Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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19. CHI SI ESALTA - CHI SI UMILIA
(Domenica X dopo Pentecoste)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 19 agosto 19621

...San Luca, capo XVIII.
Gesù propose questa parabola a certuni i quali si compiacevano delle proprie virtù e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo, l'altro pubblicano. Il fariseo, a testa alta così pregava dentro di sé: "O Signore, ti ringrazio di non essere io come gli altri: ladri, ingiusti, adulteri o come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana e ti offro la decima parte dei miei beni". Il Pubblicano, invece, non osava andare avanti e neanche alzare gli occhi al cielo, ma si percuoteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me, peccatore". Vi assicuro che, quando questi tornò a casa sua, davanti a Dio era più giusto dell'altro. Infatti, chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato»2.
Questo va d'accordo intimamente con l'Oremus: "O Signore che mostri la tua onnipotenza soprattutto nel perdonare e nel compatirci, moltiplica su di noi la tua grazia affinché ci faccia raggiungere la patria celeste alla quale aneliamo, secondo le tue promesse".
Il che significa che noi siamo ammirati delle opere di Dio e diciamo: Signore, quanto sei grande, hai creato il cielo e la terra, tutte le cose che si vedono, tutte le cose che ci servono; tanti miracoli si sono ripetuti nella storia e continuamente si moltiplicano per le mani, nella tua misericordia, di molte anime, di molti Santi. Ma ciò che più ammiriamo non è tanto l'onnipotenza nel compiere questi prodigi e nel creare il cielo e la terra, ma ammiriamo di più la tua onnipotenza nel perdonare.
E' facile dire a un monte: togliti di lì perché impedisci di passare o di costruir la chiesa, e il monte obbedisce e si fa più in là. Ma togliere il peccato da un'anima è una potenza, una onnipotenza che si manifesta più largamente. E' sempre onnipotenza di Dio. Dio è infinitamente potente, ma la sua misericordia [si] mostra di più nel perdonare, la sua potenza si mostra di più nel perdonare che non nell'operare prodigi esterni. Perché convincere e richiamare un peccatore, quando è ostinato... il monte non si oppone, ma il peccatore si oppone, non vuole arrendersi, si ostina. Perché l'uomo è libero e può abusare della sua libertà e opporsi agli inviti di Dio.
E poi il peccato è un male infinito. Togliere il peccato è onnipotenza di Dio. «Chi può rimettere il peccato se non Dio solo?»3. Eh, questa espressione: "solo Dio". D'altra parte, nella confessione interviene proprio Gesù Cristo perché è lui che assolve.
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Allora ecco, comprendiamo il significato della parabola.
E' necessario che noi ci disponiamo alla misericordia, è lì il punto dove l'uomo può opporsi col suo orgoglio, non riconosce i falli, si vanta di qualche cosa, ricorda magari che ha fatto qualche opera buona. Ma Gesù Cristo che cosa ci fa capire?
L'introduzione alla parabola è significativa: «Gesù propose questa parabola a certuni i quali si compiacevano delle proprie virtù e disprezzavano gli altri».
Quante anime perché vanno a Messa, perché fanno qualche poco di bene, e criticano, e giudicano, e condannano, e condannano dal parroco fino a tutti i maestri e a tutti quei che sono attorno a loro come se fossero loro soltanto della gente che fa bene: «si compiacevano delle proprie virtù e disprezzavano gli altri».
Questo può succedere che critichiamo gli uomini, critichiamo tanta gente che non fa bene. Ma noi facciamo già il bene che dobbiamo fare in proporzione delle grazie ricevute? Oh, nessuno può alzar la testa a questo riguardo.
«Due uomini salirono al tempio a pregare; uno era fariseo e, a testa alta, così pregava dentro di se».
E cioè si lodava, pregava a testa alta credendosi giusto davanti al Signore perché aveva un'osservanza esteriore: digiuni prescritti dalla legge e pagava le imposte, e cioè dava i contributi dei raccolti, le decime al tempio. Oh, «e disprezzava gli altri» facendone come un fascio solo: tutti gli altri sono ladri, ingiusti, adulteri o come questo pubblicano; cioè quel pubblicano che stava in fondo alla chiesa e che questo fariseo disprezzava.
Oh, allora, guardarci dalla superbia la quale impedisce la grazia di Dio. Il Signore ci vuole far santi, ma col nostro orgoglio, con la nostra superbia impediamo tante grazie: «io digiuno due volte la settimana, ti offro la decima parte dei miei beni».
Il pubblicano invece stava in fondo al tempio, non osava alzare gli occhi verso l'altare, verso il cielo: «Signore, abbi pietà di me che son peccatore».
E questo che cosa significa? Significa che se il cuore è gonfio di amor proprio, se c'è la superbia, le grazie non possono penetrare. Il Signore la offre, la grazia, ma l'uomo si oppone col suo orgoglio. Non si opporrebbe il monte a trasferirsi, al volere di Dio, ma l'uomo che è libero si oppone alla grazia di Dio.
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Allora abbiamo da fare il nostro esame di coscienza. Finché non ci crediamo ancora i peggiori degli uomini, la nostra santificazione è ancor sempre poco poco avviata; non è consumata certamente, ma anche poco avviata. Se trovassimo il fondo del nostro cuore, e cioè, sapessimo quanti debiti abbiam con Dio e come tutto è di Dio; e se qualche cosa di bene si è fatto non è nostro, ma ispirazione di Dio, la grazia di Dio, la forza che Dio ci ha sostenuti a fare quella piccola opera, ecc. Quod debuimus facere fecimus1. Abbiamo fatto quello che era dovere.
Ecco, il pubblicano tornò a casa giustificato. Giustificato vuol dire santo, perché è in grazia di Dio. «Vi assicuro che quando questi tornò a casa sua davanti a Dio era più giusto dell'altro, ecco. Infatti: chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato».
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Allora la pratica dell'umiltà. Ammirare la misericordia di Dio con tanti debiti che abbiamo.
Umiltà con Dio: confiteor Deo omnipotenti, la nostra posizione è quella. Come comincia la giornata così comincia la Messa, per chi è umile. Comincia la Messa col confiteor e così chi comincia la giornata: "Signore, ecco il tuo servo. Ti ringrazio della buona notte. Ti ringrazio della misericordia che mi hai sempre usata, e posso oggi anche cadere, ecc.". Cominciar la giornata nell'umiltà e, con Dio, sempre la riconoscenza, che è umiltà. Riconoscenza a Dio. Sempre il ricordo delle nostre debolezze, fragilità. L'umiltà del cuore: «Imparate da me che son mansueto ed umile di cuore»1, dice Gesù. Umiltà davanti a Dio.
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Secondo: umiltà col prossimo. Come ci comportiamo? Persone che, in sostanza, si credono più buone, che siano tutti giusti, santi. Così, trovano tanti difetti negli altri e pochi difetti in se stessi; ed è lì il male: che pensiamo troppo spesso agli sbagli degli altri e non pensiamo a rimediare i nostri. Umiltà col prossimo. Sempre trattare con riverenza, rispetto, bontà. Umiltà nelle parole: non stare a contare ciò che abbiamo fatto di bene. Chi è che può vantarsi davanti a Dio? E proprio quel bene, è stato fatto bene?
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E poi abbiamo [da] conservare l'umiltà, rispetto nell'obbedienza, nella sottomissione, nel sottomettersi a Dio, nell'adempiere anche le cose che a noi sembrano piccole, che non abbiano grande importanza. Umiltà di cuore. Umiltà specialmente nelle occasioni pericolose. Umiltà nella preghiera, perché il Signore ci tenga la mano sul capo e non commettiamo degli errori tanto gravi. Dei difetti, tutti i giorni ne commettiamo una quantità, ma che non siano tanto gravi e non siano volontari.
Occorre tener presente: «Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato». E il Signore che vuole richiamarci all'umiltà permette, alle volte, delle cadute umilianti affinché impariamo che siam fatti di fango, di terra e allora, eh! a forza di lezioni, con sbagli in continuità, alla fine avrem dovuto imparare la lezione: sono stato superbo: bonum mihi quia humiliasti me1. Ti ringrazio, o Signore, perché mi hai umiliato affinché imparassi la virtù fondamentale, e cioè l'umiltà.
Perché la santità, senza il fondamento dell'umiltà non può essere santità vera. Ma sull'umiltà si costruisce la vera santità. D'altra parte, quanto ci umiliamo, tanto siam perdonati da Dio. Allora la confessione nostra non solamente ci serve di assoluzione del male, ma ci porta una grande grazia e cioè la forza per resistere al male, per risorgere, per far propositi fermi, sì, bonum mihi quia humiliasti me: è cosa buona, o Signore, che mi hai umiliato.
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Ora i nostri propositi. Ma facciamoli sempre con umiltà. Sappiamo quanto valgono, alle volte, i nostri propositi: se valgono fino a colazione, se valgono fino all'indomani, se valgono per tutta la settimana o tutto l'anno? Sì. Ma l'umile ha sempre grazie. L'umiltà attira le grazie e invece la superbia le allontana e, qualche volta, non vediamo anche le cose più chiare perché la superbia ci ha ottenebrato lo spirito. Che grande fortuna, che grande grazia è questa dell'umiltà! E sant'Agostino: Se vuoi alzare un grande edificio di santità, prima metti le fondazioni, che è l'umiltà1.
Chiediamola questa grazia dell'umiltà. Quanto di più avremmo fatto nella vita se fossimo sempre stati umili! Ma ringraziamo anche il Signore di questa parabola che ci fa capire tante cose, ci fa conoscere un po' di più noi stessi.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 * Nastro 113/a (= cassetta 112/a). Per la datazione, in PM nessun accenno cronologico (cf PM e nostra nota in c162). - dAS 19/8/1962 (domenica): «m.s.» (cf dAS in c112).

2 Lc 18,9-14.

3 Cf Lc 5,21.

1 Lc 17,10.

2 Mt 11,29.

1 Sal 118,71.

1 Cf S. AGOSTINO, Lettera a Dioscoro, 118, 3, 22.