Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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LA MORTE DEL TIEPIDO

GIORNO II

MEDITAZIONE I.


SACRA SCRITTURA
PARABOLA DEL RICCO

In quel tempo Gesù disse una parabola: Ad un uomo ricco aveva fruttato bene la campagna, ed egli andava così ragionando fra sé: Come farò che non ho dove riporre la mia raccolta? E disse: Farò così: demolirò i miei granai e ne fabbricherò dei più vasti, e ci metterò dentro tutti i miei prodotti ed i miei beni, e dirò all'anima mia: O anima, tu hai messo da parte i beni per molti anni; riposati e mangia e bevi e godi. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti si chiederà l'anima tua; e quanto hai preparato di chi sarà? Così capita a chi tesoreggia per sé e non arricchisce dinanzi a Dio.
E disse ai suoi discepoli: Perciò vi dico: non vi prendete pena della vostra vita, per il mangiare, né del corpo, per il vestire. La vita è da più del cibo ed il corpo da più del vestito. Guardate i corvi: non seminano, non mietono, non han dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. E voi quanto valete più di loro?

(Luc. XII, 16-24).

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Qualche volta un cristiano, un sacerdote, un religioso, nella confessione settimanale, nel Ritiro mensile, nel corso dei SS. Spirituali Esercizi, deve constatare che non ha fatto quello che si era proposto, non ha adempito quello che pure era il suo desiderio. Quali le cause? Possono essere varie; ma la principale, senza dubbio, è stata l'insufficienza di preghiera. La sufficienza nostra è solo e tutta da Dio: «Sufficientia nostra ex Deo est»1; e l'avremo se siamo sufficienti nella preghiera.
Quando scarseggia la preghiera, la vita cristiana, religiosa e sacerdotale si cambia in tormenti. Quando viene meno la preghiera, si vede quello che è da farsi e non si ha la forza di compierlo: «Veggo il meglio ed al peggior m'appiglio»: «Video meliora, proboque, sed deteriora sequor»; «Video aliam legem in membris meis, repugnantem legi mentis meae, et captivantem me in lege peccati, quae est in membris meis»2.

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I. - Preludi alla morte.
La vita cristiana, i santi voti, lo stato sacerdotale, per chi prega diventano tante sorgenti
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di consolazione e di merito. Allora, le stesse difficoltà allettano, rendono audaci nel sacrificio, e nell'immolazione si esclama: È questo il calice che io ho desiderato di bere. Come Gesù Cristo: «Desiderio desideravi hoc pascha manducare vobiscum, antequam patiar»3. O patire, o morire! diceva quella Santa. E quell'altra: Patire e non morire! Ed ancora il Dottore della mistica, S. Giovanni della Croce: Una cosa sola domando: «Pati et contemni pro Te».
Perciò la vita cristiana, la professione religiosa, il sacerdozio possono diventare il nostro tormento o la nostra consolazione in terra, gloria o ignominia nell'eternità, secondo che avremo o mancheremo di preghiera: sta a noi!
Ché assumere e vedere sempre i doveri, per non adempierli, sarebbe stato meglio non esserceli addossati; ma vedere i nuovi doveri ed abbracciarli con entusiasmo, volerli con cuore, e adempierli almeno con il desiderio, con calorosa audacia ed umile ostinazione, quando non si possono tutti compiere di fatto: questa è la via dei santi che fedelmente corrisposero alla divina chiamata. Solo a condizione di pregare e pregare assai, proveremo: «Jugum enim meum suave est, et onus meum leve»4;
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«Pax multa diligentibus legem tuam»5. Disse Gesù: «Vi lascio la pace, vi dò la mia pace: ve la dò, non come suol darla il mondo»6. Infatti la pace di Gesù è pace vera ed eterna; ma nasce dalla croce e dai doveri adempiuti. Conoscere bene i doveri della vita sacerdotale, religiosa e cristiana non basta: occorre che questa luce non sia solo uno splendore, ma anche un calore. Il nostro cuore sia generoso, si immedesimi col Cuore di Gesù, viva della vita di Gesù! Questo si fa e si compie solo con la preghiera; senza di essa è inutile voler sperare di entrare nella fornace ardente di carità e di ogni virtù del Cuore di Gesù: «Fornax ardens charitatis» e «virtutum omnium abyssus»7. Senza la preghiera, né vita sacerdotale, né vita religiosa, né vita cristiana.
In morte si raccolgono e quasi si addizionano le opere fatte in vita: di pietà, virtù, fede, zelo, vittorie e, purtroppo! peccati, negligenze, omissioni, parole, sentimenti vani, ecc. Ora, se nell'addizione gli addendi rappresentano pietà, virtù, zelo d'oro e d'argento, allora la somma è oro, argento...; ma se le opere, i sentimenti, le aspirazioni, la giornata
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sono fatue, terrene, vanità, ecc., la somma sarà della stessa natura. Chi addiziona virtù e meriti, opere di zelo, avrà una somma di virtù e meriti e opere di zelo. Non si può mettere negli addendi pesche ed erba secca e trovare nella somma dei valori. Se la vita fu un continuo seminare di tiepidezze, quello sarà il raccolto che si farà in morte; chi semina grano miete grano: chi semina erba miete erba; chi semina ortiche miete ortiche; chi semina vento troverà tempesta; chi raccolse ricchezze in morte disporrà di molte ricchezze; chi sciupò tutto, alla fine si troverà in povertà.
E di più: anche la preparazione immediata ha le disposizioni di fede, di carità, di pazienza della vita. Chi accumulò fede avrà fede nel ricevere i Sacramenti; chi accumulò pazienza avrà rassegnazione nell'accettare la morte; chi era fervente sarà fervente nelle ultime giaculatorie, aspirazioni, baci al Crocifisso; chi ebbe la divozione a Maria troverà questa Madre sul letto di morte. Solo chi ha progredito ogni giorno nella virtù si troverà allora avanzato, forte, buono! Il tiepido si troverà ancora tiepido; e nella stessa infermità troverà ragione scusante a fare le ultime cose freddamente.
Andiamo di giorno in giorno avvicinandoci all'eternità. A che punto siamo della nostra
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vita? a due terzi? ad un terzo? verso il tramonto? Non lo sappiamo con precisione: sappiamo però che il numero dei vecchi è piccolo, e che vale niente appellarsi alla resistenza fisica, alla robustezza, alle attenzioni, alle premure, ai riguardi che possiamo usarci. È nei segreti di Dio l'ora della nostra morte: «Statutum est hominibus semel mori»8.
E quindi, dobbiamo considerare che oggi, domani, può essere l'ultimo giorno, può arrivare l'ultima ora di nostra vita. Avevamo fatto questa riflessione, quando era venuto a morire un sacerdote giovanissimo, Vicecurato in una Parrocchia ove l'Arciprete era vecchio, vicino ai novant'anni, da tanto tempo inabile
ad ogni ministero. Il Curato, pieno di salute, sui trent'anni, destinato a succedergli, lo precedette nel sepolcro, mentre sembrava attendere il momento in cui Dio chiamasse il Parroco. Lezioni della morte! Avvisi salutari di Dio!
Ci accostiamo alla morte. Gli ultimi anni, le ultime giornate, ed almeno le ultime ore, gli ultimi momenti del fervoroso saranno illuminati dalla luce celeste, saranno consolati da una pace profonda che viene dallo Spirito Santo.
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Abbiamo già fatto diverse volte il paragone e ci è sempre più caro. Quando si avvicina il mattino noi cominciamo a vedere l'alba, il biancheggiare; poi, vediamo l'aurora, l'indorarsi delle cime dei monti, il colorirsi in oro del cielo, che sono come preannunzi del sole che fra poco apparirà maestoso sopra l'orizzonte; e tutta la natura in questi annunzi si risveglia e si allieta, e gli uccelli cinguettano: tutto pare far festa. In modo simile, man mano che si avvicina l'eternità, quella luce celeste che viene dallo splendore del cielo, sembra albeggiare nelle anime, rischiararle... In qualche momento sembra già scoprirci Dio! quasi «video coelos apertos, et Filium hominis stantem a dextris Dei»9; «Desiderium habens dissolvi, et esse cum Christo»10. Quel calore celeste sembra già riscaldare l'anima ed allietarla in un ferventissimo amor di Dio. «Lux aeterna luceat eis»11. È una luce eterna che è pure calore che si effonde nel cuore.
Il canto del paradiso sembra mandare l'eco fino a quel vecchio stanco: stanco nel predicare, nello scrivere, nell'amministrare i Sacramenti, nell'aiutare anime a salvarsi. Le sue forze sono esaurite, ma esaurite nel portare Gesù Cristo. Quei gaudi eterni sembrano riflettersi
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nel cuore! «Tanto è il bene che aspetto, che ogni pena mi è diletto!» dice S. Francesco d'Assisi12. Quindi, le ultime giornate, generalmente, sono consolate; le ultime ore, spesso, sembrano un saggio di quello che ci attende: il riposo eterno: «Requiem aeternam dona eis, Domine»13.
Invece il religioso, il sacerdote, il cristiano tiepidi, che poco amarono lo stare con Dio ed il conversare con Dio, sembrano presentire un gran timore ed una incertezza di quel che li attende; sembrano presentire e indovinare un giudizio severo. Tutti i giorni che passano, tutti i preannunzi della morte sono come colpi e sentenze che cadono sul capo. Gli acciacchi dell'età, gli incomodi che si moltiplicano, i sensi che, uno per volta, divengono sempre più inabili, li rendono tristi, sconfortati; vorrebbero allontanare quel momento, che inesorabilmente si approssima.

II. - La morte del tiepido.
Consideriamo, in secondo luogo, come il tiepido riceve gli ultimi Sacramenti.
a) Confessione. Cade ammalato, ma cerca di illudersi che quella malattia forse è nulla; che
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altri ne ebbero di più gravi e le superarono; che, fra poco, coi rimedi, assistenze, cure, ritornerà alle occupazioni abituali...
E, così illuso, è tutto intento a cercar medici, medicine e rimedi... Se avesse altrettanto zelo per la cura dell'anima! ma, forse, non ne ha avuto in vita e possiamo proprio credere che l'abbia ora? In morte si fa un po' di meno di quello che abbiamo fatto in vita. Questa è regola generale; le eccezioni sono veramente poche.
Spera di guarire: ma in cielo è già stabilito diversamente. Che fa quell'albero che non dà frutti? «Ecce anni tres sunt ex quo venio quaerens fructum in ficulnea hac, et non invenio: succide ergo illam: ut quid etiam terram occupat?»14. Perché questa pianta se ne sta inutilmente occupando terreno prezioso, per dare foglie? Tagliamola, per far posto ad altra che dia frutti. Questo cristiano, questo religioso, questo sacerdote hanno dato tante foglie, tante apparenze, tante frasche, tante parole. I tanti propositi e i buoni desideri erano velleità, foglie, che han finito per cadere. Il Signore attende frutti; ed ha atteso forse lungamente, e non ne ha trovati, o li ha trovati scarsi: «Ut quid terram occupat?» Sostituiamola.
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E sarà messa la scure alla radice: «Jam enim securis ad radicem arborum posita est. Omnis ergo arbor, quae non facit fructum bonum, excidetur, et in ignem mittetur»15.
Il male si aggrava, i rimedi non danno risultato, i medici si succedono, si consultano ed impiegano tutta la loro scienza; ma «non est consilium contra Dominum»16. Il malato, vedendo quel che succede, comincia ad entrare in sospetto se quel che vede e si fa intorno a lui non sia quanto vide succedere intorno ad altri che poi son morti. Una paura tremenda, che vorrebbe cacciare, lo invade sempre più.
Chissà che sia giunta proprio la mia ultima malattia, e che Iddio già mi chiami a sé! Guai a me se succedesse questo! Che cosa mi porto al tribunale di Dio? E tutti quei propositi e quei desideri che avevo un giorno di santificarmi, che frutti han portato?
Intanto il male progredisce; e qualcheduno comincia a pensare se non sia il caso di avvertire l'infermo perché si confessi, mentre è in condizioni di farlo: Ma... chi chiamare? Quando si tratta di un fervoroso cristiano, di un buon sacerdote, di un bravo religioso, non si ha timore che il malato si spaventi e prenda in male quell'avviso; ma se si tratta di certi
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malati, chi oserà? Si dirà: lo faccia il confessore. Ma si saprà sempre qual è? E poi il malato lo vorrà?
Forse vi è un garbuglio in quella coscienza, che mai ha spiegato bene e che tanto lo turba.
Oh, se si potesse rifare tutta una vita! Poiché è l'intera vita che si porta al tribunale di Dio; mica solamente le ultime ore! Supponiamo che il confessore venga e gli dica: «Vedi, è difficile una guarigione; ma, per ottenere la grazia, è bene che ti confessi, che riceva i Sacramenti». Che impressione gli farà?
Ad un religioso fervente si dice chiaro: «Siamo vicini al paradiso: fa volentieri il sacrificio della tua vita, è il momento di guadagnare il maggior merito di tutto il tempo della vita: «Non mea voluntas, sed tua fiat»17, con Gesù». Ma ad un tiepido si parla con molta circospezione: si prevede un abbattimento morale, peggiore dell'incoscienza od ignoranza del suo stato.
Supponiamo che si arrenda e si confessi. Come si confesserà? Le persone in vita trascurate, senza esame di coscienza, prive di vera luce interiore, se la sono passata sopra a tutto leggermente! Giudicavano scrupoli certe delicatezze e doveri; davano uno sguardo fugace
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alla loro coscienza; senza vero pentimento, facevano un'accusa sommaria. Ed in punto di morte? Fanno in morte un'accusa ancor più sommaria, perché la confessione allora riesce generalmente meno bene. Le eccezioni sono eccezioni, ma tali eccezioni capitano più ai semplici cristiani che non ai religiosi e ai sacerdoti, perché i laici ebbero minor effusione di grazie: meritano più compatimento presso Dio.
Il confessore interrogherà su certi punti: quanto all'uso, all'amministrazione dei Sacramenti, quanto alle Messe, ai pensieri, agli attaccamenti, ai doveri del proprio stato. Darà risposte evasive: Ho tanto male, mi lasci stare! più tardi, quando guarisco, quando abbia la testa più libera, voglio poi fare una confessione bene... Il confessore capisce che il tempo oramai stringe, che il male precipita; ed insisterà con altre domande; interrogherà sotto altra forma; ma ben presto dovrà persuadersi che l'infermo si mette ancor più sulle difese, che è meglio desistere per evitare mali peggiori. Dirà allora parole generiche: Faccia un atto di dolore generale, confessiamo tutta la vita come stiamo davanti a Dio. Espressioni queste che a chi fu diligente, sono veramente salutari; ma pel trascurato, responsabile di tante omissioni ed insufficiente nelle accuse e nel dolore
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in tante confessioni, rimangono senza frutto. Si darà un'assoluzione. Il confessore, più premuroso che il penitente, prega nel suo cuore: Angeli del Signore, ottenete da Dio che sia sciolto in cielo ciò che io ho sciolto sulla terra! Che la mia assoluzione venga confermata!
Infatti, quel sacerdote, quel religioso, quel cristiano tiepido, ai doveri essenziali non ha neppur pensato; sfuggiva dal riflettere seriamente agli obblighi del proprio stato. Se fu religioso o sacerdote tiepido, trascurava di pensare se compiva tutto il bene che gli era possibile; non si esaminava sulle omissioni. Se fu semplice cristiano, passava sopra a certi pensieri e sentimenti: eppure forse vi era consenso, si metteva in certe occasioni; quelle sensibilità non erano innocenti. Anche adesso sfugge dal pensarvi, perché non si sente, perché ha la febbre, non gli regge la testa. Però nell'insieme, su quello sfondo della coscienza vede ombre sinistre, e dove prima credeva a venialità, leggerezze, fragilità, ora sembra vedere erigersi minacciosi dei mostri, che lo vogliano accusare al tribunale di Dio.
Che morte incerta sarà questa! E perché? Perché in vita la confessione, che era una delle sette grandi preghiere, delle sette preghiere sacramentarie, non era ben fatta. Si assicura una buona confessione, od almeno una buona riconciliazione
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in morte, chi si confessa bene in vita.
b) Viatico. Il confessore esorterà a ricevere il S. Viatico.
Si consolerà egli nel sentire che fra poco Gesù partirà dal Tabernacolo, e, con somma degnazione, verrà a lui per confortarlo? Fosse vero! Il pensare al Viatico quanti ricordi amari gli suscita! E le mie Messe, riflette, come le ho sentite? come le ho celebrate? Quante volte ho detto: «Introibo ad altare Dei»!18 e con che cuore, con che intenzione, con che preparazione? E le mie Comunioni come sono state? Mi ha giovato la preghiera: «Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum, sed tantum dic verbo et sanabitur anima mea?»19 È stata sanata l'anima mia o è più malata adesso che non quando ho fatto la prima Comunione? Fossi morto dopo di essa!... fossi morto dopo quella confessione!... Gesù adesso viene a me; ma io gli ero così avaro di visite! Gesù viene a me pel suo grande amore; ma io quanto ero freddo nel predicare di lui, nel condurgli le anime alla Comunione!...
Al contrario: quanto è felice e consolante
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l'incontro fra Gesù e l'anima per il sacerdote fedele, il religioso fervente! Un sacerdote divotissimo dell'Eucarestia, arrivato il Viatico portato dal confratello, si pose a sedere sul letto e disse: Lasciatemi toccare ancora una volta questa pisside, che era il mio amore, quest'Ostia, che occupava tutto il mio cuore! E volle ancora una volta assaporare la dolcezza di toccare i vasi sacri e di mirare con i suoi occhi le Ostie Sante, ripetendo tre volte, riguardando le Ostie: «Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum, sed tantum dic verbo et sanabitur anima mea». In Te, Gesù, sarà sanata questa inferma, in Te, Gesù, risurrezione e vita, per questo corpo che sta disfacendosi sotto i violenti colpi del male. «O sacrum convivium, in quo Christus sumitur, recolitur memoria passionis ejus, mens impletur gratia, et futurae gloriae nobis pignus datur»20.
Sembra che Gesù dica: Vengo a te, che venisti a me: «Infirmus (eram), et visitastis me: in carcere eram et venistis ad me»21. Ricordo le tue sante Messe, ricordo le tue Visite, ricordo le tue Comunioni. Tante volte mi hai chiamato, invocato per questo gran momento: ed ecco che io sono qui con te. Sono
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lo sposo, sono il fratello, sono il padre, sono l'amico! Ora, la tua consolazione ed il tuo conforto; fra poco, giudice e giusto rimuneratore; in eterno, tuo premio, tua luce, tua gioia. Non temere, sono con te... compisci nella pazienza nel dolore e nella carità la corona che ti è oramai vicina!
E il sacerdote tiepido? Poco o niente preparato; al momento di ricevere la Comunione ancor tutto preoccupato del male; quasi tremante, al leggere nel volto di Gesù che arriva, un rimprovero; impaziente perché si voglia precipitar così come se già fosse agli estremi. Ricordo che ad un sacerdote di questa fatta si dovette recitar sottovoce la formula: «Accipe, frater, Viaticum Domini nostri Jesu Christi»22; quasi ad illuderlo che non si trattasse già del Viatico, ma di una Comunione di devozione, e per dar buon esempio. E forse si illude davvero: Ritornando alla chiesa, quando dovrò di nuovo celebrare e comunicare, nella Visita al SS. Sacramento, sarò più fervente. Preghiamo Iddio a voler accogliere, in luogo dell'opera che non si potrà più compiere, il desiderio.
Chi riceverà bene il santo Viatico? Chi si comunicò bene in vita; chi celebrò e ascoltò
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bene la S. Messa; chi visitò con amore Gesù Cristo Sacramentato.
Ma non c'è tempo da perdere: occorre far presto, ed i circostanti se ne accorgono, il male accenna sempre più ad aggravarsi, forse sta per perdere l'uso dei sensi.
c) Estrema Unzione. L'Estrema Unzione è l'estrema prova della misericordia divina per l'uomo presso ad uscire dal mondo. Essa, infatti, deve cancellare i peccati veniali, ed in certi casi, anche i gravi; deve rimettere la pena ad essi dovuta; deve dare conforto a sopportare il male ed accettare la morte; deve togliere le ultime reliquie del peccato; darà anche salute al corpo se è espediente alla salute dell'anima.
Occorre però che trovi un'anima preparata, desiderosa. E saranno queste le preparazioni del tiepido? forse egli la chiederà? forse, almeno, l'accetterà volentieri? forse si disporrà con sentimento di fede, di penitenza, di speranza?
Ora sì che viene un forzato esame di coscienza su l'uso dei sensi! Le Sacre Unzioni l'impongono; gran pena però che sia così tardivo!
Il ministro di Dio pare dimostri una certa premura; tutto si prepara con sollecitudine;
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poi fa recitare il Confiteor, sia accosta coll'Olio Santo per ungere i singoli sensi: «Per istam sanctam unctionem et suam piissimam misericordiam, indulgeat tibi Dominus quidquid per visum deliquisti. Amen»23.
L'infermo pensa: sono incerto su tante occhiate; non ho usato sempre i miei occhi per leggere cose sante, per osservare le cose del mio dovere, per mirare l'Eucaristia, per guardare il cielo; ho guardato sempre la terra. Sembra che siano fatte apposta queste parole per ridestare nella memoria di lui tanti ricordi penosi.
«Per istam sanctam unctionem et suam piissimam misericordiam, indulgeat tibi Dominus quidquid per auditum deliquisti. Amen». E le mie orecchie, le ho usate per ascoltare Iddio, la sua parola, le cose sante? o le ho aperte ad ascoltare parole vane, mormorazioni, calunnie, detrazioni? mi sono dilettato di cose «prurientes auribus?»24.
«Per istam sanctam unctionem et suam piissimam misericordiam, indulgeat tibi Dominus quidquid per gustum et locutionem deliquisti. Amen». Per mezzo del gusto e della parola ho peccato. La golosità e la sfrenatezza della lingua quanto mi hanno portato a mancare
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contro la fede, la speranza, la carità! Questa lingua dovevo adoperarla sempre per benedire Iddio, per pregare, per farlo amare, per predicare la sua verità; ma quanti rimorsi in questo momento! E la golosità non mi ha fatto perdere tanti meriti? non è stata causa di tante tentazioni? anzi, di veri peccati?
«Per istam sanctam unctionem et suam piissimam misericordiam, indulgeat tibi Dominus quidquid per gressum deliquisti. Amen». E ho camminato sempre nelle vie di Dio? tutti i passi che ho dati erano rivolti a fare del bene? non sono mai andato nelle vie sinistre? ad occupazioni, luoghi, trattenimenti almeno vani ed inutili per l'anima?
«Per istam sanctam unctionem et suam piissimam misericordiam, indulgeat tibi Dominus quidquid per tactum deliquisti. Amen». Le mani di un sacerdote erano consacrate nell'Ordinazione per assolvere, benedire, portare Gesù, distribuire pane ai poveri. Questa santa Estrema Unzione cancelli ogni imperfezione, purifichi da ogni male: mondi il corpo, perché un giorno risusciti in gloria, splendore, impassibilità, immortalità!
Si dovrà anche dare la benedizione dell'agonia. Si spargerà attorno la voce della malattia e della sua gravità: quali saranno i commenti? Si piangerà? Temeranno le anime di perdere
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in questo sacerdote il loro maestro, il loro fratello, il loro conforto? o vi saranno cuori i quali proveranno un sentimento che invano tentano cacciare: sarebbe più tranquillo se avesse pregato di più!? Eh, tanto per quel che faceva, per gli esempi che ci dava!... Basta, preghiamo il Signore che gli dia almeno buoni sentimenti ora, che sta per morire.
Quali saranno i commenti che si faranno sopra di noi? Sopra di me, sopra ciascuno di voi che mi ascoltate?
I commenti che si fanno sul tiepido, d'altra parte, corrispondono ai pensieri che lo travagliano: Ah, se avessi fatto meglio! Avessi esercitato questa virtù! se avessi lasciato migliori esempi buoni! se avessi pregato! se l'avessi mantenuto quel proposito! se avessi lasciato quell'accidia nelle Messe, Confessioni, Rosari, Visite! se avessi, finalmente, una buona volta osservato quei propositi!

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La benedizione papale reca l'indulgenza plenaria; e, per gli ascritti ad alcune compagnie religiose, vi sono favori speciali per i moribondi. Ma questo tiepido, che fu negligente ad acquistare le indulgenze in vita, sarà ora disposto per le indulgenze in morte? Questo tiepido si curò mai di certe divozioni, compagnie,
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pratiche, che ora gli porterebbero quei privilegi, conforti, favori. Era ascritto all'Apostolato della Preghiera? agli abitini del Carmine, dell'Immacolata, dell'Addolorata? Era divoto del santo Rosario? di S. Giuseppe? dell'Angelo Custode?

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«Proficiscere, anima christiana, de hoc mundo»25. Quale colpo sulla testa sente quel moribondo, quando incomincia questa preghiera?! Anima, è tempo! quel che è fatto è fatto; occorre partire. Raccogli i tuoi meriti e parti con essi, per mostrarli al tribunale di Dio ed avere un premio eterno. Ma se devi portare con te tante responsabilità e negligenze? Se hai amato così poco Iddio? se da ogni punto della vita si alzano voci di rimprovero? Ma, parti, è tempo!
Già la testa non regge più; già il povero infermo ben poco sente e riconosce. Il sacerdote che assiste continua le industrie della sua carità, e suggerisce parole e sentimenti opportuni. Ma chissà che frutto faranno! Quale agitazione, con quel po' di coscienza che rimane, vi è in quel cuore! «Dovermi incontrare con quel Dio che ho amato così poco; a cui avevo fatto promesse così sacre; con cui mi sono intrattenuto freddamente; di cui abbreviavo
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più che potevo la compagnia! Non l'ho cercato, e adesso lo troverò? Ho trovato tedioso il parlare con Dio, ed ora egli mi concederà di stare sempre con lui? Non ho mai destinato un tempo in cui riflettere seriamente alla vita mia, ed ora il Signore mi vorrà ancor dare qualche mese?»
Dio voglia, che si affacci almeno a quel moribondo la luce di Maria! che venga a consolare quest'anima, e almeno a darle le disposizioni di dolore e di pentimento quali sono necessarie per ottenere il perdono generale. La divozione alla Madonna assicura la sua assistenza in morte. Ma questo tiepido: come predicò la Madonna? come scrisse della Madonna? come imitò la Madonna? come pregò la Madonna? Si fa in morte secondo le abitudini della vita. L'abitudine di costui era la freddezza; e, purtroppo, dobbiamo aspettarci che egli faccia in morte come in vita; anzi in morte un po' meno di quanto fece in vita. Come la vita così la nostra fine, che è l'ultimo tratto del pellegrinaggio terrestre.
Non si può continuare ad abusare e ributtare le grazie e trovare poi abbondanza di grazie alla fine.
Mettiamoci innanzi a Gesù Crocifisso; discendiamo nella nostra anima; esaminiamoci senza voler scusare noi stessi. Siamo molto sinceri
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nel riconoscere il nostro stato. Ammettiamo quello che è; cerchiamo di conoscerci come ci conosceremo al lume dell'ultima candela; prendiamo quelle risoluzioni che per divina misericordia, con la grazia del Cuore di Gesù, la coscienza stessa ci suggerirà.
Il tiepido è raffigurato in quelle vergini stolte, di cui parla il Vangelo. «Dormitaverunt... et dormierunt»26. Venne lo sposo, ed esse, in grande affanno per l'ora imprevista, per le lampade vuote, correre dalle prudenti: «Date nobis de oleo vestro, quia lampades nostrae exstinguuntur»27. Ma non ne ottennero; e fra l'andare al negozio e il mettersi gli abiti da nozze, passò il tempo. Quando, finalmente, picchiarono per far aprire, sentirono rispondersi: «Nescio vos»28. Il Signore nostro Gesù Maestro, che narrò questa parabola così espressiva, ci riveli bene il senso di quelle due parole: «Dormitaverunt... et dormierunt». La conclusione è chiarissima: «Vegliate adunque, perché ignorate il giorno e l'ora»29.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 II Cor. III, 5.

2 Rom. VII, 23.

3 Luc. XXII, 15.

4 Matth. XI, 30.

5 Ps. CXVIII, 165.

6 Giov. XIV, 27.

7 Lit. del S. Cuore.

8 Hebr. IX, 27.

9 Act. VII, 55.

10 Phil. I, 23.

11 Comm. Messa dei Def.

12 Fioretti.

13 Intr. Messa dei Def.

14 Luc. XIII, 7.

15 Matth. III, 10.

16 Prov. XXI, 30.

17 Luc. XXII, 42.

18 Ps. XLII, 4.

19 Messale Rm., Can.

20 Rit. Rom.

21 Matth. XXV, 36.

22 Rit. Rom.

23 Rit. Rom.

24 II Tim. IV, 3.

25 Rit. Rom.

26 Matth. XXV, 5.

27 Matth. XXV, 8.

28 Matth. XXV, 12.

29 Matt. XXV, 13.