Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

14. I GRADI DI ORAZIONE*

Orazione e vita religiosa

Siamo arrivati [nella spiegazione] delle Costituzioni agli articoli che riguardano i voti e la vita religiosa paolina. La vita religiosa progredisce in conformità che progredisce l'orazione: esse si accompagnano sempre. Primo perché dall'orazione si ricava la forza, l'aiuto di Dio per l'osservanza della povertà, castità, obbedienza, della vita comune e di tutto il complesso delle attività. In secondo luogo perché lo spirito di orazione eleva i pensieri, rafforza lo spirito e orienta il cuore, unisce a Dio e prepara alla felice entrata in paradiso.
La vita è tutta una preparazione al cielo. Cosa vogliamo ancora cercare su questa terra, dopo che abbiamo consecrato noi stesse a Dio? Lasciare qualche cosa, non è difficile! Rinunciare alla famiglia, rinunciare ai pochi soldi che c'erano o non c'erano non è difficile, ma è difficile lasciare noi stessi, cioè vincere l'egoismo: Relinquere quod es: lasciare ciò che sei. Per questo ci vuole una forza particolare da Dio. Lasciare la nostra volontà, i nostri desideri, le nostre preferenze… sì, occorre una forza particolare da Dio.
Il Signore vuole che tutte le anime, cioè apre la strada a tutte per un'entrata diretta in cielo dopo il transito, oppure è sua volontà che molte anime abbiano da passare in purgatorio? Risponde in parte san Tommaso e in parte san Giovanni della Croce1: Non è certo volontà di Dio che molte anime o la maggior parte di esse abbiano da passare attraverso la purgazione prima dell'ingresso in cielo. Però occorre che ci sia un complesso di disposizioni.
Molti pensano che basti detestare il peccato, propriamente il peccato, ma anche per questo occorre la penitenza. D'altra parte, non si può immediatamente aprire i nostri occhi alla luce eterna, quando questi abbiano sempre guardato altre cose, o almeno, abbiano guardato anche altre cose. Allora [occorre] la purificazione. Il Signore vuole che arriviamo al «vivit vero in me Christus» (Gal 2,20). La domanda che subito si presenta è questa: Sono tutte le anime nella possibilità di compiere quello che il Signore dice: «Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48)? Tutte le anime hanno la grazia di arrivare ai più alti gradi di orazione, all'orazione trasformante? Sì, tutte le anime, particolarmente le anime consecrate a Dio.
Allora consideriamo i nove gradi di orazione2.
137
Camminare nella via dell'orazione

Il primo grado è l'orazione vocale. L'orazione vocale è quella che oltre al sentimento interno, si esprime con la voce. Avete, [ad esempio], cantato la lode, recitato la preghiera. La liturgia è tutta vocale, eccetto qualche minima parte. La Messa, l'amministrazione dei sacramenti, i canti sacri, le funzioni solenni, le benedizioni, ecc. sono orazione vocale. Orazione vocale che si fa in comune: le preghiere del mattino e della sera, il rosario che tante volte si dice in comune. Poi vi sono le altre preghiere della giornata che, o fatte in comune o in privato, in gran parte sono vocali. E ci sono tutte le formule di orazioni vocali che sono scritte nel Libro delle preghiere.
138
Secondo grado di orazione è la meditazione. Con essa si prega di più col cuore e con la mente. Si chiama proprio mentale perché in primo luogo opera la mente. In gran parte equivale alla meditazione: meditare, in cui lavorano la mente e il sentimento interiore.
La meditazione può essere [fatta] nella forma, con metodo, come si usa ed è prescritta nelle famiglie religiose; e può farsi anche senza metodo, magari all'improvviso, come quando una persona alla sera vede un bel cielo stellato e sta un po' a contemplare; pensa che oltre quello c'è un altro firmamento di stelle che sono i santi. «Stella differt a stella in claritate»3 (1Cor 15,41), per chiarezza, per splendore. E allora si esclama: «Domine, Dominus noster, quam admirabile est nomen tuum in universa terra»4 (Sal 8,2). Quella è una meditazione. Si va a una sepoltura, si vede il camposanto, di lontano si sente la campana che suona, forse per invitare alla Messa o per altre ragioni: siamo portati a riflettere. È una meditazione, preghiera mentale!
139
Terzo grado di preghiera: l'orazione affettiva. Nell'orazione affettiva lavora molto il sentimento, cioè l'anima abbonda in propositi, in atti di dolore, di desiderio, in suppliche al Signore, in esclamazioni di lode per la sua grande bontà, e ancora tutti gli altri sentimenti. Si tratta di una meditazione semplificata e orientata al cuore. È la stessa meditazione, la stessa preghiera mentale in cui prevale il sentimento. Vi sono persone che si contentano di leggere poco per la meditazione, anzi alle volte a loro basta un ricordo: ricordare la scena del Calvario, della nascita di Gesù, la salita di Gesù al cielo, ecc. E allora si effondono in sentimenti, in desideri, in atti di dolore, in propositi. È una meditazione facile, anzi generalmente soddisfa di più.
140
Vi è poi il quarto grado di orazione che si chiama orazione di semplicità. È uno sguardo o una attenzione amorosa a qualche oggetto divino o a Dio stesso, o a qualche sua perfezione. Vale molto ricordare l'episodio del Curato d'Ars5 il quale vedeva tutti i giorni un uomo, un contadino, che a una certa ora, mentre andava o veniva dai campi, deponeva i suoi strumenti di lavoro lì davanti alla chiesa, entrava e si fermava a lungo. Il curato aveva osservato che non muoveva le labbra e neanche la persona; stava lì guardando. Brav'uomo, che cosa fate? Che cosa dite al Signore?. Io non so cosa dirgli; lo guardo. So che lui mi guarda, ci vogliamo bene, ecco tutto. E dopo esco contento e con più buona volontà.
Questa è l'orazione che si chiama di semplicità. E quando è così l'anima, in generale, resta molto raccolta, e quando esce quasi non sa cosa abbia detto al Signore. Ma terminata la preghiera rimane tutta impressionata dal sentimento di Dio, dal pensiero della sua presenza e quindi dal desiderio di far bene, di contentare il Signore. Preghiera di semplicità! Questo può avvenire non solo guardando il tabernacolo, ma, supponiamo, rappresentandoci il Calvario, quando Gesù sanguina, quando Gesù dice al buon ladrone: «Quest'oggi sarai con me in paradiso»; quando dice: «Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito» (Lc 23,43.46); «Consummatum est»6 (Gv 19,30), ecc.
Può essere invece che un giorno [capiti di] fare quel che dice Leone XIII7: imitare gli angeli. Arrivare alla casetta di Nazaret dove si lavora; gli angeli guardano dalla finestra della casa, come [il papa] si esprime, o dalla porta per vedere come è la vita in quella casa di pace, di raccoglimento, di lavoro, di spirito tutto soprannaturale. Là si prepara, anzi si sta già compiendo la redenzione, perché il sudore di Gesù al banco del lavoro equivale al sudore di sangue di Gesù nell'orto. Redenzione! Guardare il Figlio di Dio: che lavoro umile compie in silenzio e volgendo di tanto in tanto lo sguardo al cielo!8 Quanto si impara di umiltà, di raccoglimento, di amore al lavoro e di carità! Osservate: può essere che ciò faccia impressione all'anima ed ecco si trova in orazione di semplicità. Magari non avrà fatto dei propositi, ma resta impressionata e [dice a se stessa:] Quella deve essere la mia vita! Se così hanno operato Maria, Gesù, Giuseppe, la mia vita non deve essere così? Non è una vita così alta, così perfetta da imitarsi?
141
Viene poi [il quinto grado di orazione:] il raccoglimento infuso. È una illuminazione della mente. A differenza dell'orazione che segue, cioè dell'orazione di quiete, il raccoglimento infuso è una illustrazione che Dio dà all'anima; prende l'anima, ne soggioga l'intelligenza perché lo Spirito Santo infonde il dono della saggezza, della scienza e dell'intelletto, e se vogliamo, del consiglio, almeno in parte. L'intelligenza è presa, è conquistata dalla luce che viene da Dio e che assorbe tutta la potenza intellettuale dell'anima.
Ho portato qualche volta l'esempio del canonico Chiesa, il quale faceva abitualmente negli ultimi tratti della sua vita, cioè negli ultimi anni, quando aveva maggior lavoro, due ore di Visita al giorno. Avevo mandato un chierico, che adesso è sacerdote, e ogni tanto torna a raccontarmelo, a portargli le bozze da correggere di un suo libro che si stampava da noi. Lo trova in chiesa nei primi banchi. Il chierico si fa avanti con un certo rispetto perché gli spiaceva disturbarlo. Era in posizione tutta di raccoglimento, lo sguardo volto al tabernacolo. Si avvicina e porgendogli le bozze dice: Signor Canonico, per favore, vuole correggere queste bozze?. E il Canonico non si dà per avvertito, come non avesse sentito. Aspetta ancora un momento e poi dice un po' più forte: Vuol fare il favore di correggere queste bozze?. E là, niente... Allora si fa coraggio, lo tocca nel gomito con la mano e gli dice più forte, porgendogli le bozze: Vuol per favore correggere queste bozze?. Allora [il canonico] dà segno di aver capito e, quasi mortificato di esser stato sorpreso in così profonda preghiera, risponde con un cenno del capo e con un semplice monosillabo: Sì, e ritorna nella sua preghiera.
[In questa orazione] le potenze dell'intelletto restano assorbite, per cui l'esterno poco si nota. Se non interviene qualche fatto un po' speciale, l'anima rimane talmente unita al Signore e in un raccoglimento anche gioioso per cui soffre a essere disturbata. Questo l'ho provato anch'io diverse volte col canonico Chiesa, quando ero solito andare alle ore undici, in san Damiano, dove egli era parroco, per confessarmi. A quell'ora faceva la sua adorazione dalla parte dell'organo. Orazione questa di raccoglimento infuso; domandarla al Signore.
142
Vi è poi l'orazione di quiete [o sesto grado]. In questa non è più tanto l'intelligenza, ma è la volontà che resta presa, supponiamo, da una vita santa, contemplando un fatto, un esempio il quale assorbe l'anima che vede la bellezza di una vita, [impegnata] a volte in cose umilissime, nel fare i più umili servizi. [Quella santa persona] si levava prima degli altri nell'ospedale, e quando gli altri si alzavano o avevano finito il loro riposo, aveva già fatto tanti servizi agli infermi.
Contemplare la vita di qualche santo, specialmente contemplare Maria in orazione, quando le appare l'angelo, quando recita il suo Magnificat, quando sta alle nozze di Cana: contemplare la sua vita elevata. Quando l'anima resta illuminata, supponiamo, dal desiderio e dalla felicità che ha nel soffrire qualche cosa, nel volere in qualche maniera partecipare alle sofferenze del Crocifisso, si acquieta, la volontà si fortifica. Non si ragiona, non si passa da un argomento a un altro. È una contemplazione di quiete; è innamorarsi, è desiderare la sofferenza e insieme provare una grande gioia. Alcune di voi hanno assistito suor Teresa9 negli ultimi giorni, specialmente negli ultimissimi giorni della sua malattia; [ella si diceva] felice di soffrire. [Ciò] piace tanto al Signore10. Certamente c'era un alto, anzi molto alto grado di preghiera, non dei più alti, ma certo [un grado] molto alto di orazione.
143
Poi viene l'orazione di unione. L'orazione di unione è di tre specie, nel complesso racchiude il settimo, l'ottavo e il nono grado. L'orazione di unione semplice rende l'anima unita a Dio e, come si esprimono i trattati, assorbe [tutte] le potenze [dell'anima] e le rende quasi prigioniere.
Quello che adesso volevo dire non fa proprio del tutto a questo caso, ma in parte sì. Parlo di nuovo del canonico Chiesa, giacché mi sono occupato per tanti giorni della testimonianza delle sue virtù e delle grazie ottenute per sua intercessione in quest'ultimo inverno11. Quando era ancora chierico, aveva udito la predica del Vescovo che veniva a celebrare in seminario, ed era la festa della sacra Famiglia. La sua anima fu presa dall'ammirazione delle tre santissime persone, come vivevano nell'umiltà, nel lavoro, nella carità. Gli venne l'ispirazione di domandare a Gesù, a Maria e a Giuseppe di entrare [a far parte] della sacra Famiglia e di esserne il quarto membro12. Domandò questa grazia e restò preso, prima della comunione, da questi sentimenti. Ebbe la risposta che veniva accettato come membro della sacra Famiglia. E allora la sua preghiera a Gesù, a Maria, a Giuseppe. A Maria: Ora sei la madre mia, io sono tuo figliuolo; a Gesù: Sono tuo fratello; a Giuseppe: Tu, mio padre ed io sono tuo figlio. E godette per alcuni minuti, per un po' di tempo, una grande soavità nello stare ed essere accettato come membro della sacra Famiglia. Poi gli venne il dubbio: Ma continuerò sempre? Mi considererò sempre come membro della sacra Famiglia? E rivolgendosi a Gesù, a Maria e a Giuseppe: Come mi avete accettato, potrò perseverare?. Gli fu risposto: Sì. Ma vorrei un segno, perché dubito del mio avvenire e della mia perseveranza. E nel taccuino dice: «Ed ebbi il segno richiesto». Quale sia stato, lui ha messo dei puntini. Da allora la sua vita fu tutt'altra cosa. Era il quarto membro della sacra Famiglia, doveva quindi comportarsi degnamente e santificare le sue giornate come le santificavano Gesù, Maria e Giuseppe a Nazaret. La sua vita prese un andamento speciale. La divozione alla sacra Famiglia la portò avanti tutta la vita. Quando era parroco, ne faceva celebrare solennemente la festa e istituì un legato in denaro perché questa festa nella sua parrocchia fosse continuata per sempre.
Le potenze dello spirito, dell'anima, [nell'orazione di unione semplice] sono prese come prigioniere perché sono dominate da Dio.
144
L'ottavo grado è l'orazione di unione estatica. Qui bisognerebbe entrare e spiegare più a lungo, ma per capire più facilmente, [diciamo che] è il fidanzamento, la preparazione dello sposalizio dell'anima con Gesù. Il fidanzamento è la promessa di essere l'uno dell'altro. Gesù dice: Sono tuo, l'anima dice: Sono tua. [Si starà] sempre insieme per tutta la vita, in morte, nell'eternità.
[C'è quindi] un impegno particolare. Se le novizie facessero bene il noviziato, ma farlo proprio in una maniera particolare, non solamente seguire le norme canoniche, le quali di per sé sono leggi fredde, sono canoni, ma seguirle nello spirito, allora potrebbe essere che arriverebbero già [all'unione estatica]. Santa Teresa del Bambin Gesù13 vi era già arrivata quando ha fatto la sua professione, anzi quando è entrata, ma essa fu prevenuta da molte grazie particolari. Ad ogni modo, anche se questo non è avvenuto nella prima professione, può avvenire nella professione perpetua, o in un giorno particolare, ad esempio, nella festa dell'Immacolata. Può avvenire più facilmente nel giorno della festa di Gesù Maestro, o nel giorno della festa di san Paolo. Può avvenire nel giorno che una sceglie per fare la sua consecrazione a Maria, secondo il Beato Grignion di Montfort14, presa però nel senso nostro particolare, e cioè aggiungendo a quanto già il Santo espone e raccomanda, la consecrazione della vita religiosa e il carattere della vita paolina e dell'apostolato. Allora potrà esserci il momento felice, perché a dire: Sarò tutta tua, si fa presto, ma bisogna che nasca da una convinzione, da un sentimento profondo dell'anima. Qui non siamo ancora al matrimonio spirituale.
145
L'unione trasformante, o matrimonio spirituale, fa di due uno, cioè rende fuse le due personalità: la nostra povera personalità è presa da Gesù, perché: «Erunt duo in carne una»15 (Mt 19,5) e per questo si chiama matrimonio o sposalizio spirituale perché vi è l'unione di volontà. Anzi è Gesù che comanda e l'anima asseconda, pur operando anch'essa dicendo il suo sì, il suo arrendersi, e la gioia di arrendersi e di lasciarlo operare. Allora Gesù sta e opera nell'anima, dà i pensieri alla mente, dà i sentimenti al cuore, dà i voleri alla volontà, santifica il corpo stesso. Rende l'anima assetata di sofferenza; questa particolarmente vuole salire il Calvario insieme a Maria, accompagnare il Salvatore che porta la croce, che arriva al Calvario e viene inchiodato sotto gli occhi della madre; Gesù che viene elevato, a vista di tutti sulla croce, e in quelle tre ore di agonia accettare, da Gesù, Maria per madre: «Ecco tua madre» (Gv 19,27). [Viene spontanea] allora la preghiera per la Chiesa, per i peccatori.
«Erunt duo in carne una»; c'è come una personalità unica, ed è quella di Gesù che vive. Allora si dice: «Vivit vero in me Christus». Si arriva lì. Se non vi arriviamo, naturalmente dovremo fare un po' di purgatorio, purificarci di tanta umanità... Se invece si arriva lì, la morte sarà felice; la morte è solamente la porta che si apre: fino allora la fede, al di là la visione. L'anima è così purificata che la luce di Dio passa intieramente, perché se c'è un raggio di sole ed il vetro è terso, pulito bene, il raggio passa; se invece trova delle macchie, non passa tutta la luce del sole. E allora ci vuole lo straccio che pulisca il vetro, cioè pulisca l'anima nostra. «Vivit vero in me Christus» si dice così facilmente! Ma quando lui pensa in noi, quando lui ama in noi, quando lui vuole in noi e opera in noi, allora ecco l'unità, l'unione: l'amore è arrivato al suo supremo grado.
Si può domandare se sulla terra, mentre si è vivi, si possa penetrare addirittura un po' l'essenza divina, come la penetrano i beati in cielo. Questo può essere discusso. Tuttavia, generalmente, si dice che può avvenire, ma in un grado molto limitato e per un favore straordinario che non è comune. Questo è avvenuto a Mosè e a san Paolo.
146
Vive in me Cristo: meta accessibile a tutti

Facciamoci alcune domande per conclusione: Si può da tutti arrivare al «Vivit vero in me Christus»? C'è la grazia per tutti? C'è la vocazione per tutti? Sì. Tre sì bisogna rispondere. Tanto sarà santa la vita quanto è alta l'orazione. Quindi se vogliamo concludere gli Esercizi, specialmente nella prima parte, con propositi veramente seri: chiudere con le nostre vedute, i nostri pensieri, i nostri desideri ancora umani, troppo umani, e finalmente vivere in Gesù Cristo.
Alto grado di orazione! Chiederlo tutte. In questi giorni che sono ancora di Esercizi domandare questo alto grado di preghiera, fino ad arrivare al nono grado. Si può fare la domanda: Ma ci vogliono le estasi? No! Ci vogliono i miracoli? No! È cosa ordinaria arrivare al nono grado, cioè non è cosa che richieda segni straordinari, eccezionali, miracoli, profezie, estasi, stigmate o altre cose, no, no. È cosa di ordinaria amministrazione nell'economia della santificazione, nell'economia dell'effusione dello Spirito Santo in un'anima. Che io preghi sempre meglio! «Doce nos orare: Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1). Che bellezza, che vita alta, che pace dell'anima, che generosità nel sacrificarsi, che semplicità poi nel parlare! Quell'intuire subito dove c'è il bene e dove non c'è il bene... Persone che fanno dei lunghi discorsi per dire una cosa, e altre che in una semplice espressione risolvono tante questioni e centrano subito il pensiero in ciò che deve essere centrato. Spirito soprannaturale!
Tutto questo non si trova in altre maniere che nell'aspirare a questa unione. Non bisogna, però, neppure misurarla se c'è o non c'è; bisogna lasciare che il Signore faccia. Un giorno una può trovarsi nel più alto grado, e all'indomani non essere più capace, quasi a fare la meditazione. Perché il Signore è tutto sapienza e amore nel guidare ogni anima. Come Gesù si dà tutto a un'anima quando va alla comunione, ancorché tutto Gesù lo prendano anche altre anime, così è qui.
E allora domandiamo perdono se siamo ancora per colpa nostra indietro nella preghiera, e chiediamo la grazia di avanzare sempre un po' di più. E per rinvigorire la vita religiosa, che è il fine degli Esercizi, è necessario questo: elevare la nostra pietà.
147

* 14. Ariccia, 22 maggio 1961. Reg.: A6/an 113b = ac 182b. Stampato in SdC, pp. 127-136. Il titolo della registrazione è: “I nove gradi di orazione”.

1 Giovanni della Croce (1542-1591), spagnolo, sacerdote carmelitano, dottore della Chiesa. Collaborò con santa Teresa d'Avila per la riforma del Carmelo. Mistico e poeta, il suo capolavoro è: La salita del monte Carmelo. Don Alberione evoca quanto san Giovanni della Croce evoca nella Notte Oscura, II, 6,6.

2 Per i gradi di orazione, don Alberione si ispira a A. Royo Marin, op. cit.: orazione vocale, n.. 373; meditazione, n. 378; orazione affettiva, n. 386; orazione di semplicità, n. 392; raccoglimento infuso, n. 436; orazione di quiete, n. 439; unione semplice, n. 443, unione estatica, n. 450; unione trasformante, n. 467.

3 «Fra stella e stella v'è differenza di splendore».

4 «O Signore, nostro Signore, quanto è ammirabile il tuo nome in tutta la terra».

5 Giovanni Maria Vianney (1786-1859), francese, parroco di Ars. Trasformò i parrocchiani con la preghiera, la penitenza, la predicazione e il ministero della confessione. È il patrono dei parroci.

6 «Tutto è compiuto».

7 Vincenzo Gioacchino dei conti Pecci (1810-1903), papa dal 1878. Confermò con l'enciclica Rerum novarum (15 maggio 1891) la dottrina sociale della Chiesa, lasciò numerose encicliche di carattere mariano e ascetico.

8 Sembra che il Fondatore abbia presente l'Enciclica Laetitiae sanctae (8 settembre 1893): «Ecco davanti al nostro sguardo la casa di Nazareth, dove ogni santità, quella umana e quella divina, ha posto la sua dimora. Quale esempio di vita comune! Quale modello perfetto di società! Ivi è semplicità e candore di costumi; perpetua armonia di animi: nessun disordine; rispetto scambievole; e infine l'amore: ma non quello falso e bugiardo, bensì quell'amore integrale, che si alimenta nella pratica dei propri doveri e tale da attirare l'ammirazione di tutti» (Enchiridion delle Encicliche 3, Leone XIII, Bologna 1997, n. 1100).

9 Sr. Maria Teresa Congiu (1925-1961), deceduta ad Albano il 14 gennaio 1961. Ha lasciato una testimonianza di profonda preghiera e una grande disponibilità alla sofferenza. Don Alberione stesso volle che se ne scrivesse la biografia: M.C. Calabresi, Sono felice. Sr. M. Teresa Congiu, fsp, Ed. Paoline, Alba 1963.

10 «Piace tanto il Signore…». La dizione non è chiara, ci sono parole incomprensibili.

11 Il processo ordinario per la beatificazione del servo di Dio era stato aperto il 4 febbraio 1959 ad Alba e chiuso il 21 dicembre 1964. Proprio nel 1961 don Alberione era stato chiamato a deporre la sua testimonianza sul servo di Dio. Questo giustifica i frequenti riferimenti all'amico, padre e consigliere.

12 L'esperienza spirituale che il can. Chiesa ha vissuto nel 1895 è documentata in un suo taccuino. Questa pagina è riportata anche nella biografia (cf L. Rolfo, Il buon soldato di Cristo. Servo di Dio, can. Chiesa, Ed. Paoline, Alba 1978, pp. 59-60).

13 Teresa di Gesù Bambino (1873-1897), francese, carmelitana nel monastero di Lisieux, patrona delle missioni.

14 Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716), francese, grande scrittore su Maria. Sua opera principale:Trattato della vera devozione alla santa Vergine.

15 «… i due saranno una carne sola».