Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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34. IL GOVERNO GENERALE - II*
Articoli: 387-424

Nota sulle preghiere paoline in rapporto alla Regola

Le Regole sono cose fredde e domandano sempre un po' di sacrificio per venire adempite. E allora, che cosa si è fatto? Si sono preparate Le preghiere1 che contengono lo spirito che manca nelle Regole, troppo fredde, per sé: sono fredde come i canoni del Diritto canonico. Ma nelle coroncine, nel modo di recitare il rosario, e un po' in tutte le orazioni nostre, si tende sempre a ottenere le grazie perché quelle Regole che richiedono un po' di sacrificio, si possano adempiere e con merito. Poiché chi osserva le Costituzioni, chi vive secondo questa Regola «pax et misericordia Dei»2 (cf Gal 6,16), avrà pace di qua, la misericordia di là, che vuol dire: il premio. Quindi Le preghiere: vedo che già sono tradotte in alcune lingue. Forse qualche nazione dovrà ancora tradurle. E facendole recitare, più facilmente si verrà a seguire la Regola, che dà frutti: «pax et misericordia Dei».
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Nota sulla Storia della Chiesa da conoscere e diffondere

La Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, contiene la storia della redenzione. La redenzione è compita, occorre che sia applicata agli uomini di secolo in secolo. Ed ecco [allora] che dopo la storia della redenzione, c'è la storia dell'applicazione della redenzione, prima compita e poi applicata; e dove risulta? Nella storia ecclesiastica. Per questo noi abbiamo acquistato da una casa editrice [una storia della Chiesa] nella quale collaborano molti scrittori che conoscono bene i tempi attuali e hanno fatto studi molto seri per i secoli passati. L'opera si comporrà in ventisei volumi piuttosto grandi3. E già ne sono pronti sei e altri sei, o ancora qualcuno di più, sono in traduzione e specialmente sono in revisione, perché man mano che quest'opera si va preparando si fanno studi sempre nuovi e allora bisogna aggiornarla.
Ora, questa storia dell'applicazione della redenzione è di massima importanza perché comprende anche tutta la storia dei dogmi, comprende la stessa patristica, la storia del pontificato romano, e l'attività, lo svolgimento delle missioni, in sostanza; e poi tutto quello che nei secoli si è andato formando riguardo alle leggi ecclesiastiche. Per questo è utile che la diffusione venga fatta con un certo zelo. E siccome si tratta di un'opera di cui bisogna prendere tutti i volumi, ma uno o due per volta, bisogna rivolgersi agli enti che sono più preparati per tali acquisti: i seminari, le curie, le biblioteche grandi, in generale, dei vari enti anche governativi. Perché accanto alla storia della Chiesa vi è sempre la storia civile; i due poteri, sacro e temporale, hanno sempre un legame tra di loro nell'applicazione. Se [quest'opera] venisse tradotta nelle nazioni che sono già più avanzate sarebbe un gran beneficio.
Far conoscere la Chiesa! Che non ci si restringa a considerare una piccola nazione che può essere anche grande, ma la più grande istituzione del mondo è la Chiesa; il più grande stato del mondo è quello fondato su Gesù Cristo. «Et portae inferi non prevalebunt»4 (Mt 16,18). Solo questo non cadrà, solo questo! Cadranno tutti i governi…
Chi poi volesse diffondere anche nelle nazioni in cui non è ancora possibile [stampare] la storia ecclesiastica che è in corso in Italia, pensi alla Città di Dio5, la quale apre uno spiraglio, apre una finestra per considerare la filosofia e la teologia della storia. La traduzione fatta in Italia ebbe un'accoglienza molto favorevole e mi pare che in questi tempi si stia già ristampando.
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Preparare le superiore

Altra cosa che importa sempre tener presente è questa: preparare le superiore. L'ufficio di superiora non si improvvisa. Allora preparare le superiore, perché dal comportamento, dalle qualità e dall'abilità di una superiora dipende l'andamento di una casa, di una provincia, dell'Istituto intiero. Occorre fare un po' come le api. Le api si formano la loro regina e, quando vi è uno sciame nuovo, si mettono tutte a preparare la cella6 per la loro regina.
Di conseguenza, che cosa bisognerà tener presente?
1) Che siano persone equilibrate. Che non vedano solo una nazione, ma ne conoscano possibilmente anche altre, almeno per visite, altrimenti non si capisce altro al di fuori della nazione in cui si abita. Occorre vedere molte cose per tener presenti tutti, e [sapere] compatire e comprendere un po' tutti. Comprendere ciò che è necessario e non si può riformare, e invece ciò che bisogna adattare secondo le circostanze di luogo, di tempo e di persone. Persone equilibrate.
2) Lo studio, con molta illuminazione di Dio.
3) La pietà ben illuminata: non una pietà piccina e stretta.
4) L'osservanza religiosa davanti a qualunque prova.
5) Poi umiltà, per tutti sentire e tutti capire in carità. E allora, a poco a poco, aggiungendo la preghiera, con la divina grazia, si prepareranno [al governo] dell'Istituzione.
Giova poi prepararle con prove: si comincerà dal poco, e se il poco è ben compreso, ben seguito, si potrà salire gradino per gradino la scala, fino a un pianerottolo dove si fermerà; poi un altro tratto della scala dove si fermerà ancora; e poi, avanti nella volontà di Dio.
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Doveri della Superiora generale

Quest'oggi dovremmo leggere gli articoli dal 386, al quale ho già accennato un poco ieri sera, fino al 424. Sono molti, ma abbiamo ancora da fare parecchia strada, e i giorni sono pochi.
L'articolo 387 dice che le visite [della Superiora generale] alle case sono prescritte ogni tre anni o direttamente, oppure per mezzo di visitatrici, onde prevenire gli abusi, provvedere ai bisogni, tenere in osservanza e vigore la disciplina, esaminare le amministrazioni, gli studi, la propaganda. E tutto l'insieme, quindi la vita paolina e come viene vissuta.
Ogni fine anno occorre «trasmettere direttamente alla sacra Congregazione dei Religiosi una relazione dei principali dati circa le persone, le opere o altro che possa maggiormente interessare la Santa Sede» (art. 389).

Art. 390. La Superiora generale considererà il suo ufficio non come un onore per eccellere sulle altre, ma piuttosto come un onere che le impone doveri maggiori, sollecitudini più gravi e virtù più eminenti. Perciò si studi con ogni sforzo di precedere le altre con la parola, con l'esempio e con l'opera, governando sapientemente, provvedendo prudentemente alle necessità, portando con fortezza e animo sereno i pesi propri e quelli delle altre, permettendo che a lei si ricorra con filiale fiducia, riprendendo dolcemente quelle che avessero mancato, porgendo aiuto a tutte nella carità secondo che sarà necessario, sovvenendo sia materialmente che spiritualmente chi ha bisogno, stimandosi come madre e assieme come sorella, cosicché possa veramente giovare a tutte.
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LA VICARIA GENERALE

Art. 391. Quando la Superiora generale è assente dalla casa generalizia, o si trova impedita nel suo ufficio, o che l'ufficio stesso, per qualsiasi ragione, si trova vacante, allora la prima consigliera la supplisce col titolo e le facoltà di Vicaria generale.
Art. 392. La Vicaria generale nell'assenza o impedimento della Superiora generale deve trattare e definire solo le cose di amministrazione ordinaria o che non possono differirsi senza danno, e sempre, per quanto è possibile, secondo il parere presunto della Superiora generale.
Art. 393. Ritornando la Superiora generale, è dovere della Vicaria rendere conto di quanto ha trattato o deciso in sua assenza.
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IL CONSIGLIO GENERALIZIO

Segue il capitolo sul Consiglio generalizio. Le consigliere devono essere di voti perpetui; di età sufficiente cioè «di almeno trentacinque anni di età»; «religiose distinte veramente per la pietà, la virtù, l'osservanza religiosa» e capaci di disimpegnare il loro ufficio di consigliere (cf art. 394).
Le quattro consigliere generali vengono elette e scadono con la Superiora generale (cf art. 395). Una consigliera potrebbe tuttavia ritirarsi per rinuncia, oppure potrebbe anche essere sospesa per deposizione (cf art. 396).

Art. 397. Le consigliere aiuteranno la Superiora generale nel governo della Congregazione con sollecitudine e zelo, specialmente nelle adunanze del Consiglio. Perciò hanno il dovere di osservare in modo particolare l'andamento morale, disciplinare ed economico, se e come sarà loro affidato; studieranno di procurarsi una conoscenza piena e certa delle cose da trattarsi, e faranno poi eseguire quanto è stato deciso, secondo gli incarichi ricevuti.

Perciò non devono soltanto attendere che venga loro comunicato quello che la Superiora generale intende fare; ma devono guardare e un po' sorvegliare per rilevare i bisogni dell'Istituto e, anche preparare [materiale] di riflessione e, se si vuole anche qualcosa di più perché possano venir presi i provvedimenti e compiere quello che è necessario.
È necessario, e lo ripete qui, il segreto:

Art. 398. Sulle discussioni e divergenze di vedute conservino rigoroso segreto; qualora lo violassero siano ammonite, e in caso di recidiva siano punite. Sappiano poi perfettamente stare sulle decisioni prese, e così risplenda unità perfetta davanti a Dio e alla Congregazione.

Non è molto tempo, che ho sentito una superiora la quale (non parliamo di noi) benediceva il Signore e pregava che anche gli altri Istituti avessero dei Consigli, in pieno accordo tra le persone che costituiscono il Consiglio, come nel suo Istituto; il che è molto.
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Tuttavia ci possono essere diverse vedute, anche perché una persona può aver sentito, rilevato qualche cosa che le altre non hanno veduto o sentito. Allora [si procede] così: si sente ognuna delle presenti, ognuna può esprimere il suo parere che può essere diverso, e fino lì [c'è] libertà di espressione del proprio parere. Una volta [però] presa la decisione, non c'è che un solo parere: il Consiglio ha stabilito così. Mai dire: Ma io non ero di quel parere. Io avrei invece detto così. Quando si chiude la seduta non c'è che un parere da dire e da comunicare. Tanto meno poi dire: Io ero favorevole all'ammissione, alla professione, oppure: A quella io non avrei dato il voto; non lo avevo dato, adesso fa male. Queste cose, per grazia di Dio, tra voi non sono avvenute, ma è bene prevenire perché i tempi camminano.
Quando è chiesto il voto deliberativo, le decisioni sarebbero invalide senza il consenso del Consiglio; quando invece si richiede solo il voto consultivo, la Superiora può sentire tutte e poi può decidere dinanzi a Dio quello che pensa, pure dando la debita importanza alle singole consigliere (cf art. 399). La Superiora può sempre sapere qualche cosa che le altre non sanno. In sostanza, una Superiora deve sempre sapere un po' di più delle altre o per cognizione diretta o per referenza o perché ispirata da Dio. È Dio che guida. Aver più fede nella parola di chi guida, più fede! Poiché quando c'è la fiducia in Dio e l'esercizio dell'umiltà, il Signore ispira. Il Signore ci lascia sempre fare degli sbagli, affinché ci teniamo umili. Eh, ne sbagliamo quasi sempre di più di quel che indoviniamo, per quanto ci impegniamo. Sempre ci dev'essere il posto all'umiltà e alla fede. Signore, sei Redentore, aggiusta i miei strappi. Ricucisci gli abiti che ho strappato, e metti una toppa dove c'è stato il buco.
La Consigliera, che può essere anche segretaria, o la segretaria se è distinta, farà sempre i verbali e li faccia in generale, con parole brevi e chiare (cf art. 401). E se l'Istituto è molto sviluppato le consigliere dovranno essere un po' meno cariche di lavoro per poter dare efficace aiuto a chi dirige l'Istituto (cf art. 402).
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LA SEGRETARIA GENERALE

Nel Capitolo si elegge anche la segretaria e l'economa. Tanto la segretaria che l'economa possono essere anche scelte tra le consigliere: dipende un po' dallo sviluppo dell'Istituto.
La segretaria deve avere spirito religioso buono, dice l'articolo 404; e quanto a uffici: deve redigere i verbali, confezionare o far confezionare «i registri della Congregazione, secondo norme uniformi», e poi tenere a posto l'archivio. E quindi:

Art. 406. Come archivista, la Segretaria generale vigilerà che tutti i documenti riguardanti in qualche modo la Congregazione siano fedelmente riposti ed accuratamente custoditi nell'archivio […].

Quando poi l'archivio comincia a diventare un poco voluminoso allora ci vogliono gli indici per trovare più facilmente la materia che si deve cercare.
La segretaria tenga anche cura dei Decreti, delle disposizioni che vengono dalla Santa Sede o dai vescovi, perché possano essere conservati (cf art. 407).
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L'ECONOMA GENERALE E L'AMMINISTRAZIONE DEI BENI

Vi è poi l'economa generale. Secondo i principi del Diritto canonico «ogni casa ha la capacità giuridica di acquistare e possedere beni temporali, con redditi stabili» (art. 408). In Italia però questo non è secondo le leggi. Perché ci sia la capacità giuridica occorre che si ottenga questa per una casa, tanto più per la provincia o per la Casa generalizia, perché in questo dobbiamo stare al Concordato del 19297. Ma chi ha bisogno di sapere queste cose, ormai è al corrente, è ben informato. Invece, in altre nazioni, ogni casa può avere la capacità giuridica; e vi sono anche case, in altre nazioni, dove nessuna casa ha la capacità giuridica, come eravamo noi prima del 1929, cioè prima del Concordato. Dipende sempre dai Concordati questo. Se poi si è dove c'è persecuzione, allora si sarebbe nelle condizioni in cui eravamo in Italia fino al 1929.
L'economa deve aver cura dei beni. L'economa deve riassumere in sé quello che è proprio di tutte le suore in qualche misura, ma che in lei deve essere preminente cioè: 1) Produrre, [aver] cura che si produca, cura della beneficenza, cura che l'apostolato dia i mezzi necessari per la vita; produrre, in sostanza. 2) Conservare: tener l'inventario dei beni e poi aver cura di conservare i beni stessi, cioè conservare l'armadio come conservare la casa; far riparare il tetto, quando comincia a gocciolare; aver cura degli abiti e aver cura di ogni libro e che i libri non restino al fondo del magazzino e non rendano; sorvegliare su tutte le iniziative, perché l'apostolato passivo non può vivere! Ci vorrà qualche tempo per avviarsi, ma poi deve arrivare anche a coprire le deficienze di quando non era ancora vitale, 3) Tenere i registri... (cf art. 411).
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All'articolo 416 si parla dei legati.

Art. 416. Come regola generale, le Figlie di San Paolo non accettano legati, specialmente se sono perpetui. Se qualche eccezione sembrasse conveniente, anche per legati temporanei, si stabiliscano condizioni chiare circa l'adempimento degli oneri. In genere valga la norma che, diminuendo il valore della moneta, si intendono anche proporzionatamente diminuiti gli oneri.

Le suore non acquistino legati, non accettino queste cose. Si può accettare un vitalizio, con molte precauzioni però, perché molte volte queste persone non è che vogliono fare un beneficio all'Istituto, [ma] vogliono beneficare se stesse e cioè trovare il modo di passare tranquillamente e ben servite il resto della vita.
Questo sfruttamento degli istituti religiosi si verifica piuttosto frequentemente. In generale se vogliono beneficare, diano in vita: adagio con [chi vuole] lasciare per testamento beni o legati che debbano adempiere gli eredi. Per lo più non li adempiono e se li adempiono, diranno sempre male degli istituti religiosi, eccetto qualche rarissima volta, quando vi è qualche persona proprio molto di coscienza e molto favorevole alla religione. Non accettiamo legati di Messe ora, perché prima, eravamo in una condizione in cui ora non si è più; allora la moneta aveva costantemente il suo valore.
Qui è espresso il principio che se si fosse anche preso un impegno, supponiamo, di Messe, ed è più facile che questo succeda, l'impegno vale [per] quanto vi è di corrispettivo, cioè quanto vi è di solido dietro. Un esempio: nel 1895 l'offerta delle Messe era 0,50 poi 0,60 [lire]. Quei legati stabiliti allora, come potrebbero adempiersi ora? Sarebbe impossibile la vita.
E allora, il principio, dice qui, in una espressione abbastanza chiara: vale in quanto si può adempiere. E quindi che cosa han fatto? C'era l'obbligazione di cinquecento Messe e c'erano, supponiamo, cinquecento lire di entrata per ogni anno; ora si riducono: tante Messe quanto ne comporta il denaro che c'è. Oggi [quella somma] si ridurrebbe a una lira, cinquecento lire per una Messa per le svalutazioni della moneta. Perché il principio è che il sacerdote dovrebbe avere dalla Messa buona parte e anche tutto il suo sostentamento. E come vivrebbe con una lira al giorno?
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Nell'articolo 412 si parla poi, in generale, di come custodire la cassa. E se non l'avete..., avrete almeno un tiretto8 o una scatola. L'Istituto non deve essere fermo, in sostanza, deve vivere ogni giorno delle sue entrate, cioè lavorando sempre. Aver sempre lo stimolo, il pungolo della necessità. Ora, in questo certamente ci vuole un limite, il che vuol dire: non caricarsi troppo di debiti e in generale aver cura che questi, eccetto casi straordinari, si sia sicuri di poterli pagare con le entrate ordinarie entro cinque anni. Ma, c'è questo bisogno, quell'altro.... Vi potrà essere qualche bisogno, e potrà anche succedere il caso di una necessità stretta. Allora come si fa? Prima di fare quella spesa si pesano le difficoltà e i vantaggi, poi si fanno esaminare le cose dall'economa, dal Consiglio e si prenderà alfine una decisione anche dopo avere, forse, ripetuto il Consiglio, per meglio studiare la cosa e per aver anche consigli da persone pratiche, persone esperte. Alla fine [occorrerà] il consenso della Santa Sede, se si entra nei casi che sono enumerati dal Diritto canonico.
L'economa generale poi ha ogni sei mesi da rendere conto (cf art. 414). E si tenga anche presente quest'altra cosa, cioè: una volta che i beni sono acquistati dalla Congregazione, sono beni ecclesiastici (cf art. 417); non è solamente più un campo, una casa, ma è un bene ecclesiastico, una proprietà della Chiesa veramente, perché a servizio della Chiesa attraverso all'Istituto che è parte della Chiesa.
Quindi trattare i beni come sacri, averne cura; servono cioè alla Congregazione e per essa alla Chiesa; si chiamano perciò beni ecclesiastici. Quindi «devono amministrarsi con la dovuta cura, a norma dei sacri canoni e delle presenti Costituzioni» (art. 417).
Vi sono poi determinazioni e cioè: che cosa può spendere l'economa senza il Consiglio della sua casa o il Consiglio della sua provincia (cf art. 418). Se si tratta di alienare beni, bisogna ricordarsi che oltre una certa cifra, occorre che vi sia il permesso della Santa Sede, appunto perché sono beni ecclesiastici (cf art. 419.1).

Art. 419.3. Nelle richieste per ottenere il consenso di contrarre debiti od obbligazioni, si devono esprimere gli altri debiti od obbligazioni di cui eventualmente trovasi gravata la Congregazione, la provincia, o la casa, altrimenti il permesso ottenuto è invalido.

Bisogna che [tutto] sia messo in chiaro. Allora bisogna rendersi conto e, caso mai, certe spese si tramandano; non che si deve fare tutto da noi; lasceremo delle cose da fare agli altri dopo la nostra morte.
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Fiducia nella Provvidenza e lavoro

368. Tuttavia, in generale, fiducia nella Provvidenza, ma nelle cose necessarie pensare che la Provvidenza interviene, se noi sappiamo essere buone, tener da conto di tutto e lavorare. Quanto è possibile, produrre e conservare ciò che è prodotto; poi vivere lo spirito di povertà; regolarsi come la prima famiglia religiosa che è la famiglia di Nazaret. Là, dice Leone XIII9, già il martello di san Giuseppe, fabbro-falegname, faceva svegliare i vicini; e così ha fatto Gesù e così ha fatto Maria.
Non scusarsi così facilmente. Se non si può fare un lavoro più grave, se ne fa un altro. Ce ne sono molti lavori da fare. In casa nostra, solo chi non vuole, può non occuparsi. Vi sono mille iniziative, mille cose da fare, secondo l'età, secondo la salute, ecc. Però, quando si incomincia a dire: Ho quasi sessant'anni.... Il Papa ne ha ottanta e lavora quanto nessun altro forse nella Chiesa di Dio, dico, quanto forse nessun altro.
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Il peso dell'amministrazione è un peso grave, tra le cose più gravi che ho sempre avuto. E tuttavia tutti contribuiscano all'economia. E tutti comprendano che non devono essere troppo esigenti, ma ciò che è necessario è necessario. E allora aiutare con fede e amore.
Il Papa ha dichiarato poco tempo fa, qualche mese fa, virtù eroiche quelle praticate dal servo di Dio Leonardo Murialdo10, di cui c'è anche un Istituto, qui vicino, ad Albano. Ha dichiarato eroica la sua virtù11 <Ciò che ha dato più pena e più travaglio al Murialdo è stata l'amministrazione. Gli pesava tanto perché lui era di famiglia benestante, nobile. Aveva aiutato Don Bosco nell'opera sua; poi aveva preso in cura l'Istituto degli Artigianelli dove si accettavano e si avviavano alla vita e al lavoro degli orfani. L'economia ben esercitata: è prova sufficiente>.
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* 34. Ariccia, 1 giugno 1961. Reg.: A6/an 122b = ac 192b. Il titolo della registrazione è: “Il Consiglio generalizio”.

1 Don Alberione si riferisce al libro più volte ricordato: Le preghiere della Famiglia Paolina, la cui prima edizione risale al 1922, e fu poi sempre arricchita. Per la storia del manuale, cf la nota riportata in UPS IV, 286, p. 527.

2 «Su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia come su tutto l'Israele di Dio».

3 Si tratta dell'opera di A. Fliche e V. Martin, Histoire de l'Eglise, Bloud e Gay Editori, Parigi, traduzione italiana autorizzata per l'editrice SAIE, Torino.

4 «E le porte degli inferi non prevarranno contro di essa».

5 Sant'Agostino, La città di Dio, trad. di C. Borgogno, 2 voll., FSP, Roma 1952.

6 La voce dice: «il loculo».

7 Il Concordato è stato stipulato tra la Santa Sede e lo Stato italiano l'11 febbraio 1929.

8 Espressione dialettale che corrisponde a “cassetto”.

9 Con probabilità evoca un passo dell'enciclica Quamquam pluries, su san Giuseppe, promulgata il 15 agosto 1889 (cf Leone XIII, Enchiridion delle Encicliche III, n. 726).

10 Leonardo Murialdo (1828-1900), nato in Piemonte, sacerdote. Nel 1873 fondò la Congregazione di San Giuseppe. È stato canonizzato il 3 maggio 1970.

11 A questo punto la registrazione s'interrompe. La parte che segue è ripresa dalla prima edizione a stampa.