Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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11. LA PROFESSIONE RELIGIOSA*
Articoli: 87 - 129

Presenza e azione dello Spirito Santo

Per terminare l'argomento antecedente, [aggiungo] questo: fra di voi vi sono anime le quali sono arrivate a una condizione, a uno stato spirituale in cui il lavoro si matura meglio, si perfeziona di più, ed è quando si sente viva la presenza dello Spirito Santo nell'anima, e lo si lascia lavorare interiormente, perché lo Spirito è l'anima dell'anima, è la grazia soprannaturale. Lo Spirito Santo non è ozioso in noi, opera, è sommamente attivo. Opera e dirige la mente, opera e dirige il cuore, opera e dirige la volontà. Assecondare la sua azione con docilità. Allora il nostro spirito gode di una certa libertà, e pure lo Spirito di Dio il quale «ubi vult spirat»1 (Gv 3,8). Egli spira, opera nella direzione che vuole, poiché ogni anima, nei disegni di Dio, ha delle ascensioni da fare, ha dei punti, delle vette da raggiungere.
Quando l'anima sente così, occorre si metta in questa specie di passività, che non è poi passività, ma è assecondare la voce, l'azione dello Spirito Santo in noi. Si arriva [così] a quell'unione semplice che non sarà ancora l'unione estatica e forse neppure l'unione trasformante, ma è già unione semplice. Tuttavia a questo punto occorre arrivare senza voler provare, perché l'anima diviene passiva rispetto all'azione, più passiva che attiva; è lo Spirito Santo che prende l'iniziativa in noi. Chi sente in sé questa intimità di azione di Dio, l'assecondi. Assecondi molto l'attrattiva anche dello Spirito: «Spiritus ubi vult spirat».
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Requisiti per la professione

Siamo arrivati alla professione religiosa. Penso che siano stati letti in questo tempo gli articoli indicati.

Art. 87. La professione religiosa è la consacrazione a Dio e la pubblica emissione dei tre voti semplici di obbedienza, castità e povertà, fatta a norma dei sacri canoni e delle presenti Costituzioni.
Art. 88. Per la validità della professione si richiedono le seguenti condizioni:
1. Che la candidata abbia compiuto almeno sedici anni di età se deve fare la prima professione temporanea; che ne abbia compiuto ventuno se si tratta della professione perpetua.

Questo in generale. Per noi vi sono poi quelle disposizioni particolari che risultano dalle circolari2.

2. Che venga ammessa alla professione dalla Superiora competente a norma dell'art. 90.

La superiora competente per ammettere alla professione religiosa, se si tratta di professione temporanea è la Superiora generale col consenso del suo consiglio. Quindi la Superiora generale interviene per la prima professione; e se si tratta della professione perpetua, è ancora la Superiora generale. Le altre professioni dipendono dalla provinciale udito il Consiglio.

3. Che la professione sia preceduta dal noviziato valido.
4. Che la professione sia emessa senza violenza, senza grave timore o inganno.
5. Che la professione sia espressa e non tacita.
6. Che sia ricevuta dalla Superiora maggiore o da una persona da lei delegata. Le Superiore locali per ricevere la rinnovazione dei voti, sono delegate in forza delle stesse Costituzioni, con facoltà pure di subdelegare.

Quindi, una volta ammesse, anche le superiore locali possono ricevere la professione e anche subdelegare se non potessero, per esempio, essere a casa.

Art. 89. Per la validità della professione perpetua si richiede inoltre che sia preceduta dalla professione temporanea di almeno tre anni completi. Il biennio aggiunto di voti temporanei non si richiede per la validità, però solo la Santa Sede può dispensare da esso, in tutto o in parte.
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Emissione della professione

La professione si emette per tre volte annuale, poi per due anni, e alla fine di tre più due cinque, si può emettere la professione perpetua, eccetto che ci sia il bisogno di prolungare [il tempo, ma] non oltre un anno. Ripeto, i prolungamenti hanno sempre poco frutto. La formula, la sapete, e giova molto ripeterla dopo la comunione, o almeno come ultima preghiera dopo la Visita. Seguire il rituale approvato; far firmare nel registro la professa, i testimoni e chi ha accettato la professione.
Occorre però che si rinnovi sempre a tempo la professione annuale. Qualche volta potrà essere anticipata di qualche tempo per motivo ragionevole, ma non potrà essere anticipata più di un mese. Tuttavia, anche se viene anticipata, dalla prima professione alla professione perpetua, ci devono essere sempre almeno i tre anni compiuti.
La professa temporanea o rinnova o ritorna in famiglia. La rinnovazione deve essere fatta in maniera che non si resti alcun giorno senza voti. Vi è un momento in cui si può essere libere, ma bisogna che non si interrompa la professione, cioè che non si resti senza voti.
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Per la professione perpetua si richiede un periodo di preparazione che è considerato come un secondo noviziato, della durata di almeno sei mesi, meglio di un anno. È cosa lodevole che le professe sia di voti temporanei che di voti perpetui, rinnovino spesso privatamente per devozione la professione religiosa, specialmente quando vi è qualche solennità oppure, come ho detto, dopo la comunione o al termine della Visita.
La professione religiosa importa l'obbligo di osservare le Costituzioni, di osservare i santi voti. La professione religiosa dà il diritto di essere membro della Congregazione, e nello stesso tempo di avere tutti i privilegi, grazie e favori spirituali che sono concessi all'Istituto stesso.
Il tempo di godere la voce attiva e passiva [nelle elezioni] si computa dalla prima professione. Chi facesse per errore un contratto dopo la professione religiosa, questo contratto non è invalido perché non ci sono i voti solenni, ma è illecito; e allora bisogna regolarizzare le cose. Quando una figliuola avesse fatto dei voti privati, per esempio di dire tutti i giorni una determinata preghiera, tutti i voti privati con la prima professione scadono.
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Uscita dall'Istituto

Art. 109. La dispensa dai voti religiosi, sia temporanei che perpetui, è riservata alla Santa Sede; le Superiore non hanno alcuna potestà di scioglierli, salvo il caso di legittima dimissione di una religiosa di voti temporanei a norma dell'art. 119.

Alla fine della professione temporanea, la suora è libera di uscire e le superiore sono libere di rimandarla senza bisogno di darne conto, tuttavia ci vogliono motivi ragionevoli. Il motivo principale per non continuare nella rinnovazione dei voti è la mancanza dello spirito religioso. Quando una figliuola non ha spirito religioso e vive come una semplice cristiana, oppure appena nell'osservanza della legge naturale..., questo vuol dire non essere suora; e allora perché stare in Congregazione? La mancanza di spirito religioso è sufficiente per venire dimessa3.

Art. 114. Le professe, sia di voti temporanei che di voti perpetui, le quali, senza il permesso della Superiora, abbandonano la casa religiosa, ma con l'intenzione di ritornarvi, sono considerate fuggitive; perdono senz'altro l'ufficio che occupavano e sono soggette ad altre pene.
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Le dimissioni delle professe temporanee sono molto facili; tuttavia, in generale, è meglio aspettare che termini l'anno.

Art. 116. Le cause di dimissione di una suora con voti temporanei devono essere gravi. Tali cause possono verificarsi tanto da parte della religiosa, come da parte della Congregazione. La mancanza di spirito religioso, se sia tale che riesca di scandalo alle altre, è sufficiente motivo per pronunziare la dimissione, quando le ripetute ammonizioni, unite ad una penitenza salutare, non hanno prodotto alcun effetto; non però l'infermità, eccetto che non si abbia prova certa che tale stato di salute esisteva avanti la professione, e fu maliziosamente taciuto o dissimulato.

Si capisce che occorrono però ripetute ammonizioni e una penitenza salutare e trasferirla da posto a posto. Vi è anche il caso che prima della professione si sia occultata una malattia che già era in atto; e allora si può anche dimettere, sebbene la suora manifesti dopo i voti quella malattia che prima non aveva manifestata. I motivi si possono comunicare alla suora, ed è anche bene.

Art. 118. Contro il decreto di dimissione, la suora ha il diritto di ricorrere alla Santa Sede; e, se ricorre entro dieci giorni, pendente questo ricorso, anche l'effetto della dimissione resta sospeso.
Art. 119. La suora professa di voti temporanei, legittimamente dimessa a norma degli articoli precedenti, è sciolta senz'altro dai voti religiosi, deve deporre immediatamente l'abito religioso e ritornare al secolo, cessando tutti gli obblighi e i privilegi che aveva nella vita religiosa.
Art. 120. Per la dimissione di una suora di voti perpetui spetta alla Superiora generale riferire la cosa alla Santa Sede, presentando tutti gli atti e documenti a norma dell'art. 122; e la Santa Sede deciderà ciò che nel caso crederà più opportuno.
Art. 121. Per dimettere una suora professa di voti perpetui, si richiedono colpe gravi, esterne, insieme con l'incorreggibilità, dopo inutili ammonizioni ed esperienze, anche trasferendo la religiosa in altra casa, se sarà giudicato conveniente; cosicché non resti più speranza di ravvedimento, a giudizio della Superiora generale e del suo Consiglio.
Art. 122. Perché la dimissione di una suora di voti perpetui sia fatta legittimamente, si devono osservare le seguenti norme:
1. Le cause della dimissione e la incorreggibilità della suora devono risultare in modo certo alla Superiora generale e al suo Consiglio; quantunque non sia necessario che siano provate per via di formale giudizio.
2. Le cause della dimissione si devono sempre chiaramente manifestare alla suora, la quale ha il diritto di esporre liberamente le sue ragioni.
3. Tali ragioni è necessario siano manifestate anche per iscritto, e, firmate dalla suora stessa, devono essere fedelmente riportate negli atti.
4. Tutto sarà quindi esaminato nel Consiglio generale; se a maggioranza di voti segreti si giudicherà necessaria la dimissione della suora, la Superiora generale, in una relazione firmata da lei stessa e dalle consigliere, unendovi pure tutti gli atti e documenti che vi si riferiscono, deferirà la cosa alla Sacra Congregazione dei Religiosi, a cui solo spetta decretare la dimissione.
Art. 123. La professa di voti perpetui dimessa dalla Congregazione a norma degli articoli precedenti, rimane senz'altro libera dai voti religiosi: deve quindi immediatamente deporre l'abito religioso e ritornare al secolo.
Art. 124. In caso di grave scandalo pubblico o di imminente pericolo di gravissimo danno per la comunità, la suora, anche se professa di voti perpetui, può essere immediatamente rimandata al secolo dalla Superiora maggiore col consenso del suo Consiglio, o anche, se vi fosse pericolo nel ritardo e mancasse il tempo per ricorrere alla Superiora maggiore, dalla Superiora locale col consenso del suo Consiglio e dell'Ordinario del luogo […] .
Art. 125. Si devono ritenere immediatamente dimesse, e in forza del fatto stesso, quelle religiose, sia di voti temporanei che perpetui, le quali avessero commesso uno dei delitti di cui nel can. 646 […] .
Art. 126. Si abbia cura che tutti i documenti relativi alla secolarizzazione e alla dimissione delle suore, o almeno copia fedele dei medesimi, si conservino diligentemente nell'archivio della casa generalizia.

Affinché, in caso di discussione siano preparati, siano pronti.
Un'avvertenza importante. Eccetto questi casi estremi: tentato matrimonio, fuga con un uomo, ecc., cercare che la cosa si componga in carità e cioè che per quanto è possibile ci sia la persuasione da parte della suora stessa, che non può continuare così. Gli avvisi siano dati con ragionevolezza e con insistenza, più volte. Per quanto è possibile, ancorché uno ci debba rimettere qualche soldo, la cosa si compia nella pace. Naturalmente l'Istituto non dovrebbe nulla a chi esce, eccetto il caso che sia una professa temporanea e abbia ancora qualche cosa di suo che non è stato consumato, tuttavia, se non può vivere, non ha entrate personali, e intanto deve cercarsi un posto, un impiego, allora interviene il sussidio caritatevole, in modo tale che la suora uscita non conservi rancore verso l'Istituto.
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Passaggio ad altro Istituto o a Istituto secolare

A questo proposito devo anche ricordare che vi sono alle volte aspiranti che non fanno per l'Istituto, e novizie che non dimostrano vocazione, professe temporanee che dimostrano veramente di non [poter] sopportare i pesi e compiere i doveri dell'Istituto. Forse alle volte potranno trovare il loro posto altrove; per quanto è possibile aiutarle. Qualcuna può essere che sia anche in grado o in condizione di entrare in altro Istituto; qualcuna, rarissimamente, che possa entrare in Istituto secolare; quando questa dimissione o questo abbandono dell'Istituto dipende soltanto dal non essere capace a fare la vita comune. Tutto il resto negli Istituti secolari è più impegnativo che nella vita comune: la povertà costa più sacrificio, la castità è esposta a maggiori pericoli, l'obbedienza è più complicata. Ma vi sono persone le quali non si adattano alla vita comune, per carattere ad esempio, e che tuttavia, lasciate libere, forse faranno dell'apostolato, forse vorranno vivere una vita di consecrazione al Signore. E allora il Papa ha aperto la via agli Istituti secolari, dove i membri sono veramente religiosi e devono fare quello che dice il Papa, cioè «bruciare di amore di Dio, e convertire la loro vita in apostolato»4. Forse il Signore le chiamerà lì. Aiutare. Il distacco avvenga, per quanto è possibile, nella pace di Dio.
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Cura delle professe temporanee

Dopo il noviziato. La Santa Sede, proprio in questi giorni, ha dato delle norme. Ad esempio questa avvertenza: Le suore professe per la prima volta, e qualche volta anche le perpetue non si mettano subito in case dove la disciplina religiosa è meno osservata e nelle case troppo piccole.
Perché vi sono tutte queste professioni [temporanee], prima annuali per tre anni, poi la professione biennale? È sempre perché l'Istituto approfondisca la conoscenza di quella persona; e d'altra parte, la persona che sia già professa, provi sempre maggiormente se è capace di portarne i pesi. Sempre però, bisogna prevenirla, e cioè mostrare i pericoli della vita futura al termine del noviziato o durante la professione temporanea o anche nel noviziato per i voti perpetui. Sempre prevenire per i pericoli che possono trovarsi in casa, nella persona stessa e che possono provenire dall'esterno. Sempre prevenire! Non si può esporre le suore giovani a certi pericoli: prevenire. Forse dovrà uscire con una persona più anziana5.
Però vi sono persone che non approfondiscono abbastanza i voti, che cosa sia la professione religiosa, a che cosa obbliga. Pensano alla professione religiosa come [a] esprimere un desiderio di santità: un desiderio, non una professione, non un contratto con la Congregazione, non una donazione a Dio definitiva o temporanea. Qualche volta avviene che la considerino alla stregua di un proposito, come il proposito che si fa dopo la confessione o dopo l'esame di coscienza. Ma è tutt'altra cosa! Contrarre un vincolo così grave, con un atto così solenne davanti a Dio, davanti alla Chiesa e alla Congregazione. E per questo atto c'è stata una lunga preparazione.
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Prudenza e vigilanza

In generale, anche le aspiranti e le novizie che vengono dimesse possono, alle volte, diventare cooperatori o cooperatrici.
Sempre è necessario tener presente che l'uomo è un pericolo per la donna, ma più la donna è un pericolo per l'uomo. Il fatto descritto nel Genesi: il demonio si è avvicinato ad Eva. Perché non ad Adamo? Perché la donna in generale è più mobile, ha più sentimento, la sua psicologia cede più facilmente. Essa ha trascinato l'uomo nel peccato e quindi nella rovina. Il demonio si è vestito bene per presentarsi a Eva; il serpente era allora un animale simpatico, perché non c'era ancora stata la rivolta. Il demonio è stato il primo a incominciare la conversazione: «Perché non mangiate quel frutto?» (cf Gen 3,1). E la donna ha subito perduto terreno. Quando s'intavola il discorso col demonio è poi difficile liberarsene. «Perché non mangiate?». E la donna ha dato risposta: «Non ne mangiamo perché il Signore ci ha detto che se ne mangiassimo, morremo»; mentre doveva dire come Gesù Cristo quando fu tentato: «Vade retro, satana»6 (Mc 8,33).
Ecco, [cosa succede a] ragionare con il diavolo e con la passione, specialmente la passione dei sensi. «No che non morrete, dice satana, ma se ne mangerete diverrete simili a Dio, conoscitori del bene e del male». E non ci voleva di più per stuzzicare la curiosità di Eva che prima sapeva solamente il bene, [ora] desiderava di sapere anche il male e così essere simile a Dio. Allora, eccitata dalla curiosità, eccitata dalla vista di quel frutto che era bello a vedersi e pensava che fosse gustoso a mangiarsi, dopo aver riflettuto, deve aver avuto una certa battaglia nel suo spirito prima di cedere, alla fine allungò la mano, prese il frutto, lo addentò. E siccome quando uno pecca, ha come una tendenza spontanea, naturale a farsi dei cooperatori nel male, a condurre con sé nel male altre persone, a farsi dei compagni di peccato, lo porse ad Adamo e Adamo, per far piacere alla donna, se ne cibò. Si sono aperti, allora, i loro occhi e conobbero davvero il male. E corsero a coprirsi con delle foglie di fico e a nascondersi. Quando il Signore discese nel paradiso terrestre e chiamò Adamo, Adamo ed Eva si erano nascosti. Ma il Signore venne e li scoperse: «Perché vi siete allontanati e non avete risposto alla mia chiamata?». Essi arrossirono. E Adamo per primo: «La donna che tu mi hai dato mi ha attirato al male» (cf Gen 3,12), quasi per gettare la colpa su Dio: Tu me l'hai data. E la donna: «Il serpente mi ha ingannata» (cf Gen 3,13) e getta la colpa addosso al serpente. Il peccato fa vergogna e facilmente cerchiamo di addossarne le cause e la colpa agli altri. Ma venne il castigo e il castigo fu per tutti e tre. Per l'uomo: «Mangerai il pane col sudore della fronte» (cf Gen 3,19); la donna ebbe i castighi propri del suo sesso, e il serpente [fu] condannato a vivere di terra e a muoversi sul terreno.
Precauzioni, precauzioni! Vedete, non c'è mai sicurezza; il demonio ha tentato anche Gesù Cristo. Non vale a dire: Si è già consecrate a Dio, si è già arrivate a una certa virtù; si possiede già una certa età, una certa esperienza. No. Anche sul letto di morte il demonio tenterà, ora di presunzione, ora di disperazione. Occorre sempre ricorrere alla preghiera e rinnovare insieme i propositi.
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Aiutare con bontà

Aiutiamo le suore quanto è possibile, specialmente nei momenti più difficili. Aiutarle con le precauzioni da prendersi prima, e poi, se mai ci fosse stata una debolezza, non condannarle subito all'inferno. Aiutarle a sollevarsi; aiutarle a riprendere fiducia, a confessarsi bene e poi a guardarsi dai pericoli e, di conseguenza, a fortificarsi maggiormente per essere più pronte a resistere al male. Possibilmente anche toglierle dall'occasione che è già grande cosa.
Se c'è stata una caduta, non bisogna metterle subito sul libro nero, e non fare mai più riconciliazione e sempre considerarle come in castigo. Pietro negò Gesù tre volte, Gesù fu delicatissimo, non gli tolse la vocazione e la dignità e il potere che gli aveva promesso, ma con mirabile bontà interrogò Pietro tre volte se lo amava. Le tre proteste di amore, scancellavano le tre rinnegazioni di Pietro. E Gesù finiva sempre, dopo la protesta d'amore da parte di Pietro: «Pasci i miei agnelli. Pasci i miei agnelli. Pasci le mie pecorelle» (cf Gv 21,15-19). Non lo tolse dall'ufficio [conferito], dalla posizione.
Che [la suora] non rimanga sempre come una pecora nera, quasi appestata, perché allora viene male su male. Aiutare! Non ci sono che io e Gesù che amiamo i peccatori, diceva quel santo7. E chi è innocente, può alzare la mano o gettare la prima pietra. Non abbiamo questo orgoglio, perché poi il Signore lascia cadere noi! Stiamo umili, sempre diffidenti, sempre pronti alla preghiera, e sempre pronti a rialzare il caduto.
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Imitare Gesù, imitare il buon Pastore: «Sono venuto per salvare i peccatori; non sono venuto a chiamare i giusti, ma a chiamare i peccatori a penitenza» (cf Lc 5,32). E incoraggiamento.
Quante volte si prendono più mosche con un cucchiaio di miele che con un barile di aceto! Questo non solamente nei casi gravi, ma nei casi ordinarissimi, nelle piccole mancanze, senza pensare a cadute estreme. Quando in una casa si tempesta sempre di avvisi, quasi non si è più liberi di dire una parola; qualche volta sfuggirà qualcosa che non è tutto santo, e che non è del tutto ragionevole...; [allora] meditazioni che finiscono sempre in correzioni, magari correzioni fatte imprudentemente perché si rinfacciano in pubblico mancanze che erano segrete e che mortificano la persona presente.
Essere buone, buone! Ferme, si capisce, con la persona, ma salvare il peccatore. Uccidere il peccato, ma salvare il peccatore. E approvare il bene che c'è! Alle volte [le suore] hanno impegnato la giornata con sacrificio nella propaganda o nelle mostre, nelle giornate bibliche, ecc. Oh, quanto bene hanno fatto! Perché poi, magari sfugge una parola o manifestano un certo bisogno... Amare! L'ultimo proposito è l'amore. Man mano che si va avanti, amare sempre di più.
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* 11. Ariccia, 20 maggio 1961. Reg.: A6/an 112a = ac 181a. Stampato in SdC, pp. 96-106.

1 «Lo Spirito, come il vento soffia dove vuole».

2 Si tratta delle circolari interne: San Paolo, Regina Apostolorum, o circolari occasionali.

3 A questo punto don Alberione continua parlando dell'art. 113, ma non conclude il pensiero: «Le professe di voti perpetui quando escono illegittimamente, e abbandonano la casa religiosa con l'intenzione di non più ritornarvi... Queste cose le avete già apprese tutte. Le ricordate?». L'art. 113 riporta la norma del Diritto canonico che considera come apostate dalla religione chi esce con l'intenzione di sottrarsi all'obbedienza religiosa.

4 Cf Pio XII, Epistola Novimus religiosorum, sulla collaborazione dei laici all'apostolato (20 settembre 1956), in La vita religiosa nel magistero di Pio XII, a cura di D. Berretto, Ed. Paoline, Alba 1961, n. 849, p. 524: La citazione alberioniana sintetizza il testo di Pio XII che dice espressamente : «Vivano cristianamente e ardano dal desiderio bruciante di propagare la religione cattolica… Sterile risulterà l'apostolato, se non sgorga da cuori sacerdotali, i quali, alimentati e sospinti dalla grazia celeste, non mostrino nella loro condotta una viva immagine di Gesù Cristo, non siano diretti dalla fede cattolica, non brucino d'amore di Dio».

5 Il termine: «uscire» si riferisce alla diffusione capillare nelle famiglie.

6 «Lungi da me, Satana».

7 Detto attribuito a san Francesco di Sales, riportato in Diario spirituale. Detti e fatti per ogni giorno dell'anno, Ed. Paoline, Bari 1951, p. 121.