Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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RITIRO II - 1950
38. L'ORGOGLIO38
1. Viviamo sulla terra per la conquista del cielo: questo è tutto il nostro compito, è tutto il fine per cui fummo creati, non abbiamo sulla terra nessun'altra destinazione. Siamo fatti per il paradiso. Non dobbiamo compiangere quelli che raggiungono il paradiso, ma rallegrarci con essi. Quando muore qualcuno, naturalmente noi sentiamo il distacco; ma veramente, come cristiani, dovremmo solo piangere quando chi lascia questa terra lascia qualche dubbio sulla sua salvezza eterna, diversamente non dovremmo piangere, ma serbare le nostre lacrime per coloro che sono ancora nel grave pericolo di perdersi. Camminiamo tutti in un mare pieno di tempesta (il demonio), in una barca sfasciata (il nostro corpo con le sue passioni), tra mille scogli (i pericoli del mondo).
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2. Il santo Padre ha tenuto uno dei suoi ultimi discorsi su questo argomento: "Militia est vita hominis super terram". Dobbiamo quindi combattere, specialmente contro i vizi capitali.
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3. Le nostre concupiscenze si manifestano con i sette vizi capitali, cioè sette inclinazioni al male, di cui la prima è l'orgoglio.
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4. L'orgoglio è una tendenza a stimarci e si manifesta specialmente in due maniere: nell'attribuirci quello che non è nostro; nella ricerca di noi medesimi in ogni nostra azione.
Noi non abbiamo nulla di nostro; come origine siamo un niente, perché tutto abbiamo ricevuto da Dio. Quando una pensa a ciò che ha di doti, di bene, e se ne compiace come di cose proprie, senza ringraziare Dio, ma per se stessa in modo vano, allora ha l'orgoglio, che è come una gonfiatura di se stesso.
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5. San Francesco dice che vi sono persone così superbe che s'inorgogliscono di un bel vestito, di aver una bella casa, della salute, di aver un cappello con una bella piuma, di avere una bella voce. Che merito c'è di avere tutte queste cose? Che merito abbiamo noi se abbiamo la parola e non siamo muti? E' Signore che ci ha dato la parola.
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6. Sappiamo noi comprendere bene la prima domanda del catechismo: "chi ci ha creati?". "Ci ha creati Dio". Dunque noi veniamo dal nulla: è Dio che ci ha creati. L'orgoglio mette da parte Dio, in pratica lo nega. In secondo luogo l'orgoglio ci spinge a far le cose per noi medesimi: si cerca di far bene l'apostolato per essere amate, stimate. In tal modo si ruba a Dio la gloria che a Lui solo è dovuta. Così si nega Dio come ultimo fine, e quindi in pratica si nega a Dio l'amore e si distrugge la carità. Eppure vi sono persone che pur di ottenere l'approvazione di alcuni che stanno sopra o sotto di essi, si studiano di coprire il male, di attirare gli sguardi altrui su di sé. A queste anime Dio non basta. Considerate l'esempio di Lucifero: si paragonò a Dio e volle mettere il suo trono accanto a quello dall'altissimo. Cosa voleva Lucifero? La lode dei doni che aveva, l'ossequio degli altri verso se stesso. Dio ne fu colpito e lo castigò. Egli non può sopportare l'orgoglio: "Gloriam meam alteri non dabo" (Is 48,11). San Michele sentì il grido blasfemo di Lucifero, prese le difese di Dio e si fece in cielo una grande battaglia; Lucifero precipitò nell'inferno. L'orgoglio è un peccato che dispiace a Dio, perché va proprio contro di lui come nostro primo principio, nostro ultimo fine e oggetto del nostro amore. Difatti il Signore, nella sacra scrittura, protesta di non dare le sue grazie ai superbi; e nel Vangelo troviamo la parabola del pubblicano e del fariseo.
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7. Tre pensieri dobbiamo tener presente per combattere l'orgoglio: 1) io sono nulla; 2) io valgo nulla; 3) io non merito nulla.
Io sono nulla: sono meno di una goccia di rugiada che pende da una fogliolina. Se Iddio ci chiedesse tutto ciò che ci ha dato, che cosa ci resterebbe? Eppure nell'esame di coscienza e nella preghiera dobbiamo pensare ai doni che Dio ci ha fatto, per vedere se ce ne siamo serviti per la sua gloria. Io sono nulla! Diciamo questo con sincerità, con fermezza, con umiltà. E' una affermazione che deriva dagli articoli del Credo.
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8. Io valgo nulla: da solo non son capace di farmi il più piccolo merito per la vita soprannaturale senza l'aiuto della grazia. Se anche soffrissi il martirio, senza la grazia di Dio non mi gioverebbe a nulla. Siamo noi capaci di pregare senza la grazia di Dio? "Sine me nihil potestis facere" (Gv 15,5): questo è di fede, non è complimento che ci ha fatto Gesù. Ah quante volte implicitamente rinneghiamo i primi articoli della fede! Dicendo non valgo nulla, si dice solo una grande verità.
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9. Non merito nulla: non potremmo meritare il cielo neppure con le migliori opere buone che in se stesse sarebbero ben poco, valgono solo con l'aggiunta dei meriti di Gesù Cristo. I santi ragionavano diversamente da noi. La Vergine quando viene lodata risponde col Magnificat.
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10. La vanità fa perdere tanti meriti. Se ci allontaniamo da queste tre massime, l'orgoglio prenderà il sopravvento su di noi e saremo in odio a Dio, il quale dice: "Io ho in odio tre specie di persone tra cui il povero vanitoso" (cf. Ap 3,17). L'orgoglio si nasconde, e può trovarsi anche in anime molto avanti nella virtù. Molti non si preoccupano dell'orgoglio, perché dicono: sono soltanto pensieri, sono soltanto sentimenti, ma appunto lì sta il male. Tutti hanno un'inclinazione a questo vizio e il pericolo di esso è maggiore per quelle persone che hanno qualche ufficio distinto, che hanno già fatto opere buone, che pregano già bene. Allora l'orgoglio alligna e bisogna toglierlo dalla radice se non si vuole perdere tutti i meriti.
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11. Vi sono persone che lavorano molto, ma si troveranno al giudizio con le mani vuote, perché l'orgoglio avrà consumato tutto. Ah, quante anime potrebbero farsi grandi sante, se non fossero rovinate dall'orgoglio! Non basta fare il bene, bisogna custodirlo, tenerlo nascosto, non raccontarlo a tutti, non metterlo in pubblico. Parlare di noi è come camminare sulla corda: c'è molto pericolo di cadere. L'orgoglio si manifesta specialmente con peccati di pensieri e di sentimenti (il peccato di Lucifero).
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12. Preghiamo il Signore che ci dia la grazia di detestare questo brutto vizio e di camminare nell'umiltà, pensando che tutto ci viene da Dio. Io sono nulla, e senza di lui non posso far nulla; io valgo nulla, e senza l'aiuto della grazia non posso acquistare nessun merito per la vita eterna; io merito nulla.

1950 (?)

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