Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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31. LA SINCERITÀ *

Ci prepariamo a ricevere le grazie del celeste Bambino che viene a noi con ogni grazia: «plenum gratiae et veritatis»1. Abbiamo molta fiducia in quel Bambino, chiediamo tanto con ferma fede di ottenere, ma prima di tutto chiediamo le tre grazie fondamentali: 1) sapienza celeste per la mente; 2) virtù forte, specialmente la carità, per la volontà; 3) pietà o divozione per il cuore.
Tutti gli altri doni che possiamo ottenere vanno bene, sono tutti buoni, ma questi sono i tre principali, gli altri vengono in conseguenza di questi. Bisogna che la mente mediti il gran premio che ci aspetta, bisogna che la volontà si fortifichi per la sua virtù, bisogna che il cuore si accenda.
Mirate sempre le manine del Bambino piene di grazie, perché è venuto apposta dal cielo a portarcele.
Nel Natale dilatate il vostro cuore, racchiudete in esso ogni intenzione degli uomini, delle persone che più vi stanno a cuore, allargatelo fino a rinchiudervi tutte le anime, con tutti i loro bisogni: Io ti prego per essi, o Signore, esaudiscili, attirali a te. Sulla terra vi sono due miliardi e tredici milioni di uomini, accoglieteli tutti nel vostro cuore e chiedete al Bambino questa grande carità.

Oggi vi riassumerò il Vangelo di queste domeniche di Avvento in cui la Chiesa ci mette sotto gli occhi specialmente la predicazione del Battista, il protettore di questo tempo. Egli non è solo profeta, ma è «plus quam prophetam»2. È l'angelo del Nuovo Testamento che viene ad indicare Gesù, come l'arcangelo Gabriele ne annunziò la venuta.
Ma quale virtù ha praticato, ha predicato, quale virtù dominava in lui? La sincerità: il suo insegnamento era questo, la sua vita
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era questa, il suo esempio era questo e Gesù ne fece il più largo elogio: «Chi siete venuti a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Un uomo mollemente vestito? Egli è colui del quale sta scritto: Manderò un angelo innanzi a lui a preparargli le vie»3. E quando i discepoli chiesero a Giovanni se egli era il Messia, questi confessò e non negò e confessò. Ecco l'elogio che in poche parole ne fa il Vangelo: disse la verità.
La preparazione a ricevere il Bambino ce la insegna il Battista: «Ego vox clamantis in deserto; parate viam Domini»4. La preparazione è la verità, la sincerità.
Cosa si intende per sincerità? L'amore della verità. E questa può essere: con noi, con Dio e con gli uomini.

1. Le ultime due sono ancora facili, la più difficile è quella con noi stessi che consiste nel cercare il Signore proprio di cuore, i meriti, la vita eterna. Non inganniamo noi stessi, colui che inganna se stesso, giunto alla fine della vita, si trova con le mani vuote; chi è sincero con se stesso, alla fine della vita, si trova con le mani piene di meriti. Siamo sinceri quando riconosciamo i nostri difetti e li diciamo a noi stessi senza dissimulare. Il giusto, dice la sacra Scrittura, non aspetta che i difetti glieli dicano gli altri, li confessa da sé. Quando aspettiamo sempre che ce li dicano, non ci facciamo i meriti e non ci correggiamo.
Essere sinceri significa conoscere quanto c'è di vizi capitali in noi. Ci sono delle anime che conoscono bene se stesse, sono nella verità, conoscono le grazie che ricevono e ne misurano la loro corrispondenza. S. Agostino dice che questa è la prima grazia da chiedere: conoscere noi stessi5. Non c'è scolaro che ammetta di non sapere la lezione per pigrizia; noi siamo così: conosciamo gli altri e sovente facciamo l'applicazione delle meditazioni e l'esame di coscienza agli altri, ma non vogliamo vedere le macchie che sono sul nostro viso, perché per vedere quelle altrui ci vuol poco, ma per vedere le nostre bisogna andare a prendere lo specchio che è l'esame di coscienza, e costa!
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Il fondamento della sincerità è l'essere sinceri con noi stessi. Quest'anno sta per finire: quanto ho progredito nella pietà, nello studio, nel mio ufficio? Quante grazie ho ricevuto in quest'anno? Come vi ho corrisposto? L'ultimo mese dell'anno per le anime che riflettono è sempre un mese di riparazione, perché guardando il corso dell'anno vedono che negli altri mesi ci sono state delle deficienze e vogliono chiuderlo bene.

2. La sincerità con gli altri è sempre frutto della sincerità interiore.
Quante volte cerchiamo noi stessi e ci illudiamo di cercare il Signore! È molto difficile cercare veramente Dio in tutto, spesso si seguono vie traverse che allontanano da lui, altro che cercarlo! Ma vi sono anime che lo cercano in tutto, che spendono la loro vita per lui.
E noi, siamo schiette nell'intenzione? O siamo come quelle anime che cercano se stesse in tutto, sotto l'aspetto di lode o di comodità, di far risaltare il proprio io per nascondere le proprie miserie, il fango che c'è sotto? Siamo schietti, la schiettezza è cara a Dio che è la stessa Verità.
Quando si comincia il discorso con un: siccome..., perché..., vuol dire che la scusa è pronta e non si sa se credere o no. La bugia nega Dio, dice S. Agostino, come la bestemmia flagella Gesù Cristo, tanto più quando la bugia non è una cosa insolita, ma un sistema e allora è peggio perché si continua a ingannare se stessi. La verità piace a Dio, perché Dio è somma Verità.
Gesù Cristo ha detto: «Il vostro parlare sia sì, sì, no, no»6. Non partite mai dai: siccome..., poiché..., ma con semplicità dite: È così, non è così. Il Signore ci ha insegnato questo; dite le cose come sono, affinché lo spirito di Dio domini nelle anime vostre, nel vostro cuore. Quando si è fatta una mancanza dobbiamo dire a noi stessi: Sono proprio ignorante, sono carica di difetti. Anche al confessionale evitate le confessioni scritte: una, due volte per una confessione straordinaria, per essere più precisi, poi basta, dite tutto a voce con semplicità, non temete di umiliarvi troppo; progredirete assai di più nello spirito.
Cosa porterete al Bambino in questi giorni? La sincerità, la schiettezza. Fate un po' di esame: sono io schietta? S. Pietro quando ebbe a rimproverare Anania e Saffira disse loro: «Quale
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diavolo vi ha tentati di ingannare?»7. Bisogna che abbiate molta schiettezza e semplicità: vi sono certe furberie che sono malizia, altre sono santità; bisogna che esaminiate bene a che cosa tende la vostra delicatezza e intenzione, perché è l'intenzione che può sanare. Il beato Sebastiano Valfré,8 ancora bambino, fu lasciato un giorno da sua madre a custodire la mostarda che teneva sul fuoco. Egli, per eccesso di zelo, mise tanta legna sotto, che la mostarda bruciò. Vedendo poi arrivare dalla campagna la mamma, le corse incontro con una pertica in mano affinché lo bastonasse. Aveva fatto la mancanza, ma l'intenzione era buona e questa lo scusava. Divenuto vecchio di ottant'anni, al re, suo penitente, che l'aveva fatta grossa diceva schiettamente: Voi non agite secondo la legge di Dio e io non metto più piede qui dentro, cercatevi un altro confessore. Sempre ugualmente schietto fino alla più tarda età!
Quando l'anima si abitua a essere schietta, col cuore aperto e gli occhi sinceri, può fare anche delle birichinate, ma lo sbaglio non nuoce, perché la retta intenzione scusa e il Signore dà a quell'anima molto più di sapienza, le si comunica molto di più ed essa diventa cara a Dio e agli uomini.
Fate l'esame sulla schiettezza in questi giorni, per portare al Bambino un cuore schietto, semplice; la malizia è frutto di raggiri, mentre Gesù ha detto: «Chi non si fa piccolo come questo fanciullo non entrerà nel regno dei Cieli»9. Parlo specialmente della sincerità con se stessi, quella che non si pasce di esteriorità, di cose vane. Chi ha sempre bisogno di parlare di se stessa non diventa sapiente. Chi rientra in se stessa, medita, si corregge, studia il modo di perfezionarsi, questa acquista la scienza di Dio; chi sa solo parlare una lingua, la lingua degli uomini, non sa parlare la lingua di Dio, perché questa è la lingua della verità.
Quanto è difficile conoscere noi stessi! Il mezzo è fare l'esame di coscienza, ammettendo coraggiosamente quello che abbiamo di difettoso, non coprendo quanto vi può essere di brutto
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e allora Gesù ci perdona più facilmente, egli non andò mai d'accordo con gli ipocriti che lavavano l'esterno del bicchiere e nell'interno avevano ogni sudiciume. I farisei si accontentavano di comparire gente osservante della legge, ma Gesù li smascherava dicendo loro: «Razza di vipere, avete il cuore pieno di malizia e vi atteggiate ad anime pure, osservanti, ma il Padre che vede l'interno vi giudicherà»10.
Piangiamo ai piedi del Bambino la nostra malizia, la nostra mancanza di schiettezza, chiediamogli perdono e la grazia di conoscere noi stessi.
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* Meditazione, in ciclostilato, fogli 3 (22,5x35), tenuta ad Alba il 18.12.1932, dal Primo Maestro. L'originale ha come titolo: “Meditazione del Primo Maestro”. Nel ciclostilato è riportata a seguito dell'ora di adorazione dell'11.12.1932.

1 Cf Gv 1,14: «Pieno di grazia e di verità».

2 Cf Mt 11,9: «Più di un profeta».

3 Cf Mt 11,7-10.

4 Cf Gv 1,23: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore».

5 Allusione alla preghiera di S. Agostino: «Che io mi conosca, che io ti conosca», cf Soliloqui II,1.

6 Cf Mt 5,37.

7 Cf At 5,3-9.

8 Sebastiano Valfré (1629-1710) nativo di Verduno, diocesi di Alba, religioso oratoriano e direttore spirituale.

9 Cf Mt 18,3-4.

10 Cf Mt 23,33.