Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Ariccia, 22-23 e 27 febbraio 1961
I
IL DONO DELLA PIETÀ1


Quella degli Esercizi è una grazia che il Signore rinnova ogni anno: attenderla in raccoglimento per poter parlare con Dio intimamente e poter rivedere bene il nostro interno, cioè quanto amore abbiamo per Dio, quale spirito di fede ci guida, come sta il nostro cuore. L’esame di coscienza sui punti principali del proposito è tanto necessario. È bene per renderci conto del progresso o regresso che facciamo anche il calcolo delle mancanze e delle vittorie2, e confrontare una settimana con l’altra, prima di andare a confessarsi: vedere se vi è stato un po’ di cammino. Più ancora, vedere lo stato dell’anima, la condizione, le disposizioni spirituali della nostra anima: C’è buona volontà? Questa è la prima condizione per progredire, ed è il fervore. In secondo luogo domandarsi: C’è buona pietà? Questa è la seconda condizione per progredire. Cioè: amiamo la preghiera e come la facciamo? Abbiamo in fondo all’anima il desiderio di corrispondere alla vocazione e in che cosa consiste?
Primo: il perfezionamento, perché il fine dell’Istituto, oltre la gloria di Dio a cui si tende, è la santificazione: «Se vuoi essere perfetto, vieni, seguimi»3. La volontà di essere perfette l’avete avuta nel dire al Signore: Mi avete chiamato, eccomi, sono venuta!. Ora, questa volontà di progredire, questo ‘sì’
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detto al Signore a suo tempo, vive ancora? È corrisposto, è attuale? Sentite ancora, sempre come Maria che si dichiarava l’ancella di Dio e in quella condizione e disposizione rimase tutta la vita, camminando a grandi passi verso il monte della perfezione?
Ora, questi Esercizi, perché siano ben fatti, quest’anno particolarmente esaminare la pietà e domandare al Signore il dono della pietà, cioè l’osservanza delle pratiche quotidiane: le orazioni, la Messa, la meditazione, gli esami di coscienza, il rosario, la Visita. Poi vi sono le pratiche settimanali, specialmente la Confessione e, alla domenica, le due Messe, dove è possibile. Poi vi sono le pratiche mensili: la prima settimana del mese4e il ritiro mensile. Poi le pratiche annuali: la celebrazione delle feste particolari dell’Istituto e gli Esercizi spirituali. Dagli Esercizi spirituali dipende l’andamento dell’anno.
In particolare è bene che l’esame di coscienza sulla Visita al Santissimo Sacramento sia più lungo: Come sono state le ore di adorazione? Le ore quotidiane di adorazione sono la vostra ricchezza particolare. Non avete il breviario da recitare, ma supplisce l’ora di adorazione che se ben fatta, porta all’anima luce, conforto, orientamento, grazia. Se venisse un po’ sacrificata l’ora di adorazione o cacciata là nell’ultimo momento della giornata quando si è già molto stanchi, oppure si riducesse alquanto, le Figlie di San Paolo non avrebbero le grazie sufficienti per attendere all’apostolato, e specialmente per tendere alla perfezione. Se non avessimo messo nelle Costituzioni l’ora di adorazione, dovremmo domandare perdono al Signore! Perché non avreste l’alimento sufficiente per la santificazione e per un buon apostolato, una buona vita religiosa.
Esaminando a fondo, quando il cuore nell’Istituto è turbato da preoccupazioni e da interpretazioni non buone; quando l’apostolato non lascia l’anima in pace, e forse anche costituisce una occasione di divagazione; quando il cuore non è più teso, come era nella professione, verso la santità, bisogna entrare in noi stessi [e domandarsi]: Come sono le ore di
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adorazione? Smozzicate, a pezzi, oppure senza entrare nella intimità di conversazione con Gesù... Ripeto, questo per voi è di necessità assoluta: l’adorazione ben fatta, quotidianamente. Se alla prima domenica del mese, c’è facilità ad avere il Santissimo esposto, allora succedersi nell’adorazione dalla Messa solenne del mattino, cioè dalla seconda Messa, fino al vespro, alla benedizione della sera.
Dunque, la particolarità degli Esercizi spirituali di quest’anno è questa: migliorare la pietà. Sono persuaso che fate le pratiche di pietà. Secondo, credo anche che in generale tendete a farle meglio. Però, ora [fare] un passo avanti: il dono della pietà! Il dono della pietà è più che l’osservanza delle pratiche di pietà, è quella grazia che infonde lo Spirito Santo in un’anima, quando questa ha un gusto, un’intimità nell’orazione, e trova che questa è l’ora più bella della giornata, e l’aspetta, come si può attendere quando c’è una grande udienza, supponiamo del Papa, o meglio ancora se fosse un’udienza privata. Allora come ci si prepara, come si aspetta, come si considera vera grazia, ecc. Così andare, non dal Vicario di Gesù Cristo, ma andare da Gesù Cristo stesso che ti aspetta: «Iesus adest et vocat te: Gesù è lì e ti chiama»5. Arrivare a una pietà saporosa, gustosa, intima è uno dei sette doni dello Spirito Santo.
Applicare un poco ai casi particolari, questo: Si ama il Signore intimamente e si amano tutte le cose che riguardano il Signore. Primo, il Signore non si considera più tanto come il Creatore e il padrone, lo si considera soprattutto come Padre: «Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome»6. Lo si ama, si sente di avere una pietà filiale, come dice S. Paolo nella lettera ai Romani: «Non avete da ricevere lo spirito di timore, questo no; avete da ricevere lo spirito di amore, lo spirito filiale in quo clamamus: Abbà, Pater»7. Per cui chiamiamo il Signore non padrone, ma Padre a cui tutto riferiamo e per il quale sentiamo una grande riconoscenza di essere stati creati da lui, di essere stati fatti cristiani, di essere stati chiamati
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da lui alla vita religiosa e di essere entrati nella vostra Congregazione. Sentire questa riconoscenza al Padre celeste, da buoni figli, come se aveste un padre molto buono che venisse a vedervi, e siete felici di incontrarlo. Tante cose gli dite e tante cose volete sentire, domandare, ecc. Pietà filiale, gustosa verso il Padre celeste!
Secondo, Gesù Cristo non lo si considera tanto come il giudice, ma come il Maestro di bontà. Lo si considera come amico, Maestro di bontà nell’Eucaristia, amico intimo particolarmente nella santa Comunione. Ripeto, sentire l’amicizia con Gesù, specialmente nell’adorazione, perché allora si incomincia una conversazione con Gesù, gli si dice tutto, si ha piacere di dargli gloria, di renderlo contento; si va con il sorriso sulle labbra, con il volto sereno almeno, con il cuore aperto. Stupenda familiaritas!: Una familiarità stupenda, dice l’Imitazione di Cristo; e aggiunge: Dulcis sermocinatio: Un dolce conversare con Gesù8. La Visita incomincia veramente dal momento in cui si entra in questa conversazione intima con Gesù. Sì, è vero quando l’ora di adorazione è fatta con buona volontà, c’è l’adempimento di quanto prescrivono le Costituzioni.
Ma l’adempimento, un po’ stentato, un po’ superficiale, porta meno frutto. Per portare l’intero frutto l’adorazione [sia]: Stupenda familiaritas, dulcis sermocinatio, una stupenda familiarità con Gesù, [come] amica all’amico, [come] la sposa dei Cantici allo sposo dei sacri cantici: dulcis sermocinatio. Quante cose vengono alle labbra! L’adorazione allora è gustosa, piacevole, la si sente come l’ora del riposo, quando Giovanni evangelista posava il suo capo sul petto adorabile del salvatore Gesù. E che cosa ha attinto posando il suo capo sul cuore adorabile di Gesù? Ha attinto la sua specialità: verginità e carità. Allora, si sente che Gesù vuol essere l’amico: «Non dixi vos servos sed amicos: Non vi chiamerò più servi, quello era dell’Antico Testamento, ma vi chiamo amici»9. E quale amicizia! E chi può avere un’amicizia più intima di chi è
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chiamato alla vita di consacrazione? Avete fatto il dono di voi stesse a Gesù, e allora nella Visita avviene uno scambio di doni: l’anima si dona tutta a Gesù e Gesù si comunica all’anima.
Quando c’è il dono della pietà, si considera la vita religiosa dal lato buono, dai benefici che porta, dai sacrifici che richiede; si è felici di poter fare i sacrifici di obbedienza, di sottomissione, di rinnegamento di noi stessi. Questi sono attestazione di amore, sono occasioni per soddisfare per i nostri peccati, sono una prova se veramente amiamo il Signore o se non lo amiamo. L’amore alla Congregazione, al suo spirito, alle persone che la compongono, a chi guida, è il segno dell’amor di Dio. Quando non c’è questo si sta in Congregazione con il corpo, ma non si è in Congregazione con lo spirito. Tu realmente con il cuore vivi fuori. Specialmente quando si ama l’obbedienza, la docilità, chi guida, e le persone che compongono l’Istituto, le Costituzioni, gli usi, il suo apostolato sono segno di amor di Dio. Misuratelo da lì, perché vi rendiate conto se siete sulla via della perfezione o meno.
Chi ha il dono della pietà ama la Chiesa come madre che ci ha fatto figli di Dio per mezzo del santo Battesimo, quando siamo nati. La Chiesa che è guidata dal Papa, allora tenerezza per il Papa, come padre. La Chiesa che ci deve guidare verso il cielo, ci accompagna nella vita con le Messe, con i sacramenti e poi con il viatico e con i suffragi in punto di morte. Amare la Chiesa che ha autorità di guidarci ed è infallibile nell’insegnare. Quando c’è il dono della pietà, allora si sentono i superiori come persone messe da Dio per farci sante! Le persone che rappresentano Dio, sia che vietino una cosa, sia che la comandino, sono messe da Dio: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me»10. Non si guardano i difetti, ma si guarda il Signore! Quando c’è questo spirito di pietà, le sorelle si considerano proprio come sorelle o, se volete, come compagne di viaggio verso il paradiso. Che bella cosa essere accompagnate da tante sorelle verso il cielo, come voi ne avete la fortuna!
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Quando si dà il buon esempio, quando si porta la letizia e l’incoraggiamento, quando si semina la docilità, quando si fa vedere tutto bello, quando si sa coprire le imperfezioni su cui si tace, quando si cerca di portare ovunque il contributo della preghiera per tutte, perché tutte possono avere delle necessità, come ne ha ognuna, perché ci sono i momenti di tentazione, di scoraggiamento... E il diavolo vuol lasciare qualcuna senza tentarla? Nessuna! Tenta sempre sotto l’aspetto di bene, tenta sotto l’aspetto di fare meglio, di ottenere di più. A Eva disse: «Diventerete come dei, se mangiate il frutto che il Signore vi ha vietato»11, come se egli avesse invidia. E Adamo ed Eva si sono trovati meglio mangiando il frutto vietato? Ma sotto l’aspetto di bene [il serpente disse]: «Diventerete come dei!».
Quando si ha lo spirito di obbedienza e di pietà, si ha uno dei sette doni dello Spirito Santo: «Donum gratiae et precum; Il dono della grazia e della preghiera»12. Allora, quando si ha questo dono, non si vive tanto di timore, quanto di amore; non si fanno le cose forzatamente, ma con soddisfazione. Se la soddisfazione non si sente, non importa: si ama la preghiera, la si cerca e la si considera sempre come il tempo più bello della giornata. Quando si ha questo spirito di pietà, la vita è un’altra cosa!
Ora, come si procura questo spirito di pietà, il dono della pietà? Primo, la pietà è dono dello Spirito Santo e allora si chiede allo Spirito Santo che aggiunga il gusto della pietà, il sapore, la gioia, l’intimità nella pietà; aggiunga questo alla fedeltà nelle pratiche di pietà che sono prescritte.
Secondo, bisogna coltivare questo dono dello Spirito Santo. E come si fa? Si fa particolarmente eccitandosi ad atti di amore nella preghiera vocale, ma specialmente nella preghiera mentale e nella Visita. Dare posto alla sentimentalità, ad atti di dolore, di amore, di desiderio, di proposito, di speranza, di umiltà: coltivare la sentimentalità del cuore. Questo è anche il terzo grado dell’orazione, perché prima c’è la preghiera vocale, e poi c’è la preghiera mentale, che è specialmente la
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meditazione; terzo grado, già superiore, è quello di aggiungere la sentimentalità. Perciò in questa parte dare una certa importanza al sentimento nel pregare, specialmente quando c’è Gesù nel cuore.
Durante la Quaresima fare atti di amore al Crocifisso Gesù; atti di dolore e quindi confessarsi meglio, con più diligenza, con maggior pentimento. Pentirsi, vuol dire: vita di penitenza, perché la prima penitenza è il pentimento, il dolore per le grazie non corrisposte. Quando infatti c’è il dono della pietà, nell’Atto di dolore si dice: Perché peccando ho meritato i vostri castighi. Quindi il timore, ma soprattutto perché peccando ho offeso voi, mio padre, che siete degno di essere amato sopra ogni cosa come bene infinito, e che io invece ho disgustato. Allora il dolore dei peccati diventa un sentimento diverso, cioè un dolore filiale. Il pentimento di un figlio che ha disgustato il padre. «Padre, diceva il figliol prodigo, non sono più degno di essere chiamato figlio... Ho peccato contro il cielo e contro di te, adesso non sono degno di essere chiamato figlio; ricevimi almeno come uno dei servi»13. Il padre è stato buono e l’ha rimesso al suo posto di figlio, non di servo. Anche se ci sono stati dei peccati, Gesù, il Padre celeste vi accoglierà come figlie, e l’infusione dei doni di Dio sarà sempre più abbondante.
Nel tempo di Quaresima fare la Via Crucis in modo speciale. Nel tempo di Quaresima ascoltare bene la Messa, perché è il sacrificio del Venerdì santo, il sacrificio del Calvario portato sui nostri altari. Quindi coltivare questo dono. E questo dono è coltivato da chi vive abitualmente la vita raccolta. Allora sente che Gesù è nell’anima e gli si dice qualcosa. Tu hai un cuore che è il tabernacolo di Dio, abita in te la Santissima Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo abitano in te. Tu porti con riverenza questo tabernacolo, ti consideri veramente come un tabernacolo della Santissima Trinità e parli, domandi perdono, proponi e discorri.
Quando c’è questo [dialogo], e bisogna coltivarlo, gli angeli custodi si considerano proprio come i tutori, quelli che
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ci stanno sempre accanto, ci liberano da tanti mali e ci danno tanti suggerimenti. Che begli Angelo di Dio si recitano allora! Quasi quasi, e tante volte avviene anche realmente, la testa si volge a destra per parlargli, perché si ha fede che [l’angelo custode] è lì che ci accompagna. Quando c’è questo dono della pietà, come si è intimi con la Sacra Famiglia: S. Giuseppe, quindi la devozione del mercoledì; la Vergine Regina degli Apostoli, la devozione del sabato; Gesù Maestro lo si riceve come lo riceveva la famiglia di Betania: Lazzaro, Maria, Marta. Quando c’è il dono di pietà e lo si coltiva, si ha una grande compassione delle anime purganti, e quasi si sente arrivare all’orecchio il gemito di quelle anime che soffrono. Allora è facile uscire in Requiem aeternam... dona loro, o Signore, l’eterno riposo, ecc.
In sostanza, il dono della pietà vivifica tutta la vita e porta un senso nuovo alla persona religiosa. Dovete arrivarci però, questo è l’impegno. Se per i cristiani si può dire che è meno necessario, per noi è più necessario, perché consacrati a Dio e la vocazione stessa ci porta a vivere il dono della pietà.
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1 Meditazione tenuta ad Ariccia (RM) il 22 febbraio 1961. Trascrizione da nastro: A6/an 94a = ac 159a.

2 Modo di annotare quotidianamente su un taccuino mancanze o vittorie circa il lavoro spirituale.

3 Cf Mt 19,21.

4 Cf LP, ed. 2011, pp. 113-152 e pp. 153-157.

5 Cf Gv 11,28: «Il Maestro è qui e ti chiama».

6 Cf Mt 6,9.

7 Cf Rm 8,15: «…per mezzo del quale chiamiamo: Abbà! Padre!».

8 Cf Imitazione di Cristo, II, 1. 1.

9 Cf Gv 15,15.

10 Cf Lc 10,16.

11 Cf Gen 3,5.

12 Cf Zc 12,10: «Uno spirito di grazia e di consolazione».

13 Cf Lc 15,17-19.