Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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II
GESÙ MODELLO DEI MORIBONDI

Il Maestro Divino ha istituito la SS. Eucaristia non solo perché fosse Sacrificio della Nuova Legge, ma anche perché fosse cibo dell'anima nostra, e perché sia memoriale della Sua passione e morte.
Gesù è compagno della nostra vita nel Santo Tabernacolo, e sarà ancora nostro viatico sul letto di morte per il viaggio all'eternità.
È bene che ci abituiamo a chiedere la grazia di una buona morte;
e chiederla come la grazia che deve coronare le altre grazie;
chiederla al Maestro Divino agonizzante, al Crocifisso nostro Salvatore;
chiederla in virtù dei meriti della Sua passione e agonia;
chiederla per noi e per tutte le persone che ci sono care;
e, più di tutto, chiedere la grazia di una preparazione santa alla morte;
perché avrà certamente una santa fine chi trascorre santamente la vita.

1. Gesù è condannato a morte. - Udite queste parole, Pilato menò fuori Gesù, e sedette in tribunale, nel luogo detto Litostrato, in Ebraico Gabbata. Era la preparazione della Pasqua, circa l'ora sesta. E Pilato
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disse ai Giudei: Ecco il vostro re! Ma essi gridarono: Via, via, crocifiggilo! E Pilato a loro: Dovrò crocifiggere il vostro re? Risposero i capi dei sacerdoti: Non abbiamo altro re che Cesare.
E Pilato, vedendo che nulla otteneva, anzi che il tumulto si faceva maggiore, prese dell'acqua e si lavò le mani dinanzi al popolo, dicendo: Io sono innocente del sangue di questo giusto: pensateci voi. E tutto il popolo rispose dicendo: Il sangue di lui cada su di noi e sui nostri figliuoli.
Allora Pilato, volendo contentare il popolo, sentenziò che fosse fatto quanto domandavano, e lasciò libero barabba, che era stato imprigionato per sedizione e omicidio, e che essi chiedevano: e Gesù, già flagellato, lo abbandonò al loro volere, perché fosse crocifisso.
Presero pertanto Gesù, e, dopo averlo schernito, lo spogliarono del manto di porpora, gli rimisero addosso le sue vesti, e lo menarono fuori per crocifiggerlo. Ed egli, portando la sua croce, s'avviò al luogo detto Calvario, in ebraico Golgota. E nel condurlo al supplizio, mentre uscivano, presero uno che passava, un uomo di Cirene, chiamato Simone, che tornava dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo, e lo costrinsero a prendere la croce di Gesù, e gl'imposero di portare la croce dietro a Gesù.
Lo seguiva gran folla di popolo e di donne, le quali piangevano e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, rivoltosi ad esse, disse: Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma su voi stesse e sui vostri figliuoli, perché ecco, verranno i giorni in cui si dirà: Beate le sterili e i seni che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora si metteranno a dire alle montagne: Cadeteci addosso; e alle colline: Ricopriteci. Ché se si tratta così il legno verde, che sarà del secco?
(Tintori - Vangelo concordato).
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Consideriamo il nostro Maestro davanti a Pilato: ascolta la sentenza che lo condanna a morte e china la fronte. Era volontà del Padre che questa morte diventasse la vita nostra, la salute di tutti, questa morte dovesse dargli maggior gloria. Gesù accetta la morte. Non si lamenta davanti a Pilato, che lo abbandona nelle mani dei suoi nemici; non si schermisce quando gli viene presentata la croce, strumento del suo martirio e supplizio. L'abbraccia, la bacia, se la carica sulle spalle, non fa difficoltà alcuna, ma si incammina come agnello, che senza lamento si lascia condurre al macello, «tamquam ovis ad occisione ducetur»1: come chi è condotto al macello. Gesù, morendo, dà la maggior gloria al Padre.
Dio è il Padrone della nostra vita e della nostra morte. L'atto di totale sottomissione e, quindi, l'atto che dà al Signore la maggior gloria, è l'accettazione della morte. Allorché noi, rassegnati, ci disponiamo alla sentenza che ci ha condannati a morire, ci rassegniamo alla separazione dell'anima dal corpo, alla distruzione, diciamo così, del nostro essere-uomo, a discendere nel sepolcro, noi riconosciamo Iddio Padrone assoluto della vita e della morte; ci sottomettiamo interamente a Lui e Gli diamo veramente la vita: «Nessuno ama più di colui che dà la vita». I Martiri l'hanno data accettando una morte violenta; altri si sono offerti con intenzioni varie, in determinate circostanze. Tutti noi possiamo accettare la morte con tutte le incertezze che presenta, con tutte le certezze che la accompagneranno, con tutti i dolori che la prepareranno, con tutti i distacchi e le umiliazioni che subirà il nostro cadavere. Esso sarà abbandonato dagli uomini, chiuso in un sepolcro, posto a marcirvi. Umiliazione profonda e tuttavia meritata
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dai nostri peccati! Il peccato, ribellione a Dio, ci ha portati ad innalzarci troppo; la morte, sottomissione a Dio, ci fa abbassare quanto è necessario...
Recitiamo l'atto di accettazione della morte:
«Signore mio, fin d'ora, con pieno consenso e con animo volenteroso, accetto dalle vostre mani qualsiasi genere di morte, con cui a voi piaccia di chiamarmi o colpirmi, insieme con tutti i dolori, con tutte le pene e con tutti gli affanni che dovranno accompagnare il mio ultimo passaggio».
A questo atto è annessa l'indulgenza plenaria. Cioè: chiunque, confessato e comunicato, recita questa o simile orazione e non la rivocherà, guadagnerà l'indulgenza plenaria nel punto di spirare: non nel momento in cui ci verrà impartita la benedizione papale, ma nel momento in cui spireremo.
Cantiamo: «So che ho da morir», pronti alla divina volontà, ripetendo nel nostro cuore: Sia fatta la tua volontà o Signore, non la mia; sia per la morte, come per il giudizio, come per l'eternità.
E seguiamo la I Stazione della Via Crucis.

I QUATTRO NOVISSIMI

So che ho da morir,
E non so l'ora,
Posso dunque mancar
Nell'atto di peccar.
E non vi penso!

Pietà, Signor, pietà
D'un miserabile!
Pietà d'un traditor,
Pietà, perdono Signor
Se no, son perso.
Spirato che sarò,

Ecco il giudizio:
Al giusto e gran Signor,
~
Con speme e con terror,
Renderò conto.

Pietà, Signor, ecc.

Ecco davanti a me
L'inferno eterno,
Ecco i dannati, ohimé!
Penar, gridar merce,
Ma sempre invano!

Pietà, Signor, ecc.

Quante delizie hai mai,
Bel Paradiso!
Tu, mondo, hai bel gridar!
Mia vita vò cambiar
Per guadagnarlo.

Pietà, Signor, ecc.

I Stazione

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
Quia per sanctam crucem et mortem tuam redemisti mundum.

Gesù innocentissimo accetta per nostro amore ed in isconto dei nostri peccati la ingiusta sentenza di morte pronunciata contro di lui da Pilato.

Amorosissimo Gesù, per vostro amore, ed in penitenza dei miei peccati, accetto la mia morte con tutti i dolori, le pene e gli affanni che l'accompagneranno.
Sia fatta non la mia, ma la vostra volontà o Signore.
Fate che io gusti la consolazione di chi compie il vostro santo volere.

Pater, Ave, Gloria.
Miserere nostri, Domine.
Miserere nostri.

Santa Madre, deh! voi fate
Che le piaghe del Signore
Siano impresse nel mio cuore.

Cuius animam gementem
Contristatam et dolentem,
Pertransivit gladius.

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2. Gesù modello dei moribondi. - Eran condotti con lui due altri, due malfattori, ad essere giustiziati, E menarono Gesù al luogo del Golgota, che, tradotto, significa il luogo del Teschio. E giunti al luogo detto Calvario gli diedero a bere del vino mirrato, mischiato con fiele. Ma, assaggiatolo, non volle berne. Era l'ora terza quando lo crocifissero, e con lui altri due ladroni, uno di qua e uno di là, l'uno a destra e l'altro a sinistra, e Gesù in mezzo. Così fu adempita la Scrittura che dice: «È stato annoverato fra i malfattori». E Gesù diceva: «Padre, perdona loro, perché non sanno quel che si fanno».
Pilato poi fece scrivere anche il titolo della sua condanna e lo fé porre sopra la croce. E al disopra del capo di lui posero la causa della sua condanna: Questi è Gesù Nazareno, re dei Giudei. Or molti Giudei lessero quell'iscrizione, essendo il luogo ove fu crocifisso Gesù, vicino alla città. Ed era scritto in ebraico, greco e latino. Dicevan perciò i capi dei sacerdoti dei Giudei a Pilato: «Non scrivere: re dei Giudei, ma: Costui ha detto: Sono re dei Giudei». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».
Ed i soldati intanto, crocifisso che ebbero Gesù, presero le sue veste e ne fecero quattro parti
(una per ciascun soldato). E presero anche la tunica; poi, divise le sue vesti, le tirarono a sorte, per sapere quel che toccasse a ciascuno. Ma la tunica era senza cuciture tessuta tutta di un pezzo da cima a fondo. Dissero quindi tra loro: «Non la stracciamo, ma tiriamo a sorte a chi debba toccare». Così si adempì ciò che fu detto per il Profeta: «Si son tra di loro spartiti i miei vestimenti, e la mia veste l'han tirata a sorte». E questo lo fecero i soldati. E, seduti, gli facevano la guardia.
E il popolo stava a guardare, e con i suoi capi lo beffeggiava. E coloro che passavano, lo bestemmiavano
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e dicevano crollando il capo: Tu che distruggi il tempio di Dio e lo rifabbrichi in tre giorni, salva te stesso, scendendo dalla croce. Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce. Nello stesso modo anche i capi dei sacerdoti si facevan beffe di lui, dicendo a vicenda cogli Scribi e cogli Anziani: Ha salvato gli altri e non può salvar se stesso; se è il re d'Israele, scenda ora dalla croce affinché vediamo e crediamo in lui. Salvi se stesso, se è il Cristo, l'Eletto di Dio! Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, affinché vediamo e crediamo. Ha confidato in Dio: lo liberi, ora, se gli vuol bene giacché ha detto: Son figlio di Dio. E nello stesso modo lo svillaneggiavano anche i ladroni, che erano stati crocifissi con lui. Ed anche i soldati lo schernivano, gli s'accostavano, gli porgevano l'aceto, e dicevano: Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso (Tintori - Vangelo concordato).
Consideriamo il Maestro Divino, modello dei moribondi. Gesù sta per morire. I suoi occhi mirano uno spettacolo che gli procura tanta pena, la spartizione delle sue vesti, e tanti ingrati tra quel popolo che era stato saziato da lui con i pani miracolosi e con la divina parola. Vede gente beneficata che ride della sua morte e si associa ai suoi avversari. I suoi orecchi sentono le bestemmie e le sfide alla sua potenza, quali ci presenta il S. Vangelo. La sua bocca, il suo gusto vengono amareggiati da fiele e mirra. Il suo tatto, cioè le sue mani e i suoi piedi, perforati da chiodi. Tutti i sensi di Gesù restano come crocifissi, nonché il suo cuore tanto addolorato; sensi interni ed esterni. Il suo spirito è immerso in un mare di dolore; la sua fantasia vede nel tempo anime e anime precipitare ancora nell'inferno nonostante il suo sangue e la sua morte...
La morte di Gesù sia preparazione nostra alla morte. Morranno i nostri occhi, che perderanno a poco a
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poco la luce: non vedremo, non conosceremo più. Morranno i nostri orecchi e ad un certo punto non capiremo più ciò che ci diranno, non percepiremo più alcun detto.
Morrà la nostra lingua: ci interrogheranno, noi vorremmo forse ancora rispondere, ma non potremo più articolare sillaba. Le mani ed i piedi saranno i primi a raffreddarsi, perché le estremità sono le prime membra a morire: la vita si raccoglierà attorno al cuore. La fantasia ci rappresenterà la vita scorsa, e forse molte cose ci daranno pena, al pensiero del giudizio vicino, di cui vorremmo indovinare l'esito. Il nostro spirito sarà immerso in mortali tristezze; il nostro cuore tentato di disperazione o di presunzione, secondo che Iddio permetterà.
Ecco che cosa precederà la morte. Orbene, per i meriti di Gesù Crocifisso, per la sete che Egli sofferse per le piaghe delle mani e dei piedi, per tutte le pene che Gesù sopportò nel suo cuore, nel suo spirito, chiediamo di disporci bene in quel momento della morte. Offriamo, quindi, adesso per allora, la perdita di tutti i nostri sensi, nel cammino inesorabile della morte. Domandiamo per quel momento la grazia di soffrire con pazienza, come Gesù.
Il Crocifisso ci rappresenta sempre un Divino Maestro, calmo, sereno, pienamente cosciente, e pienamente rassegnato al divino volere: «Nelle tue mani, o Padre, raccomando l'anima mia»1
Chiediamo la grazia di una santa morte. Preghiamo affinché in quel momento possiamo vincere ogni tentazione, le tentazioni supreme che ci muoverà il demonio: «descendens ad nos habens iram magnam, sciens quod modicum tempus habet»2: discenderà
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arrabbiato a noi, sapendo che gli rimane poco tempo per guadagnare l'anima nostra. Chiediamo ora per allora... Venga in quel momento Gesù a consolare la nostra agonia. Io l'aspetto, quel Crocifisso agonizzante, speranza e conforto dei moribondi: l'aspetto e l'invoco fin d'ora...
Cantiamo adesso: «Crocifisso, mio Signor», poi recitiamo il quarto mistero doloroso.

COLLOQUIO A GESÙ CROCIFISSO

Crocifisso, mio Signor,
Dolce speme del mio cor,
Sia mercè del tuo patir
Il perdon del mio fallir;

Ah! Ah! Ah!
Ah! qual provo tormento e dolor
Al pensar che v'offesi, o Signor.

A smorzare il vostro sdegno,
Ecco il pianto d'un indegno,
D'un indegno e traditor,
Che ritorna al suo Signor.

Ah! Ah! Ah!

IV Mistero doloroso

Gesù condannato a morte, porta la pesante croce al Calvario. Ammiriamo la pazienza del Salvatore e chiediamo la pazienza nei nostri dolori.

3. Gesù muore. - Or uno dei briganti crocifissi lo bestemmiava dicendo: Se tu sei il Cristo, salva te e noi. Rispondendogli, l'altro lo rimproverava col dirgli:Neppure tu temi Dio, trovandoti con lui nel medesimo supplizio? E, in quanto a noi, è giusto, Perché riceviamo degna pena per le nostre azioni; ma costui non ha fatto nulla di male. E diceva a Gesù: Signore, ricordati
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di me quando sarai giunto nel tuo regno! E Gesù gli rispose: lo ti dico, in verità, che oggi sarai meco in Paradiso.
Or presso la croce di Gesù stavano la madre, e la sorella di sua madre Maria di Cleofa, e Maria Maddalena. Avendo Gesù veduto sua madre e lì presente il discepolo suo prediletto, disse a sua madre: Donna, ecco il tuo figlio. Poi disse al Discepolo: Ecco la tua madre. E da quel punto il discepolo la prese con sé.
Ma dall'ora sesta alla nona si fece gran buio sulla terra, per l'eclissarsi del sole. E verso l'ora nona Gesù gridò con gran voce:
Eli, Eli, lamma sabactàni? Cioè: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? E alcuni dei circostanti, udito ciò, dicevano: Ecco, costui chiama Elia.
Dopo questo, sapendo Gesù che tutto era compito, affinché si adempisse la Scrittura disse: Ho sete. Vi era lì un vaso pieno di aceto. E subito uno di loro corse ad inzuppare una spugna nell'aceto, e, postala in cima ad una canna, gli dava da bere. Ma gli altri dicevano: Lascia, vediamo se viene Elia a liberarlo. E, di nuovo gridando con gran voce, Gesù disse: Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito; e, detto questo, chinò il capo e rese lo spirito
(Tintori - Vangelo concordato).
Davanti ai nostri occhi sta la grande visione: un monte, due ladroni crocifissi, e, in mezzo ad essi il Divino Maestro morente. Si eclissa il sole, si fa gran buio su tutta la terra. Ai piedi del Crocifisso. Vi è una donna, Maria SS.ma, quasi impietrita dal dolore. Gesù Crocifisso lascia per ultima eredità la Madre sua; poi prega e perdona agli stessi crocifissori; attesta di aver adempiuto la sua missione: e cioè di aver predicato la parola della verità, istituita la Chiesa, i Sacramenti, insegnato agli uomini la via del Cielo. Ha sete, ma la sua
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sete è sete di anime... Contempliamo Gesù che depone il suo spirito nelle mani del Padre e poi abbassa il capo e spira.
In virtù della morte del nostro Salvatore Gesù Cristo, chiediamo la grazia di una santa vita per meritare una santa morte In quel momento non avremo nessun motivo per fidarci di noi. Guardando indietro nella nostra vita rileveremo tante e tante mancanze; ci consoleranno soltanto quegli atti di cui ora forse facciamo meno conto: certi sacrifici occulti, certe tentazioni vinte, certe lotte consumate nel segreto; mentre la maggior parte delle cose che adesso ci consolano, allora non vorremmo neppure rammentarle. L'unica nostra speranza sarà il Crocifisso: «Vulnera tua, fiducia mea» le tue piaghe sono la mia fiducia. Signore, non ho meriti, i miei meriti sono le tue piaghe. Bella la parola di Santa Teresa del Bambino Gesù che esprime la teologia di San Paolo: «Vedendomi priva di meriti, io prendo quelli di Gesù e di Gesù Crocifisso». Ecco la sua sublime teologia della Redenzione espressa nei termini più semplici da un'anima che capiva le cose di Dio più di tanti dotti della terra. Ecco la nostra speranza il Crocifisso. Ci copra allora il Crocifisso: la sua corona di spine sulla nostra testa, le sue mani sulle nostre mani, il suo cuore sul nostro cuore, i suoi piedi sui nostri piedi. Così che l'Eterno Padre, guardandoci, non veda più che il suo Figlio: «respice in faciem Christi tui» Ecco perché noi vorremmo scomparire e presentarci al tribunale di Dio solo coi meriti di Gesù. Ecco il valore, ecco la fortuna immensa della Messa, ecco perché questa Messa si ripete ogni mattina, ecco perché ognuno di noi deve mettersi dietro l'Ostia, e che sia veduta solo l'Ostia santa, e i nostri peccati vengano coperti dalle piaghe, dal sangue, dall'ombra, dalla figura del Figliuolo di Dio, che piace sempre al Padre.
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Disponiamoci alla morte con gran diffidenza di noi e con grande confidenza nel Crocifisso. In punto di morte vorremmo scomparire noi con la nostra vita; perché il Padre veda Gesù impresso in noi; «in quo mihi bene complacui»: Colui in cui mi sono compiaciuto1.
Cantiamo l'«Anima Christi» e recitiamo il quinto mistero doloroso.

ANIMA CHRISTI

Anima di Cristo, santificami.
Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami,
Acqua del costato di Cristo, lavami.
Passione di Cristo, confortami
O buon Gesù, esaudiscimi.
Nascondimi dentro le tue piaghe.
Non permettere che io mi separi da Te.
Difendimi dal nemico maligno.
Nell'ora della mia morte chiamami.
E comanda che io venga a Te.
Affinché ti lodi coi tuoi Santi.
Per tutti i secoli dei secoli. Così sia.

V Mistero doloroso

Gesù è crocifisso, agonizza per tre ore e muore per salvarci dall'inferno. Amiamo la santa Messa che è la rinnovazione del Sacrificio del Calvario.
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1 Is 53,7.

1 Lc 23,46.

2 Ap 12,12.

1 Lc 3, 22.