Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XXI INFERNO: PENA DEL SENSO

La mortificazione è una legge generale; ovunque dobbiamo frenare le passioni, i desideri, la volontà il cuore; senza di questo non è possibile osservare la legge di Dio e salvarsi. L'inferno è popolato da persone che lasciarono libero il corso alle loro passioni ed ai loro sensi; là soffrono per quelle cose stesse per cui hanno peccato.

1. Pena del fuoco. - Or come cooperatori vi esortiamo a non ricevere invano la grazia di Dio. Dice Egli infatti: T'ho esaudito, nel tempo propizio e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il tempo propizio, ecco ora il giorno della salate. Noi non diamo motivo di scandalo a nessuno, affinché non sia vituperato il nostro ministero, ma ci diportiamo in ogni cosa come ministri di Dio, con molta pazienza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angustie. Sotto le battiture, nelle prigionie, nelle sedizioni, nelle fatiche, nelle vigilie, nei digiuni, con purezza, con scienza, con longanimità, con soavità, con Spirito Santo, con carità poi simulata, con la parola della verità, con la virò di Dio, colle armi della giustizia a destra e a sinistra; in mezzo alla gloria e all'ignominia, alla cattiva e alla buona fama; siamo trattati come seduttori,
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e siam veraci; come ignoti, e siam ben conosciuti; come moribondi, ed ecco, viviamo; siamo stimati castigati, ma non siam messi a morte; melanconici e siam sempre allegri; poveri, ma ne arricchiamo tanti; possessori di niente, e invece possediamo ogni cosa (2Cor 6,1-10).
Una delle pene dell'inferno che a noi fa più impressione è quella del fuoco.
Nell'inferno vi è la pena del fuoco; certo essa non è la pena maggiore, ma è quella che fa assai impressione. Il fuoco dell'inferno è ardentissimo, perché acceso dal furore di Dio, a castigo non a comodo dell'uomo. Il fuoco dell'inferno è un fuoco quasi ragionevole, giacché brucia di più il senso e la parte che è più colpevole, sia il cuore, siano gli occhi, sia un altro membro; fuoco eterno, perché mentre brucia, non consuma; conserva e arde senza fine. Che cosa sarebbe mettere una mano sopra un braciere ardente? Che cosa sarebbe morire arso vivo? Sarebbe grande pena, ma di pochi istanti. Il fuoco dell'inferno avvolge tutto il dannato, lo penetra tutto, e nelle viscere e nelle ossa, così da far sembrare il dannato un pezzo di carbone. «Chi di voi potrà stare col fuoco divoratore? Citi di voi potrà stare nelle fiamme eterne?»1. Tu che non hai pazienza per un mal di denti, tu che non soffri una scottatura, tu che non sai sopportare il calore un po' vivo dell'estate, tu potrai sopportare gli ardori dell'inferno? Chi; pecca, accontentando il senso, sarà punito nel senso con «igne inestinguibile, igne aeterno»: stagno di fuoco, fornace di fuoco, geenna di fuoco. Quante volte la Scrittura ripete press'a poco lo stesso pensiero, usando anche le stesse parole.
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«Qui vult venire post me abneget semetipsum, tollat crucem suam et sequatur me», ci dice Gesù Cristo dall'Ostia Divina. E Gesù stesso a quali dolori si assoggettò e quale vita di fatiche volle condurre! «Tota vita Christi fuit crux et martyrium». Ma il mondo non vuol più ricordare questi principi e dichiara legittime tutte le voglie e le inclinazioni: il mondo è contrario a Gesù Cristo.
Un'anima domandava: In che cosa devo io mortificarmi? La risposta è stata: «Semper et in omnibus, sive in magno sive in parvo». S. Paolo infatti avverte: «Semper mortificationem Jesu in corpore vestro circumferentes»: portando sempre in voi la mortificazione di Cristo1. Qui però occorre una applicazione speciale all'accidia od oziosità, che è un risparmiare al corpo la fatica e il dovere. Ed ancora: una mortificazione speciale su quello che chiamiamo il temperamento ed il naturale: esso deve correggersi se non è buono. Di più: una mortificazione speciale per quello spirito di comodità per cui la vita diviene schiava del senso, chiusa in un egoismo volgare, priva di idealità. La pena del fuoco colpisce questa specie di peccato: «Per quae homo peccat per haec et torquetur»: l'uomo sarà punito per quelle cose per cui ha peccato.
Canto del Salmo 101 e seguito della coroncina a S. Giuseppe.

SALMO 101

Domine, exaudi orationem meam: * et clamor meus ad te veniat.
Non avertas facies tuam a me: * in quacumque die tribulor, inclina ad me aurem tuam.
In quacumque die invocavero te, * velociter exaudi me.
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Quia defecerunt sicut fumus dies mei: * et ossa mea sicut cremium aruerunt.
Percussus sum ut foenum, et aruit cor meum: * quia oblitus sum comedere panem meum.
A voce gemitus mei * adhaesit os meum carni meae.
Similis factus sum pelicano solitudinis: * factus sum sicut nycticorax in domicilio.
Vigilavi, et factus sum sicut passer solitarius in tecto.
Tota die exprobrabant mihi inimici mei: * et qui laudabant me, adversum me iurabant.
Quia cinerem tamquam panem manducabam, * et potum meum cum fletu miscebam.
A facie irae et indignationis tuae: * quia elevans allisisti me.
Dies mei sicut umbra declinaverunt: * et ego sicut foenum arui.
Tu autem, Domine, in aeternum permanes: * et memoriale tuum in generationem et generationem.
Gloria Patri, etc.

CORONCINA A S. GIUSEPPE
(Seguito)

5. O San Giuseppe, sposo purissimo di Maria, umilmente vi preghiamo di ottenerci una vera devozione alla nostra tenera Madre, Maestra e Regina. Per divina volontà, la vostra missione fu associata a quella di Maria. Voi foste il capo della Sacra Famiglia, il modello dei padri, il custode delle vocazioni. Con Maria divideste pene e gioie; con lei vi fu una santa emulazione di virtù e di meriti; unione di mente e di cuore. O San Giuseppe, pregate per i padri e le madri di famiglia, pregate per l'innocenza e per le vocazioni religiose e sacerdotali. Otteneteci la grazia di conoscere la Santissima Vergine Maria, d'imitarla, amarla e pregarla sempre. Attirate tante anime al suo Cuore materno.
Tre Gloria Patri. Sancte Joseph.

6. O San Giuseppe, protettore degli agonizzanti, vi supplichiamo per tutti i morenti, e per la vostra assistenza nell'ora della nostra morte. Voi meritaste un transito felice con una santa vita e nelle vostre ultime ore aveste l'ineffabile consolazione dell'assistenza di Gesù
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e di Maria. Liberateci dalla morte improvvisa; dateci la grazia di imitarvi in vita, di distaccare il cuore da ogni cosa mondana e raccogliere ogni giorno tesori per il momento della morte. Fate che allora possiamo ricevere bene i Sacramenti degli infermi e con Maria ispirateci sentimenti di fede, speranza, carità e dolore dei peccati, perché spiri in pace l'anima nostra.

Tre Gloria Patri. Sancte Joseph.

2. Pene della vista e dell'udito. - Per voi, o Corinti, la nostra bocca è aperta, il nostro cuore è dilatato: voi non ci state stretti, mentre si è ristretto il vostro cuore. Rendeteci il contraccambio (parlo come a figliuoli), allargate anche il vostro cuore. Non vi attaccate a un medesimo giogo con gli infedeli. Qual società ci può essere fra la giustizia e l'iniquità? o qual comunanza tra la luce e le tenebre? E qual parte tra Cristo e Belial? E qual relazione tra il fedele e l'infedele? E qual compatibilità fra il tempio di Dio e gli idoli? Voi siete il tempio del Dio vivente, come dice Dio: Abiterò in essi, e camminerò in mezzo a loro, e sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo. Perciò uscite di mezzo ad essi e separatevene (dice il Signore) e non toccate l'immondo, ed io vi accoglierò e vi sarò padre, e voi mi sarete figli e figlie, dice il Signore onnipotente.
Avendo dunque siffatte promesse, purifichiamoci, o direttissimi, da ogni bruttura di carne e di spirito, conducendo a fine l'opera della nostra santificazione del timor di Dio. Fateci pure posto (nel vostro cuore): noi non abbiamo fatto torto a nessuno, non abbiamo rovinato nessuno, non abbiamo messo in mezzo nessuno. Non lo dico per condannarvi, perché ve l'ho già detto, voi siete nei nostri cuori, per insieme vivere e insieme morire. Grande è la fiducia che ho in voi,
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molto ho da gloriarmi di voi, son ripieno di consolazione, il cuore mi trabocca di gioia in mezzo a tutte le nostre tribolazioni (2Cor 6,11-18; 7,1-4).
Ascoltiamo l'Apostolo, e purifichiamoci da ogni bruttura e immondizia. La vista e l'udito sono strumenti di innumerevoli peccati, allorché vengono usati contro la divina Volontà. Ma, in tal caso, quanti tormenti accumulano al peccatore. Ogni senso avrà il suo tormento. La vista sarà tormentata con le tenebre. Quale compassione è il sentire che un uomo è diventato cieco! se per un anno soltanto dovessimo restare senza sole, ed anche privati di qualsiasi lumicino, se dovessimo star chiusi in luogo pieno di sterpi e di nemici ed attenderci continuamente o un morso o un colpo di spada, quale pena... È detto del dannato: «Non vedrà più luce in eterno»1.
Il fuoco, che sulla terra illumina, nell'inferno sarà invece oscurità. «La voce del Signore divide la fiamma dal fuoco»2 ; e spiega S. Basilio, che il Signore separerà il fuoco dalla luce: così che quel fuoco farà solo l'ufficio di ardere senza illuminare. S. Alberto Magno più brevemente dice la stessa cosa: Dividerà lo splendore dal colore. Lo stesso fumo che uscirà da tal fuoco comporrà quella procella di tenebre, di cui si parla nella Scrittura, essa accecherà i dannati. «Quibus servata est procella tenebrarum in aeternum». Di luce, secondo S. Tommaso, vedranno soltanto quello che è necessario per accrescere il loro tormento.
Anche l'orecchio degli empi avrà il suo tormento. Urli continui e pianti disperati renderanno quel luogo orribile; ognuno quasi soffrirà i dolori di tutti e farà, a sua volta, soffrire tutti. «Sempre nell'orecchio
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strepiti spaventosi»1. In un ospedale ove nella notte tutti emettessero grida e gemiti per dolori acutissimi, il sentirli apporta stringimento di cuore. Sarebbe una notte assai penosa non poter prendere sonno per una intera notte a causa delle pietose grida ed invocazioni di un ferito, o di un bambino.
Infelici i dannati che per un'eternità dovranno soffrire tutto questo; e questo sarà moltiplicato di tanto quanto è capace la natura umana.
I soldati che, durante la grande guerra, scrivevano e volevano mostrare un poco quanto fossero spaventose certe notti, dicevano con espressione viva: notti d'inferno. Infatti, il fuoco non cessava; da un momento all'altro una granata, un colpo di fucile o qualche ordigno micidiale poteva loro cadere addosso, frantumarli e sprofondarli nella terra. Quell'orrenda carneficina degli uomini ha però avuto fine; ma Iddio non metterà mai più fine ai dolori che si manifesteranno in urla e bestemmie, in quel carcere di fuoco.
Mortifichiamo gli occhi e l'udito. Gli occhi: modestia, sempre, in ogni luogo, nel leggere, nell'andare, e nel venire, nel modo di diportarsi con noi stessi. L'udito: non ascoltare mai canzoni, discorsi peccaminosi che sono di offesa a Dio. Pensiamo che è meglio mortificarci sulla terra che dannarci eternamente.
Spesso il primo anello della catena dei peccati e venuto da qualche compagno cattivo. Ricordiamo che il dannato è molto tormentato dai compagni di dannazione. È assai stolta la espressione: se mi danno, non sarti solo. Non importa che sia lusinghiero il parlare di chi ci vuole condurre al peccato. Lusinghiere erano le parole del serpente ad Eva; ma a quale rovina l'ha trascinata?
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Giobbe diceva: «Pepigi foedus cum oculis meis, ne cogitarem quidem de virgine»: ho fatto un patto coi miei occhi; sguardo cattivo infatti, dà pensiero cattivo. Gesù diceva: Oves meae vocem meam audient; e prestare orecchio alla voce del Signore è segno di predestinazione.
Cantiamo il Salmo «Nisi Dominus» e terminiamo la coroncina a S. Giuseppe.

SALMO 126

Nisi Dominus aedificaverit domum * in vanum laboraverunt qui aedificant eam.
Nisi Dominus custodierit civitatem, * frustra vigilat qui custodit eam.
Vanum est vobis ante lucem surgere; * surgite postquam sederitis, qui manducatis panem doloris.
Cum dederit dilectis suis somnum * ecce hereditas Domini, filii: merces fructus ventris.
Sicut sagittae in manu potentis: * ita filii excussorum.
Beatus vir qui implevit desiderium suum ex ipsis: * non confundetur cum loquetur inimicis suis in porta.

CORONCINA A S. GIUSEPPE
(Seguito)

7. O San Giuseppe, protettore della Chiesa universale, volgete benigno lo sguardo sopra il Papa, l'Episcopato, il Clero, i Religiosi, i cristiani; pregate per la santificazione di tutti. La Chiesa è frutto del sangue di Gesù, vostro Figlio putativo. Affidiamo a voi le nostre suppliche per l'estensione, la libertà, l'esaltazione della Chiesa. Difendetela dagli errori, dal male e dalle forze dell'inferno: come un giorno salvaste l'insidiata vita di Gesù dalle mani di Erode. Si avveri il sospiro di Gesù: Un solo ovile sotto un solo pastore. Otteneteci la grazia di essere membra vive ed operanti nella Chiesa militante per godere eternamente nella Chiesa trionfante.

Tre Gloria Patri. Sancte Joseph.

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Antif. Ipse Iesus erat incipiens quasi annorum triginta, ut putabatur Filius Joseph.

V) Ora pro nobis, sancte Joseph.
R) Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

OREMUS
Deus, qui ineffabili providentia beatum Joseph sanctissimae Genitricis tuae Sponsum eligere dignatus es, praesta quaesumus, ut quem protectorem veneramur in terris, intercessorem habere mereamur in coelis. Qui vivis et regnas in saecula saeculorum. Amen.

3. Pene dell'odorato, gola e lingua. - Certamente, anche dopo il nostro arrivo in Macedonia, la nostra carne non ha avuto requie, anzi abbiamo patito ogni sorta di tribolazione, lotte al di fuori, timori al di dentro, ma Colui che consola gli umili, Dio, ci ha consolati con l'arrivo di Tito, e non soltanto con la venuta di lui, ma anche con la consolazione che ha ricevuto da voi; riportandoci il vostro desiderio per me, il vostro pianto, il vostro affetto geloso, ha fatto sì che io mi sono più che mai rallegrato. Ora, anche se vi ho rattristati con quella lettera, non me ne pento, e se anche me ne pento, e se anche me ne fossi pentito, vedendo che quella (sebbene per poco tempo), certo vi rattristò, ora ne godo, non già perché siete stati rattristati, ma perché la tristezza vi ha condotti alla penitenza; vi siete infatti rattristati secondo Dio, da non ricevere alcun danno da parte nostra. Or la tristezza secondo Dio produce una penitenza duratura per la salute, mentre la tristezza del secolo produce la morte. Infatti, la vostra medesima tristezza secondo Dio, quanta premura, anzi, quante difesa, quanta indignazione, quanto timore, quanto desiderio, quanto zelo, quanta severità ha prodotto in voi! Per ogni verso
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avete fatto vedere d'esser innocenti in quell'affare (2Cor 7,5-11).
Sarà tormentato l'odorato. Il dannato dovrà stare, dal giudizio particolare, per tutta l'eternità con migliaia e migliaia d'altri dannati: questi saranno deformi e puzzolenti nel loro corpo, di un fetore indicibile. Dice S. Bonaventura che se solo un dannato, uscisse col suo corpo dall'inferno, basterebbe ad appestare tutta la terra. Sarebbe una pena grande star chiuso in una camera con un cadavere in putrefazione avanzata; ma sarà una pena mille volte maggiore lo stare nell'inferno tra cadaveri ammonticchiati e corrotti: «Come pecore sono ammassati nell'inferno»1.
Sarà tormentato il gusto.
Una fame canina e continua soffriranno: famem patietur ut canes. Il paragone sembra quasi umiliante; ma il goloso, l'ubriacone, lo studioso della buona mensa ha posto la sua soddisfazione nel contentare la gola. Egli si è servito della ragione per soddisfare di più il senso, si è posto al grado degli animali: comparatus est jumentibus insipientibus, similis factus est illis. L'animale segue il suo istinto; ma l'uomo avvilisce la sua anima; quorum Deus venter est. Soffrirà perciò una fame e una sete indicibili. Diceva il ricco epulone, che aveva banchettato a sua voglia: «Manda, o Padre Abramo, Lazzaro che intinga il suo dito nell'acqua e venga a refrigerarmi la lingua...».
Sarà tormentata la lingua. La lingua è un riassunto od una manifestazione di tutti i peccati: «universitas malorum», dice lo Spirito Santo. Perciò nella lingua si manifesteranno e si riassumeranno tutti gli altri tormenti del dannato. Ario ebbe la lingua rosa dai vermi, perché aveva bestemmiato Gesù Cristo e la Madonna. La lingua del dannato sarà rosa da tanti
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vermi, griderà, urlerà, numerando i mali di tutte le membra e dello spirito... senza poterli esprimere pienamente. La lingua invocherà soccorso, pietà... ma il cielo sarà chiuso; bestemmierà e maledirà tutto, tutti e se stessa... ma non avrà che la risposta dei demoni pronti a tormentarla maggiormente. Però raccogliamoci: queste descrizioni sono come paragoni presi dalla terra, sono sempre insufficienti. Il tempo non si può paragonare all'eternità; i dolori della vita sono lievi di fronte ai dolori dell'inferno; tutte le pene presenti messe assieme non equivalgono la minima pena del dannato.
O Signore, io condanno e detesto tutte le soddisfazioni nei cibi, nelle parole, nell'odorato. Io, così molle ed immortificato, come potrei restare fra tanti tormenti e per un'eternità?
Esamino adunque me stesso, e voglio stabilmente proporre: Per la mia vita passata Ti prego a darmi spazio e fervore di penitenza, o Gesù. «Domine, hic ure, hic seca, hic non parcas, ut in aeternum parcas», Ti dirò con S. Agostino.
Canto: settimo salmo penitenziale, e preghiera: Atto di dolore.

SALMO 142

Domine, exaudi orationem meam: * auribus percipe obsecrationem meam in veritate tua: exaudi me in tua iustitia.
Et non intres in judicium cum servo tuo: * quia non iustificabitur in conspectu tuo omnis vivens.
Quia persecutus est inimicus animam meam; * humiliavit in terra vitam meam.
Collocavit me in obscuris sicut mortuos saeculi: * et anxiatus est super me spiritus meus, in me turbatum est cor meum.
Memor fui dierum antiquorum, meditatus sum in
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omnibus operibus tuis: * in factis manuum tuarum meditabar.
Expandi manus meas ad te: * anima mea sicut terra sine aqua tibi.
Velociter, exaudi me, Domine: * defecit spiritus meus.
Non avertas faciem tuam a me: * et similis ero descendentibus in lacum.
Auditam fac mihi mane misericordiam tuam: * quia in te speravi.
Notam fac mihi viam, in qua ambulem: * quia ad te levavi animam meam.
Eripe me de inimicis meis, Domine, ad te confugi: doce me facere voluntatem tuam, quia Deus meus es tu.
Spiritus tuus bonus deducet me in terram rectam: * propter nomen tuum, Domine, vivificabis me, in aequitate tua.
Educes de tribulatione animam meam: * et in misericordia tua disperdes inimicos meos.
Et perdes omnes, qui tribulant animam meam: * quoniam ego servus tuus sum.
Gloria Patri, etc.

ATTO DI DOLORE

Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i vostri castighi, e molto più perché ho offeso voi infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo col vostro santo aiuto di non offendervi mai più e di fuggire le occasioni prossime del peccato. Signore misericordia, perdonatemi.
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1 Is. 33,14.

1 2Cor 4,10.

1 Sal 48.

2 Sal 28.

1 Gb 15,2.

1 Sal 48,15.