figure, tanto più dovette avverarsi per la realtà. Dunque il Vangelo si può onorare di culto simile a quello dato a Cristo stesso.
Tradizione: - Sia il Concilio di Nicea II, che quello di Costantinopoli IV accennano ad una Tradizione antica l'uno, antichissima l'altro; di più il culto dato al Vangelo è preso come motivo per confermare il culto alle immagini del Salvatore. Inoltre il Concilio di Costantinopoli nel Can. 1 contro Fozio scrive: «Volendo camminare sulla costante e regale via della divina giustizia senza inciampare, dobbiamo ritenere le definizioni e le sentenze dei SS. Padri come lampade sempre ardenti, le quali rischiarano i nostri passi, che sono secondo Dio». Dunque nell'ammettere il culto al libro dei Santi Vangeli camminano sulle orme dei Padri e della tradizione cristiana.
Nella Liturgia attuale si onora il Santo Vangelo e la Sacra Scrittura:
a) Con fare di essa la maggior parte del Breviario, gran parte della Santa Messa, di più in quella didattica (fino all'Offertorio), poi nel centro del Divin Sacrificio con le parole della consecrazione, e alla Comunione; tutta la ossatura della S. Messa è basata sulla Bibbia.
b) Con il bacio del Vangelo, oggi per parte del Celebrante; una volta anche per parte dei ministri e del popolo. (Mioni: Manuale di S. Liturgia, Vol. I, pag. 235, nota; Card. Mermillod).
c) Con accendervi i lumi ed incensarlo prima che venga cantato dal Diacono nelle Messe solenni.
Ragione: - Dove uguali sono i motivi uguale deve pure essere il culto; ora il Concilio Costantinopolitano IV nel decretare l'adorazione per l'immagine del Salvatore oltre che nella Tradizione, si basa precisamente sulla somiglianza dei motivi fra il crocifisso e il libro dei Santi Vangeli e l'immagine del Redentore. Dunque l'adorazione del
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libro dei Vangeli e per estensione della S. Scrittura, deve esser ammessa. Anzi, se si può adorare un'immagine del Salvatore, a più forte motivo si può adorare la sacra Scrittura la quale, secondo il Cornely, non contiene tanto la parola di Dio, quanto piuttosto è la stessa parola di Dio. (Introduzione alla S. Scrittura, N. 1).
La Fede nel Vangelo deve essere:
a) Cattolica; cioè lo Spirito Santo illumina ognuno dei lettori ma non infallibilmente: illumina invece infallibilmente la Chiesa nell'interpretarlo secondo la mente del Divin Maestro. Perciò prima di leggere si abbia una sufficiente istruzione religiosa; nel leggere si tenga innanzi un commento approvato dalla Chiesa.
b) Cristiana, che significa: leggere il Vangelo con quell'amore e spirito con cui Gesù lo ha predicato agli uomini. Egli mirava unicamente a glorificare il Padre ed insegnare agli uomini la via della pace spirituale temporale ed eterna. Si cerchi di farci veri discepoli, docili discepoli del Maestro Divino. Il Vangelo è uscito dal Cuore di Gesù; lo si interpreti con un cuore pieno d'amore.
c) Semplice. Poichè è l'anima innocente che capisce Gesù; è l'anima umile che lo segue. Capiscono Gesù i semplici e retti di cuore; i farisei cavarono dalla sua dottrina pretesti per condannarlo e farlo condannare. Occorre un cuore simile a quello degli Apostoli, simile a quello della Madre di Gesù.
d) Forte. Il Vangelo converte: ma occorre coraggio a proporlo agli smarriti e deviati; occorre coraggio a sacrificare le passioni per seguire Gesù Cristo.

CON LA VOLONTÀ


Dice Cornelio a Lapide (vol. III, 3-4): Che cosa è il Vangelo? È il libro di Cristo, la filosofia,
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la Teologia di Gesù Cristo, il lietissimo annunzio della redenzione, della grazia e della salute del genere umano, portato dal cielo per mezzo suo e conferito agli stessi credenti. Poichè G. C. disse a viva voce verità molto più sublimi e divine che Dio non avesse dette per mezzo di Mosè e dei profeti.
Per questo leggere od udire il Vangelo è leggere o sentire la stessissima voce del Figlio di Dio. Il Vangelo si deve dunque ascoltare con tanta riverenza come si ascolterebbe Gesù Cristo stesso; come del resto leggiamo aver fatto S. Antonio, S. Basilio, S. Francesco e tanti santi.
S. Agostino nel trattato 30 sopra S. Giov. dice: Noi ascoltiamo pertanto il Vangelo, come fosse presente il Signore; il Signore è in alto, ma anche qui vi è il Signore-verità. A questo riguardo nel tempio, quando si legge il Vangelo tutti si alzino in piedi, quasi in quello venerando Gesù Cristo, ed insieme anelino al cielo promesso nel Vangelo; e questo per disposizione degli Apostoli. Ascoltiamo S. Clemente (lib. II, Costitut. Apost. capo 61): Quando si legge il Vangelo tutti i sacerdoti, i Diaconi ed i laici si alzino con grande silenzio. - Esiste pure nello stesso senso un altro decreto del Papa Anastasio a tutti i Vescovi della Germania e della Borgogna in questi termini: «Ci avete fatto sapere che alcuni quando si legge il Vangelo stanno seduti». E poco dopo: «Questa cosa coll'autorità apostolica comandiamo che in nessun modo abbia da avvenire in seguito; ma quando si leggono nella Chiesa i santi Vangeli, i Sacerdoti e tutti gli altri presenti, non seduti, ma in piedi, e curvi per riverenza al cospetto del S. Vangelo, ascoltino attentamente la parola del Signore e l'adorino con fedeltà». (Can. Apost. de Consecrat. dist. I).
Questa consuetudine di alzarsi al Vangelo, Isidoro di Pelusio (lib. I, epist. 136) prova che esiste
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anche per i Vescovi. Dice infatti: «Poichè quando lo stesso vero pastore si avvicina per aprire gli adorabili Vangeli, allora finalmente si alza il Vescovo e depone l'abito di imitazione significando con questo che lì vi è il Signore stesso, il Duce, il Dio ed il padrone dell'arte pastorale».
Sozomeno condanna (lib. 9 della Storia Trip. c. 39) il rito degli Alessandrini, presso i quali, contro l'uso comune, il Vescovo non si alza mentre si leggono i Vangeli.
Finalmente il Concilio Costantinopolitano IV ecumenico VIII, Sessione X, Can. 3, stabilisce che al Vangelo si deve dare un onore pari alla Croce di Gesù Cristo.
Il Sacerdote ed il popolo, nella S. Messa, all'inizio della lettura del Vangelo, si fanno tre segni di Croce: sulla fronte, sulla bocca, sul petto. Indicano che per la virtù della croce noi chiediamo di voler onorare il Vangelo con la mente, col cuore, con la bocca. La mente crede al Vangelo perchè esso è la stessa rivelazione, la stessa parola di Dio; con il cuore poichè lo si ama come la nostra redenzione e la nostra salute ed in esso si ama Gesù; con la bocca confessiamo coraggiosamente la nostra fede innanzi al mondo.
La vita dei cristiani è quella che onora o disonora il Vangelo. I cristiani dei primi tempi si conoscevano fra i pagani dalla loro carità, morigeratezza, laboriosità, coraggio. I discepoli buoni rendono testimonianza della bontà di dottrina e di vita del loro Maestro.

CON IL CUORE


Processioni. È buona cosa che venga recato in processione, in quanto ciò è permesso dalle leggi liturgiche. A questo proposito si leggeva nell'Osservatore Romano (19-II-1933): «Sappiamo da
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Cencio Camerario il rito di portare in processione, sulle spalle dei Diaconi, fra le palme, i turiboli di incenso, i candelieri accesi e dopo gli stendardi delle scuole della città, un elegante e vistoso leggio chiamato «Portatorium», affinchè si usasse al Vangelo un onore simile a quello ricevuto da Gesù Cristo stesso».
Quest'abitudine è santa e veneranda. Essa è veramente degna di venire continuata.
Preghiere. Per venire liberati dalle tentazioni e dalle disgrazie molto giova portare il Vangelo. «I demoni stessi sono presi da paura davanti al codice del S. Vangelo, perchè questo incute loro un sacro orrore». Scrive S. Giovanni Crisostomo, Om. 51 su San Giov. Evang., che i demoni non osano entrare nel luogo in cui vi è una copia del Vangelo. Tenerlo dunque nelle case, addosso di giorno, presso il letto di notte e nelle malattie, negli ospedali, ecc.
Per questa divozione Iddio compì molti miracoli. Narra, ad esempio, S. Gregorio di Tours nella vita dei Padri, c. IV, che devastando un incendio le città di Alvernia, San Gallo entrò in Chiesa; pregò a lungo innanzi al S. Altare; poi, alzatosi, prese il libro del Vangelo. Col Vangelo si avanzò contro l'incendio, questo si estinse, non ne rimase neppure una favilla. Altri miracoli simili riferiscono S. Marziano e Niceforo.
Novene e tridui. Molto giovano le novene ed i tridui fatti in questo modo: per nove giorni o per tre giorni leggere un capitolo del Vangelo.
(Da Cornelio a Lapide Vol. VIII, pag. 2). Fu sempre mirabile la riverenza dei cristiani riguardo al Vangelo, mirabile l'amore, mirabile la venerazione. Niceforo (nel libro 14 capo III) riferisce che due Concili Ecumenici di Nicea, quello di Calcedonia ed Efeso, ponevano in mezzo alla sala delle adunanze il testo del Vangelo, affinchè
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si rivolgessero ad esso come alla Persona di Gesù Cristo; come se Gesù dicesse: «Fate un giusto giudizio» dice S. Cirillo nell'apologia. Così in mezzo, nel Concilio di Trento, stava la Sacra Scrittura.
Dal Diritto Canonico è stabilito che nel giuramento solenne si ponga la mano sul Vangelo e così si giuri. E quindi anche presentemente noi affermiamo o neghiamo sul Vangelo, con giuramento, dicendo: «Così Dio mi aiuti e questi santi Vangeli di Dio».
Come dunque giuriamo per Dio così per i Vangeli, quasi per la sacrosanta sua parola. E si domanda qui la grazia che ci aiuti, a confessare la verità e mantenere fedeltà alle promesse, il Signore; e ci aiutino i santi Vangeli che sono la imagine di Dio.
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1 Hengenröther, Storia Universale, Vol. III, pag. 40.

2 Deut. X, 5.

3 Deut. XXXI, 26.