Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XI
LE PENE DEL PURGATORIO

Per i meriti infiniti della Croce, noi speriamo col perdono delle nostre colpe, che ci venga abbreviato il purgatorio.
Per queste ore di adorazione, confidiamo di ottenere la liberazione ed il sollievo alle Anime purganti, e per noi la grazia di fare in questa vita la penitenza dei nostri peccati.

1. Pena del danno. - Fratelli: Ecco, vi rivelo un mistero: risorgeremo certamente tutti, ma non tutti saremo cambiati. In un momento, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba: suonerà la tromba, e i morti risorgeranno incorrotti, e noi saremo cambiati. Perché è necessario che questo corpo corruttibile si rivesta d'incorruttibilità, e che questo corpo mortale si rivesta d'immortalità. Quando poi questo corpo mortale sarà rivestito d'immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: La morte è stata assorbita nella vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo pungiglione? Or il pungiglione della morte è il peccato, e la potenza del peccato viene dalla legge. Ma grazie a Dio, il quale ci ha data la vittoria mediante il Signor Nostro Gesù Cristo (1Cor. 15,51-57).
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Il purgatorio è la privazione temporanea della vista di Dio: pena detta del danno.Per comprendere maggiormente pensiamo come dopo la morte, tutti i desideri dell'anima si concentreranno in uno solo: il desiderio di essere con Dio, «esse cum Christo». L'anima si sentirà potentemente attratta dalla bellezza e dalla santità di Dio; sarà assetata della gioia eterna; sentirà che l'unico bene è il Signore; tutta la volontà si concentrerà nel cercare Dio. Spinta da questo desiderio, vorrà innalzarsi, Spiccare il suo volo verso il Signore; ma la mano di Dio la respingerà: - Non sei ancora abbastanza pura. Ti è necessario purificarti.
S. Benedetto vide l'anima della sorella Scolastica salire come una bianca colomba verso il cielo. Per salire bisogna che l'anima sia tutta bianca. Santa Caterina da Genova, ebbe molte visioni sul purgatorio. Ella dice così: Figuratevi che sulla terra vi fosse un solo pane, e che gli uomini fossero molto affamati; vi fosse una sola acqua, e che gli uomini fossero tanto assetati. Voi vedreste questi uomini tendere la mano verso quel pane, invocare quell'acqua refrigerante; tutti griderebbero: «Ho fame, muoio di fame! ho sete, muoio di sete!».
Ebbene, dopo la vita presente Iddio è il solo pane che ci sfamerà, la sola acqua che estinguerà la nostra sete: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo»1; «Io sono la fonte delle acque vive che salgono a vita eterna: chi ne beve, non avrà più sete in eterno». Le anime purganti tendono a Dio, e Dio le respinge; sono travagliate da penosa fame, e non sono saziate; sono arse dalla sete, e dovranno sospirare l'acqua forse per molto tempo! S. Teresa, accesa dell'amor
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di Dio e santamente angustiata nel veder lontano il termine della sua vita, andava esclamando: «Muoio perché non muoio; muoio pel desiderio di andare a Dio». E che cosa sarà di quelle anime, non più soggette all'involucro del corpo, solo più tese verso il Signore? Assalonne, condannato a non comparire più davanti al padre, gli mandò a dire che preferiva morire; che lo ammettesse alla sua presenza, o lo facesse morire.
Quelle anime desolate sospirano il Padre Celeste dalla solitudine del purgatorio.
Ha fatta molta impressione il racconto di quel missionario che stette quasi trent'anni in missione nell'Alasca in una solitudine quasi totale. Dopo ventotto anni era divenuto come inebetito per la tristezza di non vedere la faccia di un fratello. Ma la desolazione delle anime purganti in attesa di vedere la faccia di Dio, chi può descriverla? «Quando veniam et apparebo ante facies Dei?»: quando verrò e apparirò alla presenza di Dio?1, domandano ansiosamente agli Angeli Custodi che discendono a consolarle. Quando vedremo la faccia di Dio Padre, di Maria nostra Madre, degli Angeli nostri fratelli, delle sante Anime del cielo, nostre sorelle?
Cantiamo «in Paradisum deducant te Angeli». Oh, che gli Angeli portino in Paradiso queste anime! Poi reciteremo il terzo mistero glorioso, onde lo Spirito Santo ci ottenga purificazione e grazia.

IN PARADISUM

In Paradisum deducant te Angeli: in tuo adventu suscipiant te Martires, et perducant te in civitatem sanctam Jerusalem. Chorus Angelorum te suscipiat, et cum Lazaro quondam paupere aeternam habeas requiem.
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III Mistero Glorioso

Lo spirito Santo discende sugli Apostoli ad illuminarli, confortarli e santificarli. Chiediamo i doni dello spirito santo, specialmente la sapienza, la fortezza e lo zelo.

2. Pena del senso. - In quel dì il fortissimo Giuda, fatto una colletta, mandò a Gerusalemme dodicimila dramme d'argento, perché fosse offerto il sacrificio per i peccati di quei defunti, rettamente e piamente pensando intorno alla risurrezione. Infatti se non avesse sperato nella loro risurrezione gli sarebbe sembrato superfluo e inutile pregare per i morti. Egli invece pensò che è riservata grande ricompensa a coloro i quali muoiono piamente. Santo adunque e salutare è il pensiero di pregare per i morti, affinché siano sciolti dai loro peccati» (II Macc. 12,42-46).
Oltre la privazione della vista di Dio, in purgatorio si soffrono pene dette comunemente pene del senso. «Per quae homo peccat, per haec et torquetur»1: le stesse facoltà umane che sono servite al peccato, devono sottostare al tormento della purificazione: sensi, potenze dell'anima, sentimenti del corpo. Come nell'inferno: con la sola differenza che le pene dell'inferno non avranno mai fine, mentre le pene del purgatorio devono terminare; le pene dell'inferno servono solo per castigare; quelle del purgatorio per soddisfare e liberare.
Sentirà pena l'anima nella sua intelligenza. In quel carcere comprenderà che poteva facilmente farsi molto più santa, acquistare molti più meriti mentre era sulla terra. Penserà a tutte le grazie ricevute, a tutte
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le comodità che le si offrivano, a tutte le circostanze in cui avrebbe potuto dare molta più gloria a Dio, fare molto più bene per sé, operare maggior bene per il prossimo.
Soffrirà nella memoria. Ricorderà che sulla terra altri con meno occasioni di meriti, forse con meno grazie, con meno istruzione, con posizione più meschina, han meritato di più presso Dio. Ricorderà con amarezza che parenti, cristiani buoni, giovanetti pii, sono arrivati a grande santità, mentre essa è rimasta tanto indietro. Ricorderà che poteva facilmente, con un po' di penitenza, evitare quelle fiamme; che poteva con un po' di diligenza nell'acquisto delle indulgenze liberarsi da quelle pene: ha tramandato, ha aspettato! Riconoscendo il suo torto dovrà abbassare la fronte e dire: Giusto è Iddio, e giusta è la sua sentenza; ho meritato tutto per mia colpa, per mia gran colpa, per mia massima colpa!...
Soffrirà nella volontà, perché questa volontà infiammata dal desiderio di vedere Iddio, si sentirà da Lui respinta. E questo perché fu fredda nella Comunione, fu indifferente nelle cose di pietà, fu tarda nelle opere di zelo. Dappertutto procedeva distratta, divagava senza amore, senza cuore. L'anima dovrà dire: «Sono qui, ma perché l'ho voluto...».
Soffriranno i sensi del corpo: gli occhi, per causa della vista; l'udito; la lingua; la gola; soffrirà il cuore, il tatto. Eh, sì tutte le soddisfazioni illecite per quanto siano state piccole, se volontarie, si dovranno pagare in quel fuoco terribile. Iddio ci proibisce il male; se si pecca è necessaria la riparazione: o penitenza di qua, o castigo di là; fino all'ultimo centesimo.
Che se noi non riusciamo a meditare direttamente questo, pensiamo a quel che dice S. Tommaso:
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«Tutte le pene della terra, messe insieme, non equivalgono la minima pena del purgatorio. Cosicché mettete assieme tutti i dolori dei Martiri: alcuni furono gettati in pasto alle belve feroci, altri sepolti vivi, altri decapitati, altri arsi sui roghi, qualcheduno unto di olio e poi bruciato nei pubblici giardini. Tutte queste sofferenze arriveranno alla minima pena del purgatorio? No, mai! Tutto questo è naturale; ma al di là, la misericordia e la giustizia di Dio si uniranno insieme per moltiplicare le nostre pene. La giustizia chiede soddisfazione; la misericordia desidera che, soddisfando presto, si entri in Paradiso presto».
Diamo sollievo a quelle anime, specialmente a quelle che si trovano là dentro per causa della stampa! Ah, non c'è solo da fare un falò di libri cattivi! vi sarebbe da fare anche un falò di penne, di macchine, di biblioteche, di quadri e di immagini di celluloidi che si proiettano sullo schermo, di antenne di radio e di televisori. Sulla terra gli uomini pensano poco a farlo, ma il Signore lo farà fare al di là. Dio voglia che sia soltanto un fuoco temporaneo il quale purghi da tanti mali cagionati alle anime da edizioni che hanno tradito la loro missione per elevarsi contro Dio.
Cantiamo «Domine, Jesu Christe...», come nelle Messe dei defunti, e recitiamo il quarto mistero glorioso per avere la grazia di una santa morte per intercessione del glorioso transito di Maria SS.ma.

DOMINE JESU CHRISTE

Domine, Jesu Christe, Rex gloriae, libera animas omnium fidelium defunctorum de poenis inferni et de profundo lacu: libera eas de ore leonis, ne absorbeat eas tartarus, ne cadant in obscurum: sed signifer
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Sanctus Michael repraesentet eas in lucem sanctam: Quam olim Abrahae promisisti, et semini eius.
V) Hostias et preces tibi, Domine, laudis offerimus: tu suscipe pro animabus illis, quarum hodie memoriam facimus: fac eas, Domine, de morte transire ad vitam.
V) Quam olim Abrahae promisisti et semini eius.

IV Mistero Glorioso

La SS. Vergine spira di puro amore di Dio e viene assunta in cielo con mirabile gloria. Domandiamo una santa vita per morire nel santo amore di Dio.

3. Il fuoco. - In quel dì udii una voce dal cielo che mi diceva: «Scrivi: Beati i morti che muoiono nel Signore». Già fin d'ora dice lo Spirito che si riposino dalle loro fatiche, perché le loro opere li accompagneranno (Apoc. 14,13).
Fra le pene positive del purgatorio, una delle più dolorose al senso è il fuoco. Fuoco materiale che brucia quelle anime per purificarle, ma senza consumarle. Il fuoco del purgatorio è acceso dalla giustizia di Dio. Non è il fuoco della terra. S. Agostino e S. Tommaso ci dicono che è il medesimo fuoco dell'inferno con la differenza che il fuoco dell'inferno è vendicatore ed eterno; il fuoco del purgatorio è purificatore e temporaneo. Immaginiamoci quel carcere di fuoco; le anime vi bruciano, giorno e notte, aspettando rassegnate, ma penanti, l'ora della liberazione. Noi non potremmo soffrire una mano messa sopra una stufa ardente od un braciere acceso, non possiamo neppur soffrire di tenere il dito sopra una fiammella. Che cosa sarà dunque lo stare in purgatorio?
- Sono in purgatorio! - diceva quell'anima, apparsa dopo la morte. - E per lasciarti un saggio di quel che si soffre là dentro, stendi la mano. - La
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consorella stese la mano, ed essa le lasciò cadere una goccia del suo sudore infuocato. Quella goccia bastò a bruciare la mano ed a farvi un buco nelle carni, con suo grande spasimo.
Il nostro cuore è spesso insensibile. In purgatorio si trovano amici che gridano: «Miseremini mei, miseremini mei, saltem vos amici mei1. Forse nel purgatorio vi è la madre, il padre, troppo indulgenti per le tue debolezze! Tu dici che hai un cuore sensibile, e non ti ricordi di loro, neppur il primo martedì del mese, neppure una volta la settimana, nonché una volta al giorno? Là dentro si trovano certamente dei fratelli, delle sorelle in Cristo; anime per cui Egli ha dato il sangue e la vita. Almeno quando vai a riposare alla sera, pensa: Io passerò la notte tranquillo, godendo il riposo meritato in una giornata di fatiche ma quelle anime sono in un letto di fuoco. Non è solamente la graticola rovente di S. Lorenzo martire! ma qualche cosa di intensamente più acceso. Prima di prendere riposo, mandiamo loro un saluto, un requiem aeternam. Abbiamo bisogno di diventare più sensibili: i cuori insensibili lasceranno dietro di se gente insensibile.
Quante volte ho notato questo: persone che vanno ai funerali di amici col cappello in capo, chiacchierando, guardando a destra e a sinistra, indifferenti. Ma ho poi veduto che quelle stesse persone, quando a loro volta venivano portate al camposanto, erano trattate ugualmente. Anche ai loro funerali si rideva, si parlava del più e del meno, si commentava, e quasi si scherzava.
La misura che noi usiamo per gli altri, sarà usata anche per noi: è legge evangelica. Procuriamo che la
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nostra misura sia quella del Cuore di Gesù, infinitamente misericordioso. Facciamo nostri i desideri che Gesù ha di vedere quelle anime al più presto con sé e abbracciarle al più presto in cielo: e preghiamo con tutto il cuore per mezzo di un tal Cuore: «In Ipso, cum Ipso et per Ipsum».
Cantiamo ora il «Dies irae», e recitiamo il quinto mistero glorioso perché la Madonna ci porti al più presto a godere la sua gloria in cielo.

DIES IRAE

Dies irae dies illa
solvet saeculum in favilla:
teste David cum Sibylla.

Quantus tremor est futurus,
quando iudex est venturus!
cuncta striste discussurus!

Tuba mirum spargens sonum
per sepulchra regionum,
coget omnes ante thronum.

Mors stupebit et natura;
cum resurget creatura
judicanti responsura.

Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur

Judex ergo cum sedebit
quidquid latet apparebit,
nil inultum remanebit.

Quid sum miser, tunc dicturus?
quem patronum rogaturus?
cum vix sustus sit securus.

Rex tremendae maiestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis!

Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae:
ne me perdas illa die.

Quaerens me, sedisti lassus:
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redemisti crucem passus:
tantus labor non sit cassus.

Juste Judex ultionis,
donum fac remissionis,
ante diem rationis.

Ingemisco tamquam reus:
culpa rubet vultus meus:
supplicanti parce, Deus.

Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.

Preces meae non sunt dignae;
sed tu bonus fac benigne,
ne perenni cremer igne.

Inter oves locum praesta,
et ab hoedis me sequestra,
statuens in parte dextra.

Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.

Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis,
gere curam mei finis.

Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla,
judicandus homo reus.

Huic ergo parce, Deus:
Pie Jesu Domine,
dona eis requiem. Amen.

V Mistero glorioso

Maria è incoronata Regina del cielo e della terra, dispensiera di tutte le grazie e madre nostra amabilissima. Proponiamo di essere devoti della SS.ma Vergine e chiediamo il dono della perseveranza.
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1 Gv 6,41.

1 Sal 51,3.

1 Sap. 11,17.

1 Giobbe 19,21.