Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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21. IL SILENZIO E LA CLAUSURA.
LA FAMIGLIA PAOLINA*
Articoli: 207-227

Nota sulle Costituzioni

Avete cantato una lode veramente pia, devota. Qualche volta viene fuori qualche cosa di un po' eccezionale, un po' forestiero. Anche nella scelta dei canti sempre attenersi allo spirito paolino.
Le vostre belle Costituzioni sono state preparate con molta preghiera, molti consigli. Si sono consultate molte altre Costituzioni, si è scelto il meglio; e se si fosse trovato qualcosa di meglio, sarebbe stato messo, ve l'avrei dato. Affezionatevi sempre di più [ad esse]. Che le Costituzioni stiano sempre accanto al letto o in cappella e che alla fine si possano mettere nella cassa da morto, accanto al capo perché si è obbedito, o in mano col Crocifisso come testimonianza della vostra obbedienza, della vostra docilità, della vostra vita religiosa paolina, presentandovi al Signore per il premio. Le belle vostre Costituzioni!
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Avvertenze varie

Qualche volta avviene che ricevo delle lettere di cui, aprendole, non capisco, non conosco subito la calligrafia. Ho questa usanza quando ricevo lettere, vado subito, se non indovino la calligrafia, a vedere la firma per sapere chi mi scrive e se conosco già un po' la persona, che cosa voglia dirmi. Se la lettera non è firmata, la distruggo senza leggerla; voglio sapere con chi parlo, chi vuol parlarmi per iscritto e che cosa devo rispondere e a chi devo rispondere per iscritto. Le lettere anonime che riferiscono a carico di persone, nella diocesi di Genova è l'unico peccato riservato al vescovo, uno dei peccati tra i più gravi. In ogni diocesi i vescovi si possono riservare dei peccati a sé, cioè che non tutti i confessori possono assolvere. A Genova questa mancanza è stimata così grave. È una slealtà perché se si ha qualcosa da dire, certamente tutti si è pronti ad accogliere, meditare, provvedere se è buono; e se non è buono, la persona che scrive, se sbaglia la si potrà correggere. Ci vuole lealtà.
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Vi è una certa tendenza che va veramente eliminata o meglio arrestata. [Vi sono] superiori e superiore che [appena] entrano in una casa hanno fretta di rinnovare tutto: nella disposizione, un po' nelle camere, nei mobili, nella libreria, nell'agenzia... E questa tendenza non è buona.
Anzitutto, chi entra in una casa, per un bel po' di tempo, anche se superiora, stia a guardare, e approvi, lodi sempre la superiora che prima ha tenuto l'ufficio, perché se anche non è stata perfetta, come nessuno è perfetto, ha certamente fatto del bene, aveva certamente dei lati buoni. Confermare tutto quel che è buono; poi, se si vedrà che qualche cosa proprio non va, gradatamente, a poco a poco, dopo molta riflessione, si potrà dire intanto una parola, e si potrà arrivare anche a certe disposizioni. Quanto poi a voler rinnovare tutta la casa, si badi a due cose: 1) la Casa generalizia delle Figlie di San Paolo va comprando mobili vecchi per non spendere, li fa rimettere a posto con un po' di vernice o qualche aggiustatura dal falegname. Conservare la povertà! 2) Credere di dover accettare proprio tutti i consigli e tutte le domande? No, [solo] ciò che è ragionevole. Si può dire pressappoco la stessa cosa parlando del vitto e della libreria. Se si deve fare qualcosa di nuovo, si faccia secondo il detto: «Sensim sine sensu», si faccia così adagio, con precauzione che quasi non ci si avveda. Poi le cose vanno bene, e dopo un po' di tempo si sente che c'è stato il miglioramento, insensibile, poco a poco. [E questo vale] anche nel tenere la contabilità.
Quanto alle vacanze comportarsi così: le Province specialmente, ma anche le case delle varie nazioni che non sono Province, imitare l'andamento, le disposizioni che si danno in Italia; anche per le visite ai genitori infermi o a persone che particolarmente interessano. Tutto, in quei limiti giusti, ragionevoli.
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SILENZIO E CLAUSURA

Questa sera dobbiamo considerare gli articoli dal 207 al 227. Sono molti. Dovrete leggerli successivamente, perché le riflessioni dopo le istruzioni dovranno durare pressappoco quanto è durata la lezione cioè l'istruzione.

Art. 207. Le suore devono tenere in grandissimo conto e osservare diligentemente il raccoglimento interno e il silenzio, come mezzi molto efficaci per alimentare la vita interiore e l'unione con Dio.
Art. 208. Pratichino il silenzio, eccetto per lo spazio di tempo concesso con dovuta moderazione, dopo i pasti.
Art. 209. Durante i pasti ascoltino una lettura utile ed edificante per uno spazio di tempo conveniente […].
Art. 210. È proibito alle suore di scambiarsi visita nelle loro celle.

Questa cosa si osservi. Si è introdotto nella comunità un uso molto lodevole per la disposizione delle camere, delle celle. Conservare questo buon uso. Si deve «osservare da tutte la clausura, a norma dei sacri canoni e delle presenti Costituzioni» (cf art. 211). «Circoscrivere i luoghi che sono riservati alla clausura» e i luoghi dove non vi è la clausura. Generalmente costruendo o prendendo in affitto locali, si veda se è possibile avere il parlatorio subito dopo l'entrata (cf art. 212). Cercare che le persone esterne non entrino nei locali più riservati.
Anche dove ci sono le case più grandi cominciare a portare [al minimo] l'abitudine di entrare nei cortili, di visitare [gli ambienti di] apostolato... Forse i parenti, particolarmente le mamme, vorranno anche entrare negli ambienti più riservati quando portano le aspiranti1, ecc. Ridurre al minimo. Se vi è la visita di qualche persona autorevole per cui sia chiara la ragione di accompagnarla, si accompagni, ma si riduca al minimo perché noi abbiamo bisogno di raccoglimento. Certamente il nostro apostolato può destare un certo interesse, specialmente l'apostolato tecnico, ma si riduca, si riduca quanto è possibile il complesso delle visite; e tuttavia quando sono necessarie, bisogna farle.

Art. 214. Nei locali soggetti a clausura non si possono ammettere persone estranee di altro sesso, eccetto l'Ordinario del luogo o un suo delegato in occasione della visita, i sacerdoti per l'amministrazione dei sacramenti, i medici, gli operai e altri la cui opera sia necessaria, e quelle persone che le Superiore per giusti e ragionevoli motivi crederanno di poter ammettere. Queste persone saranno sempre accompagnate da una suora.

Se la casa è unita alla libreria, segnare bene i limiti dove vi è clausura e dove non vi è clausura. Alle volte si dovranno introdurre medici, operai, il sacerdote per i sacramenti (cf art. 216). Questi sono tutti casi leciti, buoni, ma [occorre] tenersi nei limiti giusti ed [essere] piuttosto sbrigativi. Quindi gli estranei si fermino nei parlatori e chi ha da andare in parlatorio, domandi il permesso.

Art. 216. […] Le suore non stiano sole in parlatorio, ma vi sia sempre anche un'altra religiosa, eccetto si tratti dei genitori o parenti di primo grado, od anche di altre persone di fiducia e di riguardo, secondo il prudente giudizio della Superiora.
Art. 217. Se una casa avesse i locali per l'abitazione del confessore o del cappellano, questi abbiano un ingresso separato, senza comunicazione interna con i locali occupati dalle suore.
Art. 218. Le suore alle quali è affidata la custodia della clausura, del parlatorio, della porta e dei centri di diffusione vigilino perché la disciplina religiosa non sia turbata da visite inutili, troppo frequenti o troppo prolungate, e da chiacchiere superflue, con pregiudizio dello spirito religioso.

Il Maestro Giaccardo2 diceva: Vorrei fare il portinaio, e allora quanti fastidi risparmierei ai superiori e quante perdite di tempo!. Le portinaie devono sbrigare loro stesse quanto possono.
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Art. 219. Nessuna suora può uscire di casa, anche per ragioni di ufficio, senza averne prima ottenuto il permesso della Superiora e senza chi l'accompagni. Al ritorno dovrà presentarsi di nuovo alla Superiora.

Si capisce, che se una deve andare a scuola tutti i giorni, non ha bisogno di chiedere il permesso ogni giorno, ma quando deve andare per altre ragioni. E quando si va a scuola, si va a scuola e non in giro.

Art. 220. Le Figlie di San Paolo si astengano dal far visite a persone estranee […].

Si incomincia con certe riservatezze che sono buone, ma poi si va troppo avanti, e qualche volta si finisce non col dare lo spirito nostro, ma col prendere lo spirito mondano. E qualche volta poi avviene anche qualche catastrofe… Anche le visite ai parenti e la corrispondenza non siano abbondanti.
La suora non può rimanere fuori [casa] oltre un certo limite, anche nei casi che sono contemplati dal Diritto canonico, eccetto che vada per studi3 (cf art. 221).
Se la Superiora poi si accorge di frequenti visite in casa o di frequenti uscite della suora, veda e vigili, perché anche con la scusa della libreria o della propaganda, non si prendano delle libertà eccessive (cf art. 222).
Nei viaggi bisogna che la suora si comporti sempre da suora: sui treni, sulle corriere, sulle navi, sugli aerei, ecc. (cf art. 223).
E non stiano fuori di casa «eccetto in caso di necessità: allora usino le cautele che prudentemente saranno giudicate opportune per provvedere al decoro e allo spirito della suora» (art. 224), specialmente quando si è sole. Ma la legge di stare sempre assieme, in due, è tanto utile, tanto necessaria.
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Art. 226. Le religiose possono mandare liberamente lettere senza obbligo di sottoporle ad ispezione: alla Santa Sede, al Legato Pontificio nella nazione, alla Superiora generale, alle Consigliere generali, alla Superiora provinciale, alla propria Superiora locale se fosse assente e all'Ordinario del luogo ove si trova la casa a cui appartengono. Da tutte queste persone, parimenti, le religiose possono ricevere lettere che nessuno ha il diritto di ispezionare.

Ma sotto l'aggettivo di riservata, non si copra qualche astuzia non buona.

Art. 227. Le altre lettere devono tutte passare sotto ispezione delle relative Superiore locali […].

Sia per le lettere in partenza sia in arrivo. Se si danno le lettere alle suore che vanno in propaganda perché le imbuchino, se la suora scrivente manda la lettera non direttamente alla suora della tal casa, in maniera che passi tra le mani della superiora, ma la spedisce fuori per mezzo di altre persone, perché queste persone poi la portino o in qualche maniera la facciano pervenire [all'interessata], e così viceversa, questo è cosa4 grave. [In questo modo] si apre la via a tutti i diavoli. Cose dolorose! E si disturbano le altre case, e si disturbano i preti... Si può dire a quelle pochissime: E non vi basta di non camminare bene voi, e indurre anche gli altri? Nessuna di voi fa questo, o almeno lo spero, ma voglio riferirmi a suore giovani: [questo] non si deve fare.
Adesso penso che si possano rileggere bene gli articoli che ho passato un po' brevemente; e si legga ancora più avanti ciò che è scritto della formazione delle suore dall'articolo 228 sino al termine del capitolo, cioè fino all'articolo 241.
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LA FAMIGLIA PAOLINA

Questa sera veramente volevo parlare della intiera Famiglia Paolina5. La Provvidenza ha disposto che la Famiglia Paolina risultasse di più elementi, cioè di più Istituti, ognuno dei quali ha una certa libertà, una libertà sicura rispetto al governo e all'amministrazione. Però tutte queste istituzioni sono unite perché hanno la medesima origine ed, in fondo, hanno il medesimo spirito; si distinguono però per l'apostolato6.
Abbiamo quindi la Società San Paolo7 la quale è stata la prima a nascere, ed è altrice rispetto alle altre istituzioni8. Il Superiore generale, per volontà della Santa Sede, per Decreto9, deve dare perciò ad ogni Istituto una certa assistenza circa la formazione, lo studio, lo spirito, l'apostolato e anche circa l'amministrazione, e in generale sulla osservanza religiosa e l'osservanza delle relative Costituzioni.
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Poi sono nate le Figlie di San Paolo10, che hanno il loro fine proprio. Il primo fine è uguale per tutti sempre: la santificazione mediante i santi voti, ma si distinguono per l'apostolato. Il secondo fine [delle Figlie di San Paolo] è collaterale al fine della Pia Società San Paolo; perciò tra la Pia Società San Paolo e le Figlie di San Paolo vi è maggior relazione che dipende dal fine specifico cioè dall'apostolato. Ci vuole quindi una certa organizzazione, un ordinamento, un'intesa per la redazione, per la tecnica e per la diffusione. In Italia mi pare che l'intesa, in generale, proceda abbastanza bene; non che tutto sia perfetto, no, ce ne vuole ancora, ma almeno si cammina costantemente verso il meglio. Qualche cosa di simile dev'essere [fatto] per le altre nazioni. Un coordinamento che non vuol dire confusione, ma divisione di campi, divisione di iniziative, tanto per il cinema come per la stampa. Ordinarsi in modo che le comunicazioni siano solo fra il superiore e la superiora e poi, quanto all'esercizio dell'apostolato, separazione. Le suore riferiscano i loro problemi, i loro bisogni alla rispettiva superiora delle Figlie; i Paolini [al loro] rispettivo superiore. Poi il superiore e la superiora dovranno intendersi. Lì [deve avvenire] l'unione, l'intesa, ma ognuno deve essere ragionevole, non pretendere di imporsi, e non vedere solamente le ragioni della sua parte. No, bisogna che ci sia la ragionevolezza e lo spirito cristiano, lo spirito paolino in sostanza.
In seguito sono nate le Pie Discepole11, le quali hanno lavorato costantemente e hanno il loro proprio fine, cioè l'adorazione eucaristica per tutte le case, specialmente l'intenzione è riguardo alle vocazioni e alla loro formazione; poi la parte liturgica e il servizio o assistenza sacerdotale.
Dopo sono venute le Pastorelle12, le quali hanno l'ufficio di avvicinare le anime e di trattare direttamente con loro; quindi [operano] nelle parrocchie, per gli asili, per la gioventù femminile, per la donna, per i catechismi, per il servizio e la pulizia delle chiese, e poi, un po' per tutte le opere parrocchiali. E sono veramente utili, tanto che nel 1960 le domande di aprire case da parte di vescovi e di parroci sono state circa centocinquanta.
Le Suore Regina Apostolorum13 sono per tutte le vocazioni: vocazioni sacerdotali per il clero diocesano o per il clero religioso; vocazioni a tutti gli Istituti femminili, e vocazioni anche per le opere di apostolato laico.
[Questi istituti] si distinguono quindi per gli apostolati.
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Ad essi si sono poi aggiunti i tre Istituti secolari14 di cui avete sentito parlare ieri15. Essi sono stati organizzati specialmente sotto il Papa Pio XII16. Come vita religiosa hanno gli stessi impegni: attendere alla perfezione da conseguirsi mediante l'osservanza dei tre voti, e mediante la vita comune, ma ridotta alle loro possibilità, e tuttavia secondo le loro Costituzioni. Questi [tre Istituti] hanno avuto così presto l'approvazione pontificia definitiva, che è stata una cosa un po' eccezionale, tanto la Santa Sede li vedeva convenienti per i tempi attuali17. [Il loro scopo] è portare la perfezione nel mondo a contatto delle famiglie, nelle officine, nelle varie associazioni; e il Papa Pio XII insisteva sempre con la frase: «Perché brucino di amor di Dio e trasformino, traducano la loro vita in apostolato»18.
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Oltre a questi [istituti] vi sono i Cooperatori e le Cooperatrici19. I Cooperatori e le Cooperatrici sono quelli che vengono capiti un po' meno. Qual è il loro scopo?
In primo [luogo] è la santificazione in quanto si può ottenere nel loro stato, cioè in famiglia come persone libere dai voti. La perfezione: cioè [essere] i migliori cristiani che vivono dando buon esempio e facendo anche un apostolato fuori [della famiglia]. Non sono quindi legati da voti ma devono avere l'impegno di vivere come i migliori cristiani. Noi dobbiamo coltivarli in questo senso; non si tratta di andare a prendere un'offerta soltanto, tutt'altro! Qualche volta si fanno degli elenchi lunghi di cooperatori che invece, non sono altro che benefattori. Vi è anzi qui qualche cosa da regolare, ma con la grazia di Dio a poco a poco si schiariranno sempre meglio le idee; man mano cioè che si entra nel vero spirito. [Il fine] sarebbe l'imitazione della vita degli Istituti nostri e contributo di preghiera, di azione e di offerte. Può esserci una figliuola che apra una biblioteca e collabori quindi all'apostolato stampa; c'è un'altra persona, come abbiamo in un luogo, che ha organizzato in parrocchia al giovedì l'adorazione del Santissimo in riparazione dei peccati. E va benissimo, questa collabora con le Pie Discepole. Vi sono nelle parrocchie molte persone che aiutano le Pastorelle. E così riguardo agli altri Istituti. La collaborazione può essere verso ognuno dei nostri Istituti, particolarmente riguardo alle vocazioni, alla formazione e poi agli apostolati.
Ora, essendo in fondo [i vari istituti] di uguale spirito, ci deve essere unione: volersi bene, non giudicarsi, non condannarsi l'uno con l'altro; rilevare il bene e, in quanto si può, fare del bene.
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Una persona, specialmente una religiosa, non pensi a passare da uno a un altro Istituto femminile. Questo non dev'essere ammesso in nessun posto.
Poi gli apostolati sono divisi; quindi ciascuna stia al suo apostolato, lo faccia tutto, perché ne ha molto da fare. Perciò le libreriste seguano le librerie, e le Discepole i loro centri liturgici. I centri liturgici non tengano i libri, le librerie paoline eliminino poco a poco, quanto si può, quel che viene chiamato servizio liturgico, meglio, oggetti religiosi, più che servizio liturgico.
Poco a poco, man mano, perché bisogna partire da questo concetto: prima faceva tutto la Società San Paolo, ma arrivati a otto Istituti, ognuno entri nella sua strada. Le Pie Discepole non facciano libri tranne quelli che riguardano la liturgia e che faranno stampare in qualche tipografia; potranno avere una pedalina per i servizi ordinari, come si ha la macchina da scrivere, ma non di più; così, viceversa, le Figlie di San Paolo. E così, se prima cercavamo le vocazioni un po' tutti assieme e un po' per tutti, specialmente lo facevano i sacerdoti, ora quest'ufficio viene riservato a un Istituto proprio. Quindi spirito unito, apostolato distinto.
Non essere tentate neppure di prendere apostolati che non sono nostri. Ciò che è buono e bello nella Chiesa è proprio di assegnare a un individuo il suo ufficio, a una comunità il suo ufficio, e a un'istituzione il suo ufficio. E allora, attendete alla stampa, al cinema, alle filmine, ai dischi, ecc. Il cinema, in generale, rende di più materialmente che il libro. Si veda di produrre ciò che è proprio dell'Istituto.
Ma poi, ecco la tentazione, vedendo che fate bene, e questo è una lode ed è una prova di fiducia, vi chiamano per tante cose, e spingerebbero le Figlie di San Paolo a fare il catechismo, le opere parrocchiali, adesso [c'è] il Mondo migliore20, e poi altre iniziative locali, parrocchiali, diocesane, o anche nazionali. Tutto è buono; ognuno però nella Chiesa di Dio ha la sua vigna, il suo giardino: curiamo i nostri giardini. Non arrendiamoci facilmente! Qualche piccola eccezione, ma sia di passaggio21...
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* 21. Ariccia, 25 maggio 1961. Reg. A6/an 117a = ac 186b.

1 La voce dice: «vorranno anche entrare più intimamente nella casa quando portano le aspiranti».

2 Giuseppe Timoteo Giaccardo, nato a Narzole (Cuneo) il 13 giugno 1896. Primo sacerdote paolino, collaboratore fedelissimo del Fondatore, di cui fu vicario generale. Muore a Roma il 24 gennaio 1948. Beatificato il 22 ottobre 1989 da Giovanni Paolo II.

3 La voce ripete il concetto: «… come si fa, come si sa, nel Diritto canonico ciò che è stabilito, ciò che è stabilito».

4 La voce dice: «peccato».

5 Cf UPS I, 374-382.

6 Cf AD 34; UPS III, 184-186.

7 Istituto fondato ad Alba il 20 agosto 1914 (cf AD 48).

8 Cf AD 35. Per il termine “altrice”, cf F. Pierini, Ruolo della Società San Paolo “altrice” della Famiglia Paolina, secondo don Alberione, in Il ministero dell'unità nella Famiglia Paolina. Atti del V Incontro dei Governi generali, Ariccia 12-20 settembre 1987, pp. 135-159; e il Documento conclusivo, pp. 161-165.

9 Il 1° marzo 1956, don Alberione presenta alla Santa Sede alcuni nuovi articoli perché siano approvati e possano essere introdotti nel testo delle Costituzioni della Società San Paolo. Tra questi vi sono gli articoli che riguardano i doveri del Superiore generale verso le suore. Gli articoli approvati ad experimentum portano i numeri 351-352.

10 Istituto fondato ad Alba il 15 giugno 1915 (cf AD 109; 240-246).

11 Istituto fondato ad Alba il 10 febbraio 1924 (cf AD 247-250; 279-291).

12 Istituto fondato a Genzano (Roma) il 7 ottobre 1938 (cf AD 309-324).

13 Istituto fondato a Castelgandolfo (Roma) l'8 settembre 1959 (cf AD 326-340).

14 I tre Istituti secolari sono: “Maria SS.ma Annunziata”; “S. Gabriele Arcangelo”; “Gesù Sacerdote”, fondati nel 1958.

15 La conferenza, dal titolo: “Gli Istituti secolari” fu tenuta da don Gabriele Amorth, il giorno 24 maggio. Sugli Istituti secolari è notevole l'articolo a firma dello stesso don Alberione, in SP, 4 [1958] 1-7; così pure le istruzioni tenute alle Figlie di San Paolo nel 1958 (cf Il Raggio, 7-8 [1958] 151-154).

16 Cf Costituzione apostolica Provida Mater Ecclesia, 2 febbraio 1947.

17 I tre Istituti ottennero l'approvazione pontificia l'8 aprile 1960.

18 Cf Istruzione 11, nota 4.

19 Movimento laicale, fondato ad Alba il 29 giugno 1917 (cf AD 341-344; cf anche: G. Alberione, “I Cooperatori Paolini”, in Il Raggio, 5 [1958] 72-76).

20 Movimento ecclesiale fondato a Roma nel 1953 da padre Riccardo Lombardi sj (1908-1979).

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