Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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IL PARADISO


XIII
CHE COSA SIA IL PARADISO

Le intenzioni particolari di quest'ora di adorazione sono queste: ottenere dal Signore la grazia di pensare assai più al Paradiso; la grazia di sentire i nostri cuori attratti verso il Paradiso; di alimentare in noi il desiderio del Paradiso, così da aspirare continuamente ad esso; di andare sempre crescendo nel fervore, fino a compiere tutti i maggiori sacrifici richiesti dalla vita quotidiana per quel grande gaudio che ci aspetta: «Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto».
I chiamati alla vita religiosa hanno già nel cuore un gran desiderio del Paradiso. Infatti per quei beni eterni hanno rinunciato ai beni caduchi e miserabili di quaggiù. Ma il Paradiso più lo consideriamo e più ci attrae e ci rende fervorosi.
Recitiamo la «Salve Regina»: è il canto dell'esule che aspira alla patria; di colui che da questa valle di lacrime pensa a quel gaudio supremo e dice alla Vergine: ...e mostraci dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno. La adorazione di oggi e quelle di qualche altro giorno siano, quindi, sotto la protezione di Maria Santissima nostra Madre.

1. Il Paradiso sia il nostro pensiero dominante. - Essendo insieme a mensa con i discepoli, (Gesù) comandò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di aspettare in promessa del Padre, la quale avete
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udita (disse) dalla mia bocca, perché Giovanni battezzò con l'acqua; ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo da qui a non molti giorni.
Ma i convenuti gli domandavano: «Signore, lo ricostruirai ora il regno d'Israele?» Rispose loro: «Non sta a voi sapere i tempi ed i momenti che il Padre si è riservato in suo potere; ma voi riceverete la virtù dello Spirito Santo che verrà sopra di voi e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e nella Samaria e fino all'estremità della terra».
E detto questo, mentre essi lo guardavano, si levò in alto e una nube lo tolse ai loro occhi, e mentre stavano a mirarlo ascendere al cielo, ecco due personaggi in bianche vesti presentarsi loro e dire: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che tolto a voi, è stato assunto al cielo, così tornerà come l'avete visto andare in cielo»
(Atti 1,4-11).
Gli Apostoli, nel vedere Gesù salire al cielo, avevano ricevuto un'impressione simile a quella che subiamo noi. Qualche volta quando consideriamo il Paradiso che ci aspetta, e la terra su cui muoviamo, sentiamo il desiderio di seguire subito Gesù nella sua via del cielo e di ascendere con Lui alle sfere celesti: «Cupio dissolvi et esse cum Christo»: bramo ardentemente essere sciolto dai legami del corpo ed essere col Cristo1. Se non che gli Angeli ci risvegliano da queste dolci contemplazioni e ci dicono che il cielo bisogna prima meritarlo.
O Paradiso, tu sei nostro! sei l'unico bene stabile. Ecco i due punti su cui fermeremo la nostra considerazione.
a) Il Paradiso è nostro. Tutte le altre cose della terra: queste case, questi vestiti, questa chiesa, le cose
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più buone sono date in prestito, per un po' di tempo; noi dobbiamo servirci di esse come mezzi per il Paradiso. Quello è il bene che non ci verrà più tolto. Iddio lo ha creato per noi; e ha creato noi per quello: «Fecisti nos, Domine, ad te». Dio ci ha creati per conoscerLo, servirLo, amarLo in questa vita e possederLo finalmente in cielo. Qui siamo in breve viaggio. Quando viaggiamo in ferrovia, nessuno si fa l'illusione che sia suo il treno, sua la vettura e che si debba dare molta importanza ai campi, ai vigneti, alle città che si oltrepassano: «Peregrinamur a Domino»: siamo in viaggio su questa terra. Ognuno miri a quella casa paterna dove deve arrivare: lassù. Tutto passa, giorno per giorno; e le cose che ci circondano le abbiamo a prestito. Là è la nostra patria, la casa paterna, la nostra dimora! Siamo esuli che aspirano alla patria, figli che aspettano di contemplare il Padre Celeste: «Non habemus hic manentem civitatem» .
In viaggio, pregustiamo soltanto col desiderio quei beni che troveremo quando saremo finalmente giunti al termine. «Io mi sono rallegrato delle cose che mi furono dette: laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: in domate Domini ibimus»1. Questa misera vita, oh quante volte ci offre delle giornate amare! Ma sarà sempre così? No! Lassù vi è un posto preparato per ciascheduno di noi... Voglio accentuarlo questo: per ciascheduno di noi un seggio: per me, per tutti quanti in questa vita lavorano, soffrono ed aspettano: donec veniat immutatio mea.
b) Il Paradiso è bene eterno, cioè stabile. È breve questa vita. Volano i giorni, passano gli anni velocissimi; e sembrano più brevi man mano che andiamo più innanzi. Il Paradiso non finirà mai più: è eterno.
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La patria nostra è il Paradiso. Là vi sarà un giorno che non avrà tramonto, vi sarà una gioventù senza vecchiaia, vi sarà una gioia mai turbata dalla paura del dolore. Gran torto ci faremmo, se non pensassimo al cielo che è il nostro bene, il bene eterno, l'unico bene. Se vi pensiamo, prenderemo più coraggio; ci rallegreremo; cammineremo con slancio, e la virtù che ora pratichiamo a stento, ci sembrerà la cosa più bella e più cara.
Oh! in quale luogo vi ho io invitati a nome di Dio questa sera! al cielo, al cielo! Si è rallegrato il vostro cuore? Cantate volentieri il «Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi» e domandiamo al Signore la grazia di sollevare spesso il nostro cuore dalle miserie della terra al cielo, dove pensiamo di andare e di ritrovarci tutti assieme. Poi reciteremo il terzo mistero gaudioso per avere il cuore distaccato da tutto, onde salire più speditamente al cielo.

SALMO 121

Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: * in domum Domini ibimus.
Stantes erant pedes nostri, * in atriis tuis, Jerusalem.
Jerusalem quae aedificatur ut civitas; * cuius participatio eius in idipsum.
Illuc enim ascenderunt tribus, tribus Domini, * testimonium Israel ad confitendum nomini Domini.
Quia illic sederunt sedes in judicio, * sedes super Domum David.
Rogate quae ad pacem sunt Jerusalem: * et abundantia diligentibus te.
Fiat pax in virtute tua: * et abundantia in turribus tuis.
Propter fratres meos et proximos meos, * loquebar pacem de te.
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Propter domum Domini Dei nostri, * quaesivi bona tibi.
Gloria Patri, etc.

III Mistero Gaudioso

Gesù, nato nella grotta a Betlemme, vien deposto in una mangiatoia, nella più squallida miseria. Raccolti innanzi al Presepio incominciamo a stimare la virtù della povertà, e chiediamola a Gesù ed a Maria.

2. Il Paradiso è il nostro massimo desiderio - È simile il regno dei cieli a un tesoro nascosto in un campo, che un uomo, trovatolo, rinasconde, e tutto giulivo dell'accaduto, va a vendere quello che ha e compra quel campo. Ancora: il regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di belle perle; e trovatane una di gran pregio, va a vendere quanto ha e la compera. Il regno dei cieli è inoltre simile ad una rete gettata in mare, che ha preso ogni sorta di pesci. Allorché fu piena, tirarono a riva, e sedutisi, misero i buoni nei canestri e gettarono via i cattivi. Così avverrà alla fitte del mondo: verranno gli Angeli e toglieranno i cattivi di mezzo ai giusti e li getteranno nella fornace di fuoco. Ivi sarà pianto e stridor di denti. Avete intese tutte queste cose? Gli dicono: Sì. E disse loro: Per questo ogni scriba istruito nel regno dei cieli, è simile ad un padre di famiglia che trae fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie (Mt 13,44-52).
E le altre parole di Gesù: Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia; il resto vi sarà dato per giunta (Mt 6,33).
Cercare prima il regno di Dio significa avere in capo a tutti e sopra tutti i nostri desideri questo: il
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Paradiso. «Quaerite primum regnum Dei»1. Esso è il sommo bene. Sulla terra vi sono tante specie di beni, ma nessuno è veramente da desiderarsi, bensì solo da usarsi. «Sic transeamus per bona temporalia ut non amittamus aeterna»: passiamo attraverso i beni temporali in modo da non perdere gli eterni. Passano le ricchezze della terra: ma chi ne ha distaccato il cuore e chi ne ha usato santamente, avrà il tesoro del cielo. Passa la stima degli uomini, i quali come supremo attestato, daranno l'accompagnamento al camposanto: ma colui il quale non ha cercato la stima e che della stima degli uomini si è servito soltanto per fare il bene, avrà lode e stima presso Dio. Passano gli studi, passano le piccole soddisfazioni, muore lo stesso corpo: «Cercate quei beni che colla morte non finiscono. Fatevi dei tesori che la tignola non corrode, né la ruggine consuma». Se volete essere ricchi, cercate le vere ricchezze. Ecco perché i Martiri hanno subìto con coraggio i più crudeli supplizi: guardavano il cielo. Il protomartire S. Stefano, sotto la grandine delle pietre, diceva: «Vedo il cielo aperto ed il Figlio di Dio sedere alla destra del Padre»2. E in queste visioni di cielo non sentivano quasi i tormenti della terra. Ecco perché i Vergini hanno dato l'addio a tutti i piaceri del mondo, e hanno consacrato al Signore il giglio intemerato: per il cielo per assicurarselo bello: «Cinque vergini erano prudenti». Ecco perché i Confessori hanno praticato la virtù fino all'eroismo. Ecco perché tanti uomini lasciano ogni bene e comodità della patria per andare a cercare un'anima, attirati dal sublime ideale: guadagnare un'anima e poi morire. Oh, il cielo! quanto
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più lo si guarda, tanto più appare brutta la terra. S. Filippo esclamava: Paradiso! Paradiso!
Ma perché noi siamo ancora tanto attaccati alla terra e quasi ci vuole sforzo per ricordare il Paradiso? Perché ci vuole quasi violenza per desiderarlo? Quando si tratta di guadagnare meriti, siam così pigri? Perché non comprendiamo il cielo, o meglio, non ci lasciamo penetrare dal desiderio di esso. Cerchiamo di fissarcelo in mente, e ora cantiamo: «Paradiso Paradiso». E cerchiamo di eccitare questo desiderio ardentissimo, pregando gli Angeli e i Santi del cielo: essi che già lo gustano, facciano sentire anche a noi qualche cosa di quella gioia che inonda già il loro spirito.
Canto della lode «Paradiso, Paradiso!». Nove «Angelo di Dio» ai nove cori angelici, che ci ottengano l'attrattiva verso il Paradiso, e quarto mistero gaudioso perché meritiamo il premio con la pratica costante della virtù.

PARADISO, PARADISO

Paradiso, Paradiso,
Degli eletti gran città
In te gioia, canto e riso
Regna e sempre regnerà

Sono puri in te i diletti,
Non mai misti di dolor
Paghi sempre son gli affetti
Scevri affatto di timor.

O felice e lieto giorno,
Che a vederti volerò!
In che amabile soggiorno
Ivi ognor mi troverò!

Che gioconda compagnia
Era i beati conversar
Goder sempre e amar Maria
E coi santi festeggiar!
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Oh, che gioia è poi vedere.
Goder pur l'alma beltà.
E Dio stesso possedere
Quanto dura eternità!

Al Dio nostro non eguali,
Ma simili nel goder
Là saremo e come tali
Sempre avrem sommi piacer.

Oh, che premio, oh, che corona
Alla nostra fedeltà!
Il Signor promette e dona
Per esimia sua bontà!

Se si prova un ver contento
Nel soffrir qui per Gesù,
Che sarà star solo intento
A goderlo colassù?

Lassù sempre sarà Iddio
Pieno gaudio del mio Cuor,
Sempre ancor sarà il Cuor mio
Tutto immerso nel suo amor.

Glorie eccelse, eterne lodi
Lieto allor io canterò
Al mio Dio e in mille modi
Grazie e onor gli renderò.

Le delizie di quel regno
Non si udiron mai quaggiù,
Di scoprir nessun fu degno,
Né di intender tanto più.

Chi di Dio le sante leggi
Sulla terra osserverà
Godrà nei celesti seggi
Questa gran felicità.

IV Mistero Gaudioso

Maria, sebbene non obbligata, presenta Gesù al Tempio ed adempie perfettamente quanto era prescritto per la purificazione. Consideriamo e chiediamo l'obbedienza della SS. Vergine.
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3. Il Paradiso è la massima grazia da chiedere. - Or uno dei briganti crocifissi lo (Gesù) bestemmiava, dicendo: Se tu sei il Cristo, salva te e noi. Rispondendogli, l'altro lo rimproverava: Neppure tu temi Dio, trovandoti con lui nel medesimo supplizio? E, in quanto a noi, è giusto, perché riceviamo degna pena per le nostre azioni; ma costui non ha fatto nulla di male. E diceva a Gesù: Signore, ricordati di me quando sarai giunto nel tuo regno! E Gesù gli rispose: Io ti dico in verità, che oggi sarai meco in Paradiso (Luca 23,39-43).
Il Signore ci dice nel Vangelo: Il regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di belle perle; e, trovatane una di gran pregio, va a vendere quanto ha e la compera, dando tutto il suo avere1.
Il Paradiso merita che noi vendiamo tutto, cediamo tutto per il tutto. Ma il nostro tutto è ben piccola cosa: il gran bene che acquistiamo è la massima cosa, la massima felicità. Noi dobbiamo domandare sulla terra tante grazie: dobbiamo chiedere al Signore di trarre profitto nello studio, di crescere nelle virtù, di vincere la nostra passione predominante; dobbiamo domandare al Signore lo spirito di orazione e di raccoglimento, chiedere l'amore agli impegni assunti, chiedere anche nella giusta proporzione, i beni della terra; grazie per noi, grazie per gli altri. Ma sopra tutte queste grazie, bisogna chiedere la perseveranza finale, la salvezza, il Paradiso.
Ricordiamolo bene: tutte le nostre orazioni devono conchiudersi: «...In hora mortis meae voca me, iube me venire ad te; ut cum sanctis tuis laudem te», affinché possiamo raggiungere la felicità eterna e cantare cogli Angeli le lodi del Signore.
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«Che c'è per me in cielo? e che desidero da te sopra la terra? La mia carne vien meno, e così il mio cuore: il Dio del mio cuore, la mia parte è il mio Dio in eterno. Per me è la mia felicità stare unito al mio Dio e porre nel Signore Dio la mia speranza? Per annunziare tutte le tue lodi dentro le porte delle figlie di Sion»1.
I Salmi sono tanti, ma tutti devono mirare ad ottenerci la grazia di cantare eternamente il «Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto», lassù in Paradiso.
Noi abbiamo tante forme di preghiera: la Comunione, il Rosario, la Messa, i vari Sacramenti; vi sono tante devozioni particolari, vi sono tante chiese, tante cerimonie, tanti uffici sacri. Per ottenere la salvezza eterna, in tutte queste funzioni, in tutti questi Sacramenti, in tutte le Messe, in tutti i Rosari implicitamente diciamo «è per salvarmi».
Vi sono di quelli che non pregano e fan tanta pena, perché chi non prega si danna. Vi sono di quelli che pregano, e ci consolano; perché chi prega, si salva. Vi sono di quelli che pregano, ma compiono la loro parte ancora imperfettamente: chiedono tante cose di terra!... In primo luogo chiedere il Paradiso! Il resto verrà per giunta. Io non vi chiedo nulla, o Signore, di terra. «Una cosa sola io cerco, una cosa sola vi chiedo: «Unam petii a Domino, hanc requiram; ut inhabitem in domo Domini omnibus diebus vitae meae»2. Che io abbia la grazia di abitare eternamente in quella casa paterna di Dio, come figlio di Dio: «Si filii et heredes: heredes quidem Dei, coheredes autem Christi»3 se figli, anche eredi; eredi di Dio, quindi coeredi del Cristo. E perché
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chiedete terra? Chiedete cielo e Paradiso! Il Paradiso è sempre a buon prezzo, per quanto costi. Le nostre giornate tanto valgono quanto guadagnano per l'eternità. Sia benedetto Iddio, diciamo alla sera, che mi ha permesso di lavorare un'altra giornata per Lui, e così la mia mercede è andata aumentando in queste ore. Il Paradiso entri in tutte le preghiere: chiediamo la perseveranza finale.
Per fissare sempre meglio in mente la grazia che principalmente dobbiamo domandare, cantiamo le «Beatitudini» e cioè quelle virtù che devono renderci contenti sulla terra e felici eternamente in Paradiso. E poi recitiamo il quinto mistero glorioso per contemplare la gloria di Maria e dei Santi: santamente invidiando e sospirando quella che è anche preparata per noi, che ci aspetta, e che noi vogliamo conseguire.
Canto di «Andrò a vederla» e recita del V mistero gaudioso perché stiamo lontani dal peccato, l'unico impedimento al Paradiso.

ALLA SS. VERGINE

Andrò a vederla un dì
In Cielo, patria mia:
Andrò a veder Maria
Mia gioia e mio amor.

Al Ciel, al Ciel, al Ciel

Andrò a vederla un dì!
Andrò a vederla un dì:
E' il grido di speranza
Che infondemi costanza
Nel viaggio fra i dolor.

Al Ciel, ecc.

Andrò a vederla un dì:
Lasciando quest'esilio:
Le poserò qual figlio
il capo sopra il cuor.

Al Ciel, ecc.
~
V Mistero Gaudioso

Gesù smarrito, viene ritrovato nel tempio. Gesù si perde da chi commette il peccato. Domandiamo la grazia di detestare e fuggire il peccato.
~

1 Fil 1,23.

1 Sal 121,1.

1 Mt 6,33.

2 At 7,55.

1 Mt 13,45-46.

1 Sal 72.

2 Sal 26,4.

3 Rm 8,17.