Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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18. FAR RENDERE LA VITA PAOLINA AL MASSIMO*

Scegliendo la vita religiosa si è fatta una cosa molto meritoria. La professione religiosa mette nella possibilità di guadagnare assai di più per il paradiso, poiché se Dio chiama più vicino a sé anime privilegiate, questo lo fa perché le vuole più vicine a sé in cielo. Corrispondere allora alla vocazione, raggiungere i due fini: la propria santificazione e l'apostolato secondo le Costituzioni. [Le Costituzioni] devono essere lette [integralmente almeno] una volta all'anno. Nelle conferenze della domenica giova molto trattenersi sui nuovi libri che escono, perché si sappia che cosa contengono e per chi sono adatti. Tutte alla conferenza possono parlare, così si scoprono meglio i bisogni che ci sono e vi si può provvedere. La conferenza dev'essere come un riassunto della settimana: riguardo allo spirito, allo studio, all'apostolato, come ci si comporta riguardo alla povertà; ma ogni tanto trattenersi particolarmente sull'apostolato. Far rendere al massimo la nostra vocazione per la nostra santificazione e per le anime. Quando una professa ha fatto la professione perpetua è al colmo delle grazie: se non incomincerà a farsi santa, non incomincerà mai più.
Chi ha per esempio venticinque anni di vita religiosa può averli fatti rendere molto e può averli fatti rendere poco: dipende dalla maniera con cui ha corrisposto alla grazia. Vi sono giovani alle quali il Signore fa sentire il suo invito, ma esse avendo un cuore duro, lo disprezzano. Vi sono altre che qualche volta sentono buone ispirazioni, concepiscono buoni desideri, ma siccome non pregano, non hanno l'acqua della grazia e tutto finisce. Vi sono ancora giovani che sentono l'invito di
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Gesù, ma le passioni lo soffocano, tra le vocazioni, quindi, tante non corrispondono. Per voi c'è un grande bisogno di ringraziare il Signore perché il suo invito non fu vano: avete risposto, avete fatto i voti con generosità e vi trovate nella pienezza delle grazie. L'ultima parte del seme cadde in buon terreno, ma non tutti i granelli produssero lo stesso frutto: chi il trenta, chi il sessanta, chi il cento.
Una suora nella sua vita può raccogliere il trenta o il sessanta o il cento per uno, eppure si è tutte insieme, si compie lo stesso apostolato, ma ciò che incide è la disposizione del cuore, l'impegno con cui si fanno le cose, la retta intenzione. Far rendere la vocazione al massimo: mirare al cento e si riceve il centuplo. Tutto l'Istituto è un avviamento alla vita fervorosa, quasi bisogna fare uno sforzo per vivere male. Chi produce il trenta? In generale chi è tiepido: fa qualcosa, fa le sue pratiche [di pietà], vive sostanzialmente la sua vita religiosa, ma tiepidamente. E chi guadagna il sessanta per uno? Chi è veramente buona religiosa e compie i suoi doveri in maniera lodevole. Guadagna il cento per uno la religiosa santa che mette a servizio di Dio tutta se stessa: la sua mente, la sua volontà, il suo cuore, tutte le sue forze, ama davvero il suo Istituto, il suo apostolato.
Chi ama l'Istituto ama Dio; amare quindi l'Istituto! Non vedere solo il male a destra e a sinistra, sopra e sotto, compiere gli uffici che ci vengono affidati. Avanti, nella volontà di Dio! Quello che ci fa santi è questo, non altro.
Quali sono i mezzi per far rendere la vita al massimo? Ci sono due condizioni generali che veramente bastano, ma che si possono anche applicare a casi particolari: 1) la preghiera, una preghiera umile, fiduciosa, che sempre muove Dio in nostro soccorso; 2) un impegno che non è solo un vorrei ma che è un voglio. Queste condizioni ci vogliono tutte e due. Sforzo dunque e preghiera, ossia buona volontà e fiducia. Noi con la nostra buona volontà e con la grazia di Dio ci faremo sante. Quindi nell'esame di coscienza vedere sempre che grado ci fu di volontà e che voto merita la preghiera. Chi è superiora deve fare l'esame di coscienza su se stessa e sul modo con cui compie il suo dovere verso le altre, ma anche le suddite devono
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esaminarsi circa l'impegno per farsi sante, circa l'obbedienza, la cooperazione che mettono per il bene dell'Istituto. [L'impegno richiede:]

a) che ci sia la retta intenzione. Se una è scrittrice e scrive una pagina con un grado di amor di Dio, si fa un merito; se una scopa e mette due gradi di amor di Dio, si fa due meriti; fanno tutte e due la volontà di Dio, ma con gradi di amore diverso, questi gradi di amor di Dio sono le intenzioni. Mettere l'intenzione retta. Quando invece si strascina la vita religiosa e si fanno le cose per farsi vedere, allora non si può dire che ci sia un grande amor di Dio.

b) Che le cose siano fatte nell'obbedienza perché così sono fatte nella volontà di Dio. Noi paghiamo solo lo stagnaro quando lavora per noi e non quando lavora per il vicino; così fa Dio con noi: ci paga solo se lavoriamo per lui. Vi sono persone che lavorano di gomiti e di piedi per arrivare dove vogliono arrivare. Ma da chi andranno poi a farsi pagare? A chi manderanno poi la fattura? Il volersi liberare dalle responsabilità, sfuggire al proprio dovere, fa perdere tanti meriti, mentre chi è obbediente e fa la volontà di Dio acquista molti meriti, anche solo respirando, nutrendosi, perché tutto ciò è volontà di Dio.

c) Fare le cose bene, per quanto possiamo; perfette non le facciamo, ma tutti i giorni possiamo farle un po' meglio. Quante cose dobbiamo imparare! Vi è una sapienza che non si impara a scuola, che è tutta una forza, una comunicazione dello Spirito Santo: è la sapienza celeste, è questa che ci fa andare in paradiso, non è lo studiare la teologia che ci fa andare in paradiso. Questa sapienza celeste può averla [anche] una che non sa scrivere, e può averla più abbondante di una dotta. Intanto ciascuna adoperi tutti i talenti che ha e li adoperi per il Signore. Fare le cose benino. Vediamo di progredire! […]1 Vediamo di progredire e preghiamo il Signore che ci comunichi la sua sapienza.
Anche quest'anno vi è stato un bel progresso nell'apostolato e questo in varie maniere: si è aggiunta la redazione in maniera
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più decisa e si stabilirà sempre più normalmente. In modo particolare: la rivista per l'insegnamento religioso che appartiene ai genitori e ai maestri, a tutti quelli che nella società hanno qualche responsabilità nella formazione dell'uomo, del cristiano, insegnamento religioso quale viene raccomandato dal Papa, come risulta dall'enciclica Divini illius Magistri2.
In alcune nazioni dell'estero si è iniziato il lavoro del cinema con generosità, con intelligenza, con prudenza. D'altra parte qui si sta lavorando per dare la dottrina cristiana attraverso il cinema3. Molto rimane da fare, è vero, ma qualche cosa si è fatto.
Aver colore, mantenere il buon colore, avere spirito paolino, non essere religiose comuni, infatti ci sono tanti Istituti che si rassomigliano. Voi avete un colore distinto che bisogna conservare.
Essere decisamente Paoline, spiccatamente Paoline: nella pietà, la vostra bella pietà quale risulta dal libro delle preghiere. Voi siete state fondate «in Christo Jesu, super fundamentum Apostolorum et Prophetarum»4. Le vostre devozioni sono le principali che si possono dare nella Chiesa: il divin Maestro, sua Madre, S. Paolo il grande apostolo. Conservare il vostro bel colore nella Chiesa: avete le vostre devozioni, seguitele, sostenetele sempre. Avete il vostro colore preciso anche nella dottrina, nell'attaccamento all'Istituto e alle Costituzioni. Ci sono dei difetti, certamente, perché siamo in questo mondo. E tu che critichi, non ammetti il male? E tu che giudichi, credi di far bene? Il male non dipende qualche volta anche dalla resistenza che trova la Casa generalizia nel far accettare le disposizioni?
Le superiore siano superiore in bontà, in osservanza esatta, in carità, in laboriosità. Quando la superiora non è superiore in
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queste cose, non è più superiora. Ai nostri giorni, più che in altri tempi, chi riveste autorità se non rifulge in carità, bontà, in zelo, in umiltà, in laboriosità poco per volta non potrà più far opera di superiora: si riveleranno sempre più i suoi difetti, non sarà più seguita. Superiora nella bontà, nello zelo, superiora nell'amministrazione della casa, nella comprensione delle altre, nella laboriosità, ecc. Altrimenti se, ad esempio, una comanda di alzarsi e poi sta a letto... questa scade da sé poco per volta.
Le suore siano tra loro unite, obbedienti alla loro Maestra: questa alla Casa generalizia, la Casa generalizia ben sottomessa alla santa Sede, al Papa, primo superiore. Unite però anche le suore, [tra loro], in carità. La carità però richiede queste due condizioni: l'umiltà e l'obbedienza, senza le quali non si mantiene. Allora vediamo di camminare nell'umiltà, così la carità sarà molto più facile.
La carità va anche considerata nei riguardi di altre persone che generalmente però si trattano bene. Circa le Pie Discepole e le Pastorelle dobbiamo dire questo: la Provvidenza ha condotto le cose a questo punto in cui ci troviamo e noi non dobbiamo chiedere spiegazione di questo, altrimenti ci meriteremmo il rimprovero fatto da Dio a Giobbe. Da una parte le Pie Discepole hanno il loro lavoro determinato e anche le Figlie di San Paolo l'hanno. Le Pie Discepole non si potevano decisamente staccare dall'apostolato delle Figlie di San Paolo, del resto anche le Figlie di San Paolo fanno dell'apostolato liturgico, forse in proporzione maggiore. C'è però un po' di disordine, lasciamo che le cose si chiariscano, non sarà sempre nuvolo.
L'ordine sta qui: le superiore tra loro devono intendersi e intendersi con rispettiva carità. Le superiore sono tra loro quanto mai comprensive e in questo hanno agito lodevolmente. Vi è una parentela ben stretta [tra voi]. Quello che non si deve mai fare è questo: parlare una dell'altra con disprezzo. Bisogna che vi sia questa carità vicendevole.
Qualche cosa è avvenuto anche nei riguardi delle Pastorelle, ma anche loro si metteranno a posto. L'apostolato di ogni Congregazione è così vasto, così esteso che durerà fino alla fine dei secoli. E poi il mondo è largo! E non siamo ancora andati né in
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Africa né in Australia5, mettervi [perciò] fin d'ora le intenzioni di potervi andare. Che una Congregazione non si senta superiore all'altra: siete sorelle. E, non devono le Pie Discepole pregare per tutte le Congregazioni? E non devono le Figlie di San Paolo aiutarle in qualche altro modo? Perché chiamarle: serve dei preti? Questa non è solamente una frase volgare, ma rasenta il sacrilegio.
Circa le aspiranti, esporre ciò che fa il proprio Istituto e poi lasciare a loro la scelta, se no saranno sempre come un osso fuori posto. Quando una è stata dimessa da un Istituto non sia ammessa nell'altro.
Nelle preghiere mettere in continuazione questa intenzione di avere, se piacerà al Signore, la Casa degli Esercizi6. È vero che gli Esercizi si possono fare dappertutto, ma una casa così presenta certamente dei vantaggi. Se al Signore piacerà questo, noi volentieri cercheremo di obbedire, di assecondare il divin volere. Serene, tranquille, sempre disposte a fare ciò che vuole Dio: in qualunque condizione ci si può fare dei meriti. Tutto è disposto o permesso dalla divina Sapienza.
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* Meditazione, in dattiloscritto, battitura recente, fogli 5 (22x28). A mano sul dattiloscritto è stato aggiunto: P. Maestro - Esercizi 1953 - Roma. Non è indicata la data. Non sono pervenuti gli appunti originali. Dal contenuto è chiaro che si tratta di predica tenuta alle superiore durante un corso di Esercizi, ma non è stato possibile determinare se fa parte del corso del 15-24 settembre 1953; comunque si inserisce di seguito alle quattro meditazioni precedenti.

1 Originale: (Non come i medici in fatto di calligrafia).

2 Cf Pio XI, Lettera enciclica Divini illius Magistri sull'educazione cristiana della gioventù, 31 dicembre 1929, AAS 22 (1930), pp. 49-86.

3 Negli anni Cinquanta comincia la produzione dei documentari catechistici a cui si dedicano con zelo particolarmente le Figlie di San Paolo. Questi hanno come argomento: il credo (22 titoli), i comandamenti (11 titoli), i sacramenti (19 titoli), la preghiera (3 titoli). Cf Boffa G., Gli studi e la redazione delle Figlie di San Paolo nel periodo fondazionale (1915-1971), o. c., pp. 150-151.

4 Cf Ef 2, 20: «Edificati in Cristo Gesù sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti».

5 Le Figlie di San Paolo sono arrivate in Africa, Zaire, il 27 giugno 1958; in Australia, Sydney, il 13 maggio 1955.

6 La Casa di Ariccia, denominata Casa Divin Maestro, fu voluta da Don Alberione come Casa di Esercizi spirituali per i membri delle Congregazioni e degli Istituti della Famiglia Paolina, e aperta anche ad altri Istituti religiosi. Il primo corso fu organizzato per i Paolini nel mese di aprile 1960. Cf Barbero G., Il Sacerdote Giacomo Alberione…, o. c., p. 785.