Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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34. LA RETTA INTENZIONE

Perché le nostre azioni siano fruttuose alla vita eterna è necessario che si facciano in grazia di Dio, cioè quando l'anima esente dalla colpa, dal peccato grave, vive unita al Signore.
Secondo, è necessario che l'opera sia buona, perché un'opera buona è gradita a Dio, un'opera cattiva non è gradita a Dio; dir la verità è gradito a Dio; dir la bugia non è gradito a Dio, che è la Verità.
Poi, in terzo luogo, che l'opera si faccia benino, con garbo, si faccia come un servizio al Signore.
Una persona di servizio per essere gradita al suo padrone deve fare le cose con un certo garbo e riguardo. Far benino le cose, perché anche le cose più sante si possono fare poco bene, come la comunione; e si possono fare tanto bene, come la comunione stessa.
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Poi ci vuole la retta intenzione, intenzione che mettiamo nell'azione, nel compiere quell'azione o quelle azioni che sono buone.
Le cose che fate sono tutte buone; la vita in grazia di Dio voi la conducete sempre; le cose cercate di farle con garbo come se Gesù fosse presente, come le faceva Maria là, nella casa di Nazaret quando viveva con Gesù. Occorre che non ci lasciamo sfuggire la retta intenzione, che in tutto siamo guidati da una retta intenzione.
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Cosa vuol dire intenzione? Intenzione vuol dire: mira, scopo, fine che si mette in una determinata cosa. E fine, scopo, mira che si ha: si fa un piacere ad una persona per accaparrarsi la sua benevolenza; ad esempio, si fa un regalo; accaparrarsi la sua benevolenza quello è il fine, è l'intenzione per cui si fa un regalo determinato. E può essere invece che ci sia un fine cattivo in una azione; un fine cattivo: per vendicarsi di un dispiacere ricevuto; fine cattivo, ad esempio, per essere lodato, stimato. La mira, l'intenzione: ciò che si intende di raggiungere, vuol dire. Studio per l'esame, ad esempio; l'intenzione è quella di essere promossa agli esami. E qualche volta l'intenzione è cattiva perché si fa la cosa soltanto col fine di essere stimati, farsi vedere.
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Ora, perché l'azione sia meritoria occorre che ci sia l'intenzione retta. Che cosa vuol dire? Retta vuol dire che la nostra azione, partendo da noi vada diritto a Dio. Una linea retta; cioè: questa azione vada alla gloria di Dio, alla pace degli uomini; vada a dare gusto a Dio; vada per acquistare più meriti per il paradiso. In sostanza, che l'opera nostra fatta vada direttamente a Dio. Non fatta per amor proprio, altrimenti si ferma lì. Se uno anche facesse così, di mettersi in atteggiamento devoto a pregare, ma per essere veduto, l'intenzione si ferma a lui, amor proprio, per guadagnare stima. Allora non va retta a Dio, si va per una via storta e si ferma lì.
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Oh, bisogna, dunque, che noi operiamo per il Signore, per il paradiso. Che tutte le nostre opere, le nostre parole che diciamo, lo stesso riposo, lo stesso alimento che si prende, ecc., sia indirizzato a Dio, per mantenerci nel servizio di Dio. Che tutto sia in ordine alla vita eterna, e si può dire tutto in una parola: glorificar Dio e ottener pace agli uomini. Prima a noi, cioè la santità e poi a tutti gli altri uomini.
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Quali sono le intenzioni rette? Quelle che riguardano Dio, e la nostra santificazione, e il bene delle anime. Le intenzioni rette possiamo dire, sette: «Sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà. Dà a noi il pane quotidiano. Rimetti a noi i nostri peccati. Non c'indurre in tentazione. Ma liberaci dal male»1. Ecco sette intenzioni rette. Ma riassumendole tutte, son sempre quelle: la gloria di Dio; la nostra santificazione; per il paradiso e la salvezza delle anime; che sia fatta la volontà di Dio. Intenzione retta.
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Però l'intenzione per essere retta non deve piegare né a destra né a sinistra; è una linea retta. Però su questa retta ci son molti punti, ci possono essere molti punti; un punto, un altro, un altro, fanno una retta. Voglio dire, la intenzione retta è una, ma può aver tanti punti.
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Una può fare un'opera buona, può dire una buona parola, può fare un lavoro, può anche prendersi il riposo, ecc. per fini santi: faccio questo per le anime del purgatorio; faccio questo per la conversione di un peccatore; faccio questo per il Vangelo: che sia diffuso, conosciuto; faccio questo perché l'apostolato liturgico progredisca; faccio questo perché le vocazioni siano tante e sante; faccio questo perché le anime che si accostano alla comunione siano sante; perché le Adorazioni siano sempre fatte meglio e siano sempre più numerosi gli adoratori dell'Eucaristia; faccio questo per dare gloria a Dio; faccio questo per meritare la conversione di quell'anima; faccio questo per vincere il mio orgoglio; faccio questo per esercitare il mio proposito che è l'obbedienza; faccio questo per consolare quella persona, che abbia un po' di bene, un po' di pace, ecc.
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Sono rette queste intenzioni? Sì, vanno tutte a Dio. Ma su quella retta ci son tanti punti; quelli sono punti.
Così, una persona può offrire tutte le sue intenzioni, le sue orazioni, azioni, patimenti, con l'atto eroico di carità. Ma mentre che con questo raccomanda al Signore tutte le anime che possono essere in purgatorio, una persona può dire: in modo particolare per mia mamma; in modo particolare per quel fratello, per quella sorella che è defunta; per l'ultima sorella della Congregazione che è passata all'eternità, ecc.
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Si può dare al Signore tutto il nostro valore soddisfatorio delle azioni perché il Signore ne disponga come crede, liberi le anime che crede, dal purgatorio; ma si può raccomandarne anche una in particolare, un'anima in particolare, una persona che ci è stata in modo particolare, benefattrice; ad esempio, il confessore che si è avuto, il predicatore, il parroco che ci ha istruiti le prime volte nel catechismo, ecc.
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Quindi le intenzioni... deve essere retta, ma sulla retta ci possono stare tanti punti e questi punti sono però tutti posti nella retta intenzione, cioè su quella intenzione che in fine finisce a Dio. Perché tutte quelle intenzioni particolari che ho nominato vanno alla gloria di Dio e vanno alla pace degli uomini.
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Ora, è necessaria l'intenzione? Sì, l'intenzione è assolutamente necessaria. Perché noi possiamo operare per amor proprio o per amor di Dio. Se operiamo per amor proprio, finisce lì, con la vita nostra, il bene che si fa non va al di là, per l'eternità. Se una persona lavora solo proprio per arricchirsi, per avarizia, alla fine i soldi li lascia, non se li porta mica appresso, tutto è finito lì; e così, se operasse per esser veduta e creduta buona, con la morte è tutto finito, perché al di là non c'è più la bugia, siamo... tutto viene svelato, anche la falsa intenzione.
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L'intenzione è di tanto valore che, se anche fai la comunione solo per amor proprio: "Stamattina non la farei, ma la faccio per non essere osservata, solo per questo, altrimenti non ci andrei". Quando è solo per questo, non solo non si guadagna merito, ma si fa un peccato, tanto è importante l'intenzione. Si adopera proprio la comunione, che è una cosa così santa, per la nostra vanità, ambizione, per la nostra stima. L'intenzione è assolutamente necessaria. E quanti lavorano lavorano e sprecano il bene? Perché la loro intenzione non è retta, non è retta: solo per guadagnarsi la stima; solo per guadagnarsi l'affezione di quella persona; solo per far soldi. E allora non è retta intenzione.
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Quindi: un'intenzione del tutto cattiva rende cattiva l'azione anche più santa. Un'intenzione che è mediocre non rende cattiva l'azione, ma non è così intenso l'amor di Dio, non guadagna tutto quel merito che potrebbe guadagnare. Invece l'intenzione retta, pura, rende santissime le cose.
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San Bonaventura si è spiegato bene con quel fraticello. San Bonaventura era Dottore della Chiesa, vescovo e cardinale qui, ad Albano. Un giorno un fraticello stava scopando il corridoio e poi ripuliva l'abitazione del santo, e aveva la camera piena di libri. Oh, e guardando, quel fraticello, un poco san Bonaventura: "Beato voi - disse - che sapete tante cose, che avete letto tanti libri. Io invece sono ignorante, che meriti posso farmi?" San Bonaventura rispose: "Oh, se una vecchierella amasse il Signore più di me, sarebbe più santa di me"1. E voleva dire: Se tu facendo quel che fai, che stai ripulendo questa stanza, questa camera, lo fai per amor di Dio, ti puoi far più santo che non mi faccia santo io a scrivere libri, o nel mio ufficio di vescovo, cardinale.
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L'azione più umile, anche quelle necessarie per la persona, possono essere ricche davanti a Dio, quando fatte con intenzione retta. L'intenzione dà il valore all'azione. E può dare un valore altissimo; un valore, un merito minore; e può dare anche un valore cattivo...
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1 Cf Mt 6,9-13.

1 Dalle Biografie di s. Bonaventura da Bagnorea (1221-1274), Dottore della Chiesa. Nel 1273 fu fatto cardinale e vescovo di Albano Laziale (Roma).