Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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28. AUGURI *


Questi sono i giorni degli auguri: di buone feste, di buona fine e buon principio d’anno. Anch’io ve li faccio e soprattutto vorrei augurarvi una buona continuazione dell’anno. Il Signore ce lo conceda. Però il buon Natale, la buona fine, il buon principio d’anno dipendono anzitutto da noi. Voi non volete solo complimenti..., ma la verità, e anzitutto preghiere. Se uno arriva al presepio ben disposto, il Natale per lui è buono. Se uno arriva alla fine dell’anno con buona volontà, con i conti pagati con il Signore, la fine per lui è buona. Se uno arriva al principio dell’anno con buoni propositi e voglia di far bene, comincia senz’altro bene l’anno. Più che augurarvi buone feste, vi dico: procuratevi buone feste. Arrivare al presepio bene...
Tre pensieri devono guidarci in questi giorni: 1) riconoscenza amorosa al Signore per l’anno che ci ha concesso, questo è una storia della misericordia di Dio: trecentosessantacinque Comunioni, trecentosessantacinque Messe, trecentosessantacinque Visite, trecentosessantacinque meditazioni, trecentosessantacinque rosari, soprattutto trecentosessantacinque giorni passati nell’ubbidienza, nell’osservanza... Oh, quanto sono meritori! Ogni dono che ci viene concesso dal Signore è un dono perfetto: approfittarne, raccogliere meriti da tutte le circostanze esterne ed interne, dagli uffici che abbiamo, ecc.
2) Umiltà. Amare il Signore per le sue misericordie, ma umiliarci per le nostre deficienze. Ogni sera di questo 1954 abbiamo dovuto pentirci di qualche cosa, ogni settimana abbiamo dovuto ripetere molte mancanze in confessione. Chiudere perciò l’anno con una confessione generica, non generale, di tutto l’anno, fatta con molto dolore. Chiudere con l’indulgenza plenaria per non portare niente nel nuovo anno. Purtroppo che per pagare i debiti con gli uomini non sempre abbiamo il necessario,
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ma per pagare i debiti con Dio abbiamo sempre il sangue di Gesù. Dunque una buona confessione e umiltà, e poi...
3) Fiducia e buona volontà. Contemplare il Crocifisso, baciare i suoi piedi per riparare i nostri passi mal dati, la bocca per riparare le parole dette fuori tempo o non dette a tempo, baciare la corona di spine per riparare la nostra testa dura, baciare il costato per riparare i nostri sentimenti difettosi e per ottenere l’indulgenza plenaria, chiedergli perdono di tutto.
E cominciare una vita nuova, cioè migliore, diversa da quella di prima. Vivere da religiosi, saper osservare i voti, vivere bene la vita comune. In generale si trova più facile ed è più compreso quanto riguarda l’osservanza dei voti, che non la vita comune: l’osservanza degli orari, la vita di carità, di dipendenza alle norme date, l’unità di pensiero. Amarci fra noi, non cercare consolazioni al di fuori, ma vicino al tabernacolo e fra noi, essere buone, buone, buone. Forse al giudizio di Dio ben pochi fra noi meriteranno le parole: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero infermo e mi avete visitato, ero ignudo e mi avete rivestito...»1. Siamo mandate ad evangelizzare i poveri che in Italia sono trentacinque milioni su quarantasette. Piccole con i piccoli: amare i contadini, i piccoli commercianti, i figli del popolo. Abbiamo la carità, prima di pretenderla, e se la raccomandiamo agli altri, come pure raccomandiamo ciò che è contenuto nel catechismo, prima viverlo noi. Ogni bene che si fa si estende agli altri anche a nostra insaputa, anche nostro malgrado, se potesse dirsi. Dunque, bene la vita religiosa, la vita comune, non in generale, ma in particolare, oggi. Domandare i permessi, dipendere dalle direttive della Prima Maestra. Odiare le eccezioni come la peste, come si odia un serpente. Non dispense, non far delle eccezioni una regola e della regola un’eccezione.
Così comincerà bene l’anno, e ciò che importa è continuarlo bene: lavorare per la nostra corona eterna. Che sia una corona d’oro. Non occorre che risplenda o che noi risplendiamo, ma importa che sia splendida, che sia d’oro, e che noi siamo sante. Che alla nostra morte si possa dire: La terra ha perso una santa, ma il cielo ha acquistato una stella. Dunque osservanza!
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Il 1955 ci è dato per conoscere di più Iddio, per amarlo di più, per servirlo meglio. Avere un anno di più è grande cosa... quando è passato nell’osservanza. Nel 1955 battere sulla vita comune, e vita comune è tutto quanto è fatto nell’ubbidienza e non di nostro arbitrio; vita comune, come dicono le Costituzioni, di pensiero, di sentimenti, di opere.
Dire bene il Veni Creator al principio dell’anno per avere la buona volontà di passarlo bene.
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* Parole augurali, in dattiloscritto, carta vergata, fogli 1 (21x29,7) rivolte alle suore di Grottaferrata, il 23.12.1954.

1 Cf Mt 25,35-36.