Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

II
LA VIRTÙ DELLA RELIGIONE1


Questa è una osservazione che sta bene dopo la Comunione. Si va nelle varie case, piccole o grandi, si parla assai dell’apostolato, poco sento parlare della parte spirituale. Ora, chi guida una comunità piccola o grande che sia, in primo luogo deve curare lo spirito delle persone che ha con sé. Primo e principale impegno è questo. Succede che talvolta l’attenzione verso l’apostolato, verso le cose che si devono compiere è tale che non vi è neanche la tranquillità, la serenità nell’iniziare la pietà, nel sentirsi in chiesa con lo spirito sereno ed entrare subito nell’intimità, nella conversazione con il Signore. Questo è il motivo per cui vi è da insistere tanto sopra la pietà, sulla preghiera, sul dovere di grave responsabilità per tutti noi che siamo alla direzione delle anime e che abbiamo la responsabilità della loro santificazione.
Allora su questo c’è da confessarsi. Se da una parte si accusa ciò che riguarda il proposito principale individuale, dall’altra parte c’è da accusarsi se non si cura abbastanza lo spirito: preghiera, ritiri mensili, meditazioni ben fatte, ecc. Qualche volta avviene che si fa troppo conto sulla preghiera e specialmente sulla meditazione o la Visita che si fa per strada, sul treno, in macchina. Certo, vi sono occasioni in cui questo si deve fare, ma bisogna che non divenga abituale. «Ad quid venisti?»2. Perché ti sei fatta religiosa se non per santificarti?
Di conseguenza viene l’argomento di questa meditazione: possedere spirito di religione, praticare la virtù della religione. È chiaro che tutti i cristiani e tutti gli uomini devono possedere,
~
praticare la religione, ma per chi è religioso vuol dire che la praticherà meglio e continuamente. Questo è l’impegno. Si chiamano appunto religiosi e religiose, perché danno la massima importanza, la prima importanza, alla virtù della religione che è la quarta virtù: fede, speranza, carità e religione. Poi vengono le virtù cardinali, le virtù morali, le virtù religiose.
Che cosa vuol dire virtù della religione? Vuol dire: amore a tutto quello che riguarda il culto al Signore, il culto interno e il culto esterno. Quanto al culto interno, specialmente fede, speranza e carità; quanto al culto esterno: le pratiche religiose, la santificazione del corpo, tutte le preghiere, le funzioni e il ricevere i sacramenti, ecc. In sostanza tutto quello che porta al culto verso il Signore, al culto che dobbiamo a Dio. Del culto interno: fede, speranza, carità, parleremo in altro tempo, in un’altra meditazione.
Parliamo ora del culto esterno, cioè della virtù della religione nella parte esterna. Religione significa il legame che abbiamo con Dio: Religio a religando dicitur3. La virtù della religione si chiama così dalla parola legarsi, quanto uno si lega a Dio, quanto uno si dona a Dio anche all’esterno. La prima cosa è proprio l’osservanza dei voti: il dono di noi al Signore. Che cosa si dona? Si donano i beni esterni con la povertà, quindi osservanza della povertà; si dona il corpo con la virtù, con il dono della castità; si donano i beni interni con la virtù, con la pratica del voto di obbedienza.
L’osservanza dei voti, in primo luogo, vi costituisce religiose, poi vengono le pratiche di religione. Ma come prima cosa ci costituisce religiosi, cioè legati a Dio. Dare tutto il nostro essere corporale con la castità, spirituale con l’obbedienza, e i beni esterni con la povertà: tutto soltanto a Dio. Religiosa, di conseguenza, è tanto più colei che osserva i santi voti. Nella misura in cui si osservano i santi voti si è religiosi. Perciò, sebbene venga fatta una considerazione sulla povertà e sugli altri due voti, tuttavia è da cominciare da oggi l’esame,
~
come si è meditato ieri sera4, sui santi voti: tanto sei religiosa quanto ami la povertà e la osservi con delicatezza. Lì vi possono essere tanti meriti. Difatti, secondo le Costituzioni, chi osserva la povertà, in ogni esercizio di povertà raddoppia i meriti. Ad esempio con il distacco, il faticare per l’Istituto che appartiene alla povertà, cioè produrre bene, quindi l’impegno nell’apostolato e sapere conservare bene, avere cura delle cose, delle scarpe e delle calze e di tutto quello che riguarda l’uso dei beni corporali. Poi non solo conservare, ma provvedere: provvedere alle inferme, provvedere anche a coloro che nella giornata hanno una vita più movimentata, quindi c’è bisogno di maggior sostentamento e anche di riposo. Tutto questo appartiene alla povertà. Regolato il riposo, cioè né esageratamente in un senso, né esageratamente in un altro, produrre, conservare, provvedere e poi ancora saper industriarsi e saper far rendere la nostra vita per l’Istituto.
Viene poi il secondo voto, quello della castità, per cui si dà a Dio il nostro essere corporale. Corporale: ecco gli occhi, l’udito, la lingua, il tatto; ecco le compagnie, le amicizie che si hanno, che possono essere sante o pericolose. S. Francesco di Sales dice: Nelle comunità non ci vogliono amicizie, neppure spirituali, perché nella comunità c’è già la direzione spirituale, cioè chi guida, chi provvede, chi dà avvisi, chi consiglia, chi sente. Certamente ogni persona che ha responsabilità di altre persone deve essere molto delicata riguardo allo spirito e riguardo anche a difendere dal male le persone, cioè che non vadano nei pericoli, che non abbiano proiezioni di pellicole oppure televisione o radio che non sono adatte per chi è consacrato al Signore. Si potrà sentire il notiziario, ma il resto non appartiene a noi, eccetto che una abbia una missione speciale. Se una fosse scrittrice per certi casi può trovarsi in altra posizione.
Provvedere poi che tutto sia ben distribuito, anche l’assegnazione delle camere sia fatta in spirito buono. Non soltanto
~
questo, ma anche tutto quello che può riferirsi alle persone che si incontrano, alla propaganda dove si va, all’agenzia cui si attende, alla libreria in cui si esercita l’apostolato. Dare ma non ricevere il mondo, ossia dare il nostro spirito ma non ricevere dal mondo. Noi siamo destinati a portare al mondo il bene ma non a prenderne lo spirito: «Ego de mundo non sum»5 dice Gesù. Così parlava Gesù degli Apostoli: anche essi non sono mondani. Il muro si è messo tra il mondo e voi. Il muro è l’abito che indica che sotto quell’abito c’è una persona consacrata a Dio, che tutta si è donata al Signore. Perciò, delicatezza.
L’osservanza del voto di obbedienza. Si introduce sempre di più un concetto dell’obbedienza che è falso e annulla l’obbedienza. Obbedienza vuol dire ciò che esprimeva il Maestro divino quando diceva: «Non mea sed tua voluntas fiat»6. Aveva anche lui delle tendenze, ma «non sia fatta la mia, ma la tua volontà, o Padre». Invece il concetto falso dell’obbedienza che si introduce sempre un po’ più largamente è questo: mettersi d’accordo; fare obiezioni; domandare quello che piace di più, rifiutare ciò che piace di meno; ragionare con chi dispone in maniera tale che si cerca di indurre al proprio pensiero chi deve disporre, e a volte chi deve disporre finisce con il cedere per non disgustare. Questo è il falso concetto dell’obbedienza.
Essere religiose, sentire i voti, sentire che non apparteniamo più a noi stesse ma a Dio attraverso la Congregazione. Accettare gli uffici e gli incarichi, perché noi apparteniamo alla Congregazione, ci siamo donati ad essa per donarci a Dio, allora non riprendere quello che si è dato. Il tutto mi dono, offro, consacro deve essere vissuto. Non mettere sull’altare il dono di noi stesse, metterci come vittime e poi, a poco a poco, ripigliare lo spirito di comodità, la facilità a condividere un poco lo spirito del mondo, che poi è mondanità, mezza mondanità. Non riprendere la volontà che abbiamo donata a Dio, ma lasciargliela nelle mani tutta, anche se sentiamo riluttanza. È vero però che se uno si trovasse nell’impossibilità, può
~
presentare a chi guida l’impossibilità in cui si trova, anche perché qualche volta la superiora non conosce tutti i particolari e tutte le ragioni.
Poi c’è anche questo che è più difficile: l’osservanza dei voti per la superiora. Siccome deve amministrare, generalmente c’è pericolo che amministri un po’ a suo comodo e anche la minestra la faccia fare secondo i suoi gusti, invece di provvedere per la comunità, per la buona salute delle suore nel servizio di Dio e nell’apostolato. E che vada inventando cose, comodità e oggetti un po’ di lusso non conformi allo spirito: ci vogliono sempre i lampadari più belli, ci vuole un salotto un po’ adornato... Libreria bella, cappella bella, ma per noi religiosi in povertà. Per spiegarmi, ci può essere che un istituto abbia lo scopo dell’istruzione, quindi avere collegi e per il collegio deve abbondare di più se è per persone distinte. Ma quando si arriva alle camere delle suore, si deve trovare la povertà. Così noi. Però non eccedere. Quando si è acquistato quel numero di pianete e una decorosa per le solennità, stiamo nella via retta. Certo, le cose più belle a Dio, ma in una posizione giusta.
Così può essere che si ecceda nella mondanità per ciò che riguarda la delicatezza. Persone che credono: Ho la mia età, non mi stupisco più. Quello va per le fanciulle, per le aspiranti. Va invece per chi non è ancora morto! Sarei contento che il mio corpo, cioè le mie tendenze morissero tre ore dopo la mia morte, diceva quel santo. Sempre avere riguardo, anche per dare l’esempio. A volte si accontenta un po’ il gusto per il tal confessore. Si prenda il confessore comune. Ma io voglio una bella Confessione. Allora, buon esame e molto pentimento: la Confessione sarà la migliore. Mi dice poche cose. Tante volte è meglio dire nulla. Non facciamo troppi ragionamenti umani. Avere fede. Se noi ci confessiamo bene, perché abbiamo il dolore e l’esame ben fatto, il Signore dà le grazie, provvede, che ci abbiano detto poco o molto. Il Signore provvede lui, perché il Signore non guarda l’esterno, ma guarda le disposizioni interne dell’anima. Questa facilità può arrivare a punti cui non si vorrebbe arrivare. Su questo argomento ho già detto qualche cosa mercoledì parlando alla casa di Roma, alla Casa
~
generalizia7. Si nota un certo rilassamento su quello che riguarda il secondo voto. Essere sempre delicati. Il Vangelo dice: «Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso»8. Tante volte le occasioni non buone si incontrano proprio mentre si fa l’apostolato e si incontrano tanto nelle cose come nelle persone.
Quanto poi al voto di obbedienza: né domandare né rifiutare. Ecco la norma dei santi. Non crearci il nostro nido, aggiustarci in maniera che, infine, siamo nella nostra volontà. No. La nostra volontà sia quella di Gesù Cristo, vivere in Gesù Cristo: «Vivit vero in me Christus»9 e lasciare a chi guida la libertà di disporre.
L’attaccamento all’ufficio è contro le Costituzioni e contro l’obbedienza. Preferire, il volere questa persona, non volere l’altra, perché è vecchia. Diventerete tutte vecchie se piacerà al Signore! Poi ci sono anche suore a cui dispiace tanto che si dica che hanno già la tale età, e fanno difficoltà ad accettare, a rassegnarsi al pensiero della morte e anche della sofferenza, della malattia. Occorre che noi ci rimettiamo a Dio. Nelle case vogliono le suore più giovani, sta bene, ma poi bisogna saperle aiutare nello spirito e sentire quello che hanno appreso, gli indirizzi che hanno ricevuto in Casa madre, in Casa generalizia.
Non ci siano preferenze fra l’una e l’altra, perché questo non è conforme al voto di castità. Si finisce con vedere tutto bene in quella che si ama, e tutto male in quella che magari ha un carattere diverso, perché essendo franca, rimprovera anche i difetti della superiora e non la si vuole sentire. Certo, non devono mancare di rispetto, perché è contro l’obbedienza, ma dobbiamo sempre ascoltare umilmente se c’è qualcosa da prendere per noi, perché è il Signore che ha disposto così, lo ha permesso, almeno, affinché anche noi ci correggiamo. Anzi, se c’è l’obbligo di perfezionarsi in una suora, c’è specialmente nella superiora che ha anche l’incarico di dare il buon esempio, non solamente di dire, ma di fare. Questa è la parte essenziale della virtù della religione: l’osservanza dei tre voti.
~
Viene poi tutto quello che riguarda le pratiche di religione. Parliamo un po’ di quello che è connesso con ciò che ho già detto. L’abito è sacro: portarlo sempre con dignità, non con ambizione. Ricordare che il velo indica la santità della mente. Che i pensieri e le chiacchiere umane o mondane non arrivino al cervello, cioè non siano assecondate. C’è il cingolo che ricorda il secondo voto la santificazione del cuore, ricorda i sentimenti. C’è la corona da dirsi bene come aiuto e salvezza della vita religiosa. Poi c’è tutto l’abito che deve segnare un muro fra mondo, cioè lo spirito del mondo, e l’anima che è consacrata a Dio. Così, partendo dall’abito, che viene indossato religiosamente: Induat te Dominus novum hominem qui secundum Deum creatus est in iustitia et sanctitate veritatis10, partendo da lì, veniamo alle altre cose.
Le pratiche di pietà siano fatte tutte. Come ho detto: «Ante orationem prepara animam tuam»11. Quando entri in chiesa dì così ai pensieri: Andatevene, adesso devo pensare a Gesù. Non è poi così facile dire ai pensieri che se ne vadano, perché non abbiamo un comando diretto sulla mente. Noi abbiamo solo un comando indiretto, cioè mettere pensieri spirituali, santi, i pensieri che riguardano Dio, la religione e sostituire gli altri. Come se vi è un secchio pieno di acqua non buona, la si versa e si riempie il secchio di acqua buona.
La cappella, la chiesa sia il locale tenuto meglio: pulizia, sempre. Anche le cose, i paramenti che ci sono siano ben confezionati e secondo le regole liturgiche. Gli stessi banchi, quando si fanno fare, siano fatti in maniera che la persona possa pregare comodamente. Non troppo comodamente per non addormentarsi, però tanto comodamente da non fare un sacrificio per cui, tesi verso il sacrificio, il modo di stare, il modo con cui è fatto il banco disturbi la persona che, facendo attenzione a un’altra cosa, non ha attenzione alla preghiera.
Andando alla Comunione, vedere di non andare per ordine, un banco dopo l’altro, perché c’è la prima, la seconda, l’ultima
~
venuta. Si vada in disordine, che è meglio. Così se una vuole astenersi non sia facilmente guardata. Questo soprattutto per le comunità un po’ numerose.
La sacrestana, che dipende dalla superiora, pensi che nelle Costituzioni ci sono delle regole, quindi osservare quelle regole e anche le regole che vengono dal Codice liturgico.
È importante che si impari un po’ la liturgia, specialmente ora che c’è il rinnovamento liturgico. Si sappia leggere bene il calendario; si conoscano bene le funzioni straordinarie, cosa bisogna provvedere, supponiamo per il Giovedì Santo o per il giorno delle Ceneri. Segnare quello che riguarda il tempo pasquale, il tempo natalizio, il tempo dopo Pentecoste e le particolarità che sono della liturgia. Se si vuole si può anche fare come facciamo in Casa generalizia: alla sera si legge il calendario, non solamente il santo e il pensiero per la giornata, ma anche il calendario liturgico, cercando di tradurlo nelle parti in latino, per meglio capire il senso della liturgia del giorno. Così si prepara il messalino per il giorno seguente. È tanto utile seguire il messalino per la Messa.
Certamente anche per questo, bisogna pensare che le orazioni del mattino precedono o seguono la Messa. Entrare nello spirito della liturgia, partecipare sempre più intimamente alla Messa. Non che il celebrante faccia una cosa a sé, ma ut meum ac vestrum sacrificium...12, celebriamo il mio e vostro sacrificio, cioè tutti insieme. Certo, ci deve essere il sacerdote a fare la parte di offerente secondario, ma si è tutti offerenti.
Ora è passato il tempo. Seguiremo successivamente.
~

1 Meditazione tenuta ad Ariccia (RM) il 7 aprile 1961. Trascrizione da nastro: A6/an 104a = ac 172b.

2 Cf Mt 26,50: «…per quale scopo sei venuto?» (Volgata). Cf anche: S. Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, Ser. 76,10, in SBO, II, 260.

3 Cf S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, VII-II, q. 81.

4 Dal Diario di don Speciale risulta che il 6 aprile alle ore 16.00 “il Primo Maestro va alla Casa Divin Maestro di Ariccia (RM) per dettare la meditazione di introduzione agli Esercizi spirituali che le Figlie di San Paolo iniziano oggi”. Questa meditazione non ci è pervenuta.

5 Cf Gv 17,16: «Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo».

6 Cf Lc 22,42.

7 Cf med. 18.

8 Cf Lc 9,23.

9 Cf Gal 2,20: «Cristo vive in me».

10 “Ti rivesta il Signore dell’uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità”. Cf Rituale della vestizione delle Figlie di San Paolo, ed. 1958, p.
14. Cf anche Ef 4,24 e Col 3,9-10.

11 Cf Sir 18,23: «Prima della preghiera prepara la tua anima».

12perché il mio e vostro sacrificio… Preghiera con cui il sacerdote conclude la presentazione dei doni durante la S. Messa.