Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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13. LA CORONCINA A SAN GIUSEPPE *


Già avete presentato a S. Giuseppe un omaggio, un fioretto, recitando, come ha fatto una buona parte di voi, prima la coroncina, seguita dal canto dell’antifona e del Magnificat. Continuiamo nello stesso pensiero, nella stessa direzione, cioè meditiamo la coroncina medesima. Tenetela davanti, perché sarà più facile seguire i vari pensieri.
La preghiera si compone di sette punti. Nel primo punto si onora S. Giuseppe come docile cooperatore della redenzione. Nel secondo punto si onora S. Giuseppe per la sua vita interiore, la santità della sua anima. Nel terzo punto si onora S. Giuseppe come il santo della Provvidenza, l’amico dei poveri e di tutti i bisognosi. Nel quarto punto si onora S. Giuseppe per le sue intime comunicazioni con Gesù. Nel punto seguente si onora
S. Giuseppe come sposo di Maria santissima. Successivamente preghiamo S. Giuseppe per i morenti e [perché ci assista] nella nostra morte. Da ultimo si invoca S. Giuseppe protettore della Chiesa universale.
1. S. Giuseppe fedele cooperatore della nostra redenzione. Ha cooperato, in che cosa? Sappiamo dal Vangelo come egli ha disposto, ha cercato un rifugio per la nascita di Gesù a Betlemme, come salvò la vita insidiata di Gesù con la fuga in Egitto, come accompagnò il Bambino nel ritorno in Terra santa. Si stabilì a Nazaret e lì fu il nutrizio, il padre putativo di Gesù: insegnò a Gesù stesso il lavoro e lo accompagnava a Gerusalemme per le grandi funzioni. Perciò noi domandiamo al Signore, per intercessione di san Giuseppe, la grazia di essere anche noi strumenti nelle mani di Dio per la cristianizzazione del mondo, la diffusione del Vangelo, l’apostolato. Ora recitiamo il primo punto tutti insieme, ma bene, adagio: O S. Giuseppe...
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2. [In questo] punto chiediamo al Signore, per intercessione di S. Giuseppe, la santità interiore. S. Giuseppe si distingue per questo: la sua vita non fu rumorosa. Egli, ad esempio, non predicò, la sua santità è in primo luogo nell’interno. Santità della mente: fede; santità della volontà: docile ai voleri di Dio; santità del cuore: umiltà di cuore e amore a Dio. Che la nostra santità non sia qualcosa di esteriore, che la vita religiosa non sia portare un abito, che la nostra vita non sia neppure un complesso di pratiche di pietà, ma sia fondata su una fede viva e ci porti all’esercizio pratico delle virtù, di tutte le virtù: la pazienza e l’umiltà, ma particolarmente le virtù teologali e le virtù cardinali. O S. Giuseppe...
3. S. Giuseppe è considerato il santo della Provvidenza. È estesa la convinzione: nelle varie necessità della vita rivolgersi a S. Giuseppe. Egli visse poveramente, lavorò assiduamente, fu amico dei poveri, è protettore degli emigranti e di tutti i sofferenti. Egli compì sulla terra l’ufficio di padre putativo di Gesù, cioè rappresentava il Padre celeste. Il Padre celeste, volendo condurre Gesù verso il fine, l’incarnazione e la redenzione del genere umano, si servì dell’opera di S. Giuseppe. Il Signore può servirsi per le sue opere delle persone più misere, come diceva S. Francesco d’Assisi: Se il Signore avesse trovato una persona più misera di me per fare l’opera sua, l’avrebbe scelta. Ma S. Giuseppe esteriormente così umile, come abbiamo visto, possedeva una grande santità. È ciò che cerca e vuole il Signore per le sue opere: è lui che opera! Come il pittore che dipinge, bisogna che trovi un pennello adatto.
Chiediamo le grazie necessarie per tutti i sofferenti, che S. Giuseppe protegga tutti gli operai, i lavoratori della penna o i lavoratori della mano, tutti; consoli l’umanità e [ottenga] che le nazioni abbiano leggi giuste, e le leggi sociali siano conformate alle leggi del Vangelo, le quali sono ordinate a elevare nel più alto grado la persona umana: sulla terra rispetto, dignità, e in cielo visione beatifica, dove si raggiunge il massimo sviluppo della personalità. O S. Giuseppe...
4. Consideriamo S. Giuseppe come l’intimo di Gesù. Pensare alle dolci conversazioni tra Giuseppe e il fanciullo Gesù,
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come insieme hanno lavorato, come insieme hanno sofferto, come insieme hanno compiuto quello che era volere di Dio per la redenzione del mondo. Gesù, quanto lo amava S. Giuseppe! Amiamo Gesù?
Quando ci confessiamo, è vivo il dolore dei nostri peccati, delle offese fatte a Gesù? E quando ci comunichiamo, il nostro amore verso Gesù è vivo? Vi è forse freddezza nella Comunione? Ci pensiamo prima, anzi la sera innanzi? E il pensiero della Comunione fatta, ci segue nel mattino, nelle varie nostre occupazioni? Poi si domanda la grazia che tanto ci sta a cuore e ognuno sa quale grazia particolarmente desidera. O S. Giuseppe...
5. Chiediamo ora una vera e tenera divozione alla nostra Madre, Maestra e Regina Maria. S. Giuseppe, per divina Provvidenza, ebbe una vita, una missione associata [a quella] di Maria. S. Giuseppe era il vero sposo della santissima Vergine e, come tale, capo della sacra Famiglia, modello dei padri, custode della vocazione di Maria e di Gesù.
È anche custode di tutte le vocazioni. Noi lo invochiamo perché protegga i padri e le madri di famiglia, affinché sentano la propria responsabilità ed educhino cristianamente i loro bambini; e quando il Signore nella famiglia sceglie una persona per sé, i genitori si sentano fortunati di donare un loro fiore a Gesù, di avere nella loro famiglia un religioso, una religiosa. O S. Giuseppe...
6. [In questo punto] chiediamo a S. Giuseppe la sua assistenza per tutti i morenti del mese, particolarmente per quelli della giornata, e in modo specialissimo per noi stessi. Egli è modello dei morenti, protettore dei morenti perché si era preparato una morte consolante con una vita santa. Inoltre, perché aveva amato Gesù e Maria, ebbe la loro assistenza sul letto di morte. Nell’Ave Maria poniamo sempre l’accento sulle parole: …adesso e nell’ora della nostra morte. Non è molto che una certa persona, in punto di morte diceva: Maledico il giorno in cui ebbi un incontro con quel tale, ed era un compagno cattivo. Quanti potrebbero dire: Maledico il giorno in cui ho visto quel libro o quella pellicola, ho sentito quel discorso, ho ascoltato
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quel consiglio, ho ceduto la prima volta alla passione... O S. Giuseppe...
7. Affidiamo a S. Giuseppe la Chiesa, come gliel’ha affidata il papa Leone XIII, quando lo ha nominato protettore della Chiesa universale1 e ha affidato a S. Giuseppe, particolarmente il Papa, l’episcopato, il clero, i religiosi, i cristiani. La Chiesa è frutto del sangue di Gesù, cioè del figlio putativo di S. Giuseppe. La Chiesa ha bisogno di libertà di azione, di essere considerata come società perfetta, perché perfetto è il suo fine: la celeste felicità, e perfetti sono i suoi mezzi per ottenere questo fine che sono la fede, i sacramenti, il governo della Chiesa, ecc. [S. Giuseppe,] difendetela dagli errori!
Il Papa, lunedì, nell’ultimo discorso ai cardinali e ai vescovi, diceva: Solo la Chiesa, cioè il Papa e i vescovi, hanno ricevuto il mandato: «Andate e predicate»2. Non sono i dotti, i professori, gli studiosi i maestri della fede, ma la fede si deve apprendere dal magistero perenne e infallibile del Papa; si deve imparare dai vescovi, dai sacerdoti che parlano e sono uniti coi vescovi e con il Papa.
Quanti scrittori sono andati fuori di strada e anche recentemente ne abbiamo avuto degli esempi! Perciò il Papa richiamava l’attenzione dei cardinali e dei vescovi su questa attuale necessità a vigilare sulla cosiddetta teologia laica e teologia dei laici3. Quando un cristiano, un insegnante parla, ripete le parole dei vescovi e del Papa, allora egli partecipa in certo senso del magistero, ma occorre che egli sia strettamente unito al pensiero della Chiesa, allo spirito della Chiesa. È sempre vero: «Et satanas expetivit vos ut cribraret sicut triticum, sed ego rogavi pro te, Petre, ut non deficiat fides tua et tu, aliquando conversus,
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confirma fratres tuos»4. S. Giuseppe protegga la Chiesa universale: O S. Giuseppe...
Chiedere anche a S. Giuseppe che dai fedeli e da tutti siano accettati i princìpi che il santo Padre ha inculcato nell’ultima enciclica: Sacra Virginitas. È dogma di fede, ripete, definito dal Concilio di Trento, la superiorità della verginità e del celibato sopra il matrimonio5. Ed è un grande errore distogliere le vocazioni, cioè le persone che vorrebbero consecrarsi a Dio, distoglierle sia pure sotto aspetto, o meglio [sotto] pretesto spirituale. Commettono grave peccato coloro che si oppongono alla vocazione, alla consacrazione a Dio dei loro figlioli, o di conoscenti, o di persone con cui hanno relazione. Che tutto l’insegnamento, e il magistero del Papa, che è il magistero del Maestro divino, sia accolto bene!
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* Meditazione, tenuta alla FP, Roma, 2 giugno 1954. Si assume come originale la trascrizione della registrazione: A6/an 4b = ac 8b. Questa meditazione è stata stampata anche in Le nostre Devozioni, novembre 1960, pp. 59-64 e in Spiritualità Paolina, pp. 470-475, con aggiunta di brani presi da altre prediche di Don Alberione.

1 Leone XIII, tenendo conto della devozione a S. Giuseppe dei papi che l’hanno preceduto, con l’Enciclica Quamquam pluries, 15 agosto 1889, ASS 22 (1889-1890), pp. 65-69, dedicata a S. Giuseppe e nel Breve Neminem fugit, 14 giugno 1892, elegge e invoca S. Giuseppe “protettore della Chiesa universale”.

2 Cf Mt 28,19.

3 Cf Pio XII, Haerent animo, discorso tenuto il 31 maggio 1954, dove il Papa denuncia il «diffondersi largamente della cosiddetta teologia laica» opposta al magistero pubblico della Chiesa, e raccomanda il dovere di preparare i laici alla collaborazione con la Chiesa.

4 Cf Lc 22,31-32: «… ecco, satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano, ma ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».

5 Alcune espressioni dell’enciclica Sacra Virginitas, citate da Don Alberione relative allo stesso argomento sono da considerarsi superate dai Documenti conciliari: Perfectae caritatis, e Lumen gentium. Cf Pio XII, Lettera enciclica Sacra virginitas, 25 marzo 1954, AAS 46(1954), in Enchiridion delle Encicliche, vol. 6, EDB, nn. 1008, 1016, 1021.