Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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11. VOTO E VIRTÙ DI OBBEDIENZA
Articoli 145-148 (conclusione)


II Istruzione, Castel Gandolfo, 17 agosto 19581




Gli articoli seguenti parlano ancora dell’obbedienza, e qualche cosa già è stato spiegato [fino al] 144.
Invece è ancora da spiegare il 145: «Le suore dimostrino particolare generosità, obbedienza semplice e volenterosa, nell’accettare e adempiere i diversi uffici, secondo le disposizioni delle superiore». Semplice e volenterosa, perché non è bene effondersi in tante parole e proteste; ma fare con semplicità, quasi neppur rispondere, ma subito obbedire: sì, e basta. Semplice, senza mostrare troppo facilmente la difficoltà che si incontra, senza che le superiore debbano sempre studiare il modo e il tempo di comunicare una disposizione: Chissà se l’accetterà?. Obbedienza semplice e volenterosa: accettare e adempiere i diversi uffici. Tuttavia, vi può essere qualche caso in cui la suora possa esporre le sue difficoltà, oppure qualche fatto particolare. Difficoltà può essere che la salute non permetta qualche cosa che vien disposto: proprio in quel giorno sente qualche disturbo particolare, che la superiora poteva ignorare, e così potrebbe essere che vi sia2 un caso in cui vi è un fatto che la superiora non conosceva: «Oppure ragionevolmente credesse che la disposizione della superiora dipenda da errore, allora con umiltà, in privato, può esporre alla superiora le sue ragioni; sempre però
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disposta3, nella sua volontà, di accettare quanto verrà stabilito», se il comando è confermato. E si comprende bene questo da tutti: siccome si vuole essere sempre ragionevoli, comprensivi, così è utile che noi conosciamo tutto. E quindi le disposizioni potranno essere prese in maggior luce e con fiducia che verranno eseguite generosamente.
«L’obbedienza religiosa - l’articolo 146 - deve essere non soltanto effettiva, ma anche affettiva», e cioè: non solamente eseguire ma amare la disposizione, e metterci il cuore nelle cose! «Estendersi a tutti i legittimi comandi; non si tenga tanto conto del proprio giudizio o della persona che comanda, ma si guardi a Dio solo al quale unicamente, nella persona di chi comanda, si obbedisce», e il quale poi dà l’aiuto e il quale darà il premio. Cosa possono darci gli uomini di premio?
«Perciò - il 147 -, ricordando la parola evangelica: Non vogliate giudicare e non sarete giudicati [Lc 6,37], le religiose si asterranno4 con ogni cura dal giudicare e tanto più dal biasimare le azioni delle superiore; anzi le aiutino con filiale sottomissione e continua preghiera, affinché possano santamente e ordinatamente governare nel Signore la famiglia loro affidata».
E il 148 dice i vantaggi dell’obbedienza: «Le suore considerino che l’obbedienza è l’esercizio quotidiano di umiltà», perché è sottomissione del nostro essere, «è via semplice»: non una via complicata per arrivare alla santità… semplice! Ed è «sicura»: e non ce n’è un’altra via sicura. Ed è via anche «breve per giungere alla perfezione, è il mezzo per dimostrare più sinceramente l’amore a Dio»: non è un inganno allora che ci facciamo se amiamo il Signore e crediamo di amarlo. Non è un inganno: infatti c’è la sottomissione e [ciò] indica che c’è il vero amore a Dio. «Inoltre, apporta unità e pace nella Congregazione e favorisce lo sviluppo delle sue opere». Perché vi sono due mezzi per ottenere la pace e la collaborazione
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di tutte, per il progresso della Congregazione: uno è l’obbedienza, che unisce i voleri; e l’altro mezzo è la carità, che stringe tutte le persone in un amore schietto, sincero, semplice, sano, e in una cooperazione generosa, per il buon risultato di tutto quello che viene disposto o dalle Costituzioni o dalle disposizioni.

Qui ci fermiamo un momento sopra a quello che è l’uniformità al volere di Dio, che è ancora più profonda. Uniformità, cioè formazione della nostra volontà unita al Signore: cioè avere quella docilità continua al volere di Dio… ciò che piace al Signore […].
La volontà di Dio si manifesta almeno in tre modi. Il primo modo è il comando di Dio; perché i comandi di Dio sono mostrati nei comandamenti e nei consigli evangelici, e nelle Costituzioni. Secondo: la volontà del Signore è manifestata anche nelle disposizioni che danno le superiore e tutti coloro che hanno ufficio di guidarci. E terzo: la volontà di Dio si manifesta nei fatti, nelle cose; è qui dove bisogna disporre l’animo all’uniformità. Il Signore permette tante cose che alle volte piacciono e alle volte non piacciono, eppure manifestano la volontà sua, e non c’è un comando espresso e non c’è un ordine, una disposizione espressa, ma è chiara la volontà di Dio. Se un’anima sente una vocazione verso la religione, si sente chiamata alla consecrazione di sé al Signore, la volontà di Dio è chiara: quelle tendenze che sente e che sono per lungo tempo continuate, indicano chiaramente che il Signore non abbandona la figliola a se stessa, ma il Signore, come buon Padre Celeste, guida ognuno, ognuna in una via in cui guadagnarsi il cielo, il paradiso; e dà delle inclinazioni, delle tendenze, delle ispirazioni… delle ispirazioni interne, una luce interna. Ecco, allora: che cosa c’è? È la volontà del Signore!
Il Signore manifesta la sua volontà quando permette, per esempio, un male. Vi è una malattia, una indisposizione di salute. Eh, si può avere un mal di denti ad esempio… e vi sono altri mali che vengono dall’esterno: critiche e contraddizioni. Il tempo cambia: l’inverno freddo, l’estate caldo; ora
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il cielo si manifesta sereno, si mostra sereno, ora è nuvolo, ora vi è magari lo scatenarsi di un temporale; ora si può essere contraddette e dover vivere con una persona di un carattere molto diverso… Che cosa sono questi fatti, o questi avvenimenti, o queste circostanze? Sono espressione del volere di Dio. I martiri hanno incontrato le persecuzioni… e santo Stefano è un esempio che ha illustrato5 la Chiesa di Gerusalemme: come ha saputo sopportare la persecuzione e rimanere forte, e subire il martirio! [cf At 6,8-15; 7,54-60]; san Lorenzo ha illustrato la Chiesa di Roma: come ha saputo sopportare le persecuzioni e il martirio tremendo a cui venne condannato!6 Ecco, il Signore mostra la sua volontà sopra ogni persona, ogni anima, con tanti fatti, con tante circostanze, con tanti avvenimenti, con tante cose che passano nell’interno e tante cose che passano all’esterno.
Non c’è possibilità che un’anima sia perfettamente uguale a un’altra… eh no! Ognuna ha delle condizioni sue particolari sia psicologiche e sia in ordine alla grazia di Dio: una può essere che abbia da tenersi in una profonda umiltà perché ha offeso molto il Signore; e un’altra ha da camminare nel timore perché è sempre suscitata a tentazione, e quindi deve ricorrere molto a Dio, pregare tanto; una persona può esser scrupolosa, un’altra può esser troppo audace, troppo rischiosa e che sia inclinata a intraprendere tanto e magari non esser costante. Ogni anima ha delle sue condizioni particolari.
Oh!, tutto questo: o l’interno o l’esterno, o le circostanze o gli avvenimenti sono la voce di Dio, la voce di Dio. Tutti i santi sono passati attraverso molte tentazioni e molte sofferenze: tentazioni allora da vincere… sofferenze da sopportare!
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E vi sono opere da compiere alle volte, e nelle quali ci vuole audacia: eppure bisogna arrendersi al volere di Dio perché è manifesto, è chiaro. Uniformità profonda al volere di Dio: questo è poi lo spirito di obbedienza, questo è l’abbandono totale nelle mani di Dio, questo è un fiore della sottomissione. Bene…
L’animo sempre aperto a conoscere il volere di Dio e a compierlo, accettarlo e compierlo. Quell’animo che sempre è rivolto al Signore: Che cosa vuoi da me, Padre Celeste? Che cosa vuoi dalla tua figlia, dal tuo figlio?. Ecco.
E allora con letizia e dicendo un Deo gratias7, quando si manifesta il volere di Dio: pronti a compiere, mettendo tutto il nostro essere a servizio di Dio; e dico tutto l’essere, perché bisogna allora sottomettere la mente e sottomettere il sentimento e sottomettere la volontà, e sottomettere la salute, il corpo, al volere di Dio. Se le ginocchia fan male pregando, oppure se in questi giorni il caldo ci tormenta un poco… il volere di Dio accettato serenamente! Ecco.
Dunque l’uniformità che è il fiore dell’obbedienza, e ci rende nelle mani di Dio come cera molle che si piega al volere di Dio facilmente, come una terra molle che il vasaio può lavorare e può adoperare a fare, come dice san Paolo, un vaso eletto o un vaso di comune servizio [cf Rm 9,20-21; Sap 15,7], pronto… senza che la creta, la terra presenti difficoltà, e cioè senza che presenti durezze da non volersi adattare alla forma che il vasaio intende imprimerle.

Sottomettere la mente a Dio. Cerca di capire il volere, capire il volere, sì: Signore, illuminatemi sempre! Che non sia mai in me la voce della passione, che comandi, la voce dei sensi, e neppure la voce della semplice ragione umana. Che sia proprio la vostra voce che discende nel mio spirito, la vostra luce che mi fa conoscere quello che vi è gradito, quello che vi dà gusto… e quello che non vi è gradito e quello che non vi dà gusto, o è contrario al vostro gusto, al vostro volere.
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La mente serena: qui questa mente dev’essere impiegata a non solo comprendere il volere di Dio, ma a trovare i mezzi per compierla perfettamente la volontà di Dio! Conoscer meglio, domandar magari consiglio, leggere qualche volta o confrontare qualche libro, oppure ricorrere al confessore, ricorrere a chi guida la comunità, per penetrare bene quello che il Signore intende di volere e che facciamo, di volere da noi e che veramente lo compiamo secondo la sua volontà: studiar bene il modo di compiere la sua volontà, in serenità. Trovare anche i motivi che rendono gustosa la sua volontà a noi, sebbene la natura possa ribellarsi un po’, farci sentire le sue ripugnanze, ecco.
Poi metterci il cuore: amare il volere di Dio… è sempre amabilissimo il volere di Dio! Quindi: «Doce me facere voluntatem tuam» [Sal 143 (142),10], insegnami a fare il volere di Dio. È il volere di un Padre, il quale ci guida facendoci passare per la nostra via, la nostra via!, che metterà capo al cielo. Ecco. È sempre quindi un Padre che comanda in sapienza e in amore, in carità. Allora, non guardare solamente quello che si richiede di sacrificio, ma quello che c’è lì, dentro, di amabile! Perché la noce ha un guscio duro, ma se lo rompi, il guscio, dentro vi è il frutto buono, sì. Un comando può essere duro, il volere di Dio! Pensiamo quando il Padre Celeste volle che suo Figlio si immolasse, pensiamo quando i martiri sono stati condannati a morte, bruciati vivi o tormentati in tutte le loro parti del corpo, eccetera: quello è il sacrificio… è duro il comando, il volere di Dio in quel caso! Non vero? Ma che cosa c’era dentro? È lì che si mostrava veramente l’amore che il Figlio di Dio portava al Padre Celeste, lì che i figli di Dio, cioè i martiri, han mostrato veramente di amare il Padre Celeste! È lì che si guadagnano i maggiori meriti… perché c’è il sacrificio! Vedervi il bene, la parte amabile, la parte desiderabile, il frutto di quel sacrificio che si sta preparando, ecco. Allora dire: Quanto più dovrò soffrire, tanto più dovrò godere. Sì.
Poi metterci la volontà, questa volontà uniformata alla volontà del Signore. Come già detto: Piace a te, piace anche a me; e se non piace a me, faccio che mi piaccia. E se anche
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tutto ripugna, ecco: Io devo amarti e voglio amarti con tutte le forze e con tutta la volontà. Con tutta la volontà, anche con il corpo. Sì, perché se viene l’ora di andare - supponiamo - a pregare, il corpo deve anche andarci: forse in quel momento è un po’ stanco, forse al mattino al segnale della levata si vorrebbe ancora riposare un poco… ecco, ma anche il corpo fa l’obbedienza. E facciano l’obbedienza a Dio gli occhi, guardando ciò che si deve guardare e non guardando ciò che non bisogna guardare; e obbediscano gli orecchi, ascoltando ciò che bisogna ascoltare e chiudendosi a quello che non bisogna ascoltare; e così la lingua dica le cose che deve dire, per esempio le orazioni, per esempio il far scuola, per esempio il comunicare con le persone, le sorelle e altri… e non comunichi e non dica con chi non deve comunicare e non dica cose che non piacciono al Signore. Ecco, sì, anche il corpo: è tutto l’essere, in sostanza, uniformato al volere di Dio.
Dalla sua entrata nel mondo, il Figlio di Dio incarnato, fino all’ultimo respiro, [fece] solo e sempre in tutto il volere del Padre, finché concluse: «Consummatum est»8 [Gv 19,30]. E allora che cosa poteva ancor dire se ormai il calice l’aveva bevuto tutto, il calice delle amarezze? «In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum» [cf Lc 23,46; Sal 31(30), 6], rimetto il mio spirito nelle tue mani; e abbandonato nel Padre, nelle mani del Padre, chinò il capo e spirò: l’ultima obbedienza con cui chiuse una vita di obbedienza.
La suora vera fa così, fa così. E chiuderà la sua vita accettando la morte e l’umiliazione del sepolcro, e anche tutto quel che potrà dirsi contro di lei dopo la sua morte: tutto accetta, anche il disfacimento del proprio corpo per opera della morte, le conseguenze della morte, tutto: «Fiat voluntas tua»9 [Mt 6,10; 26,42]. E quel fiat ci mette sicuro nella vocazione ma anche nel corrispondere alla vocazione ogni giorno: «Fiat mihi secundum verbum tuum»10 [Lc 1,38]. Parole molto semplici… accettazione piena della volontà di Dio, sì.
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Quindi, andare bene al fondo di noi stessi. Che cosa immaginate debba essere la nostra vita: tutta serena e tutta lieta? È perché ci siamo messi alla sequela di Gesù, che non abbiamo da incontrare sacrifici e pene? Ah, no! La vita della religiosa è la vita che si deve conformare e uniformare di più alla vita di Gesù Cristo, che finì sulla croce! Ma il sacrificio fu redentivo: e i sacrifici che si fanno nell’obbedienza sincera e semplice, nell’uniformità piena alla volontà di Dio, arricchiscono la religiosa di meriti. E allora l’anima che ha sempre obbedito, la religiosa che ha sempre obbedito, obbedirà anche all’ultima volontà, quando Gesù le verrà incontro sulle porte del cielo e dirà: «Veni, Sponsa Christi»11, vieni, mia sposa. Sarà un’obbedienza lieta, un’obbedienza che accoglierà, essa, eternamente sempre felice con il suo Sposo Divino.
Andiamo più in giù: se ogni giorno… giorno per giorno ci uniformiamo così in modo di non desiderare e di non preferire, e non aggiustare le cose all’esterno come piace a noi, e di non combinare 12le astuzie per il fine […]13
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1 Nastro originale 34/58 (Nastro archivio 38b. Cassetta 38, lato 2. File audio AP 038b). Titolo Cassetta: “Art. 144ss. Obbedienza”.

2 Il PM dice: fosse.

3 Il Ds porta: sempre disposta però.

4 Il Ds porta: si astengano.

5 Letteralmente: ha reso illustre.

6 San Lorenzo (225-258), diacono e martire romano «che, desideroso, come riferisce san Leone Magno, di condividere la sorte di papa Sisto anche nel martirio, avuto l’ordine di consegnare i tesori della Chiesa, mostrò al tiranno, prendendosene gioco, i poveri, che aveva nutrito e sfamato con dei beni elemosinati. Tre giorni dopo vinse le fiamme per la fede in Cristo e in onore del suo trionfo migrarono in cielo anche gli strumenti del martirio. Il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero del Verano, poi insignito del suo nome» (Martirologio Romano, edizione CEI, Roma 2006, p. 623).

7 Cf AP 1958/1, p. 158, nota 5.

8 «È compiuto».

9 «Sia fatta la tua volontà», «si compia la tua volontà».

10 «Avvenga per me secondo la tua parola».

11 «Vieni, Sposa di Cristo». Cf Breviarium Romanum, Commune Virginum.

12 Le poche parole che seguono, non passate nel Nastro archivio, sono ricavate dal Nastro originale.

13 In qMV troviamo queste parole finali: «Giorno per giorno cerchiamo di uniformarci alla volontà di Dio, senza cercar di fare quello che piace a noi. Semplicità nell’obbedire e nell’uniformità interiore».