Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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II. ATTUALE EDIZIONE

1. Fonti, linguaggio, criteri seguiti
In questo volume sono raccolte 22 meditazioni varie e 19 interventi del Fondatore dettati in occasione di alcuni corsi di Esercizi spirituali che precedono il corso straordinario del 15 maggio 5 giugno 1961 (cf FSP-SdC). Si considerano come originali, le trascrizioni da registrazione audio. Il Fondatore detta tali meditazioni in occasione dei ritiri mensili (med. 1 e 2) oppure in concomitanza con alcune celebrazioni liturgiche: Festa del Divin Maestro (med. 3), Settimana Santa (med. 1417), celebrazione della professione perpetua (med. 12). Nella predicazione ad Albano, Don Alberione si rivolge alle sorelle della comunità ma anche agli ospiti della clinica e sottolinea il valore della preghiera e dell’offerta della sofferenza per i peccatori (med. 9, 14, 22).
Quasi sempre usa uno stile immediato, familiare, incisivo ed esigente, richiamando la necessità di essere vere discepole del Maestro, come S. Paolo.
Per quanto riguarda le meditazioni alla comunità di Roma, qualche volta è stato difficile distinguere l’ambiente in cui sono state pronunciate (sala di comunità oppure Santuario): per questa ragione ci si è limitate a menzionare la città.

2. Tematiche fondamentali

Nei primi mesi del 1961, Don Alberione coglie varie occasioni per condividere con le Figlie di San Paolo il pane della Parola, invitandole a crescere nella fedeltà alla vocazione paolina nelle sue espressioni spirituali, apostoliche e formative. In particolare, nella predicazione, vi sono alcuni temi che colpiscono per la loro frequenza e importanza.

La preghiera, luogo di relazione e di comunione

La crescita nella preghiera è uno degli obiettivi principali di tutti i corsi di Esercizi spirituali del 1961. Una crescita che si realizza specialmente nel clima dell’amore, della relazione,
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del rapporto vitale con il Maestro divino. Infatti, il dono della pietà è una comunicazione amorosa con Dio e un amore grande al Signore... (med. 6). Don Alberione, da vero maestro spirituale, non sottolinea solo l’importanza della fedeltà alle pratiche di pietà ma invita a vivere lo spirito di pietà come dono dello Spirito Santo, che trasforma tutta la vita in preghiera (med. 10).
Nei ritiri alla comunità di Roma (med. 5), Gesù è presentato come modello e fonte di grazia, soprattutto nella preghiera. E per favorire al massimo la comunicazione di questa vita divina, il Fondatore non si stanca di precisare, di entrare nei particolari, di offrire linee molto concrete, quasi un pro-memoria perché ogni istante sia offerto al Signore, a partire dai primi pensieri appena svegli, alle pratiche di pietà ben fatte, richiamandole una ad una: il segno di croce, il Cuore divino di Gesù, la Messa, la meditazione, l’esame preventivo, i propositi, il raccoglimento da coltivare durante il giorno attraverso una preghiera umile, fedele, perseverante. Sottolinea che la preghiera dà il tono alla giornata.... Se i primi pensieri sono santi; se il primo atto, lo svegliarsi, è un atto di obbedienza, si comincia bene.
Fin dal mattino, siamo chiamati a stabilirci in Gesù Cristo Via Verità e Vita... a entrare nei sentimenti di Gesù... perché nella giornata possiamo essere forti, camminare secondo Dio. Don Alberione sollecita a far leva sull’ora di adorazione, ben vissuta, quale proprium della spiritualità paolina e ribadisce l’importanza della relazione con il Maestro, del colloquio tra l’anima e Dio: Quindi familiarità con l’Ostia. Come si trova bene la persona che quando viene a pregare entra nell’intimità, dice a Gesù tutto con semplicità e sta ad ascoltare le sue ispirazioni, i suoi suggerimenti. Intimità, tranquillità, serenità: non va a pregare per forza, ma va lieto, perché quella è l’ora più dolce, più riposante, l’ora della maggior distensione dei nervi, perché è tutto il cuore che lavora... una stupenda familiarità con Gesù (med. 7). È nella visita che si stabilisce il dolce discorrere con Gesù (med. 7).
Una preghiera quindi che trasforma la vita e una vita che diviene preghiera: la stessa vocazione paolina è pensata come vocazione a un alto grado di orazione. E perché questo si
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realizzi, vi è l’invito a un frequente uso delle giaculatorie e degli sguardi, anche brevissimi, che sono come un’occhiata data al fondo della nostra coscienza: Cuore mio, in questo momento a che cosa pensi? A che cosa tendi? Che cosa vuoi? Sei unito al Signore? Brevissime occhiate che ci fanno penetrare nello stato dell’anima.... La preghiera si apre sempre alla missione e fa entrare bene nello spirito della suora paolina (med. 10).
Don Alberione, specialmente in questo tempo, è come conquistato dalla nuova edizione di Teologia della perfezione cristiana di Antonio Royo Marin, e nei corsi di Esercizi (ES, 23 febbraio 1961, IV, I gradi di orazione, pp. 233-241; ibid., 7 aprile, I, pp. 318-325), raccomanda alle FSP i nove gradi di orazione alla luce però del metodo paolino Via, Verità e Vita
quale mezzo per progredire nel cammino spirituale.

Il carattere pastorale della missione

La vita di preghiera porta necessariamente alla missione. Esorta Don Alberione: Benedite il Signore, che vi ha fatte per l’apostolato e benedite il Signore anche per l’eccellenza della vostra Congregazione, dove sono unite le due vite: la vita soprannaturale, cioè la vita mistica, contemplativa per l’abbondanza di preghiere, specialmente per l’adorazione, e poi la vita di apostolato, perché tutto quello che rimane di forze lo impiegate per le anime. Benedite il Signore di questi grandi doni che vi ha dato (ES, 13 aprile 1961, IV, p. 348). E proprio perché la missione è tutta orientata alla salvezza, ha un carattere eminentemente pastorale. Che cosa intendeva Don Alberione per spirito pastorale? Egli stesso ribadiva: Spirito pastorale comprende una mentalità pastorale, una sentimentalità pastorale, un’attività pastorale e zelo pastorale (ibid., p. 345).
Lo spirito pastorale comporta l’offerta di noi stessi, non solo il magistero, tutte le edizioni, e tutto il lavoro apostolico, ma la stessa nostra vita consacrata a questa missione, vivendo al massimo, per quanto è possibile, il magistero di Gesù.
Spirito pastorale vuol dire avere un cuore grande, avere il cuore di Gesù; vuol dire conoscere il valore delle anime, desiderare e pregare per la loro salvezza e per questo impegnarsi
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con tutti i mezzi dell’apostolato paolino. Lo spirito pastorale, forma mentalità, sentimentalità e attività pastorale perciò pregare per le anime e per tutta l’attività apostolica. L’aspetto pastorale non è solo del sacerdote ma dell’intera Famiglia Paolina (ibid., pp. 345-347).
Lo spirito pastorale, nella Famiglia Paolina, è eminentemente docente: Siccome tutto il nostro apostolato è insegnamento, il corpo morale della Famiglia Paolina esercita questo ufficio di insegnare. Tanto chi fa la redazione come chi fa la parte tecnica, come chi fa la parte divulgativa, tutti assieme si costituisce il corpo morale, tutti insieme siamo insegnanti. Allora: sempre apprendere da Gesù, sempre dare Gesù. Questo è l’apostolato (med. 3).
E il Fondatore precisa: Cuore apostolico, cuore pastorale, e poi attività pastorale. Attività, cioè forze spese specialmente nella propaganda, nella diffusione, perché possiamo avere anche dei tesori, ma se non li mettiamo a disposizione sono cose che ci impongono solo una responsabilità. Dobbiamo dare le ricchezze della dottrina cristiana, le ricchezze della grazia, dei mezzi di grazia, le ricchezze spirituali, soprannaturali che la Chiesa propone, di cui la Chiesa dispone (med. 19).
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