Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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8. DOVERE DELLA SANTIFICAZIONE
(Domenica II di Quaresima)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 18 marzo 19621

«...nell'Epistola di oggi [san Paolo] ci supplica - adopera questa parola - ci prega e supplica che attendiamo alla santificazione nostra. «E vi esortiamo a seguire la condotta che vi ho insegnato, a progredire sempre. La volontà di Dio è che vi facciate santi».
Il Vangelo: In quel tempo Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, suo fratello, e li condusse in disparte sopra un alto monte. Là si trasfigurò davanti a loro. Il suo volto risplendeva come il sole, le sue vesti erano candide come la neve. Ed ecco apparvero loro Mosé ed Elia che parlavano con Gesù. Pietro prese a dire a Gesù: «Signore, quanto è bello per noi lo star qui: se vuoi facciamo tre tende, una per te, una per Mosè ed una per Elia». Mentre egli stava ancora parlando furono avvolti da una nube luminosa e dalla nube udirono una voce: «Questo è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». Udendo la voce i discepoli caddero bocconi per terra ed ebbero gran timore. Ma Gesù accostatosi, li toccò e disse: «Alzatevi, non temete». Ed essi alzando gli occhi non videro altro che Gesù. Mentre scendevano dal monte, Cesù disse loro: «Non parlate ad alcuno della visione finché il Figlio dell'uomo non sia risuscitato dai morti2.
Ora, nel commento si parla della nostra santificazione, la santificazione che è per tutti i cristiani. «Questa è la volontà di Dio: che siate santi»3. Ma la santificazione, in modo particolare, appartiene ai religiosi che vivono in stato giuridico di perfezione. Così lo sono gli Ordini, così le Congregazioni, così gli Istituti secolari. Stato di perfezione. Che vuol dire che, mentre altri hanno compiti, altri compiti sulla terra: padre e madre devono educare i loro figliuoli, vivere da buoni cristiani, attendere a degli uffici. Ma il mestiere, il lavoro del religioso è la santificazione. Certo si dà molta importanza all'apostolato che viene eseguito, chi in una forma, chi in un'altra. Ma precisamente il lavoro principale è la santificazione, la quale santificazione richiede la preghiera, le pratiche di pietà, ma soprattutto richiede che togliamo sempre di più ciò che è difettoso e mettiamo sempre di più ciò che è santo.
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E in che cosa consiste [la santificazione]? Fede più profonda; speranza più ferma nei meriti di Gesù Cristo, nell'intercessione della Vergine; amore più intenso al Signore e al prossimo. Quindi poi le virtù cardinali e tutte le virtù che devono ornare il cuore, l'anima religiosa, in particolare l'umiltà e la carità.
Ecco, se una persona religiosa ha l'ufficio, supponiamo, di far la cucina e, viene l'ora, la minestra non è fatta, quel che è necessario in tavola, e tutti [pensano:] "Non ha compiuto il suo dovere". Alla fine, quando ci trovassimo senza la santità, allorché il Signore ci esaminerà e con lui saranno a vedere, assistere al giudizio [gli angeli e i Santi] non avessimo raggiunto la santità, allora: "Ecco, non ha fatto ciò che doveva".
E perciò bisogna che noi, invece, in quel giorno, possiamo sentire: Ecco [il] fedele buon servo: ha ricevuto cinque talenti, li ha fatti rendere, ne ha guadagnati altri cinque, dunque: «entra nel gaudio del tuo Signore», dirà Gesù1.
Così, fare il principale nostro lavoro che passa sopra tutti gli altri compiti, che non può fare nessun altro che noi stessi, che ciascheduno per se stesso. Ma: "Prega per me". Ma sì, "prega per me". Certamente il pregare per gli altri, e che altri preghino per noi è cosa santa, ed è di aiuto, ma la corrispondenza alla grazia poi [occorre]; gli altri possono ottenercene un po' di buona volontà e possono ottenercene un po' di grazia, ma la corrispondenza è poi nostra, e il lavoro spirituale di santificazione non è fatto da altri che da noi.
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E non basta che ci sian le cose esteriori fatte bene, bisogna sempre che guardiamo con che intenzioni, con che disposizioni noi ci troviamo; perché può essere che una tolga la polvere, l'intenzione retta: vuole anche togliere la polvere della sua anima e lo faccia con grande umiltà e servizio: «Son l'ancella del Signore»1; e può essere che un'altra compia un lavoro distinto che tutti vedono, tutti lodano, ammirano e che invece le disposizioni siano un po' di compiacenza, siano un po' vane, un po' superficiali, non profonde. Allora, chi è che guadagna di più? Chi ha le migliori disposizioni interne. Sempre siamo lì: anime di vita interiore. Allora l'esterno viene poi come un riflesso e come un soprappiù e come una dimostrazione fuori di quello che c'è dentro.
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Oh, da notare quello che abbiam letto nel Vangelo di san Matteo, adesso. E il Signore Gesù, per far coraggio agli Apostoli, ha dato un saggio della sua gloria con la trasfigurazione, un saggio della sua gloria ai tre discepoli o apostoli che erano più addentro, che capivano di più le cose spirituali - crediamo - un saggio della sua grandezza, della sua divinità. Oh, il Padre celeste intervenne: «Questo è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo». Dunque piace al Padre celeste il suo Figlio: «Questo è il mio Figlio diletto nel quale mi son compiaciuto». Cioè, che mi piace. Perché era santo: «Colui che nascerà da te è il Santo»1, è la Santità stessa, perciò piace al Padre celeste. Così, piacere noi al Padre celeste perché siamo intenti sempre a togliere ciò che dispiace al Signore e a mettere ciò che piace al Signore e allora si compiace il Padre celeste.
Oh, vedere però ancora, riflettere che, nell'altro Vangelo di san Luca si aggiunge che: trasfigurato Gesù, apparvero Mosè ed Elia: Mosè che rappresentava la Legge, Elia che rappresentava la Profezia. Ma di che cosa parlavano? Parlavano con Gesù. Ma qui non è detto, nel Vangelo di san Matteo, di che cosa parlavano, invece è detto nel Vangelo di san Luca che aggiunge (perché ognuno degli evangelisti nota alcune cose, nessuno nota tutto): parlavano della passione di Gesù Cristo, Gesù con Mosè ed Elia2. Ora, ecco, perché Gesù così si umiliava e si adattava, accettava la volontà del Padre celeste di andare a patire e morire, perciò, ecco, il Padre celeste si compiace.
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Ogni volta che facciamo il volere di Dio, il Padre celeste si compiace, quando accettiamo qualche croce, qualche pena o corporale o morale, o qualche pena individuale o qualche pena che viene dagli altri; un poco è il tempo, un poco invece sono gli uomini, anche i migliori. Facciamo il viaggio insieme e viaggiando insieme, tante volte, uno dà fastidio all'altro. Ma quando è che il Padre celeste si compiace? Quando accettiamo tutta la sua volontà. E questo è proprio la santificazione, quando tutto accettiamo e facciamo proprio: "Perché piace a te, o Padre celeste". E Gesù poté dire: Quae placita sunt ei facio semper1: faccio tutto quel che piace al Padre celeste. E Maria piacque al Signore: «Ecco l'ancella del Signore, sia fatto di me secondo hai detto»2.
Ecco, in questa volontà di Dio continuata, quotidiana, di momento per momento, sta la santità; sta la santità in quelle disposizioni intime del cuore: "Padre celeste, fa di me quel che vuoi". Oh, sì.
Ora, riparare le nostre resistenze al volere di Dio in certe piccole cose. In sostanza si è cercato di fare quel che voleva il Padre celeste rispondendo alla vocazione, ma poi nei piccoli particolari o anche, alle volte, in giornate intiere la volontà nostra non è del tutto che combaci con la volontà del Padre celeste, c'è un po' di resistenza. E allora, tanto avevo predicato sull'uniformarsi al Padre celeste. Ecco, questo.
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E abbiamo l'ateismo: negano Dio. E allora, uno degli intenti e una parte della spiritualità delle Annunziatine e dei Gabrielini, hanno proprio: riparare i peccati più gravi che ci sono: l'ateismo, gli atei. E ora si allarga così questo peccato che bisogna che facciam sentire le nostre riparazioni, interveniamo a pregare.
Oh, ecco, riconoscere il Padre celeste e, d'altra parte, riparare i peccati che si comme[ttono], specialmente chi nega il Padre celeste, che è il principio di tutto. Il Padre che genera il Figlio, e lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. E la creazione, le opere di potenza sono attribuite al Padre. E chi fa la volontà del Padre, onora il Padre.
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Oh, allora, questa volontà di Dio: che ci santifichiamo, in generale. Poi, come mezzo: uniformità al Padre, alla volontà del Padre. E allora il Padre celeste può dire: "Questo è un figliuolo che mi piace", ecco.
Allora, ecco, Gesù fece capire con la sua trasfigurazione che accettava di andare a patire e morire. Parlavano, discutevano di quello che sarebbe successo presto a Gerusalemme, perché si preparava allora l'entrata di Gesù in Gerusalemme, là dove doveva essere tradito, consegnato ai Gentili, schiaffeggiato, sputacchiato, inchiodato, morto sulla croce1. Ed egli fino all'ultimo: Consummatum est2; tutta la volontà del Padre, l'ho compiuta. E: «Nelle tue mani rimetto il mio spirito»3, cioè: ecco, la morte, accetto la morte, rimetto il mio spirito nelle tue mani, o Padre celeste.
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Allora vediamo quali disposizioni abituali abbiamo in noi pensando che proprio la santità è nell'interno, nelle disposizioni di amore, di fede, di docilità, «mediante le buone opere che debbo e voglio fare». La santificazione.
Oh, che piacciamo sempre un po' di più [a Dio]. E ricordiamoci che san Giuseppe non ha fatto nessuna cosa grande, ma ha fatto la volontà di Dio, ed è il più santo dopo la Vergine. Cosa ha fatto di particolare? Fare dei mobili, delle sedie, delle tavole e quello che occorreva; mestiere comunissimo. Ma ha fatto la volontà di Dio, questo è grande. Tutto il resto è piccolo e trascurabile, quello che è solamente esterno.
Piaccia al Signore di perdonarci le resistenze che, qualche volta, abbiam fatto al volere di Dio, che abbiam fatto la volontà di Dio con un po' di rancore, così, non tanto ben disposti. E piaccia al Signore, con la sua misericordia, che ci dia sempre un aumento di grazia perché abbiamo sempre la buona interiore disposizione di cuore: "ciò che piace al Padre piace anche a me". E se non mi piace? E [lo] dirò con la volontà, almeno. E quando c'è ripugnanza ad accettare, ma si accetta ugualmente, allora c'è ancor più merito. Come Gesù ha accettato la croce nel Getsemani, ha accettato la passione: «Non la mia volontà, la tua, o Padre, sia fatta»1.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 * Nastro 112/b (= cassetta 106/b). Per la datazione, in PM nessun accenno particolare (cf PM e nostra nota in c118). - dAS, 18/3/1962: «Messa e meditazione per le PD del servizio».

2 1Ts 4,1-7.

3 Mt 17,1-9.

4 1Ts 4,3.

1 Cf Mt 25,20-21.

1 Cf Lc 1,38.

1 Lc 1,35.

2 Cf Lc 9,29-31.

1 Cf Mt 20,18.

2 Gv 19,30.

3 Lc 23,46.

1 Cf Lc 22,42.