Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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13. IL PADRE NOSTRO1


Dovremmo considerare ora le varie specie di preghiera e poi le singole devozioni. In primo luogo la preghiera che ci ha insegnato Gesù: il Padre nostro. Preghiera che serve per tutti i tempi sia quando non abbiamo grazie particolari da chiedere, sia per domandare tutte le grazie particolari o generali comprese nel Padre nostro. S. Agostino dice: Quando tu avrai detto bene il Padre nostro, non troverai altre cose da domandare2, e cioè cose che non siano incluse nello stesso Padre nostro.
Questo si capisce se il Padre nostro viene considerato nella sua realtà. Perché? Prima ragione: perché la preghiera del Padre nostro ha per autore Gesù Cristo stesso. «Insegnaci a pregare»3, domandavano gli apostoli. Gesù rispose: «Quando pregate dite così: Padre nostro, che sei nei cieli, ecc.»4. Il Signore volle che questa preghiera fosse tramandata, perciò scritta nei Vangeli. Seconda ragione: è una preghiera breve, ma contiene tutto ciò che si ha da desiderare, sperare e chiedere al Signore. Terza ragione: perché possiamo meditare le singole domande che sono sette. Le singole domande sono così larghe e comprensive che possiamo sempre usare il Padre nostro quando desideriamo qualcosa dal Signore.
Ricordare che il Padre nostro è messo al centro della Messa e serve come primo atto di preparazione alla Comunione. Il Padre nostro è il primo atto, prima ancora dell’atto di fede, ecc.
Perché è l’orazione più perfetta e veramente degna di Dio? Preghiera che sappiamo, che piace sicuramente a Dio? Perché l’ha fatta il Figlio di Dio. E il Figlio di Dio incarnato sa bene che cosa piace al Padre nostro che è nei cieli. Egli sempre si rivolgeva al Padre celeste come Figlio degnissimo, affezionatissimo
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a suo Padre. Così anche noi dobbiamo cominciare il Padre nostro considerando Dio come Padre che è nei cieli. Allora ci presentiamo come bambini davanti al Padre esponendo i nostri bisogni. «E voi, diceva Gesù agli Ebrei, se sentirete che il vostro figliuolo, il vostro bambino vi chiede del pane, gli darete forse una pietra? E se vi chiede un pesce per mangiarlo con il pane, gli darete un serpe? Ora, il Padre celeste è il più buono di tutti i padri che sono sulla terra»5. Quindi l’introduzione è per portarci alla fiducia: Padre nostro che sei nei cieli. Dirlo filialmente, umilmente. Come il papà, quando è circondato dai suoi figlioli, sta a sentire le loro domande, i loro desideri, sta a sentire il bambinetto più debole ed è sollecito in quanto si tratta di un papà buono. Recitare filialmente il Padre nostro.
La prima domanda è questa: Sia santificato il tuo nome. Noi siamo creati per la gloria di Dio, ultimo fine, e per la nostra salvezza, secondo fine. Perciò, nella prima domanda si chiede che sia glorificato il Signore. Nella seconda domanda si chiede che noi siamo salvi, cioè possiamo appartenere al suo regno: Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno. Santificare il nome di Dio, cioè dare il culto a Dio, interno ed esterno. Interno, con l’atto di fede, la fiducia, l’amore, le tre virtù teologali. L’atto esterno, cioè il culto esteriore che sono poi tutte le pratiche devote, tutti i tabernacoli che si erigono, tutte le chiese che si costruiscono, tutte le funzioni che si fanno, tutti i sacramenti che si amministrano, tutta la liturgia e tutte le preghiere sociali o individuali.
Sia santificato il tuo nome, cioè che gli uomini riconoscano Iddio: Creatus est homo ut Dominum Deum suum revereatur ac serviat6: l’uomo è creato per la gloria di Dio, tutto ha fatto il Signore per la sua gloria. Allora, che venga onorato il Signore e riconosciuto come tale. Se avete seguito l’epistola di oggi, tratta dal libro del Levitico, cinque volte il Signore ripete in quel breve tratto: «Io sono il Signore Dio tuo… Io sono il Signore Dio vostro»7. E poi dà i suoi comandamenti. Ricorda
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che egli è Dio e quindi vuol dire che noi tutti gli dobbiamo gloria. Così cominciano anche i comandamenti che recitiamo.
Poi la seconda domanda che riguarda il nostro fine, e cioè appartenere al regno di Dio, in cielo: regnum coelorum, regno di Dio in noi: «Regnum Dei intra vos est»8. La Chiesa nel Vangelo è definita il regno di Dio. Quindi chiediamo di appartenere al triplice regno: al regno eterno di Dio lassù nel cielo, dove il Signore siede sul suo trono, glorificato da tutti gli angeli e da tutti i santi. Appartenere al regno di Dio già sulla terra, cioè che viviamo in grazia, che Gesù sia padrone, possieda tutto il nostro cuore, tutto il nostro essere: «Regnum Dei intra vos est». La Chiesa, regno di Gesù Cristo, regno di Dio, si estenda sempre di più. Ecco, sono meno di un terzo gli uomini che conoscono Gesù Cristo e che lo seguono in qualche maniera. Tuttavia anche di questi, quanti non credono a tutta la sua parola, a tutto il suo insegnamento o non seguono tutta la volontà di Dio. Adveniat regnum tuum9: venga il regno di Dio. Il regno di Gesù Cristo finale sarà quando si celebrerà l’ultima Messa e sarà il regno di Gesù Cristo eucaristico. Allora si chiuderà il mondo, la storia umana.
Per arrivare a questo regno, il mezzo ci è dato subito dalla terza domanda: Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra10. Cioè, vi è un modo per arrivare in paradiso, l’ultima volontà di Dio a nostro riguardo è che arriviamo al suo regno, che arriviamo in cielo. Ma bisogna che facciamo la sua volontà sulla terra per poter compiere l’ultima volontà di Dio: «Euge, serve bone et fidelis, intra in gaudium Domini tui»11. La volontà di Dio compiuta diligentemente, amorosamente come la compiono gli angeli del paradiso, così la compiamo noi sulla terra, il più perfettamente possibile, il più amorosamente possibile. Il volere di Dio [compiuto] più fedelmente, minutamente, mai fuori della volontà di Dio, mai sostituire la nostra volontà al volere di Dio. Quante volte allora si corre il pericolo di sottrarsi al
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volere di Dio e di mettere la nostra volontà, il nostro capriccio, le nostre vedute invece del volere di Dio! Ma per santificarsi vi è un mezzo solo: il volere di Dio. Non c’è altro. E quanto più perfettamente lo compiamo sulla terra, [tanto più] siamo fatti simili agli angeli, e allora [potremo] entrare direttamente in cielo, perché si è già compiuta bene, sempre, amorosamente, la volontà di Dio. Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Questo è il grande mezzo della salvezza, il mezzo essenziale, non ce n’è un altro più importante.
Poi vengono i mezzi accidentali, o meglio i mezzi che completano il principale e che servono a compire il volere di Dio. Sono le quattro domande che seguono. Primo: Dà a noi il nostro pane quotidiano. Fiducia nella Provvidenza per le cose materiali, perché se non c’è il pane quotidiano, finisce la vita, finisce l’apostolato. Poi il pane dello spirito, la Verità; il pane del nostro cuore, l’Eucaristia; il pane del nostro corpo, il cibo, la casa, il vestito. Tre cose che sono beni naturali, mentre ci sono anche tre beni spirituali che costituiscono il pane spirituale: «…mio cibo è compiere la volontà di Dio»12, diceva Gesù, ossia la volontà del Padre. Lo spirito nostro: l’amore e il pane eucaristico.
Allora, al Signore chiedere la casa, il vestito, il cibo per continuare a servirlo sulla terra. Diciamo: Dà a noi il pane quotidiano… per mantenerci nel vostro servizio e nell’apostolato. Quindi Gesù, che è perfetto Dio e perfetto uomo, tiene conto dello spirito e del corpo. Ed è sempre legato: il pane di oggi, e domani la Provvidenza ci penserà. Questo è sempre legato alla povertà, alla pratica della povertà. Quando si comincia a fare un po’ di lusso, la Provvidenza si restringe, e allora si hanno difficoltà nell’amministrazione.
Quando si vuole sempre il più bello, il più comodo, quello che riempie di più l’occhio, ecc., e si aggiunge ancora questo e quello..., povera povertà se ne va raminga. È stato pitturato un episodio13: la povertà se ne andava a capo chino, dimessa, e
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incontrò S. Francesco d’Assisi14 il quale l’avvicinò. La povertà disse che tornava in paradiso, perché sulla terra non era stata ricevuta. Allora S. Francesco la fece sua sposa. Quando c’è lo spirito di povertà, c’è l’umiltà, l’obbedienza, la carità e c’è l’abbondanza dei lumi interni e della grazia per tutte le cose esterne. Si diventa poveri invece in quanto si vuole essere ricchi, comodi e avere per tutto il più bello... Non impoveriamoci da noi stessi, e lamentarci poi perché lo spirito non procede bene, l’ordine, l’osservanza non procedono bene. Ci condanniamo allora alla povertà nelle grazie. Dunque, [domandiamo] ciò che si riferisce allo spirito e al corpo: il nostro pane quotidiano.
L’impedimento per raggiungere il cielo è il peccato: Rimetti a noi i nostri debiti, cioè rimetti i nostri peccati. Si richiede il dolore e la carità: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Il Signore ci dà la misura per considerare e vedere se il nostro peccato merita e ottiene veramente di essere perdonato; se la nostra preghiera ottiene questo, cioè se abbiamo la carità: … come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Quando manca questa disposizione interna, allora la grazia di Dio si restringe. Può essere che il peccato sia rimesso solo in parte e non sia rimesso in tutto, in se stesso, nelle sue conseguenze e quanto a pena. Togliere anche le reliquie del peccato e le cattive inclinazioni che sono conseguenza del peccato.
Allora, perché non si aggiunga altro peccato nell’anima, domandiamo: Et ne nos inducas in tentationem: Signore, liberaci dalle tentazioni. Non permettere che siamo tentati, oppure non permettere che nella tentazione abbiamo a cadere. Quindi non solo togliere il peccato passato che è impedimento ad arrivare al regnum Dei, ma che non ne commettiamo altri in avvenire. Non ci indurre in tentazione, e insieme: [Liberaci] da ogni male e calamità che riguardi la vita presente e la vita futura. Da ogni male, dal purgatorio che è sempre una pena, è un ritardo ad arrivare alla visione, alla contemplazione di Dio per sempre.
Il Padre nostro, filosoficamente e tanto più teologicamente, comprende tutto ciò che riguarda i nostri doveri verso Dio,
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cioè quello che riguarda la sua gloria, l’estendersi del suo regno, il compimento della sua volontà, la nostra sottomissione. Questa si basa sul riconoscere Dio come sommo bene, nostro Creatore e padrone che comanda. Gli altri mezzi sono di complemento al terzo grande mezzo di salvezza, al mezzo generale per compiere il volere di Dio: il nostro pane quotidiano, il perdono dei peccati ed evitare, fuggire la colpa, il peccato e ogni male di spirito o di corpo, nella vita presente o nella vita futura, tanto più il sommo male che è l’eterna dannazione.
Allora, quale grazia ci sarà da chiedere al Signore che non sia già espressa o compresa nelle varie domande del Padre nostro? Quando non si sa quale grazia chiedere, ricorrere al Padre nostro. Ricorrere al Padre nostro nelle tentazioni, nelle varie necessità della vita presente, per tutti i beni esterni e per tutti i beni interni; per l’aumento della grazia e per evitare la colpa, e specialmente evitare l’eterna dannazione. Libera nos, quaesumus, Domine, ab omnibus malis praeteritis, praesentibus, futuris: Liberaci, o Signore, da ogni male che c’è stato nel passato, da ogni male nel presente e da ogni male nel futuro15.
Recitarlo adagino. Alcuni santi si fermavano in adorazione alla prima domanda, e bastava quello per l’adorazione, la Visita; oppure sulla seconda domanda. E altri santi anche su: Rimetti a noi i nostri debiti come li rimettiamo ai nostri debitori, per una vita penitente, per piangere i peccati.
Specialmente piangiamoli nella settimana presente e nella settimana prossima, nella Settimana Santa, per ricordare quanto siamo stati ingrati con Gesù, quanto abbiamo resistito alla sua volontà e ricorrere all’umiliazione e alla fiducia. Umiliarci per i peccati e fiducia nei meriti di Gesù Cristo, nella sua grazia. Fiducia con la quale possiamo riparare tutto il passato, quello che non abbiamo dato a Dio e che invece dovevamo dare. Lo possiamo dare adesso con tanto più amore, con l’aumento delle virtù teologali: fede, speranza e carità.
Padre nostro…
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1 Meditazione tenuta a Roma il 22 marzo 1961. Trascrizione da nastro: A6/an 101b = ac 169a.

2 S. Agostino d’Ippona, Lettera a Proba, 12.22.

3 Cf Lc 11,1.

4 Cf Mt 6,9-13.

5 Cf Mt 7,9-11.

6 “L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore”. Cf Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, n. 23.

7 Cf «Dio vostro» in Lv 19,1.3.4.9; «Dio tuo» in Dt 5,6.9.12.13.16.

8 Cf Lc 17,21: «Il regno di Dio è in mezzo a voi».

9 Venga il tuo Regno.

10 Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.

11 Cf Mt 25,23: «Bene, servo buono e fedele… [sei stato fedele nel poco] prendi parte alla gioia del tuo padrone».

12 Cf Gv 4,34.

13 Affresco “Allegoria della povertà”, attribuito a Giotto, si trova nella basilica inferiore di S. Francesco in Assisi (PG).

14 S. Francesco d’Assisi (1181-1226). Visse e predicò la povertà evangelica. Diede origine al movimento francescano.

15 Liberaci, o Signore, da tutti i mali, passati, presenti e futuri. Orazione pregata dal sacerdote nella Celebrazione Eucaristica dopo il Padre nostro.