Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VI
MEZZI PER PREPARARSI ALLA MORTE

Tre sono i mezzi per prepararsi a ben morire: 1) pensare alla morte; 2) operare per la morte; 3) pregare per la morte.
È in mano nostra la buona o la cattiva fine. Dio, da parte sua, ci ha Creati, redenti, santificati; ora sta a noi corrispondere: l'uomo è libero e padrone del suo destino eterno.

1. Pensare alla morte. - Ad un uomo ricco aveva fruttato bene la campagna, ed egli andava così ragionando fra sé: Come farò che non ho dove riporre la mia raccolta? E disse: Farò così: demolirò i miei granai e ne fabbricherò dei più vasti, e ci metterò tutti i miei Leni, e dirò all'anima mia: O anima, tu hai messo da parte i beni per molti anni: riposati, mangia, Devi e godi. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti si chiederà l'anima tua; e quanto hai preparato, di chi sarà? Così capita a chi tesoreggia per sé e non arricchisce dinanzi a Dio (Luca, 12,16-21).
Questa parabola ci rappresenta un uomo che pensava solo alla terra; e viene denominato «stolto». Dobbiamo pensare alla morte, all'eternità. Si hanno mille pensieri e premure, si hanno mille fastidi e preoccupazioni
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per questa breve vita. Ci prendiamo pensiero e della stima e del cibo e del vestito; si ha grande premura per la salute del corpo; e per quella dell'anima? e alla morte ci si pensa? La Chiesa quando mette le sacre ceneri sul capo dice: «Memento, homo, quia pulvis es...»: ricordati che sei polvere! Lo Spirito Santo ci ammonisce: «Memorare novissima tua...»: pensa ai Novissimi.
Il fratello del monaco Da Kempis si era costruito una bella casa e vi aveva adunato tutte le comodità che si potevano desiderare. Un giorno invitò Da Kempis a visitarla e dopo che gli ebbe mostrato tutto, lo interrogò:
- Che cosa ti pare di questa mia casa? è bella? comoda? Ho pensato e provveduto a tutto, vero?
L'altro, facendosi alquanto serio, rispose:
- Questa casa sarebbe veramente bella e comoda; hai pensato a tutte le comodità, ma... vi è un gran difetto, un gran difetto.
- E dimmelo che io possa rimediarvi, - soggiunse il fratello sorpreso.
- Non puoi rimediarvi, - ribadì il Da Kempis
- Ma qual è questo difetto? - Questo difetto si è che vi hai fatto la porta!
- Ma è difetto in una casa la porta? È una necessità, anzi...!?
- È difetto, riprese il Da Kempis, perché da questa porta un giorno dovrai uscire per sempre, portato a braccia da quattro becchini, e lasciarla ad altri. Beato te se penserai a questo e se provvederai a farti un'altra casa, la casa della tua eternità felice. «Ibit homo in domum aeternitatis suae»: l'uomo andrà nella casa della sua eternità1.
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Una sera dopo le orazioni avevo rivolto una breve esortazione sulla morte. All'indomani ricevetti un biglietto sotto la porta su cui era scritto: «Non venga più a parlarci della morte alla sera; ci fa paura; io non ho potuto dormire». La morte fa paura a non pensarvi. Presa di fronte, con realtà, lascia grande serenità, come ai santi. Il Papa Pio IX diceva ad un cristiano, regalandogli un anello: Portatelo ogni giorno: leggetevi ogni sera, prima di mettervi a letto, le due parole che vi sono scritte: «Memento mori». Quell'uomo continuò la sua pratica secondo l'avviso ricevuto, per parecchie sere, ma quasi con indifferenza; finché una sera, mettendosi a letto, quelle parole gli fecero una singolare impressione: Devo morire e sono preparato? devo morire: e se fosse questa notte l'ultima mia ora, come mi troverei al tribunale di Dio? Cambiò vita.
Usiamo questa santa astuzia: al mattino, quando ci svegliamo, alla sera quando andiamo a letto, guardiamoci le mani, leggiamo le due emme che vi sono segnate, interpretando: memento mori. Al mattino: Dunque io oggi voglio vivere come se fosse l'ultimo giorno di vita: voglio fare un atto di dolore perfetto. Alla sera: Se venisse la morte in questa notte, voglio essere pronto...
Pensa che devi morire! se si pensasse di più alla morte, quanti peccati di meno! quanti disordini di me no si quante agitazioni di meno! quanta più virtù quanta più preghiera, quanti più meriti!
Cantiamo il Salmo: «Cum invocarem» e seguiamo la XIII stazione perché la Madonna accolga noi come accolse Gesù morto.

SALMO 4

Cum invocarem exaudivit me Deus iustitiae meae: * in tribulatione dilatasti mihi.
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Miserere mei, * et exaudi orationem meam.
Filii hominum, usquequo gravi corde? * ut quid diligitis vanitatem et quaeritis mendacium?
Et scitote quoniam Deus mirificavit Dominus Sanctum suum: * Dominus exaudiet me, cum clamavero ad eum.
Irascimini, et nolite peccare: * quae dicitis in cordibus vestris, * in cubilibus vestris compungimini.
Sacrificate sacrificium justitiae, * et sperate in Domino. * Multi dicunt: Quis ostendit nobis bona?
Signatum est super nos lumen vultus tui, Domine: * dedisti laetitiam in corde meo.
A fructu frumenti, vini et olei sui * multiplicati sunt. In pace in idipsum * dormiam et requiescam.
Quoniam tu, Domine, singulariter in spe * constituisti me.
Gloria Patri, etc.

XIII Stazione

Adoramus te, Christe, etc.

L'addolorata Maria riceve tra le sue braccia il Figlio deposto dalla croce.

Maria contempla nelle piaghe del Figlio l'opera orribile dei nostri peccati e l'amore infinito di Gesù per noi.
La devozione a Maria è un segno di salvezza. O Madre e Corredentrice nostra, datemi il vostro amore, concedetemi la grazia di pregarvi ogni giorno; assistetemi adesso e specialmente nell'ora della morte.

Pater, Ave, Gloria, Miserere nostri, ecc.
Santa Madre, ecc.

Iuxta crucem tecum stare,
Et me tibi sociare
In planctu desidero.

2. Operare per la morte. - Cioè: fare adesso ciò che vorremmo aver fatto allora: fuggire e lasciare adesso ciò che vorremmo allora aver fuggito e lasciato.
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Gesù dice: Badate di guardarvi da ogni cupidigia perché la vita di un uomo non dipende dall'abbondanza dei beni che possiede. E disse loro una parabola.
C'era un uomo ricco, il quale vestiva porpora e bisso, e tutti i giorni banchettava splendidamente. E c'era un mendico, chiamato Lazzaro, il quale, pieno di piaghe giaceva all'uscio di lui, bramoso di sfamarsi colle briciole che cadevano dalla tavola del ricco, ma nessuno gliene dava: venivano invece i cani a leccare le sue piaghe. Or avvenne che il mendico morì, e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto nell'inferno. Allora, alzando gli occhi, mentre era nei tormenti, egli vide lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno. E disse, gridando: Padre Abramo abbi pietà di me, e manda Lazzaro a bagnar la punta del suo dito nell'acqua, per rinfrescarmi la lingua, perché io spasimo in questa fiamma. Ma Abramo gli disse: Figliuolo, ricordati che tu avesti i beni in vita, mentre Lazzaro allora ebbe i mali: e quindi, lui ora è consolato e tu soffri. E poi, tra noi e voi, c'è un grande abisso, tale che quelli che vogliono di qui passare a voi non possono ne di costì a noi possono valicare. E quello replicò: Allora, o Padre, ti prego che tu lo mandi a casa del padre mio, che ho cinque fratelli, affinché li avverta di queste cose e non vengano anch'essi in questo luogo di tormenti. Ed Abramo gli rispose: Hanno Mosè ed i Profeti: ascoltino quelli. Replicò l'altro: No, padre Abramo, ma se un morto va da loro si ravvedranno. Ma Abramo gli rispose: se non ascoltano Mosè ed i Profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti
(Luca 16,19-31).
«Venit nox quando nemo potest operari»: Viene la notte, quando più nessuno può operare1.
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Immaginiamo oramai vicina l'ora della nostra morte, e interroghiamo il nostro cuore, la nostra coscienza: che cosa vorrei aver fatto nei miei anni di esistenza? Certamente la risposta sarebbe semplice; verrebbe dal profondo della coscienza e quindi sarebbe molto convincente. Ah, vorrei essermi fatto santo! Dice quel moribondo: «Io ho avuto tanti anni di vita, forse quaranta, forse trenta, forse venti. Altri in quegli anni si sono fatti santi. Beato me se adesso fossi santo!» Ma allora sarà inutile desiderare: come un contadino che non avesse seminato, e al mese di luglio volesse andare nel suo campo con la falce a mietere! si raccoglie ciò che si è seminato. Se un vignaiuolo non avesse potato, piantato, concimato la sua vigna, potrebbe vendemmiare a ottobre? Si raccoglie ciò che si è seminato: «Quae seminaverit homo, haec et metet»1. Facciamoci santi adesso: abbiamo i momenti e le ore, basta anche poco tempo!
Se io voglio, da questa sera divengo santo, perché dirigo tutti i pensieri, tutte le aspirazioni, tutti i sentimenti verso Dio; abbraccio intiera la Sua volontà, aderisco pienamente al Suo cuore, mi unisco a Lui per la vita e per la morte. Chi vuole si fa santo. Beati noi, se, arrivati in punto di morte, potremo guardare a destra ed a sinistra le nostre opere buone che già ci andranno ripetendo: «Opera tua sumus, non te deseremus»: siamo state fatte da te e con te andremo al tribunale di Dio.
Facciamo adesso quel che non si potrà fare allora. Ecco la gran massima dei Santi. Sant'Alfonso ha una meditazione intiera sopra questa massima. Fuggiamo ora ciò che allora vorremmo avere schivato: il peccato. Tristissima messe sarebbe questa: partire dal mondo
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col cuore ancora carico di peccati. Detestiamo ogni peccato; laviamo l'anima con buone confessioni! E specialmente: non più peccati; preferire la morte a qualunque costo! Né amicizie particolari, né piaceri, né vana superbia, né spirito di comodità...; una volontà decisamente orientata al bene!
Cantiamo il bellissimo salmo: «Qui habitat in adiutorio Altissimi» e recitiamo due parti della coroncina a S. Giuseppe.

SALMO 90

Qui habitat in adiutorio Altissimi, * in protectione Dei caeli commorabitur.
Dicet Domino: Susceptor meus es tu et refugium meum: * Deus meus, sperabo in eum.
Quoniam ipse liberabit me de laqueo venantium, * et a verbo aspero.
Scapulis suis obumbrabit tibi * et sub pennis eius sperabis.
Scuto circumdabit te veritas eius * non timebis a timore nocturno.
A sagitta volante in die, a negotio perambulante in tenebris: * ab incursu et daemonio meridiano.
Cadent a latere tuo mille, et decem milia a dextris tuis, * ad te autem non appropinquabit.
Verumtamen oculis tuis considerabis; * et retributionem peccatorum videbis.
Quoniam tu es, Domine, spes mea: * Altissimum posuisti refugium tuum.
Non accedet ad te malum: * a flagellum non appropinquabit tabernaculo tuo.
Quoniam Angelis suis mandavit de te: * ut custodiant te in omnibus viis tuis.
In manibus portabunt te: * ne forte offendas ad lapidem pedem tuum.
Super aspidem et basiliscum ambulabis: * et conculcabis leonem et draconem.
Quoniam in me speravit, liberabo eum; * protegam eum, quoniam cognovit nomen meum.
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Clamabit ad me, et ego exaudiam eum: * cum ipso sum in tribulatione: eripiam eum et clarificabo eum.
Longitudine dierum replebo eum: * et ostendam illi salutare meum.
Gloria Patri, etc.

CORONCINA A S. GIUSEPPE

1. O S. Giuseppe, fedele cooperatore nella nostra redenzione, abbiate pietà della povera umanità ancora avvolta in tanti errori, vizi e superstizioni.
Voi foste docile strumento nelle mani del Padre Celeste, a disporre tutto per la nascita, la fanciullezza di Gesù e la preparazione della Vittima, del Sacerdote, del Maestro Divino agli uomini. Benedetto voi che, pure alle volte senza comprendere, vi lasciaste guidare in tutto dai lumi celesti e dalle parole dell'Angelo!
Otteneteci lo spirito dell'apostolato, perché con la preghiera, la parola, le opere e le edizioni cooperiamo umilmente alla cristianizzazione del mondo. Che sia scancellata l'iniquità e che tutti accolgano Gesù Cristo Via, Verità e Vita.
Tre Gloria Patri.
Sancte Joseph, ora pro nobis.

2. O S. Giuseppe, modello di ogni virtù, otteneteci il vostro spirito interiore.
Nel silenzio amoroso ed operoso, nella pratica di tutte le prescrizioni religiose e sociali, nella docilità a tutto il volere di Dio avete raggiunto un altissimo grado di santità e di gloria celeste.
Otteneteci aumento di fede, speranza e carità; larga infusione di prudenza, giustizia, fortezza, temperanza; abbondanza dei doni di Sapienza, intelletto, scienza, consiglio, pietà, fortezza e timor di Dio. Assisteteci dal Cielo perché possiamo sempre meglio conoscere il fine per cui siamo creati, la saggezza di chi opera il bene, e ordinare ogni momento della vita verso il Paradiso.

Tre Gloria Patri. Sancte Joseph.
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3. Pregare per ottenere una buona morte. - «Non si turbi il vostro cuore. Credete in Dio ed anche in me. Nella casa di mio Padre ci son molti posti. Altrimenti come vi avrei detto: Vado a preparare il posto per voi? E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, verrò di nuovo a prendervi con me, affinché dove sono io siate anche voi. Dove io vo' lo sapete e sapete anche la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo saperne la strada?» Gesù gli rispose: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per me. Se conosceste tre, conoscereste anche il Padre mio: ora lo conoscete e lo avete visto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». E Gesù a lui: «Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me vede anche il Padre. Come puoi dire dunque: Mostraci il Padre? Non credete dunque che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che vi dico non le dico da me stesso; ma il Padre che è in me, è lui che agisce. Non credete voi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Se non altro credetelo per le stesse opere. In verità, in verità vi dico: Chi crede in me compirà anche lui le opere che io faccio e ne farà di maggiori, perché io vado al Padre. E qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio, la farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi domanderete qualche cosa in nome mio ve la concederò» (Giov. 14,1-14).
La grazia di una santa morte deve coronare tutte le altre grazie. Lì, in punto di morte, sfoglieremo il libro della nostra vita: faremo passare le varie pagine e guarderemo ansiosi la classifica dataci dall'Angelo: giornata ottima, giornata buona, giornata cattiva, giornata pessima... Oh, che almeno allora abbiamo la grazia di cancellare nel sangue di Gesù ogni nostro peccato! E la Madonna ci impetri la grazia di una santa morte!
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Questa terra fra poco dovrà cambiarsi nella gloria del cielo; questa misera abitazione fra poco dovrà mutarsi in quella eterna Gerusalemme dove regna Iddio e con Lui regnano i figli fedeli.
Il cristiano prudente si avanza nella vita, diffidando e sperando. Teme di sé, confida in Gesù Cristo e prega. Ogni giorno, costantemente, domandiamo la grazia della perseveranza finale. Abbiamo meditato l'agonia e la morte di Gesù Maestro in Croce: Gesù è il più grande modello dei moribondi. Per meritare la grazia di una santa morte recitiamo sempre bene il quinto mistero doloroso e la preghiera a «Anima Christi». Abbiamo ricordato che la più felice morte, dopo quella di Gesù, è stata quella di Maria. Recitiamo poi bene in tutta la vita il quarto mistero glorioso e l'Ave Maria... «e nell'ora della nostra morte». Abbiamo considerato la morte di S. Giuseppe, che è anche protettore degli agonizzanti: ebbene, le litanie di S. Giuseppe, i dolori e le allegrezze di S. Giuseppe e tutta la divozione a questo Santo, abbia anche lo scopo di ottenerci una santa morte fra le braccia di Gesù e di Maria.
Mettiamo adesso l'intenzione che tutte le Ave Maria che recitiamo siano un grido, una supplica alla mastra Madre, perché venga ad assisterci nell'ultima agonia. Alcuni autori dicono - e lo spiega il Cafasso - che la Madonna viene ad assistere visibilmente i suoi devoti sul loro letto di morte. San Luigi, S. Stanislao, S. Giovanni Berchmans, lo stesso S. Cafasso e molti altri Santi con le loro morti edificantissime, ce lo confermano.
Invochiamo S. Giuseppe spesso.
Se l'anima spira tra le braccia di Gesù, di Giuseppe, di Maria resterà per tutta l'eternità tra le loro braccia felice.
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Dopo il Canto dell'Inno al Divin Maestro, continuiamo la coroncina a S. Giuseppe.

UNUS EST MAGISTER VESTER

Tu veritatis unicus
sol, Christe, fulges mentibus;
noctem repellis horridam,
viam salutis exhibes.

Te vox Parentis caelitus
orbis magistrum protulit;
qui te sequuntur saeculi
vitant tenebras improbi.

Quae faris, aequas moribus,
tuamque vitam praedicas,
diaque firmas gratia
vitale verum cordibus.

Arcana solus explicas
vitae, doloris, funeris,
aeternitatis arduum
recludis et mysterium.

Coeli potitus sedibus
Sancto repletam Spiritu,
largiris orbi Ecclesiam,
falli magistram nesciam.

Aeterna, Jesu, Veritas,
qua ducimur, qua vivimus,
Patri, Tibi, Paraclito,
honor, potestas, gloria. Amen.

CORONCINA A S. GIUSEPPE
(Seguito)

3. O San Giuseppe, vi veneriamo come il modello dei lavoratori, l'amico dei poveri, il consolatore dei sofferenti ed emigrati, il Santo della Provvidenza.
Sopra la terra avete rappresentato visibilmente la bontà e la premura universale del Padre Celeste. Foste fabbro di Nazaret e il maestro di lavoro al Figlio di Dio, fattosi umile lavoratore per noi. A Nazaret il lavoro fu elevato a dignità, come mezzo di santificazione e redenzione.
~
Soccorrete con le vostre preghiere quanti faticano nel lavoro intellettuale, morale e materiale. Alle nazioni tormentate da questioni sociali ottenete una legislazione conformata al Vangelo, a tutti lo spirito di carità cristiana, al mondo un ordinamento secondo gli insegnamenti del Sommo Pontefice. San Giuseppe, provvedete.

Tre Gloria Patri. Sancte Joseph.

4. O San Giuseppe, padre putativo di Gesù, benedico il Signore per le intime vostre comunicazioni con lui durante la sua infanzia e giovinezza a Betlemme, in Egitto, a Nazaret. Lo avete paternamente nato e siete stato filialmente riamato. La vostra fede vi faceva adorare in lui il Figlio di Dio incarnato, mentre egli vi ubbidiva, vi serviva, vi ascoltava. Avevate con lui soavi conversazioni comunanza di lavoro, grandi pene e dolcissime consolazioni. In cielo grandi sono il vostro gaudio ed il vostro potere. Ottenetemi la grazia di mai offendere e perdere Gesù col peccato. Pregate per me che possa sempre comunicarmi e confessarmi bene, arrivare ad una grande intimità e ad un amore tenero e forte verso Gesù, sopra la terra, ed a possederlo per sempre in cielo. Vi prego ancora per la grazia che tanto mi sta a cuore. San Giuseppe, pensateci voi.

Tre Gloria Patri. Sancte Joseph.

5. O San Giuseppe, sposo purissimo di Maria, umilmente vi preghiamo di ottenerci una vera divozione alla nostra tenera Madre, Maestra e Regina.
Per divina volontà la vostra missione fu associata a quella di Maria. Voi foste il capo della Sacra Famiglia, il modello dei padri, il custode delle vocazioni. Con Maria divideste pene e gioie; con lei vi fu una santa emulazione di virtù, di lavoro e di meriti; unione di mente e di cuore.
O San Giuseppe, pregate per i padri e le madri di famiglia; pregate per l'innocenza e per le vocazioni religiose e sacerdotali. Otteneteci la grazia di conoscere
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la Santissima Vergine Maria, d'imitarla, amarla e pregarla sempre. Attirate tante anime al suo Cuore materno.

Tre Gloria Patri. Sancte Joseph.

6. O San Giuseppe, protettore degli agonizzanti, vi supplichiamo per tutti i morenti e per la vostra assistenza nell'ora della nostra morte. Voi meritaste un transito felice con una santa vita e nelle vostre ultime ore aveste l'ineffabile consolazione dell'assistenza di Gesù e Maria. Liberateci dalla morte improvvisa; dateci la grazia di imitarvi in vita, di distaccare il cuore da ogni cosa mondana e raccogliere ogni giorno tesori per il momento della morte. Fate che allora possiamo ricevere bene i Sacramenti degl'infermi e con Maria ispirateci sentimenti di fede, speranza, carità e dolore dei peccati, perché spiri in pace l'anima nostra.

Tre Gloria Patri. Sancte Joseph.

7. O S. Giuseppe, protettore della Chiesa universale, volgete benigno lo sguardo sopra il Papa, l'Episcopato, il Clero, i Religiosi, i cristiani; pregate per la santificazione di tutti.
La Chiesa è frutto del sangue di Gesù, vostro Figlio putativo. Affidiamo a voi le nostre suppliche per l'estensione la libertà, l'esaltazione della Chiesa. Difendetela dagli errori, dal male e dalle forze dell'inferno: come un giorno salvaste l'insidiata vita di Gesù dalle mani di Erode. Si avveri il sospiro di Gesù: «Un solo ovile sotto un Solo pastore».
Otteneteci la grazia di essere membra vive ed operanti nella Chiesa militante per godere eternamente nella Chiesa trionfante.

Tre Gloria Patri. Sancte Joseph.

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1 Eccl. 22, 15.

1 Gv 9,4.

1 Gal. 6,8.