Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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MEDITAZIONE ABITUALE

GIORNO IV.

ISTRUZIONE II.


SACRA SCRITTURA

La sapienza è luminosa, incorruttibile, ed è veduta facilmente da quelli che l'amano, ed è trovata da quelli che la cercano. Essa previene quelli che la bramano, da esser la prima a mostrarsi. Chi dal principio del giorno veglierà per lei non avrà da stancarsi, perché la troverà a sedere alla sua porta. Pensar dunque ad essa è perfetta prudenza, e chi veglierà per lei ben presto sarà tranquillo. Perché essa va attorno a cercare chi è degno di lei, e per le strade si mostra loro, e con ogni sollecitudine va loro incontro.
Principio della sapienza è il sincero desiderio d'istruirsi. Dunque la premura d'istruirsi è amore, l'amore è osservanza delle sue leggi, l'osservanza delle leggi è la purezza perfetta. Or la purezza avvicina a Dio. Così il desiderio della sapienza conduce al regno eterno. Se dunque vi piacciono i regni e gli scettri, o re dei popoli, amate la sapienza per regnare in perpetuo. Amate la luce della sapienza, voi che siete a capo dei popoli. Io vi dirò che cosa sia la sapienza e come sia nata; non vi terrò nascosti i misteri di Dio; anzi la ricercherò fin dalla sua prima origine, metterò in luce la sua scienza, e non tacerò la verità. Non mi farò compagno di chi è roso dall'invidia, perché un uomo di tal genere non ha che far colla sapienza. La moltitudine dei sapienti è la salute del mondo, e il re saggio è il sostegno del suo popolo. Ricevete adunque l'istruzione per mezzo delle mie parole, e ne avrete dei vantaggi.

(Sapienza VI, 13-27)

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«Si quis autem vestrum indiget sapientia, postulet a Deo... Postulet autem in fide nihil haesitans: qui enim haesitat similis est fluctui maris, qui a vento movetur et circumfertur. Non ergo aestimet homo ille quod accipiat aliquid a Domino»1. È dunque necessario che la nostra fiducia in Dio sia ferma, «nihil haesitans», senza dubitazione. Mosè, prima di percuotere colla sua verga il sasso secondo l'ordine di Dio, dubitò un istante se nel deserto avrebbe potuto fluire l'acqua, anzi scaturire da una pietra. Poi percosse la pietra e l'acqua scaturì; ma, in castigo del suo dubbio, non poté compiere la sua missione: difatti non entrò nella Terra Promessa; morì in vista di essa. «Dixitque Dominus ad eum: Haec est terra, pro qua juravi Abraham, Isaac et Jacob, dicens: Semini tuo dabo eam. Vidisti eam oculis tuis, et non transibis ad illam»2. E Iddio commise il compimento del suo disegno di introdurre il popolo in Palestina ad altri, cioè a Giosuè.
Se alcuno dubita della sua preghiera di potersi far santo e di salvare, perde addirittura e
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la santità per sé e il frutto del suo ministero sacerdotale.
Chi ha fede di potersi e doversi far santo, per la divina grazia, si santifica. Chi dubita non riceverà quel quotidiano aumento di doni che occorre. Su questo punto di poterci far santi, siamo molto tentati.
Ed intanto molti non se ne avvedono. Che cosa è infatti lo scoraggiamento? Che cos'è quella specie di disperazione, o di abbandono che copre i più bei programmi?.....
Ci vuol fede! Io posso farmi santo: ho in mano la preghiera, e per essa posso prendere dei doni di Dio quanto voglio.
L'esito dipende dal tenere presenti certi principi generali: ossia dalla pratica della «meditazione abituale».
Vediamo: 1) che cosa sia la meditazione abituale; 2) i suoi principi; 3) mezzi.

I. - Che cosa sia Meditazione abituale?
Vi è una meditazione continua. In essa potrebbe essere realizzato il precetto: «Oportet semper orare et non deficere»3; poiché la meditazione è preghiera, e l'abituale meditazione
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è abitualmente vivere il «Sine intermissione orate»4. Che cos'è?
È la continua presenza del principio direttivo soprannaturale della nostra vita. È il lume divino che ci sta sempre innanzi per rischiararci il cammino: «Lucerna pedibus meis verbum tuum, et lumen semitis meis»5. È lo spirito di fede applicato ai nostri casi e circostanze particolari di vita. È Gesù Cristo vivente nell'anima. Di due cose ha bisogno l'anima mia, dice l'Imitazione di Cristo: e del lume per vedere la strada e dell'Eucarestia, cibo di forza, per correrla: del lume cioè delle verità del Vangelo, della fede cristiana, e dell'Eucarestia, cioè della Comunione, della Messa e della Visita al SS. Sacramento: «In carcere corporis huius detentus, duobus me egere fateor, cibo scilicet, et lumine. Dedisti itaque mihi infirmo sacrum Corpus tuum ad refectionem mentis et corporis: et posuisti lucernam pedibus meis verbum tuum. Sine his duobus bene vivere non possem; nam verbum Dei, lux animae meae, et Sacramentum tuum, panis vitae»6.
Vi sono verità che formano il timone e rimangono a guida di tutta la nostra vita. Non
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siamo come i bambini che si lasciano guidare da chiunque: «Ut jam non simus parvuli fluctuantes, et circumferamur omni vento doctrinae»7. Massime frivole, chiacchiere, vane impressioni troppo vive, sorrisi maliziosi, scherzi grossolani, un po' di rispetto umano, decidono della condotta di non pochi cristiani. Oggi, se le circostanze sono favorevoli, fan bene; domani, se le cose cambiano, compiono il male: «sicut equus et mulus quibus non est intellectus»8.
Il carattere è la luce costante di alcuni principii direttivi, con il coraggio di professarli e seguirli. Occorre carattere; non possiamo lasciarci regolare dalle impressioni; siamo gente che sta come torre che non crolla giammai la cima per il soffiar dei venti9.
Né le lodi lusingano, né il biasimo del mondo abbattono l'uomo giusto: egli opera per il Paradiso, ogni giorno, in ogni cosa; aspetta il premio del cielo e questo, nessuna avversità, nessuna sinistra interpretazione, nessuna malevolenza degli uomini, può rapirglielo.
La meditazione abituale, o continua, non è fatta in forma come quella che per es. si tiene al mattino nelle case religiose; ma è per lo
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più frutto di essa. Si può quindi definire: la continua e attuale presenza in un'anima di certi principii direttivi, che la guidano costantemente nella via buona, e servono a tenerla in una comunione viva e vitale con Dio.
Sono creato per Dio, cioè per conoscere, amare, servire Dio sulla terra; poi andarlo a godere eternamente in cielo. Ecco il principio fondamentale per ogni uomo, massimamente per ogni cristiano.
Da questo principio segue: la vita non termina qui: «non habemus enim hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus»10. Tutto sulla terra è ordinato alla conquista del Paradiso: così il tempo come la salute; così l'ingegno come le forze fisiche; così le avversità come le gioie; così il denaro come l'indigenza; così la salute come l'infermità. Ma i beni della terra facilmente mi lusingano, facendomi dimenticare il cielo: voglio dunque tenermi stretto a Dio: «Deum time et mandata eius observa; hoc est enim omnis homo»11. Di qui la preghiera dell'uomo saggio: «Fac nos Domine, sic transire per bona temporalia ut non amittamus aeterna»12.
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Il religioso poi ha ancora altri principii su cui fonda tutta la sua vita: «Si vis perfectus esse, vade, vende quae habes et da pauperibus; et veni, sequere me»13. «Nemo est, qui reliquit domum, aut parentes, aut fratres, aut uxorem, aut filios propter regnum Dei, et non recipiat multo plura in hoc tempore, et in saeculo venturo vitam aeternam»14. Perciò le rinuncie di ogni giorno egli le ha scelte e le preferisce e ne gode più che non desideri il mondano le sue soddisfazioni; le croci sono per lui le prove che Dio l'ama; il ricordo del gran premio gli fa divenire a noia la vita. Ed è perciò che l'anima sua ha rotto i vincoli della famiglia per librarsi su verso il cielo.
Il Sacerdote ha presenti i palpiti del Cuore di Gesù e la sua gran sete d'anime. Egli ha fatto suo il programma di Gesù stesso: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà»15. Ed ha esclamato: «Dominus pars hereditatis meae et calicis mei: tu es, qui restitues hereditatem meam mihi»16. Ed in queste visioni, il Sacerdote è felice di glorificare
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Dio con l'offerta del sacrificio della croce e con il sacrificio di sé; zela l'onore di Dio: «zelus domus tuae comedit me»17; ha un gran desiderio della salute delle anime: «Da mihi animas, coetera tolle tibi»18.

II. - Principi per meditazione continuata.
«Desolatione desolata est omnis terra; quia nullus est qui recogitet corde»19. I principi generali sono i Novissimi: morte, giudizio, inferno paradiso.
A chi fa impressione la morte: «statutum est hominibus semel mori»20; questo pensiero è la molla che lo fa scattare e gli infonde coraggio e zelo in tutto e sempre.
A chi fa impressione il giudizio: «Qui autem iudicat me Dominus est»21; rivolge l'insistente domanda, a se stesso: Se il Signore dovesse giudicarmi, domani o stassera, sarei pronto a presentarmi a Lui? «Mihi autem pro minimo est ut a vobis judicer, aut ab humano die»22; per me è niente il giudizio degli uomini; chi mi giudica è il Signore. È il Signore che voglio compiacere;
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è il giudizio di Dio che voglio temere ed avere favorevole.
Ad altri è invece movente il timore dell'inferno. S. Agostino pregava con insistenza: «Domine, hic ure, hic seca, hic non parcas, ut in aeternum parcas».
Altri è spronato dal senso del dovere: tutti i miei doveri! Lo scandalo è grave: «Impossibile est ut non veniant scandala: vae autem illi, per quem veniunt. Utilius est illi si lapis molaris imponatur circa collum eius, et proiciatur in mare quam ut scandalizet»23; ed io sono sempre di buon esempio, spando intorno a me il «Christi bonus odor?»24.
Paradiso, Paradiso! esclamava invece S. Giuseppe Cottolengo. E quando le gambe inferme non volevano più prestargli servizio nel correre presso i tanti infermi, egli diceva: Lo so, che siete pigre, ma presto! abbiate ancora un po' di pazienza; si tratta del paradiso.
E così pure s'incoraggiava il B. Cafasso: Lavoriamo, lavoriamo; riposeremo in paradiso. S. Ignazio insisteva presso Francesco Saverio, giovane di tante doti: «Quid enim prodest homini, si mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur?»25
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San Paolo era così forte in questi principi, che esclamava: «Non sunt condignae passiones huius temporis ad futuram gloriam, quae revelabitur in nobis»26. «Id enim, quod in praesenti est momentaneum et leve tribulationis nostrae supra modum in sublimitate aeternum gloriae pondus operatur in nobis»27. Altri Santi: Poco è il soffrire, molto il godere; breve il faticare, eterno il riposo! Oppure: «Memorare novissima tua et in aeternum non peccabis»28. Occhio a Dio! Occhio al fine: «In omnibus respice finem».
Vi sono anime che si sostengono col pensiero della Madonna; per la Madonna sono pronti a qualunque sacrificio. Così era San Bernardo: Il pensiero della Madonna gli era così abituale, l'affetto a Maria era così radicato, che nulla lo arrestava quando si trattava di compiacere la S. Madonna.
Il B. Grignon di Monfort è il maestro d'una schiera di divoti alla Madonna, di anime che pensano, sentono, parlano, operano, tutto fanno «per ipsam, in ipsa et cum ipsa».
Altri si sostengono con altre verità: Gesù Crocifisso; oppure: Gesù via, verità e vita;
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oppure l'esempio di Gesù: «exemplum enim dedi vobis ut quemadmodum ego feci ita et vos faciatis»29.
La vita è mezzo per la gloria. Gesù Cristo «proposito sibi gaudio sustinuit crucem»30; essendosi proposto di arrivare alla gloria, prese sulle spalle la croce.
Altri principi direttivi: «Si vis perfectus esse, vade, vende quae habes, et da pauperibus, et habebis thesaurum in coelo et veni, sequere me»31.
«Una goccia di piacere (il peccato mortale) merita un mare di fuoco».
«Deus meus et omnia» (S. Francesco d'Assisi).
«Aut pati aut mori» (S. Teresa d'Avila).
«Breve è il patire, eterno il godere».
«Pati et contemni pro te» (S. Giovanni della Croce).
«Christus non sibi placuit»32.
«Quid nunc et quomodo Jesus?» (S. Giovanni Berchmans).
«Ad quid venisti?» (S. Bernardo).
«Che cosa sarò contento d'aver fatto in punto di morte?».
«Voglio passare la giornata presente come se fosse l'ultima di mia vita».
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«Nisi conversi fueritis et efficiamini sicut parvuli non intrabitis in regnum coelorum»33.
«Vanitas vanitatum et omnia vanitas, praeter amare Deum et illi soli servire»34.
«Homo aeternitatis sum».
«Sapientia enim huius mundi, stultitia est apud Deum»35.
«Attingens a fine usque ad finem fortiter suaviterque omnia disponens»36.
«Confidite, ego vici mundum»37.
«Ego sum via et veritas et vita»38.
«Oratio, cum sit una, omnia potest» (Cassiano).
I principii sono tanti: ma quello che più importa si è di averli così meditati che siano entrati in tutte le potenze dell'anima, dello spirito, del cuore. Occorre che prompte, faciliter, delectabiliter siano ricevuti e vissuti.

III. - Mezzi.
a) Formare idee buone per aver azioni buone. Nel libro ammirabile, «Il governo di se stesso» si inculca questa massima: «formare buone idee per compiere buone azioni». Le idee sono i semi delle opere. Da buoni pensieri
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vengono le virtù, come tanti frutti; da cattivi principi dipendono i vizi. Si opera come si pensa.
I grandi rivolgimenti sociali, sia in edificazione che in distruzione, furono preceduti dalla divulgazione di sistemi filosofici, da idee sociali, da principi religiosi, disseminati, predicati alle masse popolari.
La storia degli individui rassomiglia alla storia dei popoli.
È necessario perciò fare ogni giorno la meditazione, poiché in essa i lumi di Dio si irradiano all'anima. Occorre meditare tanto le verità del S. Vangelo ed esserne così impregnati, da non sentire più le impressioni delle massime mondane.
Ancora: leggere buoni libri. Essi danno un cibo sostanzioso all'anima. Le verità direttive della vita, per mezzo delle letture sane, si radicano profondamente nell'anima. Anzi giovano i libri di Teologia e di Filosofia, ma vi sono letture sussidiarie che ne sviluppano ed allargano le benefiche conseguenze. Le vite dei Santi, gli esempi e le biografie di uomini grandi, i libri della storia, maestra della vita e luce di verità sono fra i più utili. Eccellente sopra tutti è la Sacra Scrittura, poiché qui alla forza buona della natura si unisce la potenza della grazia.
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Le letture frivole, avventurose, romanzesche, ecc... rendono lo spirito vuoto, disorientato, e la vita diviene allora come una nave senza timone.
Il Vangelo possiede una virtù misteriosa ed una efficacia indefinibile, che si esercita sulle menti e sul cuore; si prova nel meditarlo ciò che si prova contemplando il cielo.
b) Scegliere una buona massima come guida e programma. Un santo sacerdote che nella vita lasciò un solco profondo e largo per il suo passaggio, si era scelto il detto del Vangelo: «Si quis vult post me venire, abneget semetipsum, et tollat crucem suam quotidie, et sequatur me»39.
S. Francesco di Sales, quando, giovanetto venne mandato a studiare a Parigi, si era scelto la massima: «Non excidet». Infatti aveva ricevuto una santa educazione in famiglia; ma Parigi era città ove la gioventù facilmente faceva naufragio.
Il giovane tornando dopo anni in famiglia, era innocente come quando partì, fortificato però dalla prova.
Il beato Giovenale Ancina, Vescovo di Saluzzo, prima medico, si era dato a Dio, sentendo
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il canto in Chiesa: «Quid sum miser tunc dicturus, quem patronum rogaturus, cum vix justus sit securus?»40.
E queste parole divennero per lui come un continuo incitamento a perfezionare se stesso e lavorar instancabilmente alla salvezza delle anime.
È noto l'episodio narrato dai biografi circa il suo incontro con S. Francesco di Sales. Il beato Giovenale Vescovo salutò il Vescovo di Ginevra con le parole: «Tu vere sal es». A cui S. Francesco rispose: «Tu sal et lux, ego vero, neque sal neque lux». Gli storici provano quanto fossero veritieri l'uno e l'altro saluto.
Possono essere buone massime direttive:
«Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum coelorum»41. «Estote parati, quia qua hora non putatis, Filius hominis veniet»42.
«... et tunc reddet unicuique secundum opera eius»43.
«... et qui seminat in benedictionibus, de benedictionibus et metet»44.
«... Justus autem ex fide vivit»45.
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c) Invocare lo Spirito Santo che risani la mente nostra. La mente nostra, dopo il peccato originale, è soggetta a tante infermità: irriflessione, dimenticanza, errore, tardanza di ingegno, confusione, oscurità, fallacie nel giudizio e raziocinio, ecc.
L'esercizio e la disciplina interiore che l'uomo impone a se stesso molto valgono; ma non bastano. Gesù Cristo è la luce che illumina ogni uomo e ripara le infermità della mente con la grazia medicinale. Gesù Cristo è la luce soprannaturale che redense l'uomo dall'errore e per la fede lo porta ad altezze che eccedono le forze della natura, (veritas liberabit vos), mediante la rivelazione e l'ispirazione. Gesù Cristo «Ego sum Veritas» «Qui sequitur me non ambulat in tenebris» ci guida, sorregge, fortifica nella libertà dei figli di Dio. «Per fidem operati sunt justitiam»; le opere seguiranno la fede; come all'incontro, «de corde enim exeunt cogitationes malae, omicidia adulteria, fornicationes, furta, ecc.»46.
I Santi vivevano, operavano, camminavano alla luce del Tabernacolo, alla luce dello Spirito Santo. Il castigo più grande che attiri il peccato è la cecità della mente; la benedizione
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massima che ha il giusto, si è la luce di Dio sulla terra; i suoi passi saranno nella strada retta: la luce eterna però risplenderà come visione d'amore in eterno: «luce intellettual piena d'amore»47.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Jac. I, 5-7.

2 Deut. XXXIV, 4.

3 Luc. XVIII, 1.

4 I Thess. V, 17.

5 Ps. CXVIII, 105.

6 Im. Chr. c. XI, 4.

7 Eph. IV, 14.

8 Ps. XXXI, 9.

9 DANTE - Purg. V, 14-15.

10 Hebr. XIII, 14.

11 Eccl. XII, 13.

12 Miss. Rom.

13 Matth. XIX, 21.

14 Luc. XVIII, 29-30.

15 Luc. II, 14.

16 Ps. XV, 5.

17 Ps. LXVIII, 19.

18 Gen. XIV, 21.

19 Jer. XII, 11.

20 Hebr. IX, 27.

21 I Cor. IV, 4.

22 I Cor. IV, 3.

23 Luc. XVII, 1-2.

24 II Cor. II, 15.

25 Matth. XVI, 26.

26 Rom. VIII, 18.

27 II Cor. IV, 17.

28 Eccli. VII, 36.

29 Jo. XIII, 15.

30 Hebr. XII, 2.

31 Matth. XIX, 21.

32 Rom. XV, 3.

33 Matth. XVIII, 3.

34 De Im. Chr. I, 3.

35 I Cor. III, 19.

36 Vesperale.

37 Jo. XVI, 33.

38 Jo. XIV, 6.

39 Luc. IX, 23.

40 Miss. Rom.

41 Matth. V, 3.

42 Luc. XII, 40.

43 Matth. XVI, 27.

44 II Cor. I, 6.

45 Rom. I, 17.

46 Matth. XV, 19.

47 DANTE - Par.